BENTORNATO AILANTO IN ITALIA! Giù le mani dei professionisti del biocidio della Falsa-ecologia che vorrebbero eliminarlo a suon di fondi pubblici e insieme a circa 3000 altre specie, con scusa “esotiche”! Pazzesco il deserto artificiale praticamente!

BENTORNATO AILANTO IN ITALIA!

Giù le mani dei professionisti del biocidio della Falsa-ecologia che vorrebbero eliminarlo a suon di fondi pubblici e insieme a circa 3000 altre specie, con scusa “esotiche”! Ripeto: circa 3mila!

Pazzesco, il deserto artificiale praticamente!

Dati e concetti in apologia della presenza dell’Ailanto in Italia!

L’ AILANTO PIANTA ALIENA IN ITALIA?
AHAHAH! Suoi fossili anche dall’Europa e stessa Italia!!!
Ergo PIANTA “AUTOCTONA DI RITORNO”!
BENVENUTA “IUS SOLI ET SANGUINUS”!
MASSIMO RISPETTO sempre per chi vivendo troppo annebbiato nella vista dal razzismo verde della odierna falsa-ecologia non riesce ad apprezzarla come bella esotica asiatica e per di più mellifera quale è!

Ailanto chiamato anche Albero del Paradiso per la sua bellezza, ma lo vogliono presentare come una sciagura! Vergogna, pazzesco, ma purtroppo è questo che sta avvenendo!

 

Bellissimi Ailanti a Castro di Minerva in Salento (Lecce), sito delle tante suggestioni preistoriche, 27 giugno 2021, foto di Oreste Caroppo. Bentornato Ailanto rappresentante di un genere presente in Europa e in Italia nel Terziario prima delle grandi glaciazioni del Quaternario per milioni e milioni di anni e oggi finalmente ritornato grazie al clima di nuovo più caldo del nostro periodo interglaciale e grazie all’uomo.
Aveva trovato rifugio nelle aree sud-orientali del nostro continente euroasiatico durante le grandi glaciazioni.
È una pianta pioniera ruderale che permette il ritorno della foresta e a seguire di tante altre specie in aree inizialmente degradate.
Non dimentichiamo poi la grande ricchezza di generi botanici nel Terziario in Europa.
Si tratta anche di una pianta generosa di facile coltivazione prelevando dei polloni radicati, che non richiede particolari cure agronomiche e a rapida crescita, pianta anche mellifera e medicinale aromatica.
Qui poi in splendida forma a fine giugno 2021 nonostante il gran caldo torrido africano e lo stato di siccità, nonché la loro ubicazione in questo caso in un sito roccioso non umido.
LA FALSA-ECOLOGIA AVVELENA LA PUGLIA
non solo ci tolgono una pianta bellissima e mellifera, chiamata anche Albero del Paradiso (Ailanto) capta CO2 e dona O2 il cui genere era in Europa già nel Terziario (prima del Quaternario), con la scusa folle della lotta alle esotiche, ma capite con chi si schierano questi falsi-ecologisti e che mercato dei pesticidi sorreggono e incentivano in tal modo con fondi pubblici!
QUESTI ENTI PARCO VANNO CHIUSI SE DEVONO FARE QUESTO
o tutti i loro funzionari e dirigenti defenestrati simbolicamente dal ministero competente
e così per ogni ufficio pubblico le cui relazioni conducono verso questi biocidi
LEGGETE LEGGETE LEGGETE
(e il caso pugliese persino non è oggi l’eccezione in Italia, ma quasi la oscena regola!)

articolo del 18 Agosto 2016 su “La Gazzetta del Mezzogiorno”: il Parco fa guerra alla pianta definita killer, il povero Ailano, e l’erbicida usato per ucciderlo, il glifosato, avvelena la Murgia, e tutto persino autorizzato

Poi vi invito a dire con me:
GIÙ LE MANI DA TUTTA LA BIODIVERSITÀ’ DOMESTICA E SELVATICA, AUTOCTONA ED ESOTICA!
 
Ed è solo l’inizio, è stato preparato un elenco, parallelo a quello dei patogeni da quarantena della Frode Xylella, con circa 3000 specie bollate esotiche aliene già presenti in Europa anche da secoli ormai e da eliminare, hanno lavoro per buttare pesticidi da qui a secoli, e chi li appoggia in questo “razzismo verde” nuovo ramo della falsa-ecologia pseudo-scientifica? Tutti coloro che abboccano alla falsa-ecologia ai suoi strumentali paradigmi, e i suoi complici!
Recupero questo articolo della Gazzetta del Mezzogiorno dell’ agosto 2016 perché siamo all’inizio ancora, con i nuovi recentissimi decreti governativi anti esotiche, di questo sfacelo:
vedi questi due post di approfondimento ai link
 
Prima le erbe dette “malerbe”, poi specie qui ormai presenti dette “aliene invasive”, e la gente ci casca di nuovo!

Scommettiamo che non sapevate che il genere dell’Ailanto era autoctono nell’Italia di ere geologiche passate?!
Non è colpa vostra, c’è dietro tutta una macchina di Falsa ECOLOGIA che trasforma le persone in soldati contro la Natura, e si fonda su un’informazione parziale distorta ad hoc!

 

Immagine tratta dallo studio paleobotanico cui rimandiamo per approfondire sull’arcaica presenza del genere Ailanthus anche in Europa tramite l’analisi dei resti fossili. Dal link.
Articolo al link.

 

Cartina tratta dallo studio paleobotanico cui rimandiamo per approfondire sull’arcaica presenza del genere “Ailanthus” anche in Europa tramite l’analisi dei resti fossili. Osservare come l’Eurasia sia tutto un unico continente assai compatto, un aspetto naturale geografico di cui gli europei talvolta si dimenticano. Dal link.
Articolo al link.

 

Didascalia: le due immagine sopra son tratte dalla studio paleobotanico cui rimandiamo per approfondire sull’arcaica presenza del genere “Ailanthus” anche in Europa tramite lo studio dei resti fossili, al link: https://www.researchgate.net/publication/259166102_Fossil_fruits_of_Ailanthus_confucii_from_the_Upper_Miocene_of_Wenshan_Yunnan_Province_southwestern_China?_sg=2ZsXtNvpkTeURJC4R2RuG_aZfEVQclnR1lLeg4zAGWMzEhakVeRyQmoxZW8PlEv0JwuhRmUB7A

 

Non possiamo permettere che il fanatismo falso ECOLOGISTA demonizzi e si accanisca contro quello che è uno stupendo ritorno!
La Scienza vera prima di tutto!
Quindi la saggezza dell’ importanza di ogni specie!

