Al cospetto di un Dio – il pluricentenario Platano orientale di Curinga nell’Italia del Sud

Al cospetto di un Dio – il pluricentenario Platano orientale di Curinga nell’Italia del Sud

Il monumentale Platano orientale di Curinga. Pomeriggio del 12 agosto 2021. Foto di Oreste Caroppo.
È localmente detto in vernacolo “U Platano de Vrisi” dal toponimo della località nell’agro del comune di Curinga in provincia di Catanzaro (nella regione d’Italia chiamata oggi Calabria).
Eremo medioevale di Sant’Elia con sfondo di Pini neri nei pressi del grande Platano orientale di Curinga. Pomeriggio del 12 agosto 2021. Nei pressi dell’eremo ho osservato anche piante spontanee di Artemisia e arbusti di Fusaggine (Euonymus europaeus).  Foto di Oreste Caroppo.
 
È il più grande e probabilmente il più vetusto esemplare della specie Platanus orientalis in purezza in Italia. Ha un’altezza di 31,5 m e una circonferenza nella parte basale di 14,75 m misurata a petto d’uomo come da standard in queste misurazioni; 18 m o 20 m la circonferenza al livello del suolo, età stimata del cormo attuale mille anni circa, (dati biometrici tratti da questo link).
All’interno il tronco è cavo, e forma una sorta di grotta arborea con un ingresso largo e alto 3 m circa, e altre finestrelle tra le radici. Talvolta viene chiamato pertanto il Platano caverna di Curinga
 
Cresce in una profonda forra boscosa, ai margini di un ruscello a regime torrentizio. Il toponimo “Vrisipare derivi dal grecobrisis” che indica sorgente.  
È abbarbicato con le sue possenti radici lungo il pendio del crinale contribuendo probabilmente in tal modo a creare piccolo terrazzamento.
Il monumentale Platano orientale di Curinga. Si intravvede sul retro dell’albero la fenditura nel terreno alveo del torrente sul cui bordo sorge il matusalemme verde. Questo esemplare ci mostra cosa può diventare spontaneamente un albero che non venga mai potato e come apparivano tante presenze arboree mai ferite da mano umana che connotavano i boschi primigeni mediterranei preistorici suscitando certamente forti suggestive emozioni negli uomini che gli alberi non a caso venerarono come vere e proprie divinità o case di divinità, ninfe, dei, fate; ponti magicamente fertilizzanti carichi di energia vitale congiungenti cielo e terra e talvolta dal ritenuto valore oracolare. Pomeriggio del 12 agosto 2021. Foto di Oreste Caroppo.
Dalla sua posizione si mira in lontananza il Mare Tirreno.
Nel bosco attorno si osservano Lecci, Roverelle e Pini neri, anche delle Robinie e un Eucalipto camaldolese segno di rimboschimenti più recenti. Nel sottobosco domina la felce Asplenio maggiore.
Ai margini delle aree boscate si osservano arbusti di Berretta del prete (Fusaggine).
Pini neri (Pinus nigra) lungo il sentiero sterrato che scende dall’Eremo di Sant’Elia verso il Platano orientale gigante di Curinga e il ruscello adiacente all’albero di platano, specie igrofila. Pomeriggio del 12 agosto 2021. Foto di Oreste Caroppo.
 
Nel territorio prossimo si osservano anche sughereti e oliveti. Lungo il medesimo ruscello si osservano poco distanti altri Platani orientali molto alti ma non altrettanto monumentali.
 
Questo video è stato girato durante la mia prima visita all’albero nel pomeriggio del 12 agosto 2021.
 
Mi sono recato da Maglie (in Salento) a Curinga (in Calabria, nella subregione chiamata Sila), espressamente per vedere questo gigantesco albero di cui avevo letto e visto le immagini in internet.
 
