C’e’ VITA nell’INFERNO sotto i nostri piedi: un unicum zoologico affiorato da un pozzo in Salento!

C’e’ VITA nell’INFERNO sotto i nostri piedi: un unicum zoologico affiorato da un pozzo in Salento!

Quella creatura mai osservata prima che emerse dallo scavo di un pozzo, viva e in numerosi esemplari, dalle profondità della terra a Veglie in provincia di Lecce …

 

Metaingolfiella mirabilis – stigofauna sottosuolo in feudo di Veglie (Lecce). Immagine dal Web.

 

Il territorio salentino per la sua natura litica prevalentemente calcarea è interessato dal fenomeno del carsismo, l’erosione provocata dalle acque meteoriche ricche di CO2 che ne modella la superficie e il sottosuolo; quest’ultimo pertanto si presenta ricchissimo di cavità erosive (grotte) che si aggiungono alle fessurazioni dei calcari provocate dalle pressioni tettoniche o dagli effetti della gravità.

Schema generico in merito all’erosione di un territorio carsico.

 

Nel caso specifico della Penisola salentina poi, date le sue caratteristiche geografiche di lingua di terra protesa tra i mari (un chersoneso), le acque marine penetrano nel sottosuolo dell’entroterra favorite anche da mutazioni nel livello dei mari (dovute soprattutto all’alternanza di glaciazioni e periodi interglaciale) nel tempo come anche da possibili subsidenze. E’ un’immagine poetica ma rende bene l’idea: le acque del mare Adriatico e dello Ionio nella Penisola salentina si incontrano e fondono nel sottosuolo, oltre che nel Canale d’Otranto.

 

Penisola salentina.

 

Le acque piovane che penetrano nel sotto-suolo immediatamente tramite fessurazioni, fratture o porosità delle rocce affioranti, o dopo brevi corsi in quei rivi superficiali che non giungono al mare, ma che “sfociano” in voragini in chiuse valli endoreiche dette, (“endo-reico” dal greco vuol dire letteralmente che lo scorrimento fluviale delle acque in superfice avviene all’interno del territorio senza giungere al mare, per cui con finale evaporazione e/o discesa nel sottosuolo delle acque; ad esempio il Canale Asso quasi al centro della Penisola salentina raggiunta una voragine diventa un fiume sotterraneo mentre il Fiume Idro sfocia in mare normalmente a Otranto), formano uno strato di acque dolci “galleggianti” per la minore densità sopra le sottostanti acque salate da ingressione marina con formazione di un aloclino di interfaccia. Tale strato che alimenta lungo la costa salentina diverse sorgenti, grossomodo a livello del mare, ha uno spessore via via crescente tanto più ci si sposta verso l’interno lontano dal mare.

 

La falda freatica della Penisola salentina. Immagine tratta dall’articolo qui linkato sull’area idrogeologica del Salento. Ringrazio il magliese geologo professor Paolo Sansò dell’Università del Salento per le sue magistrali lezioni su questo argomento.

 

Ed è in questo strato grossomodo in sezione di forma lenticolare di acqua dolce, assottigliato lungo la costa e spesso all’interno, che emungono, “pescano”, sovente i più profondi pozzi salentini privati e pubblici realizzati comunemente con trivellazioni e pompe (impropriamente questi sono comunemente chiamati in Salento “pozzi artesiani”). E’ quella anche una importante fonte di approvvigionamento idrico di acqua potabile per l’Acquedotto Pugliese in Salento che pertanto ha realizzato nell’entroterra i suoi principali pozzi di emungimento dove più spesso è lo strato di acque dolci di falda freatica.

Si aggiunge poi a questo sistema idrico della falda freatica quello di falde locali più superficiali permesse da particolari condizioni orografiche, idrologiche, pedologiche e litologiche (strati geologici impermiabili), dove solitamente sono state scavate le cosiddette “pozzelle”, “puzzi“, “puzze“, (“ta freata” in griko il dialetto locale grecanico salentino), pozzi scavati nel terreno argilloso, a forma di cupola rivestiti con la tecnica della muratura a secco (cioè con pietre grezze ed irregolari di calcare assemblate fra loro con la forma del tholos dei trulli); venivano ricoperti così di pietre i fianchi della cavità scavata fino alla sommità dove si lasciava in cima un’apertura che serviva per prelevare l’acqua e dove si poneva la vera del pozzo a volte solitamente realizzata in un solo blocco di calcare (“pietra leccese“). Queste falde superficiali sono spesso collegate a laghetti effimeri stagionali e sono importanti per la sopravvivenza di innumerevole specie animali e vegetali.