Per la paleobotanica del genere Ailanthus vedi anche questo studio: https://www.journals.uchicago.edu/doi/10.1086/386378

Su fossili del genere Ailanthus in Austria nella regione della Stiria vedi questo studio: https://docplayer.net/49466109-The-miocene-flora-of-parschlug-styria-austria-revision-and-synthesis.html 

E come c’era da attendersi, Ailanto in tempi arcaici presente e oggi fossile anche in Italia, lo attestano i reperti da Monte Tondo: https://www.researchgate.net/publication/277956171_GLI_ASPETTI_PALEONTOLOGICI_DELLA_CAVA_DI_MONTE_TONDO_NOTA_PRELIMINARE

LO STESSO GENERE ARBOREO!

La storia naturale è importante, è maestra di vita, contro i fanatismi della odierna miopia della falsa ecologia speculativa!

(APPROFONDIMENTO PALEOBOTANICO AL LINK).

NON MENO AILANTO DUNQUE DA RICHIEDERE, MA PIÙ BOMBICI DELL’ AILANTO IN ITALIA!

Bombice dell’Ailanto (Samia cynthia). L’adulto ha un’apertura alare che può raggiungere anche i 16,5 cm. Per approfondire al link: https://it.wikipedia.org/wiki/Samia_cynthia

 

SI DIFFONDA DI PIÙ’ IN ITALIA QUESTO LEDIDOTTERO ENORME E BELLISSIMO!
Chi attacca l’Ailanto impedisce anche la presenza in Europa di quest’altra meraviglia: il Bombice dell’Ailanto, un falena il cui bruco si nutre delle foglie dell’ Ailanto; baco da cui anche si ricava una seta tessile, come dal Bombice del gelso (il Baco da seta): https://zoropsis.wordpress.com/2012/05/04/artropode-del-giorno-bombice-dellailanto/ (da cui la foto sopra del Baco dell’Ailanto adulto). Se vogliamo che l’Ailano abbia “predatori”, per un maggiore equilibrio ecosistemico, favoriamo questo suo parassita che vive in equilibrio comunque con l’Ailanto.
Bisogna che lo Stato italiano la riporti e ridiffonda maggiormente allora coinvolgendo le “case delle farfalle” per il ritorno e ripopolamento in Natura! Del resto è un insetto che mangiando le foglie dell’Ailanto può contenerne l’espansione con buona pace degli ecoterroristi killer dell’Ailanto!
Sull’Ailanto i professionisti del biocidio non hanno fatto notare quanto sia stato legato alla storia naturale d’Europa nel Terziario prima delle Grandi Glaciazioni quaternarie! Idem per il Ginkgo biloba! Poi ritornati in Europa in questo interglaciale odierno grazie all’uomo dall’oriente asiatico dove, nel medesimo continente eurasiatico, i loro generi hanno trovato rifugio dai rigori delle Glaciazioni … e non meraviglia quanto dimostrino oggi di trovarsi bene in Europa dove son tornati a diffondersi!
Vivevano Querce e Ailanti insieme in Italia, lo stanno solo tornando a fare!
In merito un altro studio paleobotanico sulla cava di Monte Tondo in Italia:
Questa si chiama letteratura Scientifica, cultura, saggezza, contro la spazzatura dei falsi studi prodotti e addotti per legittimare i biocidi!
Piantate autoctone relitte e autoctone scomparse e rare, ma non debellando le esotiche presenti dai territori, altrimenti si passa solo da un fanatismo all’altro e non si capisce e non si apprezza la Natura!
ERGO GIU’ LA MANI DALL’ AILANTO

Fermo restando che anche al di là di questi studi meriterebbe comunque massimo rispetto in sé il genere Ailanthus, io qui ho solo aggiunto il gusto scientifico di capire perché oggi nell’interglaciale in cui siamo esso ha mostrato di gradire così tanto il ritorno nella sua antica terra europea e anche nella sua antica Italia!

Qui riportiamo un post da Facebook sulla produzione di miele proprio da Ailanto in Italia da parte di una azienda agricola:

 

Miele di Ailanto.

 

DIFENDETELO! DIFENDIAMOLO! W l’Ailanto!
STOP RAZZISMO VERDE! Capite come i professionisti della biocidio della Falsa-ecologia sono dei killer anche della produzione di buon miele in Italia da Ailanto, da Robinia, da Eucalipto, ecc.
Oggi con l’attacco all’Ailanto sferrato dalla Falsa-ecologia, che nasconde persino a fini mistificatori il suo nome comune “Albero del Paradiso” cercando invece di ingiuriarlo con ogni possibile epiteto negativizzante e infamante, siamo di fronte ad una speculazione fanatica. Assolutamente fanatica! E grave che vi siano persone che si definiscono “naturalisti”, sputando così su questo bel termine, che non solo non se ne stanno accorgendo ma che strumentalizzano più o meno consapevolmente l’ecologia per proporre e avallare piani di biocidio verde! Poi domandate loro, son gli stessi che gridano al Global WARming da troppa CO2 in atmosfera,e magari poi tolto il bel Ailanto ci metterebbero un ulteriormente speculativo campo di pannelli fotovoltaici!
Quosque tandem abutere patientia nostra?!
FERMATE OGNI BIOCIDIO
L’AILANTO È UN FOSSILE VIVENTE NON UNA MINACCIA, ANZI!
#IoSonoAmbiente
Testi tratti dal mio post facebook del 15 luglio 2018 al link: https://www.facebook.com/oreste.caroppo.9/posts/10216920279469301
Guardate che meraviglia gli Ailanti nell’insenatura dell’Acquaviva in feudo di Marittima, sul Canale d’Otranto non lontano da Castro, dove han colonizzato il greto terminale della fiumara del canalone-gravina!
Insenatura dell’Acquaviva – feudo di Marittima – foto da Google Maps al link: https://goo.gl/maps/2KzcthmfghA2. Apprezzabile ecosistema con specie esotiche naturalizzatesi, specie autoctone e specie esotiche appositamente piantumate; una biovarietà ben presentata ad oggi ancora ammirevolmente dall’Ente Parco naturale Otranto-Santa Maria di Leuca, che indica tra le tante altre specie anche la presenza degli Ailanti senza demonizzazioni nei pannelli di informazione naturalistica esposti nel sito.
Un genere arboreo ben tornato in Italia oggi dopo le glaciazioni del Quaternario. Un bene paesaggistico-culturale ed ambientale da difendere assolutamente!
A Castro di Minerva in Salento l’Ailanto è ben conosciuto da tempo dai locali, non certo un neo-arrivo, ne riferisce Luigi Fersini, che informa che è chiamato localmente “fusti ca fetene” (albero dai “rami che hanno un cattivo odore” quando maneggiati), era particolarmente apprezzato dai pescatori locali che ne utilizzavano i suoi lunghi e lisci rami per costruire gli “spannituri” (stenditoi) a cui venivano appese le reti da pesca, quando queste erano fatte in fibre vegetali e di volta in volta dopo ogni utilizzo in mare, andavano asciugate al sole.
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“DEVE DIVENTARE INFESTANTE”

