AILANTO: un albero fossile vivente per l’Italia dove è ritornato – specie dalle tante virtù e meraviglie!
AILANTO: un albero fossile vivente per l’Italia dove è ritornato – specie dalle tante virtù e meraviglie!
PALEOBOTANICA DEL MAGNIFICO AILANTO IN EUROPA ED ANCHE IN ITALIA
Veramente molto molto interessante, studiando la paleobotanica ho scoperto che il genere Ailanthus, proprio quello del famoso mellifero Ailanto (Ailanthus altissima), Albero del Paradiso anche detto per la sua alta maestosità, albero aromatico anche dalle grandi proprietà mediche ben note nella medicina orientale, oggi tanto ben adattato al nostro territorio nella nicchia ecologica delle piante ruderali, una pianta pioniera, viveva in Italia nel terziario prima delle grandi glaciazioni del quaternario quando il clima era più caldo, motivo per cui ne devo dedurre che il suo adattamento oggi al nostro territorio può essere favorito proprio dal clima interglaciale più caldo nel quale viviamo in questo antropocene olocenico.
Non dimentichiamo comunque che è pur sempre una pianta euroasiatica, che nella porzione asiatica aveva trovato, come è successo per il Ginkgo biloba, per la Pueraria (il Kudzu – Pueraria montana) e per il Loto d’acqua (Nelumbo nucifera) un’area rifugiale da cui poi questi generi botanici sono tornati in Europa una volta terminate le grandi glaciazioni quaternarie (per il momento almeno) grazie al vettore uomo.
Per approfondire su altri generi fossili in Italia tornati grazie all’uomo vedi il seguento articolo: “APOLOGIA DEGLI ORTI BOTANICI DIFFUSI E DA RIDIFFONDERE DI PIÙ IN ITALIA contro il fanatismo speculativo e pro biocidi e monopolizzante controllo del razzismo verde della Falsa-ecologia“.
BIBLIOGRAFIA
-) Su fossili del genere Ailanthus in Austria nella regione della Stiria vedi questo studio: “The Miocene Flora of Parschlug (Styria, Austria) Revision and Synthesis“.
-) L’Ailanto, stesso genere arboreo dell’Ailanto oggi naturalizzato in Italia, in tempi arcaici presente e oggi fossile anche in Italia, lo attestano i reperti da Monte Tondo: “GLI ASPETTI PALEONTOLOGICI DELLA CAVA DI MONTE TONDO: NOTA PRELIMINARE” dal libro “I gessi e la cava di Monte Tondo. Studio multidisciplinare di un’area carsica nella Vena del Gesso romagnola”.
-) Per la paleobotanica del genere Ailanthus vedi anche questo studio: “Phytogeography and Fossil History of Ailanthus (Simaroubaceae)“.
Dal cui abstract leggiamo: “Tradizionalmente, gli epiteti di specie venivano applicati ai fossili di Ailanthus sulla base della loro origine geografica. A causa dell’omogeneità morfologica dei frutti presenti in Europa, Nord America e Asia, proponiamo la sinonomia della maggior parte delle occorrenze sotto il nome Ailanthus confucii Unger. Abbiamo trovato i primi esempi nell’Eocene inferiore del Nord America e dell’Asia e nell’Eocene medio dell’Europa. Gli eventi più giovani sono stati trovati dal Miocene medio del Nord America, dal Pliocene dell’Europa e dal Pleistocene dell’Asia. Le registrazioni stratigrafiche e geografiche di Ailanthus favoriscono un’origine nordamericana occidentale o asiatica orientale entro l’Eocene inferiore e la successiva diversificazione in Europa”.
-) Da questo studio “Fossil fruits of Ailanthus confucii from the Upper Miocene of Wenshan, Yunnan Province, southwestern China“, da cui sono tratte le immagini di questo post, vediamo l’occorrenza di fossili di Ailanthus della specie chiamata per la preistoria come sopra detto Ailanthus confucii proprio anche in Cina (da cui il nome dedicato al grande filosofo cinese Confucio), e proprio in quello che è l’areale odierno naturale di diffusione della specie vivente assai simile, cioè Ailanthus altissima che altri non è che il discendente ovviamente della medesima specie preistorica, Ailanthus confucii attestata dai fossili in Eurasia; specie che nel sud-est asiatico ha trovato un’area rifugiale dal clima più propizio nel Pleistocene caratterizzato dalle grandi glaciazioni quaternarie, per poi da lì ridiffondersi espandendo il suo areale anche tornando in Europa e in Italia grazie all’uomo e all’odierno clima olocenico più mite.