Ancora più artificiali le cisterne, buche scavate nel terreno e rivestite di intonaci impermiabilizzanti dove si facevano confluire acque piovane raccolte su superfici al suolo con opportune canalizzazioni e/o dai tetti di edifici; era usanza in Salento mettervi in esse delle anguille perché si riteneva svolgessero una funzione depurante le acque mangiandovi vermi e insetti e altri organismi, ma io ipotizzo anche vi fosse una ritualità celata inconscia in quella tradizione, l’anguilla (che è un pesce) come sorta di serpente (che è un rettile), come vivo fallo (fortissima è la simbologia fallo/serpente) a fertilizzare l’acqua, nel pensiero magico archetipico, caricandola di energia vivificante nel ventre, l’ ipogeo, utero simbolico della Madre Terra!

 

 

Anguille comunque legate agli ambienti lacustri epigei e anche acquitrinosi ipogei del Salento e al suo mare.

 

Anguilla.

 

Il mondo ipogeo di quelle cavità infere interessate dalla falda freatica, (“inferno” vuol dire letteralmente dal latino infernus “che si trova in basso”, prima di assumere poi altri valori semantici), non è un sistema isolato ma è comunque in comunicazione con il mondo in superficie, tramite ad esempio le voragini, (chiamate in vernacolo locale ‘ore, vore, ausu, avisu da abisso, ecc.), interi corsi d’acqua stagionali, (detti rii, rivi, canali, fossi, ecc.), scendono nel sottosuolo rapidamente trasportando notevoli quantità di materiali organici fondamentali per alimentare le catene alimentari degli ecosistemi ipogei, caratterizzati da esseri viventi estremamente adattati a quei luoghi inospitali per innumerevoli altre creature, nicchie ecologiche che comunque la vita ha occupato. Si aggiungono poi gli apporti di escrementi (guano) da parte dei pipistrelli che fanno la spola tra l’esterno epigeo e ambienti ipogei accessibili e gli scarichi umani tramite anche direttamente pozzi anidri, che anche possono contribuire, quando non a distruggere, a far giungere nel sottosuolo materia organicata in superficie grazie a processi fotosintetici, e che diventa nel sottosuolo “il trofico combustibile” di alimentazione di partenza, là dove non giunge la luce del Sole direttamente.

Vi vivono dunque creature della cosiddetta fauna cavernicola o fauna ipogea.

Nel Salento la grotta che maggiormente ha contribuito ad avviare lo studio scientifico di questa interessantissima fauna è stata la suggestiva Grotta Zinzulusa a Castro di Minerva:

 

Antro di ingresso a Grotta Zinzulusa. Foto dal Web.

 

Negli anni ’20 del ‘900 Filippo Bottazzi, Pasquale De Laurentiis e Gino Stasi vi hanno scoperto nei laghetti all’interno del profondo ipogeo di Zinzulusa un gamberetto quasi del tutto privo di pigmentazioni battezzato Typhlocaris salentina, un decapode che può raggiungere fino ai 13 cm di lunghezza (dall’estremità del rostro-apice all’estremità del telson)

 

Typhlocaris salentina (Caroli, 1923), foto di Nini Ciccarese inizialmente linkata da questo sito www.ittiofauna.org al momento non più visibile. Può raggiungere i 13 cm di lunghezza complessiva. Secondo il professore Ruffo (1955) questo endemita pugliese di dimensioni eccezionali sarebbe un relitto della fauna subtropicale sopravvissuta alle variazioni climatiche post-plioceniche in rare stazioni ipogee. Può emettere degli stridii forse a fini di difesa.

 

ed un altro invertebrato crostaceo sempre ipogeo cui è stato dato il nome in onore dell’illustre fisiologo di Spelaeomysis Bottazziiun misidaceo dalle antenne poligeminate completamente cieco e depigmentato (evidenziando così il grande adattamento a quell’habitat tenebroso).