Il razzismo verde della Falsa ecologia è il nuovo estremismo sanguinario di chi non conosce il giusto mezzo, ma passa da un fanatismo all’altro senza saggezza alcuna, soddisfacendo perversioni di distruzione più che istinti di costruzione, pensando poco, e fideisticamente sposando pappine ideologiche pronte legittimanti pseudo-scientificamente e pseudo-moralmente l’operato di ecatombe speculativa.
E si passa così, da una generazione all’altra, dal fanatismo contro ciò che era autoctono denigrato rispetto all’esotico, l’ostentazione dell’esotico di decenni or sono, all’attuale ma equifanatico purismo verde di chi inneggia alla sola esaltazione del valore delle autoctone denigrando, demonizzando in ogni modo e chiedendo la cancellazione delle specie esotiche presenti nel territorio naturalizzate o meno!
Son entrambi due mali identici come ogni estremismo!
E gli estremismi si toccano tra loro, si danno la mano alla fine anche se fingono di scontrarsi, nel loro operato di impoverimento e cancellazione della ricchezza totale complessiva di un territorio, in tal caso di biodiversità complessiva.
Così identicamente vediamo il passaggio dalla passata denigrazione delle specie selvatiche alla denigrazione odierna delle specie domestiche!

 

A smentita delle vili bugie dei professionisti del biocidio che affermano che sotto l’Ailanto non cresce più nulla nella loro propaganda di ecoterrorismo a demonizzazione delle creature: Ailanto con ricco sottobosco, Serra di Sant’Elia nel Nord della Provincia di Lecce – foto di Tania Pagliara.

 

E notate, parliamo di specie e varietà naturali o frutto della coltivazione, non di varietà brevettate odierne, e questa Falsa-ecologia mossa da interessi si guarda bene dal fare la guerra al vero marciume della brevettazione della vita con ogni scusa anche di razzismo verde oggi! Si depista verso una guerra contro la natura e la storia e non contro la vile brevettazione!

La mia reazione di fronte al fanatismo depauperante è agire subito in verso opposto!

Compreso il mio comportamento mi dice un intriso di falso-ecologismo, “e ok, ma se pianti una pianta non autoctona la devi controllare perché assolutamente non si diffonda!”

La mia risposta:
“Non controllo nulla! Ogni cosa che pianto, sia autoctona o meno, spero si diffonda, da sola o grazie all’uomo, e diventi soprattutto INFESTANTE = sinonimo in Natura di specie che evolutivamente ‘ce l’ha fatta!’
E questo in Natura è cosa buona!”

L’attacco alle specie esotiche naturalizzatesi: il razzismo verde della Falsa-ecologia!

 

Hai tolto con accanimento da casa tua l’Ailanto senza lasciarne neppure uno stelo?

Sei stato macchinato a livello cerebrale dalla Falsa-ecologia vedendo un nemico in una pianta stupenda tornata a casa sua!
E magari ti sei pure ferito le mani, hai gettato erbicidi velenosi che hai comprato e hai sostenuto delle spese è perso tempo per rendere il tuo giardino più povero!

 

Quando qualcuno dice “Ma l’Ailanto non è infestante?”, rispondo: “Un portento della Natura allora per rapidi rimboschimenti a costo zero di zone ruderali degradate dall’uomo!”

 

Testo tratto dal mio post facebook del 21 ottobre 2018 al link: https://www.facebook.com/oreste.caroppo.9/posts/10217678318819811

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Miele di Ailanto.
Alcune mie risposte retoriche a dei professionisti del biocidio:
AILANTO BENTORNATO ABBIAMO BISOGNO DI TE!
E se non sai più come fare per estirparlo, come hai scritto, dal tuo giardino, allora cambia punto di vista e dedicati alle api, produci miele di Ailanto, ragiona sulle cose anche con pensiero laterale.
Ritengo possa vantare molti molti molti meno milioni di anni in Europa il progenitore dell’uomo rispetto a quello dell’Ailanto! Scommettiamo? E scommettiamo che in tutto questo tempo l’Ailanto si è persino diversificato assai meno? Però se vinco io fai i bagagli e te ne torni in Africa tu, non lui in Asia, ci stai? (Il genere Homo pare sia giunto in Europa dal Continente africano, stando agli attuali studi di paleontologia e paletnologia, “out of Africa“)
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APPROFONDIMENTO PALEOBOTANICO