Maglie è in Salento terra anticamente chiamata Calabria, una subregione del sud Italia peninsulare che è nel sud della Puglia.
Curinga è in una regione sempre del sud Italia peninsulare chiamata in passato Bruzio, ma alla quale è stato poi traslato in epoca bizantina il toponimo Calabria.
Indicazioni Google Maps per raggiungere il Platano millenario di Curinga:
L’incontro con il matusalemme titanico arboreo è stato molto emozionante, realmente mozzafiato e da capogiro.
Sotto la sua immensa fresca alta chioma dal bel colore si riscopre l’atmosfera cara ai filosofi, medici e scienziati greci antichi che in territorio ellenico come in Magna Grecia e Sicilia amavano tenere le loro dissertazioni sotto le chiome dei platani orientali, motivo per cui un discorso che oggi diremmo “degno delle cattedre” in passato era detto “degno dei platani”. Ricordo il vetusto Platano orientale nell’isola di Kos, che ancora vi vegeta, e sotto la cui chioma secondo la tradizione teneva le sue lezioni e incontrava alcuni suoi pazienti il famoso medico greco antico Ippocrate.
Chioma del monumentale Platano orientale di Curinga. Il platano rinnova la sua corteccia perdendo la vecchia in scagliette. Pomeriggio del 12 agosto 2021. Foto di Oreste Caroppo.
 
Allo stesso modo sotto i grandi platani orientali ci si riuniva per decisioni politiche e pratiche mantiche come si racconta nell’ “Iliade”.
 
Questa specie trova in Italia meridionale l’estremo margine occidentale del suo areale di distribuzione che comprende le aree europee ed asiatiche del Mediterraneo orientale.
 
Questi platani amanti dell’acqua dolce (igrofili) sono diffusi in Albania (Illiria) e in Grecia, tanto nelle aree continentali quanto nelle isole greche Creta inclusa, e molto più rari in Sud Italia dove ancora vivono soprattutto allo stato naturale in Campania (vedi anche questo mio articolo sulla mia escursione in Cilento alla ricerca dei Platani orientali), Calabria e Sicilia. Cresce dal livello del mare sino ad altitudini da collina.
In Sicilia un fiume è chiamato non a caso Platani.
Ma ricordiamo anche i grandi Platani orientali piantati in Villa Borghese a Roma in epoca barocca (per approfondimento vedi questo mio post facebook e i miei commenti ad esso), il grande Platano orientale detto dei piccioni nel territorio di Ascoli Piceno e il grande Platano orientale detto dei Cento Bersaglieri situato nel centro della località Platano, frazione di Caprino Veronese ad indicare che anche cento persone possono stare comodamente sotto la sua chioma e sui suoi grandi tronchi a immagine della sua grandezza.
Il monumentale gigantesco Platano orientale di Curinga. La vicinanza di persone giovani dà un’idea delle sue dimensioni titaniche. Pomeriggio del 12 agosto 2021. Foto di Oreste Caroppo.
Un tempo i Platani orientali vivevano certamente anche in Puglia che come regione ricade all’interno dell’areale mediterraneo di distribuzione della specie, per di più oltre ad essere collegata al resto dell’Italia peninsulare meridionale è vicinissima alla Grecia ed Albania.
Distribution map of Platanus orientalis (Oriental plane).
Benché già i greci contribuirono alla sua diffusione in Italia del Sud come raccontano fonti antiche, la specie potrebbe essere già giunta in Italia in tempi precedenti, paleointrodotta dall’uomo o senza necessariamente il vettore uomo, come specie trans-jonica e anfi-adriatica, al pari di tantissime altre specie viventi che connotano i regni del vivente del sud Italia, nelle varie vicissitudini geologiche e climatiche del passato, nelle quali anche si ebbero periodi con il livello del mare molto più basso dell’attuale e l’emersione conseguente di maggiori ponti di terra tra Balcani e Penisola italiana.
Il monumentale gigantesco Platano orientale di Curinga. La vicinanza di persone dà un’idea delle sue dimensioni titaniche. Pomeriggio del 12 agosto 2021. Foto di Oreste Caroppo.
 