Questi crostacei pare si nutrano non solo di detriti organici presenti nelle acque ma anche all’interno delle rocce calcaree di antichi residui organici rimasti lì intrappolati durante i processi di sedimentazione. Non si disdegna poi certo in quegli ambienti estremi il cannibalismo saprofita di individui morti della stessa specie. Sono poi prede a loro volta delle anguille che penetrano in questi ambienti acquatici sotterranei. Typhlocaris salentina può predare anche i misidiacei. (Dati tratti da “Animalia tenebrarum-biospeleologia pugliese“).

Si tratta più in particolare di stigofauna, termine con cui si indicano quelle specie animali acquatiche facenti parte della fauna ipogea e associate quindi alle acque sotterranee (falde acquifere, fiumi sotterranei, laghetti e vaschette di stillicidio, gours, ecc.). Mentre la troglofauna comprende la fauna ipogea non strettamente acquatica. L’etimologia del termine tecnico “stigofauna” è assai suggestiva in quanto richiama il mitico Stige, uno dei cinque fiumi presenti negli Inferi secondo la mitologia greca e romana; tra gli altri vi era poi il Cocito, il cui nome è stato suggestivamente dato ad un laghetto interno a Grotta Zinzulusa.

 

 

L’estensione degli studi speleologici con indirizzo verso la ricerca biologica ha portato alla scoperta anche in altri siti ipogei delle medesime specie già citate e di altre, e nel proficuo e relativamente ricco di biodiversità sito di Grotta Zinzulusa anche alla recente scoperta, da parte del direttore scientifico del Gruppo Speleologico Salentino Nini Ciccarese di Castro di una specie di spugna stigobia unica nel suo genere mai prima osservata e alla cui specie è stato dato il nome dello scopritore Higginsia ciccaresei (Pansini & Pesce, 1998), una spugna sferoidale bianca, “comunissima oltre un milione di anni fa, ma sopravvissuta solo in fondo ad un pozzo melmoso nella Zinzulusa“, battezzato pertanto come il “pozzo delle spugne”:

 

Higginsia Ciccaresei Sp. Nov. (Porifera Demospongiae) from a marine cave on the apulian coast (Mediterranean Sea). Foto dal web.

 

Ma di tutte queste scoperte quella che maggiormente ha acceso la mia curiosità ed il mio entusiasmo, e a cui è dedicato questo articolo, mi è stata raccontata dagli speleologi e biologi di Nardò Salvatore Inguscio ed Emanuela Rossi, bio-speleologi che ringrazio, autori anche di preziosi testi sull’argomento della fauna ipogea del territorio pugliese, in particolare cito qui l’utile loro opuscoletto intitolato “Animalia tenebrarum-biospeleologia pugliese” Ideemultimediali editore, Nardò 2001; da una recensione del testo: “per la prima volta nella storia della biospeleologia pugliese, una presentazione completa, accuratamente commentata e illustrata, di tutte le specie che con l’esteso mondo sotterraneo della Puglia hanno un rapporto vitale esclusivo, quelle che non potrebbero sopravvivere in superficie e che per questo hanno meritato il nome di animali troglobi (…) Trentotto specie di animaletti, per lo più diafani come se della loro corporeità fosse rimasta solo un’ombra. Piccoli, a volte microscopici. “.

Si tratta della scoperta non solo di una nuova specie unica mai documentata prima, ma parrebbe di un’intera nuova famiglia animale tassonomicamente parlando, e ancora più straordinario il modo in cui è stata effettuata, non tramite indagini di speleologi in angusti ambienti ipogei come sovente, ma ispezionando una pompa di emungimento.

 

Metaingolfiella mirabilis – stigofauna del sottosuolo in feudo di Veglie (Lecce). Foto dal Web.

 

Era il 1967. Questo endemita fu trovato inaspettatamente nell’acqua prelevata per le analisi di rito dopo lo scavo di un pozzo nel territorio del comune di Veglie e da allora non è stato più ritrovato.

Furono osservati solo in quell’occasione numerosi esemplari di questa specie nuova per la scienza, che venne classificata come Metaingolfiella mirabilis, questo il nome scientifico che le fu dato, poi più nulla.

Il loro corpo è lungo fino a 13 mm o poco più.

Si tratta di un anfipode per descrivere il quale il professor Sandro Ruffo del Museo di Scienze Naturali di Verona ritenne di dover creare appositamente una nuova famiglia.