PALEOBOTANICA: AILANTO UN FOSSILE VIVENTE PER L’ITALIA DOVE È RITORNATO
Veramente molto molto interessante, studiando la paleobotanica ho scoperto che il genere Ailanthus, proprio quello del famoso mellifero Ailanto, Albero del Paradiso anche detto per la sua alta maestosità, albero aromatico anche dalle grandi proprietà mediche ben note nella medicina orientale, oggi tanto ben adattato al nostro territorio nella nicchia ecologica delle piante ruderali, una pianta pioniera, viveva in Italia nel terziario prima delle grandi glaciazioni del quaternario quando il clima era più caldo, motivo per cui ne devo dedurre che il suo adattamento oggi al nostro territorio può essere favorito proprio dal clima interglaciale più caldo nel quale viviamo in questo antropocene olocenico. Non dimentichiamo comunque che è pur sempre una pianta euroasiatica, che nella porzione asiatica aveva trovato, come è successo per il Ginkgo biloba, per la Pueraria (il Kudzu – Pueraria montana) e per il Loto d’acqua (Nelumbo nucifera) un’area rifugiale da cui poi questi generi botanici sono tornati in Europa una volta terminate le grandi glaciazioni quaternarie (per il momento almeno) grazie al vettore uomo.
Per approfondire su altri generi fossili in Italia tornati grazie all’uomo vedi: http://naturalizzazioneditalia.altervista.org/apologia-degli-orti-botanici-diffusi-e-da-ridiffondere-di-piu-in-italia/
BIBLIOGRAFIA
-) Su fossili del genere Ailanthus in Austria nella regione della Stiria vedi questo studio: https://docplayer.net/49466109-The-miocene-flora-of-parschlug-styria-austria-revision-and-synthesis.html
-) L’Ailanto, stesso genere arboreo dell’Ailanto oggi naturalizzato in Italia, in tempi arcaici presente e oggi fossile anche in Italia, lo attestano i reperti da Monte Tondo: https://www.researchgate.net/publication/277956171_GLI_ASPETTI_PALEONTOLOGICI_DELLA_CAVA_DI_MONTE_TONDO_NOTA_PRELIMINARE
-) Per la paleobotanica del genere Ailanthus vedi anche questo studio: https://www.journals.uchicago.edu/doi/10.1086/386378
Dal cui abstract leggiamo: “Tradizionalmente, gli epiteti di specie venivano applicati ai fossili di Ailanthus sulla base della loro origine geografica. A causa dell’omogeneità morfologica dei frutti presenti in Europa, Nord America e Asia, proponiamo la sinonomia della maggior parte delle occorrenze sotto il nome Ailanthus confucii Unger. Abbiamo trovato i primi esempi nell’Eocene inferiore del Nord America e dell’Asia e nell’Eocene medio dell’Europa. Gli eventi più giovani sono stati trovati dal Miocene medio del Nord America, dal Pliocene dell’Europa e dal Pleistocene dell’Asia. Le registrazioni stratigrafiche e geografiche di Ailanthus favoriscono un’origine nordamericana occidentale o asiatica orientale entro l’Eocene inferiore e la successiva diversificazione in Europa”.
-) Da questo studio qui sotto in link, da cui sono tratte le immagini di questo post, vediamo l’occorrenza di fossili di Ailanthus della specie chiamata per la preistoria come sopra detto Ailanthus confucii proprio anche in Cina (da cui il nome dedicato al grande filosofo cinese Confucio), e proprio in quello che è l’areale odierno naturale di diffusione della specie vivente assai simile, cioè Ailanthus altissima che altri non è che il discendente ovviamente della medesima specie preistorica, Ailanthus confucii attestata dai fossili in Eurasia; specie che nel sud-est asiatico ha trovato un’area rifugiale dal clima più propizio nel Pleistocene caratterizzato dalle grandi glaciazioni quaternarie, per poi da lì ridiffondersi espandendo il suo areale anche tornando in Europa e in Italia grazie all’uomo e all’odierno clima olocenico più mite. https://www.researchgate.net/publication/259166102_Fossil_fruits_of_Ailanthus_confucii_from_the_Upper_Miocene_of_Wenshan_Yunnan_Province_southwestern_China
Se non si utilizza lo stesso nome per la specie olocenica e quella preistorica è semplicemente per lo stesso motivo ad esempio per cui l’antenato dell’uomo in tempi preistorici è chiamato Homo erectus e il suo discendente Homo sapiens, ciò al fine di poter tener conto di eventuali successive ramificazioni dell’albero evolutivo, o per lo sviluppo di caratteristiche differenti, ma è pure evidente lo stretto legame di continuità tra Homo erectus e Homo sapiens, esattamente come nel caso in questione tra Ailanthus confucii e Ailanthus altissima.
La ricerca che mi ha portato a indagare nella paleobotanica nasceva da questa mia intuizione: se oggi l’Ailanto sembra gradire così tanto le aree ruderali della nostra Europa non è forse questo segno di un suo adattamento già all’Europa quando il clima era più caldo, caldo come oggi e forse di più, prima delle grandi glaciazioni quaternarie? Le grandi glaciazioni spinsero tantissime specie viventi verso Sud, e poi queste specie (o specie da loro discendenti) tornavano a riconquistare aree più nordiche al termine delle glaciazioni negli interglaciali. È per questo che il nostro Sud Italia è assai più ricco di specie del Nord Europa. Ed è per questo che nel Nord Europa troviamo tantissime specie presenti anche in Italia, o che sono state presenti comunque in Italia nei periodi freddi glaciali. Adesso siamo in un interglaciale e sta avvenendo lo stesso fenomeno in maniera naturale ma anche con l’uomo, che è pur sempre parte della natura, che sta favorendo tanti ritorni botanici. Quando finivano le grandi glaciazioni quaternarie le specie botaniche che riconquistavano/conquistavano il Nord Europa, poco prima coperto dai ghiacci, giungevano attraverso il tubo digerente degli animali o con i semi attaccati al loro pelo, ecc., come anche attraverso altri vettori naturali, ad esempio il vento, i fiumi, eccetera. E l’uomo oggi che volontariamente o involontariamente contribuisce alla diffusione delle specie è forse diverso dagli altri animali?
 
Inoltre considerando il tempo geologico stiamo parlando di un genere, Ailanthus, attestato in Europa dall’Eocene al Pliocene inclusi, ergo decine e decine di milioni di anni e assente nel Pleistocene durato circa 2 milioni anni in cui l’Europa è stata sferzata dalla grandi glaciazioni del Quaternario, prima di tornarvi ora con l’uomo nell’Olocene. Uomo anch’esso favorito nella sua affermazione ed espansione ora dal venir meno delle grandi glaciazioni. 
Allo stesso modo il genere del Ginkgo biloba viveva in Europa ancora nel Terziario, prima delle grandi glaciazioni del Quaternario. Talvolta scorrendo gli elenchi di specie paleobotaniche europee e anche italiane può capitare di non trovare la parola “Ginkgo” ma è perché questo genere viene chiamato con un altro suo sinonimo che è “Salisburia” dato in onore di un botanico settecentesco. Oggi anche questo genere, considerato come un fossile vivente, è tornato grazie all’uomo, (grazie alla sua curiosità scientifica botanica, ad un istinto conservazionista, che si alimenta quanto più si ripropaga una specie in situ ed ex situ, e al gusto artistico vivaistico) a vivere in Europa.
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POICHÉ AILANTHUS È UN GENERE FOSSILE IN ITALIA
capiamo che c’è un certo errore quando qualcuno definisce l’Ailanto in Italia come una pianta prettamente “neofita”: in botanica si dice “neofita” di pianta naturalizzata in una determinata regione che si sviluppa e si propaga altrettanto bene quanto i componenti della vegetazione autoctona, senza l’intervento dell’azione umana. Tale adattamento è vero per l’Ailanto, ma esso non è del tutto “neo-” (“nuovo” dal greco) dato che vanta qui una presenza già nel Terziario. Quindi neofita? Sì in riferimento all’oggi rispetto ai secoli recenti, ma purché si affianchi il concetto di “autoctona di ritorno”:

LA TEORIA DELLE AUTOCTONE DI RITORNO e non solo

Riflessioni sulla complessiva biodiversità antropocenica che è un valore da apprezzare e tutelare nel suo complesso
È una teoria nata indagando su alcune specie che portate dall’uomo in Europa da altri territori si sono particolarmente diffuse naturalizzatosi, diffondendosi spontaneamente e dimostrando di gradire molto l’Europa, e anche il territorio italiano, per vivere.
Ailanto
In particolare il meraviglioso albero del Paradiso chiamato anche Ailanto (Ailanthus altissima) grande consolidatore di terreni sciolti, il portentoso edule e foraggero rampicante chiamato Kudzu (Pueraria montana) e la stupenda commestibile pianta acquatica del Fior di loto sacro asiatico (Nelumbo nucifera).
A quel punto mi sono domandato se non fossero specie discendenti o stretti parenti di specie che vivevano in Europa in tempi geologici passati, ad esempio prima delle grandi glaciazioni del Quaternario.
Ho così scoperto che il genere Ailanthus viveva in Europa e anche in Italia, con specie praticamente identiche all’attuale, proprio nel Terziario prima delle grandi glaciazioni del Quaternario come dimostrano i resti fossili.
Anche il genere Nelumbo è stato ritrovato in Europa con fossili che ne attestano la presenza nel Terziario prima delle grandi glaciazioni del Quaternario.
Fior di loto sacro d’acqua (Nelumbo nucifera).
Una pianta acquatica il Loto il cui genere viveva già in Europa nel Terziario prima delle grandi glaciazioni del Pleistocene nel Quaternario. Anche il Loto sacro d’acqua (Nelumbo nucifera) quindi, sebbene parrebbe una “neofita” in Europa dove in diversi siti (Italia inclusa) si è naturalizzata, va più propriamente considerata come una sorta di “autoctona di ritorno”.
E allo stesso modo è stato ritrovato fossile in Europa anche il genere Pueraria del Kudzu, ad esempio testimonianze fossili in aree balcaniche vicine all’Italia sempre risalenti al Terziario prima delle grandi glaciazioni quaternarie.
Kudzu (Pueraria montana), basso Salento occidentale, 16 settembre 2018. Foto di Oreste Caroppo.
Del resto si tratta di tre specie provenienti oggi dall’Asia e tante specie in Asia hanno trovato rifugio dalle grandi glaciazioni in quanto la porzione asiatica del Continente unico euroasiatico si estende maggiormente verso Sud e quindi verso aree che ebbero un clima più mite durante le glaciazioni divenendo aree rifugiali per molti esseri viventi, come per esempio il genere del Ginkgo biloba che in tempi precedenti viveva anche esso in Europa ed anche in Italia come ci dimostra la paleobotanica, mentre le porzioni settentrionali delle terre emerse venivano ricoperte da spessi ghiacciai. Ginkgo biloba oggi grazie all’uomo tornato a crescere anche nei parchi italiani.
Ma anche lo stesso Procione, proveniente dal Nord America, introdotto in Europa dove si sta ampiamente diffondendo anche in Italia, vedrebbe i suoi antenati oligocenici proprio in Europa.
Una teoria dunque che immagina che, sebbene queste specie abbiamo visto l’uomo come loro vettore per giungere/tornare rapidamente in Europa oggi, vi siano comunque dei fattori naturali, territoriali e climatici che hanno favorito oggi, nel nuovo clima interglaciale in cui viviamo, queste specie che si possono considerare come una sorta di ricolonizzatrici: “autoctone di ritorno” appunto.
Pensate anche ad alcuni animali domestici, prendiamo come caso quello della Gallina/Gallo, che così bene si trovano nella nostra Europa oggi, essi vedono il loro genere Gallus già autoctono selvatico in Europa in tempi preistorici pre-domesticazione. Per cui se l’origine della domesticazione della Gallina è avvenuta di Asia e poi essa è stata riportata in Europa, si tratta anche in questo caso di sorta di esseri “autoctoni di ritorno tramite la domesticazione”.
Altri animali domestici, come per esempio in Italia la Mucca podolica diretta discendente dell’Uro (Bos Taurus primigenius), che vivevano selvatici prima di estinguersi in Italia, nel caso dell’oro ancora nel paleolitico, rappresentano una sorta di “autoctoni di ritorno tramite la domesticazione o in continuità temporale e spaziale”.
L’uomo ha avuto in questo caso tramite la pratica dell’allevamento una grandissima importanza conservazionista e di complessiva rinaturalizzazione riaumentante la biodiversità antropocenica, anche nei confronti di devastazioni da lui stesso provocate.
Altre specie invece provenienti dall’Emisfero meridionale sempre grazie all’uomo, come per esempio le Nutrie, sono favorite dalla convergenza evolutiva ad occupare nicchie ecologiche svuotate in Europa dai loro autoctoni abitanti del recente passato a causa dell’uomo; nel caso della Nutria (detto anche Castoro sudamericano) si pensi al Castoro euroasiatico che fino a pochi secoli fa ancora viveva come autoctono in Italia. Già nel Pleistocene attestato dalla paleontologia nel Molise ad esempio, anche quindi nel sud Italia.
Altre specie provenienti invece, provenienti sempre dall’Emisfero meridionale, sono favorite dal fatto di incontrare in Mediterraneo caratteristiche climatiche simili a quelle dei loro paesi d’origine, si pensi ad esempio per il Salento alla bella Acetosella gialla e alla Acacia karroo dalle sue suggestive immense spine, due specie provenienti dal SudAfrica.
Altre specie inizialmente alloctone si possono invece considerate “autoctone di prossimità”, come per esempio il Pesce Siluro che proviene dal bacino fluviale del Danubio che tocca le Alpi o l’Ippocastano che proviene dalle aree del vicino Epiro.
Né si dimentichi che Europa e Asia son un solo unico vasto continente, che i mari formano una rete continua percorsa da correnti, che i venti collegano rapidamente luoghi lontani del globo, che l’uomo è parte della natura, che ponti di terra o ghiaccio unirono continenti e terre prossime, che la vita tende a diffondersi dove può!
A tutto questo bisogna poi aggiungere il fenomeno interessantissimo, che già ha caratterizzato la specie umana, quello dei cosiddetti “conquistatori della natura”, specie che sviluppano o trovano d’un tratto un quid da approfondire caso per caso e che le porta, sfruttando l’uomo come vettore o meno, a diffondersi rapidamente in vastissime nuove aree, si pensi per esempio allo strepitoso Gambero rosso d’acqua dolce della Louisiana.
Magari una specie che si diffonde oggi da noi, nel paese dove prima era diffusa è invece scomparsa, vedi il caso dell’Ibis sacro tipico dell’Egitto, ma lì quasi estinto oggi e invece oggi diffusosi fortuitamente in Pianura Padana.
Dunque fenomeni questi di altissima importanza conservazionista globale!
Altre specie sono divenute neofite grazie a condizioni climatiche comunque a loro favorevoli, come per il Ficodindia e l’Agave (americani di origine) nel bacino del Mediterraneo.
E poi vi sono le dinamica di Gaia di omeostasi, l’aumento di CO2 in atmosfera dalla combustione di combustibili fossili in campo industriale, il degrado di suoli con l’antropizzazione e in reazione la diffusione di piante ruderali esotiche che crescono su suoli alterati, anche dall’uomo, come Ailanto e Robinia, dalla rapidissima crescita e grandi organicatori sequestratori di CO2, che liberano ossigeno molecolare respirabile in aria e son piante mellifere d’eccellenza!
Tutti questi sono fenomeni comunque naturali anche se vedono l’uomo come loro vettore o meno, consapevole o inconsapevole che sia, devono essere studiati con grande interesse, inseriti nelle dinamiche di Gaia senza fanatismi di biocidio propri della Falsa ecologia.
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Per anni abbiamo parlato dell’importanza della difesa delle specie autoctone, io per primo.
Ma che cosa si intendeva con questo?
 