Plinio il Vecchio, autore romano, narra di grandi platani al suo tempo nelle Isole Diomedee (le Isole Tremiti), dove svettavano monumentali nei pressi del santuario dell’eroe greco Diomede.
Riportiamo questo passo sul Platano:
«Ma chi non avrebbe ragione di stupirsi che un albero sia stato importato da un paese diverso solo per la sua ombra?
E’ il Platano.
Introdotto prima nel mare Ionio fino all’isola di Diomede per ornare la sua tomba; di lì passò in Sicilia e fu tra i primi alberi giunti in Italia; adesso è arrivato fino al popolo dei Morini (Belgio) e occupa anche un terreno soggetto a tributi, di modo che le popolazioni ivi stanziate devono pagare una tassa persino per l’ombra.
Dionisio il Vecchio, tiranno della Sicilia, lo portò nella città di Reggio per ornare con effetti meravigliosi la propria dimora …
Questo accadeva verso l’epoca della presa di Roma [n.d.r.: 389 a.C.]; da allora il Platano è cresciuto così tanto in onore, che lo si usa annaffiare con il vino. Si è appurato che fa molto bene alle radici e così abbiamo insegnato a bere vino pure agli alberi!
I primi platani a divenire famosi furono quelli della passeggiata dell’Accademia di Atene, uno aveva una radice di 33 cubiti, più lunga dei rami. Ora è celebre un platano della Licia , al cui incanto si unisce quello di una fonte di acqua fresca: posto sulla strada ha dentro di se’ una caverna di ottantun piedi, che forma come un alloggio; la sua cima sembra un bosco, si circonda di rami grandi come alberi, avvolge i campi con le sue grandi ombre e, perché non manchi nulla all’aspetto di una spelonca, dentro, all’orlo dell’incavatura, c’è una corona di sassi di pietra pomice muscosa; una tale meraviglia che Licinio Muciano tre volte console, ritenne di dover tramandare ai posteri che vi fece dentro un banchetto con diciassette commensali su letti di fronde forniti generosamente dall’albero stesso, al riparo da ogni vento e vi dormi anche, più contento del piacere che gli dava ascoltare il crepitio della pioggia sulle foglie, che se fosse stato tra marmi splendenti, pitture variopinte e soffitti dorati. …
A Gortina, nell’isola di Creta, c’è un platano famoso, celebrato da scrittori greci e latini; poiché non lascia mai cadere le foglie; ne venne fuori una leggenda tipica della Grecia: dicono che lì sotto Giove giacque con Europa….
questa specie ha un limite: per nient’altro questo albero è utile se non perché ripara dal sole d’estate e lo lascia passare in inverno.
… Meraviglie di altre terre si coltivano dunque in Italia, oltre a quelle che l’Italia stessa ha generato» (traduzione di un passo di Gaio Plinio Secondo detto Plinio il Vecchio, dalla sua opera Naturalis Historia, Lib. XII, I Sec. d.C.)
Nell’immagine: particolare di affresco romano dalla Casa del bracciale d’oro, Pompei, I Sec. a.C.
Virgilio poeta romano li diceva presenti lungo i margini dei fiumi della città greca di Taranto.
Non potevano che essere data l’epoca che Platani della specie Platanus orientalis.
«Infatti ricordo sotto le torri della rocca Ebalia [n.d.r.: ad indicare che la polis di Taranto era stata eretta da coloni spartani, Ebalo era un mitico re antico di Sparta], per dove il bruno Galeso [n.d.r.: un fiume tarantino] bagna bionde coltivazioni, di aver veduto un vecchio di Corico [n.d.r.: un toponimo del Mediterraneo orientale], che possedeva pochi iugeri di terra abbandonata, infeconda ai giovenchi, inadatta alla pastura di armenti, inopportuna a Bacco. Questi tuttavia, piantando radi erbaggi fra gli sterpi, e intorno bianchi gigli e verbene e il fragile papavero, uguagliava nell’animo le ricchezze dei re, e tornando a casa tornando a casa colmava la mensa di cibi non comprati. Primo a cogliere la rosa in primavera e in autunno a cogliere i frutti, quando ancora il triste inverno spaccava