Se non si utilizza lo stesso nome per la specie olocenica e quella preistorica è semplicemente per lo stesso motivo ad esempio per cui l’antenato dell’uomo in tempi preistorici è chiamato Homo erectus e il suo discendente Homo sapiens, ciò al fine di poter tener conto di eventuali successive ramificazioni dell’albero evolutivo, o per lo sviluppo di caratteristiche differenti, ma è pure evidente lo stretto legame di continuità tra Homo erectus e Homo sapiens, esattamente come nel caso in questione tra Ailanthus confucii e Ailanthus altissima.
La ricerca che mi ha portato a indagare nella paleobotanica nasceva da questa mia intuizione: se oggi l’Ailanto sembra gradire così tanto le aree ruderali della nostra Europa non è forse questo segno di un suo adattamento già all’Europa quando il clima era più caldo, caldo come oggi e forse di più, prima delle grandi glaciazioni quaternarie?
Le grandi glaciazioni spinsero tantissime specie viventi verso Sud, e poi queste specie (o specie da loro discendenti) tornavano a riconquistare aree più nordiche al termine delle glaciazioni negli interglaciali.
È per questo che il nostro Sud Italia è assai più ricco di specie del Nord Europa.
Ed è per questo che nel Nord Europa troviamo tantissime specie presenti anche in Italia, o che sono state presenti comunque in Italia nei periodi freddi glaciali.
Adesso siamo in un interglaciale e sta avvenendo lo stesso fenomeno in maniera naturale ma anche con l’uomo, che è pur sempre parte della natura, che sta favorendo tanti ritorni botanici.
Quando finivano le grandi glaciazioni quaternarie le specie botaniche che riconquistavano/conquistavano il Nord Europa, poco prima coperto dai ghiacci, giungevano attraverso il tubo digerente degli animali o con i semi attaccati al loro pelo, ecc., come anche attraverso altri vettori naturali, ad esempio il vento, i fiumi, eccetera.
E l’uomo oggi che volontariamente o involontariamente contribuisce alla diffusione delle specie è forse diverso dagli altri animali?
Inoltre considerando il tempo geologico stiamo parlando di un genere, Ailanthus, attestato in Europa dall’Eocene al Pliocene inclusi, ergo decine e decine di milioni di anni e assente nel Pleistocene durato circa 2 milioni anni in cui l’Europa è stata sferzata dalla grandi glaciazioni del Quaternario, prima di tornarvi ora con l’uomo nell’Olocene. Uomo anch’esso favorito nella sua affermazione ed espansione ora dal venir meno delle grandi glaciazioni.
Allo stesso modo il genere del Ginkgo biloba viveva in Europa ancora nel Terziario, prima delle grandi glaciazioni del Quaternario.
Talvolta scorrendo gli elenchi di specie paleobotaniche europee e anche italiane può capitare di non trovare la parola “Ginkgo” ma è perché questo genere viene chiamato con un altro suo sinonimo che è “Salisburia” dato in onore di un botanico settecentesco.
Oggi anche questo genere, considerato come un fossile vivente, è tornato grazie all’uomo, (grazie alla sua curiosità scientifica botanica, ad un istinto conservazionista, che si alimenta quanto più si ripropaga una specie in situ ed ex situ, e al gusto artistico vivaistico) a vivere in Europa.
(Testi tratti dal post facebook al link ricco di dati anche nei commenti)
IN APPENDICE
Vedi anche in apologia dell’Ailanto e contro il razzismo verde l’articolo: “BENTORNATO AILANTO IN ITALIA! Giù le mani dei professionisti del biocidio della Falsa-ecologia che vorrebbero eliminarlo a suon di fondi pubblici e insieme a circa 3000 altre specie, con scusa “esotiche”! Pazzesco il deserto artificiale praticamente!“.
Riportiamo da internet queste significative immagini in merito ad alcune peculiarità del tronco di vetusti esemplari di Ailanti.
Sull’uso erboristico dell’Ailanto vedi il video qui linkato.
In Cina, l’Ailanto ha una lunga e ricca storia come pianta medicinale. È citato nel più antico dizionario cinese conosciuto e menzionato in innumerevoli testi di medicina cinesi per la sua asserita efficacia nel curare innumerevoli mali.
L’albero è stato estesamente coltivato, inizialmente in Cina e poi anche in altri paesi per l’allevamento della Samia cynthia (bombice dell’ailanto), il bruco di una falena impiegata per la produzione di una particolare seta che si nutre delle sue foglie; i paesi in cui si introdusse questo uso furono soprattutto l’Italia, dal 1854, e l’Austria.
RIPORTO QUI DI SEGUITO ALCUNI INTERESSANTI POST DA FACEBOOK