Innanzitutto portare le persone a conoscere quali sono le specie autoctone, portare ad apprezzarle anche nei loro giardini insieme alle specie esotiche tanto pubblicizzate dalla vivaistica e non solo, in maniera tale da non tagliarle, non trattarle come qualcosa da distruggere con i pesticidi, apprezzarle, cominciare anche a piantarle nei propri terreni e negli spazi pubblici.
Conoscere poi gli endemismi più rari.
Contribuire a diffondere anche questi in maniera tale che abbiano più zone in cui sono presenti, cosa importante dal punto di vista conservazionistica. Idem per le specie autoctone a popolazioni più rarefattesi, sebbene non endemismi unici di quei territori.
Conoscere le specie autoctone perdute nel corso del tempo e magari presenti ancora in zone più o meno vicine o con loro parenti tassonomicamente prossimi, e riportarle nei territori in cui scomparse con opere di rinaturalizzazione e ripopolamento.
 
Invece i falsi ecologisti come hanno declinato oggi la difesa delle autoctone pensate un po’?
 
L’hanno declinata nello sterminio delle specie alloctone-esotiche presenti con le quali l’uomo ha integrato comunque la biodiversità dei territori nel corso dei secoli!
Il tutto con grandi finanziamenti pubblici e persino l’uso di diserbanti, disseccanti, mezzi di eradicazione, abbattimento e taglio, facendone anche lucrosa biomassa, la speculazione della sterilizzazione e la creazione di canili per ogni specie animale mascherati sotto vari nomi mielosi, gattili, “rifugi per animali”, “santuari animalisti”, eccetera, e si tratta invece di lager e pensioni cimiteriali per animali distrutti dalla sterilizzazione nella salute e così estinti prima del tempo!
Magari domani anche orti botanici blindati come fossero industrie insalubri da cui nulla deve uscire se non filtrato, carceri di massima sicurezza sebbene per creature naturali o della tradizione non OGM brevettate.
Ciò con la scusa di evitare “inquinamenti biologici”, così chiamano ad esempio il polline di un’Araucaria esotica o i suoi semi o aghi sospinti dal vento nel nostro territorio … follia!
Divieto delle specie esotiche, divieto di farle riprodurre, divieto di coltivazione persino del Giacinto d’acqua, pianta esotica acquatica amata dagli amanti del giardinaggio che difficilmente in Europa, anche da noi in Salento, riesce a superare l’inverno! Ciò nonostante trattata come fosse un serial-killer da questi professionisti del biocidio razzisti verdi!
 
E qualcuno potrebbe pensare “va bene, ma allora sicuramente vogliono far ritornare le specie autoctone scomparse!?”
 
Ma che, ma vi state rendendo conto come stanno lottando contro la naturalizzazione avvenuta sia spontaneamente, sia per mano umana?!
Ma lo vedete come stanno combattendo e sono sempre gli stessi identici falsi ecologisti, contro il ritorno dei Lupi e dei Cinghiali in Salento.
Contro il ritorno dei Daini in Terra d’Otranto, organizzano catture appena se ne avvista qualcuno in libertà.
Contro i Cigni reali attaccando i cittadini che li avevano comprati da allevamenti per liberarli nella baia di Gallipoli.
Contro la libera presenza di domestiche Oche del Campidoglio adattatesi a vivere in semilibertà nel porto di Porto Cesareo.
E ci ritroviamo ora i parchi pieni di scatole di veleno rodenticida che avvelenano i Ratti che finiscono nella pancia di rapaci notturni che ne muoiono di conseguenza!
E la Processionaria del Pino? Non è forse autoctona?
Sì!
Eppure guardate come la demonizzano!
 
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L’ISTINTO DEL CAVALIERE DELLA NATURA