i sassi con il freddo e arrestava con il ghiaccio il corso delle acque, egli già tosava la chioma del molle giacinto rimproverando l’estate che tardava e gli Zefiri indugianti. Dunque era anche il primo ad avere copiosa prole di api e uno sciame numeroso, e a raccogliere miele schiumante dai favi premuti; aveva tigli e rigogliosi pini, e di quanti frutti, al nuovo fiorire, il fertile albero si fosse rivestito altrettanti in autunno portava maturi. Egli ancora trapiantò olmi tardivi in filari, e duri peri e prugni che ormai producevano susine, e il platano che già spandeva ombra sui bevitori. Ma impedito a ciò dall’avaro spazio, tralascio, e affido questi argomenti ad altri che li celebrino dopo di me.» (traduzione di un passo dalle Georgiche di Virgilio sul vecchio di Corico un ex pirata, probabilmente, venuto dalla natia Cilicia dopo una sorta di amnistia concessa da Pompeo, al termine della campagna militare del 67 a. C. contro quei pirati).
Casa del Bracciale d’Oro, affresco. Intonaco dipinto, età giulio-claudia. Pompei. Vi vediamo delle Gazze (Pica pica, in dialetto salentino chiamate picalò o mita), dei Columbidi ed altri uccelli, e tra le piante un giovane Platano orientale e giovani Palme da dattero (o Palme di Teofrasto al limite), l’Oleandro, il Viburno, il Vilucchione, la Rosa, l’Edera variegata, ecc. Vi sono poi delle erme decorative. Immagine al link.
Il Platano orientale il re arboreo dei luoghi umidi del sud Italia potremmo dire poeticamente per le sue tante peculiarità di forme, dimensioni potenziali e colori! Per approfondire ulteriormente su questa specie arborea rimando a questo mio post facebook e ai miei tanti commenti ad esso.
Il monumentale Platano orientale di Curinga. Una staccionata in legno di recente fattura protegge l’albero tutto attorno dall’eccessivo impatto dei turisti. Una meraviglia vivente della Sila. Pomeriggio del 12 agosto 2021. Foto di Oreste Caroppo.
Oggi nelle alberature e parchi urbani sono diffusi in Italia soprattutto gli ibridi tra Platano orientale e Platano occidentale (quest’ultimo il Platanus occidentalis è di origine nordamericana ma è molto simile ad una specie di platano che viveva già in Italia nel Terziario prima che le grandi glaciazioni del Quaternario, come apprendiamo dalla paleobotanica).
Il Platano ibrido è chiamato anche Platanus x acerifolia, il pare fu particolarmente diffuso-piantato in Europa e anche in Italia nel periodo napoleonico.
Mi sono recato lì a Curinga anche per cercare semi prodotti da questo Platano orientale in purezza nato precedentemente probabilmente alla scoperta dell’America (1492) da parte di Cristoforo Colombo, data a seguito della quale giunsero poi i Platani occidentali in Europa che si ibridarono con gli orientali.
Poiché questo Platano sorge lontano da eventuali altri platani ibridi, ma vicino invece ad altri Platani orientali selvatici è assai probabile che i semi siano anch’essi di Platani orientali in purezza dal punto di vista genetico anche del polline da cui derivano.
Tipiche infruttescenze globose con semi del Platano orientale.
Appena giunto nei pressi dell’albero, che mi è apparso con tutta la sua imponenza mozzafiato nelle ombre del bosco, ho trovato diversi ricci dei suoi semi per terra sotto la sua chioma, probabilmente fatti cadere in recenti eventi meteorologici intensi.
Li ho raccolti e spero di riuscire a fargli germogliare e farne degli alberi da diffondere in zone umide in Salento nel sud della Puglia, come anche nelle piazze e cortili con pozzo come immancabili lì sono in piazze e cortili nei paesini greci proprio per la ricercatissima fresca ombra estiva di questi alberi.
Rami con foglie spezzati da recenti intemperie, ai piedi del grande Platano orientale di Curinga. Pomeriggio del 12 agosto 2021. Foto di Oreste Caroppo.
 