Il loro studio, grazie a degli esemplari prelevati e conservati in quell’unica occasione in cui furono osservati, fu pubblicato dal Ruffo nel 1969:

 

Metaingolfiella mirabilis – abstract dello studio del 1969 dello studioso Sandro Ruffo sulla scoperta della nuova specie. Descrizione di Metaingolfiella mirabilis n. gen. n. sp. (Crustacea Amphipoda, Metaingolfiellidae fam.nova) delle acque sotterranee nell’Italia meridionale da un’unica osservazione in un pozzo del Salento (Puglie).

 

È praticamente una delle più importanti scoperte in merito alla stigofauna pugliese ed è avvenuta casualmente.  “Probabilmente questo crostaceo colonizzò le acque sotterranee salentine in tempi molto antichi e si tratterebbe di un elemento paleomediterraneo” (tratto da “Le grotte e il carsismo in puglia“).

Ergo attenzione naturalistica alle acque che emungete dal sottosuolo per vari usi, potreste contribuire anche voi ad una importante scoperta scientifica sulla vita degli inferi sotto i vostri piedi! Raccogliete sempre gli esemplari in tali casi in dell’acqua del medesimo pozzo e mettetevi in contatto con i biospeleologi del nostro territorio che saranno assai felici di condividere le vostre stesse emozioni!

 

APPENDICE

Nell’accenno qui in questo articolo all’immaginifico mondo ipogeo e alle sue creature voglio ricordare anche un’essere dalla grandissima suggestione, non ad oggi osservato in Puglia ma comunque vivente in grotte dell’Europa in area nord Adriatica, il Proteo (Proteus anguinus), creatura dagli straordinari adattamenti alla vita ipogea:

 

 

Si tratta di un anfibio urodelo unico vertebrato troglobio (ossia che vive e si riproduce esclusivamente in grotta) presente nel continente europeo. È una specie completamente acquatica. È endemico delle acque sotterranee che scorrono nell’Altopiano carsico e nelle Alpi Dinariche, in particolare nella Slovenia meridionale, nella Venezia Giulia italiana (vicino alla città di Trieste), nella Croazia occidentale e nella Bosnia-Erzegovina. Totalmente depigmentato. È un animale neotenico, ossia mantiene le caratteristiche della larva anche allo stadio adulto.

In uno studio condotto un proteo è stato fermo per 7 anni e poi ha deciso di muoversi!

 

RINGRAZIAMENTI

Ringrazio Totò Inguscio ed Emanuela Rossi per le informazioni divulgate nei loro convegni e libri con i quali mi hanno particolarmente incuriosito su questo misterioso essere emerso dalle acque del sottosuolo di Veglie, in merito al quale ci tenevo a divulgare maggiormente per incuriosire anche altri come ne sono stato incuriosito anche io, sia per la sua rarità e unicità, sia per le modalità di scoperta che possiamo definire di potenziale “citizen science”, nonché ringrazio Nini Ciccarese per l’importante meritoria opera di divulgazione scientifica sulle meraviglie speleologiche del Salento!

  Oreste Caroppo     21 febbraio 2021

 

 

AGGIORNAMENTI anno 2023

Nella metà di febbraio 2023 mi giunge la stupenda tanto attesa buona notizia: “In una grotta del Salento presa dopo 55 anni la Metaingolfiella mirabilis: È il sacro graal della speologia” su https://bari.repubblica.it/

 

Lo studioso Totò Inguscio impegnato in una grotta del Salento per lo studio della biodiversità ipogea. Immagine dall’articolo di bari.repubblica.it.
Articolo da cui traggo la foto sopra e il sequente passo: “La scoperta a Galatina dello speleologo Totò Inguscio insieme con il gruppo speleo Tricase. Per la prima volta l’animale, una sorta di gamberetto, scoperto da Sandro Ruffo in un pozzo profondo 50 metri a Veglie, da allora solo un avvistamento a Nardò. La Puglia è tra i territori più ricchi di fauna ipogea”.
Metaingolfiella mirabilis in Salento, prime foto a nuovi esemplari vivi scoperti nel nuovo millennio dopo quelle scattate decenni primi nel ‘900. Immagine tratta dall’articolo del 2023 sul Quotidiano di Puglia dal titolo “Salento, scoperto in una grotta dopo decenni un crostaceo ritenuto estinto” a firma del giornalista Donato Nuzzaci.
Tantissimi Grandi Complimenti a questi ricercatori!

 

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