LA DIFESA DELLE SPECIE PIÙ DEBOLI E ATTACCATE DA ALTRI UOMINI

Quando tutti piantavano piante esotiche, era la moda nei giardini e spazi pubblici, io piantavo piante autoctone e anche a rischio di estinzione, per diffonderle in tal modo come obiettivo prioritario, ma anche per dare il buon esempio affinché fossero piantate anche queste piante perché non andassero perdute.
Ora che tutti hanno imparato a piantare piante autoctone ho esteso la mia rosa, e non disdegno di piantare anche esotiche, come per esempio gli eucalipti, acace e pittospori che vengono dati dai vivai regionali forestali in Puglia a chi chiede loro piante, oppure agavi, fichi d’India, yucche, melograni, palme da dattero, albicocchi, antiche varietà di agrumi, pini neri, pini marittimi e pini da pinoli, ecc.
e pianto anche queste specie indipendentemente da chi critica oggi pieno di fanatico razzismo verde acquisito in questi anni acriticamente.
Anzi pianto queste proprio perché c’è chi critica.
Perché se oggi tutti attaccano queste piante, come in passato denigravano le autoctone come piante di nessun valore, queste piante si estingueranno nel territorio, e questo non va bene come non andava bene l’estinzione delle dette autoctone, “dette” perché i concetti di autoctono ed alloctono sono ovviamente assai relativi.
La biodiversità di un territorio, che è ricchezza per il corpo e per l’anima, si compone di specie autoctone, di specie esotiche naturalizzatesi o meno, e di specie domestiche anche eventualmente inselvatichite, a tutto ciò si devono aggiungere quelle specie perdute nel corso del tempo a causa della pressione antropica o appunto per il variare di mode e che è giusto reintrodurre.
Tutte le piante ovviamente sono infestanti, tenendo conto del loro concetto demonizzante di infestanti, che si dovrebbero dire semplicemente: capaci di colonizzare territori adatti. Io dico festose per questo, non infestanti.
Anche le autoctone sono infestanti altrimenti non sarebbero esseri viventi.
Ma loro attaccano tante specie demonizzando la invasività, cioè il fatto che da sole a gratis verdeggiano ampi territori dopo che se n’è piantata una o poche di piante di quella specie in quel territorio.
Non li spaventa invece l’idea della piantina che rimane là piccolina dove la mettono. È la loro: biofobia!
La stessa che oggi stanno manifestando contro i virus.
E se con quella paura rivolta verso le specie esotiche naturalizzatesi o meno si erano messi a distruggere intere formazioni di flora e fauna con ogni mezzo.
La stessa rabbia disumana con la quale hanno tentato di cancellare i cani randagi dal territorio,
oggi in nome della difesa dei virus stanno distruggendo letteralmente il loro vivere umano condannandosi alla morte.
Quando poi qualcuno decide che una specie deve essere attaccata, indipendentemente da quale essa sia, indipendentemente dalle scuse addotte, chi ha amore per la biodiversità e la natura deve difendere quella specie e non un’altra!
La sua presenza, la sua fertilità, e anche la libertà almeno di alcuni suoi individui garantendo nel capacità di auto-ripopolamento.
Quella diventa la specie minacciata perché un’orda di balordi l’ha messa all’indice delle specie da estinguere dal territorio!
Non pianto per seguire mode ma con l’istinto della difesa dei deboli cioè le specie più attaccate dall’uomo!
Anche per questo i ratti dovrebbero essere messi in cima alla lista dei mammiferi del proteggere, in quanto sono i più attaccati dall’uomo.
Così è il tempo di piantare olivi in Salento proprio delle varietà che vengono condannate ed eradicate con la scusa della Xylella, benché ripollonanti da radici sempre vive.
Il tempo di piantare l’autoctono rosmarino e alloro, specie autoctone di cui è vietata la piantumazione in Salento con la scusa della Xylella.
Il tempo di piantare i ciliegi, i mandorli, i pruni, a partire da quelli già presenti nel territorio, tutti i messi al bando, insieme alla lavanda, con la scusa della Xylella.
Così oggi che si diffonde in Italia la moda bioterroristica contro la povera autoctona edera, è anche l’edera autoctona che bisogna piantare.
È oggi che bisogna mettere cassette nido in legno per i pipistrelli, oggi che li accusano di trasportare malattie!
Allo stadio di climax si arriva nel tempo in un luogo mentre accanto un fulmine azzera tutto con un incendio e la natura riparte con la successione di varie fitoconsociazioni per poi tornare nel tempo al climax. Se tutto fosse perennemente climax ovunque sarebbe una grande monotonia, per fortuna incendi, frane, alluvioni, terremoti rimescolano le carte, oggi si aggiunge anche l’uomo, e la biodiversità può essere nel complesso assai maggiore! Da qui l’importanza delle piante pioniere ruderali come ad esempio l’Ailanto.
P.s.: i professionisti del biocidio, oltre a tanta propaganda mistificatoria contro varie specie con varie scuse, invitano i cittadini ad essere delatori di specie esotiche naturalizzatesi o di altre specie definite invasive o di piante con qualche sintomo di acciacco/patologia con l’uso a tal fine di “app” per il telefonino con possibilità di geo-referenziare e postare foto, video e testi. Fanno passare questo per citizen science, ma c’è poco di scientifico in questa demonizzazione pro biocidi e pro finanziamenti pubblici per essi da ottenere così a furor di popolo.
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Ora è la moda della Annona! Tutti lo vogliono in Salento questo frutto tropicale coltivato in Calabria già con successo pare.
Con queste mode verdi che chiaramente mantengono in piedi anche il settore della vivaistica si arricchisce la nostra biodiversità territoriale.
Poco prima è stato il momento del boom della moda della Paulownia, quindi del Goji, ecc. ecc.  E chissà quante altre specie andando indietro nel tempo fino all’epoca romana, passando prima dalla scoperta dell’Australia, dell’America, dalle crociate, e poi ancora indietro nel tempo con le conquiste di Alessandro Magno, la vite di Dioniso con le sue migliori cultivar, le migliori cultivar di olivo di Atena, i contatti tra gli antichi agricoltori e allevatori con l’arrivo di mufloni-pecore e capre selvatiche da poco addomesticate, eccetera, eccetera, eccetera.
Si crea così quello che dobbiamo definire l’ “ecosistema antropico”, l’uomo e l’insieme delle specie che egli coltiva e alleva in un territorio quale che sia la loro originale, o che involontariamente contribuisce a diffondere comunque, le quali possono naturalizzarsi nel territorio circostante in osmosi con quello che è il contesto ecosistemico delle specie/varietà autoctone presenti.
Un ecosistema che ovviamente va visto non come nemico ma come arricchimento di biodiversità e che deve vedere anche l’uomo operare per la reintroduzione nel territorio circostante di ciò che invece con uno sfruttamento eccessivo e non saggio ecosostenibile ha contribuito a cancellare nel corso di secoli e millenni.
E così mentre vedremo tra poco sicuramente nel nostro Salento comparire quest’altra pianta esotica produttrice del frutto tropicale chiamato Annona, e non lo vedo assolutamente come un male ma anzi, tanto più se questa pianta si troverà bene davvero nel nostro territorio e non sarà sotto brevetto di nessuno, io mi preoccupo di non perdere tutto ciò che già si è introdotto prima, mentre magari una nuova moda crea disaffezione e rischia di scalciare ciò che già era stato introdotto e diffuso, pensiamo ad esempio alle malelingue che cercano di presentare ad esempio l’Ailanto, introdotto in passato con grande entusiasmo fisiocratico, come se fosse oggi un nemico, o ad altre piante demonizzate persino addirittura a volte con la scusa che porterebbero sfortuna quando invece hanno portato tanta ricchezza, bellezza e addirittura persino nutrimento!
Pensiamo al povero tronchetto della felicità tanto diffuso nelle case del Salento contro cui si diffuse la ingiuria che generasse la velenosa vedova nera, e da qui il suo abbandono ovunque verso i cassonetti dell’immondizia, o la povera fucsia anche essa tanto coltivata in passato nei giardini del Salento ma d’un tratto presentata come pianta dal fiore triste in quanto rivolto verso il basso e pertanto detta portatrice di sfortuna, come pazzescamente portatrice di sfortuna fu detta, sempre sul finire del ‘900 nella mia zona di Maglie, la edule Batata rossa quando veniva messo il suo tubero per metà in un bicchiere d’acqua a germogliare per impreziosire la casa con i suoi di steli, foglie e fiori, come prima di tale diceria si faceva diffusamente.
Non ci devono essere specie reiette sebbene siano anche simpatiche dal punto di vista etnografico-antropologico queste voci metropolitane che si diffusero popolarmente in tempi recenti.
È una ricchezza da preservare anche ad esempio il complesso delle piante esotiche, specie e loro varietà, che raccontano una storia ricchissima di contatti, traffici, adattamenti, e che sono coltivate dalle nonne del Salento nelle “craste“, i vasi di creta con terra e fori coperti da una “staccia”, una pietra piatta, nella parte bassa.
Così per esempio mentre ci prepariamo a veder spuntare i frutti della Annona nel nostro paesaggio in controtendenza arricchente mi piace sollevare l’attenzione su un piccolo arbusto autoctono pugliese che caratterizza la Murgia e che è un peccato sia oggi assente nel Salento dove ritengo vada al più presto reintrodotto/diffuso, un arbusto umile, un frutice: il Ranno spinello da piantare nei nostri ambienti rocciosi! Vedi scheda sul Ranno spinello.
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LA NICCHIA ECOLOGICA DELLE PIANTE DELLE NONNE