Il Platano rinnova la sua corteccia perdendo la vecchia in scagliette e in questo ricorda il serpente con la sua exuvia. Un simbolo di rigenerazione pertanto per gli antichi attenti agli aspetti della natura e alle similitudini.
La foglia del platano pare ricordasse invece suggestivamente quella di una muliebre graziosa dea madre.
Rami con foglie recentemente spezzati da intemperie, ai piedi del grande Platano orientale di Curinga. Pomeriggio del 12 agosto 2021. Confronto con la mia mano per fare risaltare relativamente le dimensioni delle foglie. Foto di Oreste Caroppo.
 
E nel gioco di luci e ombre da bosco davanti a questo enorme Platano orientale è molto forte la suggestione di pareidolia nelle persone che visitano questo luogo magnifico come fosse un santuario sacro e magico.
Io vi scorgevo tanti volti umani nelle pieghe del suo tronco e dei suoi rami, altri forme di animali, e anche per questo quell’albero mi ha ricordato degli alberi sacri (detti “Alberi Diga”) molto simili per forme e rarissimi con visi dipinti su di essi descritti nella saga cinematografica intitolata “Il Trono di Spade”.
Il monumentale gigantesco Platano orientale di Curinga. Per pareidolia io vi vedo un volto sul secondo grande ramo in alto a partire da sinistra. Pomeriggio del 12 agosto 2021. Foto di Oreste Caroppo.
 
Per pareidolia io vi vedevo un volto sul secondo grande ramo in alto a partire da sinistra che pescando nel mio archivio di ricordi mi ricordava un frammento di vaso in ceramica con volto forse di una dea madre neolitica tra i più importanti reperti ritrovati in una grotta nei pressi di Otranto, la famosa Grotta dei Cervi di Porto Badisco:
Coperchio di un vaso rituale decorato a doppia W con sull’imboccatura il volto della dea Madre, datato al VI millennio a.C. E’ stato ritrovato in Grotta dei Cervi in territorio di Otranto a Porto Badisco; il suo studio ha rivelato interessanti confronti con manufatti balcanici della medesima epoca; oggi è conservato presso il Museo della Preistoria di Firenze.
A proposito di archetipi o volute ispirazioni, non potevo non essere preso dalla recente serie televisiva “Il Trono di Spade“, non plus ultra della cinematografia odierna del genere fantastico-pseudo-medioevale, e lì vi son dei rari alberi magici che in tanto ricordano proprio i grandi Platani orientali, per la forma dei tronchi, il portamento, le foglie quasi a forma di mano umana; differiscono perché a dominante bianca dei tronchi come le nostre Betulle bianche pendule dell’Appennino o come i nostri Pioppi bianchi salentini (Populus alba), e per il colore rosso delle foglie; son sempre alberi caducifoglie come i Platani orientali. Da dire che anche la corteccia dei Platani orientali che continuamente si rigenera può apparire liscia alla caduta delle scaglie di rinnovamento e chiara. Ecco gli alberi magici del film, chiamati nella saga Alberi-Diga (“weirwood” in inglese):
Scena del film ”Il Trono di Spade” con il fantasioso Albero Diga e i personaggi Sansa e Littlefinger. Anche questo sacro raro albero nella scenografia fantastica del film “Il Trono di Spade” è assai più piccolo del grande reale Platano de Vrisi di Curinga vivo nel nostro tempo.
Gli Alberi Diga della saga sono legati agli Antichi Dei e hanno valore oracolare, pertanto proprio come i Platani orientali legati agli antichi Dei dei Greci e poi diffusi anche nei monasteri cristiani ortodossi e anche presso i Greci antichi alberi dal valore oracolare come vediamo nel racconto dell’ “Iliade” in un episodio che vede i re achei prima della bellica partenza per Troia riuniti in cerchio in Aulide (regione ellenica) attorno ad una fonte di acqua limpida che zampillava proprio tra le radici di un platano, mentre lì i greci sacrificavano agli dei sugli altari un serpente sbucò da essi, salì tortuoso sull’albero e divorò dei passerotti che lì erano nel nido, quell’evento naturale fu visto come un prodigio segno mandato dagli Dei e da interpretare).
I rami giovani dei platani sono piuttosto flessuosi e ondeggiano assai al vento, sono alberi molto piantati nelle loro varie specie ed ibridi in Gran Bretagna, questo deve aver ispirato l’immagine del cosiddetto “Platano picchiatore” che picchia con i suoi rami i passanti sotto o in vicinanza della sua chioma e che è descritto nella recente saga fantasy detta di Harry Potter opera di una autrice britannica.
Platano viene dal greco ad indicare l’ampiezza forse delle sue foglie o delle sue chiome.
Un altro nome in Oriente di questa pianta è Cinar.
Qui un servizio in Italiano:
Leggende locali vorrebbero quel Platano portato lì a Curinga da monaci basiliani giunti dall’Armenia vista la concomitanza con l’eremo medioevale e pur la presenza della specie in Armenia. Che sia vero o meno sicuramente però l’arrivo di quella specie nel sud Italia e Sicilia è più antico. Pensiamo a quanto abbiamo riportato dagli autori romani Plinio e Virgilio infatti. Io non escluderei però che il suo arrivo possa essere già precedente all’introduzione antropica da parte dei greci, ma se vogliamo stare a quanto scrive Plinio il Vecchio possiamo dire che in Sicilia e sud Italia era già piantato dai coloni greci, e che nelle pugliesi Isole Diomedee (le Tremiti) secondo Plinio fu già piantato dai Micenei di Diomede.
Cratere a volute pestano con Giasone, Medea e il vello d’oro sull’albero, protetto da un drago-serpente; vaso in ceramica datato 330-310 a.C. E’ conservato a Napoli, presso il Museo Archeologico Nazionale. Immagine tratta dall’articolo al link. E’ raffigurato l’albero sul quale nella Colchide era appeso il vello d’oro recuperato da Giasone nel mito greco antico delle Argonautiche. Secondo le fonti antiche, come qui leggiamo, quell’albero era una quercia, ma sinceramente nella rappresentazione vascolare qui riportata non mi sembrano essere le sue delle foglie di quercia, mi parrebbe proprio un platano o al più un acero, e anche per questo riporto qui questa immagine. Si tratta di un vaso di produzione magnogreca, tovato a Paestum, nel sud Italia. Il Platano orientale cresceva nell’Italia meridionale come in Grecia, in Anatolia e probabilmente anche nella Colchide in area caucasica. Nella rappresentazione vascolare vediamo anche un cippo a pilastro squadrato comune alla ceramica apula di quel periodo in sud Italia.
In Salento talvolta il Platano è indicato anche come una sorta di “Castagnu crestu” per i suoi frutti tondi pieni di semi che paiono come ricci frutti abortiti di Castagno (Castagno che cresce anche in alcune località del Salento). Come il Castagno anche il Platano è pianta decidua, cioè che perde le foglie ogni anno nelle stagioni fredde, ma Platano e Castagno appartengono a due famiglie tassonomiche botaniche differenti.
Sono andato sin a Curinga a cercare di prendere i semi del monumentale Platano e ne ho subito trovati sotto la sua chioma tanti (i frutti sono acheni conici, ciascuno con un solo seme e un ciuffo di peli che ne facilita la dispersione anemofila tramite il vento; sono riuniti a centinaia in infruttescenze globose, sfaldabili); alcune sue tipiche infruttescenze globose, “ricci” anche volgarmente dette, erano cadute da non molto, alcune semi-sfaldate. Speriamo siano semi già maturi.
Tipiche infruttescenze globose con semi del Platano orientale.
Ad incontrare questo antico individuo vivente a Curinga, tra i più antichi del sud Italia, sono voluto andare anche da solo per una sorta di pellegrinaggio religioso naturalistico con una sola tappa e i suoi semi li considero il suo dono preziosissimo!
Dal punto di vista geologico del sito, queste alcune pietre ai piedi del grande albero:
Roccia nei pressi del grande Platano orientale di Curinga. Pomeriggio del 12 agosto 2021. Foto di Oreste Caroppo.
Roccia prelevata nei pressi del grande Platano orientale di Curinga. Pomeriggio del 12 agosto 2021. Foto di Oreste Caroppo.