Castrignano dei Greci in provincia di Lecce, abitazione privata con “craste” nello spazio antistante l’ingresso, primi di giugno 2021, foto di Luigi Corten.
È bello scoprire le tante possibili nicchie ecologiche che sfrutta la vita per vivere.
Ad esempio propongo di considerare qui “la nicchia ecologica delle piante delle nonne”.
Le piante che si coltivavano e coltivano espressamente nelle abitazioni e negli spazi adiacenti ad esse.
Oggi c’è l’intermediario del vivaio e della grande distribuzione, ma valutiamo cosa accadeva nel recente passato e in parte ancora oggi. Le piante si scambiavano tra vicine, rafforzando i rapporti di buon vicinato (“ghetonia” in griko, il dialetto grecanico salentino), tramite bulbi, talee, semi, polloni radicali.
Quindi uno dei requisiti per entrare in questa nicchia ecologica è innanzitutto il facile attecchimento di queste piante, quindi il buon adattamento a questo habitat sinantropico dei giardini e delle case umane, nel quale poi sono individuabili degli ulteriori sotto biotopi, luoghi più in ombra o meno, al chiuso o all’aperto, eccetera congeniali a esigenze già naturali di specie diverse.
Il facile attecchimento ad esempio degli “scattuni” una volta “mpizzati“, utilizzando termini salentini.
Lo “scattune” è praticamente la talea, a volte un rametto tagliato, o “scuniatu” strappato dalla pianta madre, o il pollone radicato, un bulbo già in parte germogliato, ecc.
Mpizzatu” vuol dire messo in parte nella terra, in piena terra, in un’aiuola o in un vaso di terracotta (le “craste” chiamate in Salento).
Sono molto spesso, ma non sempre, piante esotiche giunte chissà come, chissà quando, e c’è tutta una cultura da approfondire pianta per pianta in tal senso.
Vi sono poi dei requisiti di utilità ad esempio gastronomici, pensiamo all’autoctono rosmarino, e/o medico-erboristici, e/o poi anche estetici per la pianta in sé o per le sue fioriture.
La cultivar di Fuchsia detta ”Cosimina” diffusa in Salento dove viene coltivata nei vasi di creta. Il nome le è stato dato dalla grande esperta di fuchsie in Italia Marta Stegani e deriva dal nome di una anziana signora di Martano (Lecce) che le ha donato degli steli per le talee al fine di ripropagare questa specie/varietà come Marta poi ha fatto. Da piccolo ricordo che la mia nonna paterna coltivava nel suo ricco giardino a Maglie questa varietà di fuchsia. Questa immagine viene dal sito di Marta Stegani. In Salento, oltre che “fuchsie” (nome botanico che deriva dal cognome di un naturalista e che è utilizzato anche oggi per indicare un colore tipico sovente di questi fiori, una tonalità di viola tendente al rosa), sono chiamate anche “campanelli delle nonne”.
E si ritrovano così piante autoctone magari divenute ormai molto rare in natura o piante provenienti da paesi anche molto distanti, ad esempio le Fuchsie dal Sud America, che trovano così modo di vivere da noi, o la “ungne de tiaulu” (in dialetto salentino “unghie del diavolo” per la forma delle sue foglie) che corrisponde all’edule sudafricano Fico degli ottentotti, una pianta succulenta tappezzante e dalle bellissime fioriture fino a pochi anni fa impiegata per il consolidamento delle dune costiere in Salento, ecc.,
e tutto questo merita sempre apprezzamento naturalistico conservazionista, condivisione e rispetto
PERCHÉ LA VITA VUOLE VIVERE!
Brano musicale di sottofondo: The Eternal Vow – China a romantic journey, dalla colonna sonora del film ”La Tigre e il Dragone” del 2000
      Oreste Caroppo 

Un commento su “BENTORNATO AILANTO IN ITALIA! Giù le mani dei professionisti del biocidio della Falsa-ecologia che vorrebbero eliminarlo a suon di fondi pubblici e insieme a circa 3000 altre specie, con scusa “esotiche”! Pazzesco il deserto artificiale praticamente!

  • Novembre 6, 2018 alle 9:05 pm
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    Che la Robinia pseudoacacia sia una pianta “invadente” e’ un dato di fatto. Questa caratteristica in certe situazioni, come, ad esempio, nei terreni superficialmente franosi, rappresenta una qualita’ positiva poiche’ con il suo apparato radicale impedisce lo scorrimento a valle degli strati superficiali del terreno!

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