 

Per una valutazione litologica di queste pietre vedi il post nel gruppo facebook dei geologi italiani.

Nota aggiuntiva con video: quando mi recai a Curinga per vedere il grande Platano orientale fui molto colpito dalle locali rocce e ne riportai alcune foto ad esse scattate in questo mio articolo.
Da un documentario su temi geologici inerenti la regione Calabria trasmesso in tv il 31 dicembre 2022 riporto questo estratto che riguarda proprio una cava presente a Curinga che mette in luce rocce proveniente nella loro origine dalle profondità massime della crosta terrestre e portate da varie vicissitudini tettoniche e orografiche verso la superficie proprio in quei luoghi!
Curinga. Dall’Eremo di Sant’Elia guardando giù nella valle boscosa in cui cresce il grande Platano de Vrisi. Pomeriggio del 12 agosto 2021. L’auto è la Fiat Punto di mio padre con cui ho raggiunto il sito. Foto di Oreste Caroppo.
Lì anche la documentazione di piante del sottobosco dove cresce il Platano de Vrisi e la documentazione di altre piante calabresi, come la Liquirizia (Glycyrrhiza glabra) nelle piane ioniche alluvionali calabresi come anche in quelle alluvionali ioniche lucane, (Liquirizia presente anche in Salento) e il Cappero spinoso realmente spinoso (Capparis spinosa L. subsp. spinosa) osservato sulla costa di Torre Capo Spulico (dagli arenili ciottolosi) che è nel Nord della costa ionica della Calabria e anche osservato da me anni fa nella Val d’Agri a Policoro non lontano quindi dalla costa ionica lucana.
In fine per una sorta di gemellaggio con i patriarchi verdi del Salento e colpito dalla presenza di pianori con oliveti nel territorio prossimo all’abitato di Curinga simili a tanti oliveti salentini paesaggisticamente parlando riporto la foto di questo enorme Olivo del Salento sempre dalle radici ripollonanti, se non eradicate da insensibili farabutti, nonostante gli acciacchi del tempo e gli attacchi edanni da parte di parassiti, fuoco, intemperie e uomini, così come certamente ripollonanti le radici del grande Platano di Curinga, motivo per cui sebbene si può datare un albero dal tronco delsuo cormo ciò non vuol dire che quell’individuo vegetale non possa essere anche molto più vetusto proprio tramite precedenti rinascite da pollone:
Nei pressi di Strudà frazione di Vernole (in provincia di Lecce), i plurisecolari Ulivi di contrada Visciglito. “Visciglito” (come forse anche Bisceglie sempre in Puglia) è un toponimi indicante in vernacolo locale “bosco di querce”. L’Olivo è sacro alla dea greca Atena. Foto di Marco Osbourne Gargiulo, con Oreste Caroppo in camicia scozzese e Roberto Gennaio sulla destra. Escursione del 1 settembre 2013 con la partecipazione anche di Silvana Bissoli, Antonio Baldari, Francesco Drugo Chetta, Yume Said, Laura Abatelillo Distratis, ecc.

   

Traccia musicale di sottofondo: “Before the Storm” vikings and medieval folk music.

    Oreste Caroppo 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *