“DE ARCHITECTURA” NATURALISTICA – L’ESTETICA DEL PAESAGGIO DELLA PIACEVOLEZZA

“DE ARCHITECTURA” NATURALISTICA – L’ESTETICA DEL PAESAGGIO DELLA PIACEVOLEZZA

Diversi capitoletti con una miscellanea di retificate riflessioni

 

QUANTA MAGIA IN UNA “SEMPLICE” MODANATURA!

Da un’abitazione di campagna nell’hinterland di Maglie (Lecce), contrada ”Luci”, particolare, scatto del pomeriggio del 18 agosto 2017.

 

Non ci rendiamo conto a volte di quanta ricerca, quanta armonia, quanta perfezione e geometria, quanta scienza e psicologia-estetica, quanti secoli di cultura possono essere condensati davanti a noi nella nostra casa nella modanatura di un mobile in legno della nostra tradizione, nella linea a tratti curva a tratti lineare di una tornita colonnina, nella proporzione dei vari elementi, così in una cornice.
Vi è lì una sapienza estetico-architettonica codificata.
Guardandola non ne capiamo immediatamente il segreto, eppure quella modanatura ci trasmette grande armonia anche se, come in questo caso qui in foto, in un mobile di arte povera in legno splendidamente dipinto di bianco.
È una modanatura che ci viene dell’arte classica greca e romana, ma il mistero dell’armonia che ci trasmette non viene semplicemente dalla suggestione che ci richiama culturalmente al classico, tant’è che anche in un mobile di arte povera l’armonia che essa ci infonde non è per questo minoritaria, ma anzi forse persino maggiore nella sua semplicità non baroccheggiante.

Da un’abitazione di campagna nell’hinterland di Maglie (Lecce), contrada ”Luci”, scatto del pomeriggio del 18 agosto 2017.

Riporto per completezza la foto del gradevolissimo mobile in legno di recente fattura da cui ho tratto il particolare della modanatura nella foto di questo post.
Immaginatelo senza modanatura. L’ idea soltanto mi turba. Come se lo si privasse dell’ anima, della personalità, e di quella completezza che ora trasmette e che lo rende indipendente, completo come opera, ovunque esso sia.

 

Decorazioni di complemento o di passaggio all’interno di strutture architettoniche, che si tratti in un edificio, di una struttura in pietra, o di un mobile in legno.
Decorazioni che, sebbene più spartane, le incontriamo anche nell’arte della pietra a secco delle nostre campagne, e pensiamo ad esempio ai pinnacoli di complemento di uno stipite di ingresso ad un podere, (una “chiusura” rurale), o al pinnacolo sommitale di un trullo dello stile più comune in Valle d’Itria.

Pinnacoli dei Trulli di Alberobello, foto al link

 

Pinnacoli dei Trulli di Alberobello, con i tipici misteriosi simboli in calce disegnati sui loro coni, foto al link: http://www.meteoweb.eu/wp-content/uploads/2014/04/TRULLO-6.jpg

 

Se questi elementi di complemento non rispettano alcune proporzioni, che pure sarebbe difficile immediatamente codificare, ne proviamo alla loro vista un senso immediato di fastidio, lì giudichiamo grotteschi, “barbari” avrebbero detto i nostri antichi greco-latini.
Idem per una colonna tornita, sia anche la canna sonora in legno di una zampogna cornamusa del Sud Italia, se non rispettasse linee ormai codificate da tempo ne risulterebbe sgradevole alla vista!
Perché? Di cosa difetta o cosa ha in eccesso quella decorazione che ci trasmette fastidio, rispetto a quella che ci seduce e affascina, o anche solo semplicemente non ci turba ed è già tantissimo?!
Il segreto si può ricercare, studiare e si può decodificare, cioè comprendere e quindi codificare e trasmettere culturalmente affinché sia immediatamente riproducibile, ed è stata questa la grandezza anche degli studi e delle opere di Vitruvio e dei suoi epigoni nel corso dei secoli ed in particolare nel Rinascimento italiano, in riferimento ai successi dell’ arte-architettura classica greco-latina.
Eppur a quelle vette di perfezione può giungere e rigiungere qualsiasi uomo; pensiamo alla perfezione estetica dei trulli più belli di Alberobello solo ad esempio, in Puglia regione intermedia tra Grecia e Roma.
Il segreto della realizzazione di tale perfezione, del suo raggiungimento, sta nel far sì che l’opera risuoni nell’animo del suo artista realizzatore, il quale nel togliere e mettere, nel provare ed errare, guidato comunque da una forza inconscia, si ferma quando sente che il realizzato risuona in lui provocandogli armonia, un senso di benessere e rilassatezza che prorompe dal rispetto di archetipi interiori che riguardano anche la dimensione del sacro, del vitale, del bello-funzionale.
Lo stesso rispetto di archetipi interiori istintivi che porta uno sciame di api alla realizzazione della perfezione funzionale di un’ meraviglioso alveare a celle esagonali.
Che sia forse questo uno dei segreti dei grandi della cultura classica? Aver operato nella progettazione e nella realizzazione inseguendo uno status psicologico di armonia?

Le avanguardia del contemporaneo, che hanno voluto rompere per scelta iconoclasta con quella tradizione codificata del classico, affermando il principio del funzionale che anche nel classico non era certamente disdegnato, anzi, ma denigrando e rigettando come inutile il valore del decorativo, non compresero l’importanza invece funzionale anch’essa, in quanto obbediente ad archetipi interiori sempre presenti nell’uomo, della decorazione rappresentata da una semplice grande modanatura, banalizzata da loro a effimero inutile orpello che effimero inutile non era, condannando la civiltà europea e occidentale ad un’ epoca contemporanea di disarmonia programmata, che nasce da disarmonia e induce disarmonia nelle persone, malessere, non qualità di vita.

Il mio augurio che il Salento stia finalmente rifiutando questa degenerazione sottoculturale, e lo testimonia il ritorno del buon gusto nelle nostre case, come nelle nostre campagne, il buon gusto del muretto a secco, del quadro naturalistico e pittoresco, di uno stipite di ingresso con un bel piramidone sommitale di giuste proporzioni, o con una pigna scolpita, il ritorno delle belle tegole in creta della tradizione, delle staccionate in legno, del bel paesaggio storico-naturale, ecc.; un gusto eclettico dei generi antichi che sa ben fonderli insieme con equilibrio e saggezza, nel rispetto e massima valorizzazione del nostro stratificato Genius loci del sud Italia.

 

(Da un mio post facebook del 18 agosto 2017, e dai miei commenti ad esso, al link: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10214151699296527&set=a.10206260488981201&type=3&theater)

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Sarebbe importante uno studio statistico con un test di opportune domande proprio per studiare gli effetti psicologici sulle persone di queste modanature rispetto alla loro assenza o alla presenza di modanature evidentemente discostate da quanto codificato in passato nell’arte classica.

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E’ L’ ARCHITETTURA DELLA PIACEVOLEZZA!

NON SI PUÒ PERMETTERE AL CATTIVO GUSTO DELL’ INSENSIBILITÀ, O ALLA CONVENIENZA DEL RICATTO ECONOMICO DE “IL BRUTTO COSTA MENO”, DI DETURPARE I NOSTRI CAMPI E PAESI CON ALTRI MURI DI CEMENTO INDUSTRIALE SPOETICIZZATO!

Tutto questo si deve conseguire attraverso l’intervento incentivante ed iper-incentivante il “bello” e tassante il “brutto” degli enti amministranti,
ergo senza coercizioni imposte sul gusto,
ma facendo valere il principio che chi rispetta il “Genius loci”, (lo stratificato spirito estetico culturale storico e naturale di un territorio), sta rendendo un servizio a tutti e alla comunità, sta operando nel “bello” (in questa categorizzazione specifica dei concetti di bello e brutto qui usata: bello = rispetto del Genius loci),
chi invece per suo estro o tentativo di convenienza vuole imporre un suo ego astruso agli altri, poiché questo vuol dire un muro di confine, una facciata di edificio, interfacciarsi con gli altri, allora deve pagare in denaro il disgusto che sta imponendo agli altri a deturpamento del comune paesaggio quotidiano!
In tal modo verrebbe spezzato il meccanismo deleterio e degradante de “il brutto costa poca e conviene, sia se poi altera la qualità di vita di tutti, compreso l’autore e il committente”!

Il pittoresco, valore aggiunto da aggiungere e pretendere nella nostra vita e quotidianeità!
Il pittoresco, condizione necessaria contro lo stesso degrado sociale!

Murgia dei Trulli all’estremo nord dell’ Apulia salentina

In foto: Capolavoro di massima armonia nell’antropizzazione del paesaggio nel massimo rispetto di natura, uomo, storia e cultura! 
(Foto tratta da internet)
Dobbiamo curare l’ ECOSOSTENIBILITA’!
MA ANCHE la cura all’ ESTETICA DEL PAESAGGIO STORICO-NATURALE non è da trascurare, e son e devono essere entrambe due facce della stessa medaglia!
Diverse aree del Salento, non brillano certo per un’attenzione data a questi aspetti negli ultimi decenni, ma han subito l’ offesa del cemento degli “architonti”, chiamarli architetti sarebbe ingiusto.
Ciò nonostante abbiamo il dovere di lenire questi mali!
Non dobbiamo permettere più che si perseveri nella cementificazione ossessiva, nel cemento e nelle forme sub-architettoniche aliene a tutto, questo ovunque nel nostro Salento;
e questo in primis nelle aree rurali, polmoni verdi e di rigenerazione per la vita nelle stesse città, e veri e propri anulari ed estesi “centri storico-naturali” dove massima deve essere l’adesione a quella che è definibile la nostra “Architettura della Piacevolezza” rispettosa ed iper-ispirata al nostro ben riconoscibile, luogo per luogo, “Genius loci”, guidata dalla filosofia dell’ “ingegneria naturalistica” che utilizza materiali offerti dalla natura, del luogo, si ispira a forme, colori, tecniche e stili locali della tradizione, utilizza piante autoctone, e adatta la soddisfazione delle esigenze umane all’esaltazione del pittoresco del paesaggio, e alla natura.
Ma anche nelle periferie dobbiamo iniziare ad invertire la rotta, estendendovi quella cura virtuosa che oggi poniamo nei centri storici e iniziando a ragionare sempre più in termini di decementificazione, restauro-recupero, rinaturalizzazione, bonifica da inquinamenti estetici quanto ambientali!

 C’era dunque un tempo in cui veder giungere dei muratori in un campo non era motivo di dispiacere per la distruzione e lo sfregio della Natura che comportavano, come oggi, ma motivo di giubilo per la bellezza ulteriore che il loro lavoro avrebbe aggiunto al paesggio storico-naturale. Non serviva certo a questi nostri “mesci paritari”, far uso di droghe sintetiche speciali e costosissime, per cercare di avere l’ “ispirazione” d’una forma improbabile, né di ricamare a voce come fanno oggi tanti architonti, con dialettica distorcente e mistificatoria, una nebbia di contenuti e valori nei fatti introvabili nelle loro colate di cemento, acciaio e vetro prefabbricati, per giustificarle agli occhi di non meno tonti. Ragionavano, magari accompagnati da un bicchiere di dionisiaco vino, si ponevano in ascolto con se stessi e la Natura circostante, avevano grande cultura sapienziale, pazienza nella ricerca della perfezione che quanto raggiunta risuonanava inconsciamente come una dolcezza nel loro animo, passo passo; erano umili, e producevano questa magnificienza! Qualcuno però ancor oggi produce queste meraviglie, e di fronte a tanta maestria e bellezza c’è solo da inchinarsi, nello squallore di oggi, e dire “Grazie”, perché un tale bene, all’ interno forse anche può essere di qualcuno, ma all’ esterno è di tutti!

Bellissimi trulli, “pajare” localmente anche chiamati questi, nelle campagne di Salve nel basso Salento (una tipologia con alcune differenze rispetto a quelli del Nord Salento – Valle d’Itria). CHE MERAVIGLIA!

 

Ceglie Messapica, 24 ottobre 2017, trulli tipologia Alberobello-Valle d’Itria-Murgia dei Trulli. Foto di Oreste Caroppo

Antichi trulli, “casedde” in vernacolo locale, restaurati.
Han qui pinnacoli a globo su cono capovolto, e persino le proporzioni del pinnacolo rispetto al resto e delle sue parti vi è da credere non fossero casuali ma inserite nella complessiva armonia di una tal efficiente struttura, anche in occasione delle pesanti nevicate invernali.
Ambienti interni climaticamente eccellenti in tutte le stagioni, e par anche edifici ben antisismici.
Una lezione di architettura, comunque “arcaica”, scolpita e fissata nella pietra e tramandata nel sapere locale!

 

(Tratto dal mio posta facebook del 20 settembre 2012, e dai miei commenti ad esso, al link: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=4639086105215&set=pb.1534895340.-2207520000.1544987086.&type=3&theater)

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Nel complesso dell’ intero santuario si poteva fare certamente di più e meglio, idem per gli interni della chiesa troppo “contemporanei” negli stili, ma l’ esterno della chiesa nel suo disegno complessivo non è sgradevole, anzi:

tempio del Santuario opera dell’architetto romano Luigi Vagnetti, che lo realizzò dagli anni 1954 al 1965. “Per realizzare il nuovo complesso architettonico del Santuario dell’Incoronata (non lontano da Foggia), l’architetto si è ispirato alle abitazioni edilizie del luogo come il trullo e la capanna, (…) sintesi di elementi architettonici della zona”

(Dal mio post facebook del 29 luglio 2017 al link: https://www.facebook.com/oreste.caroppo.9/posts/10213970706611823)

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Anche nei megaliti antichi non manca di scorgersi una piacevolezza, una armonia che li rende ancor più affascinanti talvolta:

Dolmen Chianca di Bisceglie in Puglia

 

Vi son opere umane in cui appare talvolta quel grottesco sgradevole di cui parlo, e che ad esempio ho percepito in queste famose opere e nel loro complesso del cosiddetto Castello di Corallo in Florida, grande impegno certo ma non ricerca di armonia, di quella piacevolezza che ispira e infonde al contempo l’ opera perfetta sublime. Può essere il tutto anche l’ effetto dell’ influenza della personalità problematica dell’ autore:

Dal link: http://phobosproject.blogspot.com/2015/05/filmato-svela-mistero-coral-castle.html?fbclid=IwAR2YXsPthWc4Bd8AQcKSCj7w7f1HHJNsxVOENciyWL3ig1igRaG_KlK8F-

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In una critica avversa a queste modanature una donna italiana contemporanea scriveva che le riteneva “ricerca di raffinatezza e quindi un’allontanamento dallo spirito più puro ed essenziale della natura”, vedeva in esse “un tentativo dell’uomo di elevarsi rispetto alla natura invece di fondersi in essa”.

Personalmente invece non credo sia elevazione dell’uomo al di sopra della Natura la ricercatezza che in esse si esprime, quanto ispirazione alla Natura, di cui anche l’uomo fa parte, Natura che è scritta, come avevano capito Pitagora e Galileo, in forme geometriche e secondo opportune proporzioni.

Difficile poi dire quanto abbiamo copiato dalla Natura circostante o quanto abbiamo inventato di nostra esclusiva esperienza, così vedevo ieri (18 agosto 2017) la foto del nido di una rondine Balestruccio formato da grumi di fango disseccatisi e consolidatisi e mi chiedevo se l’arte della produzione di vasi in ceramica sia nata anche osservando le rondini,

Foto nido di Balestruccio (Delichon urbicum), foto dal link.

 

o le Vespe vasaio proprio chiamate (Sceliphron spirifex, presenti anche in Salento e che realizzano i loro nidi proprio con il fango),

Vespa vasaio (Sceliphron spirifex) che chiude il nido: https://www.naturamediterraneo.com/FORUM/showpic.asp?pic=https%3A%2F%2Fwww.naturamediterraneo.com%2FPublic%2Fdata7%2Felleelle%2Fsceli.JPG_2010625221050_sceli.JPG
Da: https://www.naturamediterraneo.com/FORUM/pop_printer_friendly.asp?TOPIC_ID=117289

 

o attraverso altre osservazioni e intuizioni umane.

 

Quale di queste vespe nel link qui di seguito riportato, e nel primo commento, è l' autrice di questo condominio adeso…

Publiée par Oreste Caroppo sur Mercredi 18 octobre 2017

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IL PITTORESCO E LA PIACEVOLEZZA

La ricerca del “pittoresco”
nel paesaggio, nel restauro paesaggistico, nel design, nella progettazione architettonica, urbanistica, paesaggistica, infrastrutturale, ingegneristica, nella moda del vestire, nell’ arte, arte e cura del corpo, ecc.,
deve essere un dovere civico e politico.
Il mero funzionale che dimentica la funzione della bellezza, dell’ armonia, non è davvero pienamente funzionale, perché ha dimenticato la grande funzione per l’ uomo della “piacevolezza”, ciò che rende grande immenso un Fidia architetto di templi sull’ acropoli di Atene, quando il “mesciu paritaru” costruttore di un trullo a Cisternino.
Un “pittoresco” che deve riguardare tutti i sensi, e che nella contemporaneità occidentale eccelle oggi a mio avviso nei canoni dell’ estetica del femminile, mentre è mediamente assai scadente nella complessiva architettura.

L’ interrogativo scientifico è pertanto: interrogarsi su cosa sia il “pittoresco”, quali le sue formule, i suoi segreti, i suoi principi, che l’ uomo ben coglie inconsciamente con l’ emotività dello spettatore e fruitore, col virtuosismo dell’ artista davvero tale!

In Oriente magari lo stesso ordine di idee umane di fondo qui espresse in linguaggio occidentale, trovano espressione nel cosiddetto “feng-shui” codificato secondo la visione della natura orientale, eppur sempre convergente con la nostra visione della stessa che ho racchiuso qui sotto la qualità del “pittoresco”.
Pittoresco che come questo quadro del pittore Achille Dovera, intitolato “marina con barche”, mostra, non deve per forza coincidere con il concetto di lusso, ma può emergere anche nel più modesto degli scorci.

Dal mio post facebook del 23  giugno 2018:

IL PITTORESCO E LA PIACEVOLEZZALa ricerca del "pittoresco" nel paesaggio, nel restauro paesaggistico, nel design,…

Publiée par Oreste Caroppo sur Samedi 23 juin 2018

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TUTTO È NATURALE NELLA NATURA MA “L’ UOMO È MISURA DI TUTTE LE COSE”

Del resto anche il petrolio deriva dalla decomposizione della materia organica.
Nella Natura di cui noi siamo parte non c’è nulla, non ci può logicamente essere nulla di innaturale, e anche il petrolio, tanto criminalizzato a priori è un prodotto della natura!

Ciò che si deve invece criminalizzare delle cose è il loro uso e/o prelievo dannoso fatto dall’uomo! Lo squilibrio dannoso all’ uomo della realtà naturale, cui sempre meglio saggio e giusto, economicamente conveniente, tentare quanto più di adattarsi senza stravolgerla comprendendone e studiandone le leggi.

Così lo stesso cemento non è altro che roccia cotta, di per sé né buono né cattivo, ma è anche in questo caso il suo uso che può essere dannoso o meno.

E se il concetto della dannosità di un certo uso del petrolio tocca la sfera della salubrità dell’ambiente, il secondo, il cemento, tocca l’aspetto dello spazio da lasciare alla biodiversità e ancor più di questo tocca la sfera dell’estetica paesaggistica.

Estetica anche essa da definire. Qual’ è l’estetica positiva e quella negativa?
Anche in questo caso “l’uomo è misura di tutte le cose” (come ben diceva un saggio filosofo greco antico), di tutte le cose che ci interessano ovviamente, che ci interessano per ottemperare al naturale imperativo categorico di vivere, vivere bene e continuare a vivere nella prole.
L’estetica del paesaggio che io giudico positiva e che mi pare trasmetta, per lo meno ai più, un senso di benessere, è quella che risponde a ciò che definisco il “valore del pittoresco”, in cui si mescolano suggestioni di wilderness (dall’inglese selvaticità, naturalità), e le suggestioni di storicità, che in una saggia modernità tecnologica che non calpesta quei valori, possono dare il senso di un legame con la natura locale e con la tradizione e cultura dell’ uomo nei luoghi in cui si vive o che si visitano.

Una modernità che è saggia se in essa nei nuovi necessari interventi si cerca l’armonia anche di forme, materiali e colori, persino suoni e sapori, con la natura del paesaggio, il suo Genius loci, che è anche armonia ricercata con sé stessi durante la genesi dell’opera, nell’atto creativo nel paesaggio: per spiegarmi mi chiedo come facessero i nostri nonni a produrre un’opera non solo funzionale ma anche esteticamente eccelsa nella sua armoniosa geometria qual’è un trullo!
Si c’era la tradizione guida, l’arte trasmessa dal “mesciu”, ma in origine? Per il primo trullo?
L’ opera era guidata momento dopo momento dalla ricerca del benessere, si faceva una prova, e si valutava se ciò che si stava producendo una volta visto risuonava con il proprio inconscio dando un senso di benessere, altrimenti si giudicava quella prova deludente, un errore e si cambiava, e così si costruiva la perfezione, rispondendo nel proprio agire nella natura a degli archetipi istintivi interiori.
Immagino un’Ape, o una Vespa cartonaia, che nel costruire una celletta del suo alveare dovesse trovarsi di fronte, per qualche motivo sopravvenuto in corso d’opera, ad una struttura imperfetta e non del tutto esagonale! Proverebbe neuro-chimicamente un istintivo riflesso senso di estremo fastidio e comincerebbe ad operare per risolvere il problema.

Vespa cartonaia (Polistes gallicus) presente anche nel Sud Italia. Foto dal link: https://www.meditflora.com/fauna/immagini_fauna/polistes_gallicus%20(7).jpg

 

Lo stesso è per l’ uomo se ciò che si produce nel paesaggio, a partire dalle nostre abitazioni, non è in armonia con gli imperativi istintivi evolutivi interiori e probabilmente universali in tutti noi presenti e agenti!
Da qui l’importanza dell’estetica del paesaggio per il nostro benessere psicofisico e sociale, fatto salvo sempre il soddisfacimento dei fini primari cui le strutture necessariamente sono destinate !

 

(Dal mio post facebook del 14 agosto 2015, al link: https://www.facebook.com/oreste.caroppo.9/posts/10207606321386170)

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Come un trullo è incommensurabilmente superiore, per bellezza e intonazione nel paesaggio rurale, rispetto ad uno squallido edificio contemporaneo di cemento,
così uno stabilimento balneare in legno e materiali vegetali è incommensurabilmente superiore rispetto all’orrore dei soffocanti stabilimenti balneari “industriali” in cemento, metallo e plastica che ancora offendono le coste rocciose e i bei lidi sabbiosi della Puglia Salentina!

(P.S.: una mia riflessione generale, qui ribadita alla vista solo di foto in internet come questa!)

 

(Dal mio post facebook dell’ 8 agosto 2012, al link: htts://www.facebook.com/oreste.caroppo.9/posts/10207606321386170)

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Comincio a pensare ormai sempre più convintamente che tutti i mali del paesaggio non vengono solo dalla mala politica priva di gusto, ma dalla totale alienizzazione a tutto, al mondo, alla storia, alla natura, alla geometria dell’armonia, dei cosiddetti impropriamente “architetti” capaci di sputare sulla carta da disegno simili accozzaglie sgradevoli di linee!
Il Creatore viene anche definito “l’Architetto del Mondo”, ma è una perifrasi nata nel passato, oggi di fronte a queste offese all’umanità, nessuno potrebbe più sviluppare simili perifrasi per Dio, che suonerebbero come delle bestemmie!
Ma credono davvero che la loro “bravura” sarà loro riconosciuta dalla progettazione di linee astruse ed improbabili?!
Questo forse, solo nei circoli e concorsi di altrettanti alienizzati, ma non fuori, nel mondo reale, della natura, della storia e della bellezza!
URGE UN RISANAMENTO CHE DEVE PARTIRE ALL’ INTERNO DEGLI ORDINI PROFESSIONALI, E DAI MIGLIORI ARCHITETTI STESSI, CHE ESISTONO E OPERANO NELLA DISCREZIONE, ARCHITETTI ANCORA DEGNI DI QUESTO NOME, PER CENSURARE STIGMATIZZARE E DIRE: “QUESTA E’ UNA PORCHERIA DI PROGETTO”, ogni qualvolta un progetto architettonico-urbanistico è una porcheria! Quando, cioè, esso non si inserisce, quasi svanendo, nel paesaggio, armonizzandosi come una tessera precisa di un mosaico il cui disegno complessivo da rispettare è il “Genius loci” di quel luogo, il suo spirito ancestrale, frutto della stratificazione millenaria di storia e natura del luogo, nel rispetto di stili, forme e materiali all’interno delle quali deve manifestarsi il vero ingegno creativo ed implementativo del buon Architetto con la “A” maiuscola!
E quando la gente comune, non alienizzata, dice: “è una porcheria!”, state certi che quella è una porcheria!
VOX POPULI VOX DEI!

Il riconoscimento e il raggiungimento della bellezza non è il frutto di una conquista di acculturazione particolare, ma della predisposizione e della volontà di ascoltare, con calma e pazienza, come nel proprio animo risuona l’atto creativo in rapporto con il suo contesto, via via che viene sviluppandosi, e nel frattempo per ogni particolare e suo aspetto intervenendo modificandolo eventualmente, finché ognuno di essi non risuona nel proprio animo come perfetto. Questa raggiunta perfezione si sente come un sentimento di pace, di serenità, di benessere, mentre ogni dissonanza crea invece un senso di ansia, agitazione, malessere, che induce alla modifica!
Tutto questo è oggi assente nella mala architettura consumistica del tutto e subito, che, addirittura, copia modelli e progetti e li cala in qualsiasi realtà e paesaggio come se il fine dell’architettura fosse solo la staticità, e una presunta funzionalità di fatto sempre monca del vero pieno benessere! Non ci può essere benessere totale in una sgradevolezze delle forme e dei colori!

Tutto questo approccio era invece presente nei contadini che costruivano una capanna, un trullo un muretto a secco, in un pescatore-maestro d’ascia che realizzava un’imbarcazione, nell’ ingegnere leonardesco, come nell’artista vero, ed è per questo che produssero capolavori indiscussi che impreziosiscono le campagne salentine, le chiese, i templi, i porti d’un tempo e i musei!

L’architettura che ha rigettato l’ ornamento come futile non ha capito nulla dell’ ornamento, della bellezza e della necessità di far risuonare l’opera con gli imperativi categorici dell’armonia e con gli archetipi più ancestrali e profondi che son nell’animo umano, per la genesi del vero benessere!
Ora l’architetto polemico e cieco dirà, in sua difesa senza aver compreso nulla del discorso: “ma allora proponi di ritornare al passato!?”. Ovviamente non è questo il punto, ma di esser capaci di fondere la ricerca del bello, che non può dipende dalle mode consumistiche di oggi, con i comfort della modernità e dell’odierna tecnologia, nel rispetto massimo del paesaggio e dell’ambiente! Questo ha sempre fatto e deve continuare a fare il vero architetto!
Le porcherie architettoniche inducono solo un sentimento: la speranza di vederle presto abbattere tra gli applausi della gente. Persino una spianata di nulla fa più bene all’animo di una bruttura aliena!

Abbiamo tante masserie e ville gentilizie in rovina che aspettano di essere restaurate a modo e con rispetto e di tornare a vivere nell’agriturismo! Non possiamo permettere oltre alcuna cementificazione volgare del tipo qui affrontato in tutta la nostra Apulia salentina, lungo la costa come nell’ entroterra!

(Da un mio post facebook dell’ 11 giugno 2012 al link: https://www.facebook.com/oreste.caroppo.9/posts/371123039616496)

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UNA MODERNITÀ’ TECNOLOGICA CHE DOVESSE NEGARE LA BELLEZZA E LA NATURA,
E DUNQUE SAGGEZZA, QUALITÀ’ DELLA VITA E SCIENZA VERA,
SAREBBE INVOLUZIONE, SOTTO-PROGRESSO, BARBARIE HI-TECH !

UNA MODERNITA' TECNOLOGICA CHE NEGA LA BELLEZZA E LA NATURA, E DUNQUE SAGGEZZA, QUALITA' DELLA VITA E SCIENZA, E'…

Publiée par Oreste Caroppo sur Samedi 10 décembre 2011

Oil Paintings
Artist: W.Stuart Lloyd R.B.A. (1875-1929) Nationality: English
Title: “RICHMOND CASTLE”, AN ANGLER AND HIS FAMILY IN THE FOREGROUND RICHMOND CASTLE IN THE DISTANCE Date: c.1825
Medium: Oil on canvas (a hand painted copy of the original)
Dimensions: Image, 51.5cm by 76.5cm.

 

(Da un mio post facebook del 10 dicembre 2011, al link: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=2780539562713&set=pb.1534895340.-2207520000.1544984403.&type=3&theater)

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Neoclassicismo da favorire sempre!

Ma non strettamente e rigorosamente coercitivamente nel verso del classicismo puro sempre e ovunque, in maniera pedante, che potrebbe poi risultare stucchevole come ogni eccesso, qui intendiamo cum grano salis il valore dell’espirazione al passato, al territorio, anche in maniera eclettica, come anche da favorire quindi il neogotico, il neoromanico, il recupero della tradizione bizantina, l’architettura della civiltà contadina, in pietra e legno, l’arte del ferro battuto, della ceramica, quello anche che ho definito il neomegalitismo, ecc.

Eccelso esempio di architettura neo-classica contemporanea:

Publiée par Πανεπιστήμιο Αθηνών – University of Athens sur Jeudi 18 mai 2017

Publiée par Πανεπιστήμιο Αθηνών – University of Athens sur Jeudi 18 mai 2017

L’ Università di Atene

 

Anche a Skopje in Macedonia hanno optato per la bellezza vera in architettura, e si son ispirati al buon neoclassicismo:

 

Agli architonti: vi abbiamo dato un secolo per progettare ogni possibile vostra fantasia, anche la più astrusa e futurista, vi abbiamo fatto sperimentare tutto lo sperimentabile,
ora basta la sentenza è una e sola, ed hanno pagato milioni di vite,
avete prodotto porcherie invivibili
che hanno disegnato paesaggi reali alienizzanti brutti e non “edificanti”
non appaganti l’ animo
in armonia con nulla
perché non nascevano da una vera ricerca di armonia con la natura
come invece nell’arte antica e persino in quella rurale contadina!

 

Anche Lecce ben vi partecipa al neoclassicismo:

Convitto Palmieri – Biblioteca della Provincia di Lecce

 

Opere inconfrontabili con le brutture del “razionalismo” fascista! Delle porcherie sovente, che offendono anche il concetto stesso di razionalità che non può ignorare l’importanza per l’uomo della ricerca della piacevolezza estetica, piacevolezza che fa parte delle complessiva funzionalità pertanto di un’ opera destinata all’ uomo: 

Predappio (provincia di Forlì-Cesena) – palazzo novecentesco realizzato durante il ventennio fascista

Fanno eccezione opere del ventennio fascista dove, seppure inquadrabili nel razionalismo, comunque maggiore fu l’ispirazione al mondo classico, vedi il suggestivo Palazzo della Civiltà Italiana a Roma nel moderno quartiere Eur, rivestito di bel travertino bianco, e ispirato agli acquedotti romani e al Colosseo per l’uso della forma dell’arco a tutto sesto:

 

 

Vedi anche in merito questo mio post facebook, la sua discussione e i miei commenti ad esso.

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La Stagione del NEO-MEGALITISMO!

La Stagione del NEO-MEGALITISMO!E se stiamo qui a parlare con tanto ardore dei problemi della conservazione del…

Publiée par Oreste Caroppo sur Lundi 10 décembre 2012

Rarissima foto, importante per la sua ricostruzione 1 a 1 in loco, del distrutto Dolmen Sferracavalli in feudo di Giurdignano, così chiamato dal toponimo del pietroso luogo in cui sorgeva, dove è stato dolosamente distrutto pochi anni or sono.
Foto forse del fotografo L. Bolognini, e forse del 1974, da quanto leggo in una nota a matita riportatta accanto a questa immagine su una guida turistica di diversi anni fa da cui l’ho scannerizzata, testo intitolato “La Civiltà del Salento”, Shena editore, dell’autrice Rossella Barletta.
E se stiamo qui a parlare con tanto ardore dei problemi della conservazione del patrimonio megalitico pugliese, è perché tanta gente di Puglia e del Salento, ama i megaliti, ne riconosce inconsciamente i significati profondi e achetipi arcaici, in una sorta di continuità col passato. E sotto quella che potrebbe sembrare ad occhi superficiali una pura moda estetica, fa di tutto per potersene circondare, per innalzare grandi pietre calcaree in verticale piantate nel terreno in ville, campagne, poderi e giardini! Persino nei decori urbani (vedi ad esempio l’enorme masso lastriforme informe usato come sedile nella bella piazza davanti al castello di Specchia).
Basta fare una passeggiata per il Salento e si noteranno questi neo-megaliti, riconoscibili spesso perché le pietre son ancora arrossate dall’ ossido di ferro del terreno e non ancora ben ripulite dalle acque piovane o non ricoperte di licheni, come come invece ne son ricoperte le pietre dei megaliti nelle loro facce più esposte!
C’è addirittura chi si costruisce persino dei neo-dolmen con pietre sagomate dalla natura, anche di notevoli dimensioni, affascinato dalla loro semplicità e suggestione! O a scopo didattico magari anche, ma è la suggestione del dolmen il più delle volte che muove all’azione creatrice. Come nel caso del proprietario della didattica Masseria Sant’Angelo, un bell’agriturismo rispettoso del paesaggio immerso tra gli ulivi nella periferia di Corigliano d’Otranto, che ha anche realizzato un neo-menhir a pilastro squadrato in pietra leccese, ben infisso in una buca scavata in un grande scoglio naturale, e una piccola neo-“specchia” di pietre con bucrani cornuti posti in sommità, come anche neo-trulli, e non solo. O gli esempi di neo-megaliti di archeologia sperimentale realizzati nell’archeodromo “Kalòs” sulla Serra di Galugnano, con la realizzazione anche di una meravigliosa grande neo “specchia”, un enorme suggestivo tumulo di pietre sulla sommità della collina, a ricordo delle tante specchie, le proto-piramidi del Salento arcaico; al centro del quale, lì a Galugnano si scrutta per chilometri e chilometri tutto il paesggio salentino, fino ai monti del Pollino e a quelli dell’ Epiro visibili all’ orizzonte nelle giornate più terse.
Chi ne fa, in fattezze di dolmen, sedili, “ssittaturi” in dialetto, o “taule de petra”, tavoli di medie dimensioni, con massi naturali ben scelti, e magari nelle vicinanze di un non meno bello trullo. Mi è capitato di vedere nella zona di Ugento, un incanto di neo-dolmen trilitico con vicino un trullo in un uliveto, e dove la gente era intenta nell’ opera di ricostruzione dei muretti a secco, in uno di quei “cantieri della virtù” che sempre più spesso torniamo a vedere nel Salento, con gente operosa che si ricostruisce, o fa o si fa fare ex-novo, dei muretti a secco. Ad ognuno di quei cantieri zero-cemento viene voglia di fermarsi e dire “grazie”! Si realizzano lì opere, di valenza pubblica nei fatti, che vediamo tutti, e che impreziosiscono e restaurano il paesaggio quotidiano di tutti noi!
C’è poi chi ha e si tramanda con il terreno di padre in figlio vecchi dolmen nel suo podere e si lega gelosamente ad essi, quasi fossero aree sacre e dimore di spiriti protettori del campo … cosa buona in tali casi, perché almeno li protegge e non li distrugge! E così alle pietre cippo di confine infisse nel terreno, punti fiduciari catastali o meno che siano, mi è capitato di incontrare contadini quasi votivamente devoti e che per nulla al mondo oltraggerebbero quelle pietre.
Vi son poi quanti ritengono di sentirsi bene vicino a particolari megaliti, toccandoli, come anche nelle vicinanze dei grandi massi, le “rocce sacre” della Serra di Giuggianello, di trarne lì benefici per la loro salute psico-fisica, in quei luoghi che paion ovattati di serenità; come se in quei luoghi e da quelle pietre emanassero, sostengono alcuni, benefiche misteriose energie. Tanto che ci son contadini che han addirittura acquistato degli oliveti prossimi, solo per poter lavorare nei campi vicino a queste pietre! Chi invece attratto dal fascino dei megaliti fa chilometri e chilometri solo per vederli, fotografarli, lasciarsi infondere emozioni ancestrali; chi archeologicamente ne ricerca di nuovi e ancora sconosciuti e dispersi nei campi, coperti di terra, pietra e rovi, incastonati nei muri, o magari riutilizzati dalla civiltà contadina in mille modi, ora come canili, ora come tavoli, ora come ricoveri per le bestie e per gli attrezzi, o per i pastori in caso di intemperie, ecc. E ne ricerca dati, storie, leggende, connessioni legate ai megaliti più in generale. Li studia e ne cerca significati e origini; ne tenta censimenti. E non è un caso se il loro riconosciuto e/o tramandato valore sacro sia stato spesso riconosciuto dai cristiani, e i megaliti in mille modi son stati fatti rientrare nel culto e persino negli edifici e nei monumenti cristiani, con i loro riti annessi cristianizzati, cristianizzati come i megaliti stessi, e così anche addirittura neo-monumenti cristiani ne han copiato alcune loro caratteristiche.
E così ancor a oggi vediamo sorgere, apparire nuovi neo-menhir, a pilastro squadrato, o più informi ed irregolari. Chi innalza pietre particolari per forma trovate nel suo fondo, talvolta antropomorfe, o pietre carsiche forate, che diventano dei neo men-an-thol, pietre col buco.
A Maglie un contadino aveva trovato una lastra sagomata a forma di stele dauna antropomorfa, con corpo sub-parallelepipedo e testa come con elmo a cono, e l’aveva inalzata ai margini dell’ orto. Era nella zona rurale Poligarita. Mi incuriosì per giorni e giorni, passavo e ripassavo in bici e la fotografavo furtivamente da lontano, poi mi feci coraggio e chiesi al contadino di vederla e di raccontarmi la sua storia. Non era una stele messapica, la vidi da vicino finalmente, era davvero una pietra scherzo di natura, dalle evocative forme, che prima di me avevano suggestionato il contadino, che non aveva potuto fare a meno di attribuirgli un’anima e darle maggiore dignità e “vita” innalzandola antropomorficamente!
A Minervino nelle opere di buona decementificazione e valorizzazione dell’area circostante il Dolmen Li Scusi, raccogliendovi grandi massi frutto di vecchi spietramenti nelle campagne circostanti vi hanno realizzato un vero e proprio grande cromlech, un cerchio di pietre molto suggestivo che funge oggi da arena rurale e megalitica per spettacoli culturali estivi alla luce del fuoco e non lontano dal prossimo dolmen, un cerchio di piere che richiama involontariamente quello che è stato distrutto anni or sono a Cerfignano nei pressi della Chiesetta rurale della Madonna dell’ Itri.
Un impulso che non tiene fuori anche la migliore espressione artistica, e penso ad esempio al bel monumento innalzato a Vitigliano in memoria del salentino Carmelo Bene, il grande artista attore di teatro, recentemente scomparso; un’ opera dello scultore di Vitigliano Virgilio Pizzoleo, costituita da un neo-menhir, un blocco monolitico di pietra leccese sagomato a pilastro squadrato, e con nel suo corpo a metà altezza scolpite le maschere del teatro greco-romano, un po’ come nella suggestione del pugliese menhir a pilastro squadrato di Modugno, detto “il Monaco” che appare quasi come se la sua parte sommitale ricurva verso l’esterno fosse stata sbozzata a mo’ di testa dalle fattezze umane. Penso anche all’opera intitolata “Dardo Solare” in pietra “carparo”, realizzata dall’artista magliese Carmelo Caroppo (mio zio), ed innalzata a Maglie al centro della rotatoria all’ ingresso da Otranto.
Ecc. ecc.
Ho chiamato questo desiderio di recuperare queste presenze ancestrali nella nostra campagna e anche colmare le perdite dovute al vandalismo e all’ ignoranza, di monumenti megalitici e comunque di pietra, di svariate epoche, che vivificavano e sacralizzavano tutto il territorio, urbano e soprattutto rurale: “Neomegalitismo” salentino!
Un fenomeno parallelo a quello del neo-tarantismo, della riscoperta e rivivificazione delle tradizioni popolari!
Fenomeni culturalmente e paesaggisticamente assolutamente positivi poiché non dissonanti con l’estetica e l’identità del territorio e delle sue comunità!

Ma se questo è quanto sta facendo spontaneamente la gente, le istituzioni tutte sono chiamate ad un impegno concreto per il restauro-ricostruzione rispettosa e precisa in materiali, luoghi, forme e dimensioni dei megaliti danneggiati o scomparsi!
Serve un impegno delle pro-loco, delle amministrazioni, magari insieme a degli sponsor volenterosi e discreti, delle Soprintendenze, e dei tantissimi volontari e studiosi locali per reperire a tal fine per i vari megaliti tutte le informazioni di documentazione che si son accumulate nei decenni, dall’ottocento a oggi, talvolta persino più antiche! E’ il caso ad esempio della scomparsa, già da alcuni secoli, “Petra Tunna”, “La Pietra Rotonda”, un’ enorme misterioso masso circolare o sub-circolare ubicato ancora nel ‘500 in Piazza Sant’Oronzo a Lecce, che costituiva un monumento punto di riferimento importante per la gente che vi si ritrovava o dava appuntamento lì! O le “Rocce Sacre” e il “Masso d’Ercole” sulla Collina dei Fanciulli e delle Ninfe di Giuggianello, Palmariggi e Minervino di Lecce dei quali scrissero già autori classici latini e greci, e di cui parlano tante leggende, materiale etnografico altrettanto importante!

Tutti dati fondamentali per i restauri-ricostruzioni!

Non sarebbe poi la prima volta che i megaliti salentini subiscono restauri; li subì il menhir Crocemozza della Franite a Maglie molti decenni or sono, e il Menhir Polisano a Giuggianello pochi decenni fa dopo un suo vandalico abbattimento in più pezzi!
Credo non vi sia nulla di tecnicamente ed economicamente più semplice che il restauro attento-ricostruzione del nostro patrimonio megalitico documentato così bene in ogni dettaglio metrico, morfologico, come anche nei materiali e ubicazionale, almeno dall’ ottocento ad oggi!
Si parla di lavoro per i giovani nei Beni Culturali: quale migliore impegno di questo da finanziare con cura scientifica e tecnica massima!
E quanti finanziamenti elargiti in nullità e opere talvolta dannose del paesaggio spesso poste sotto la sigla “fruizione”, “infrastrutturazione”, “attrezzatura dei luoghi”, ecc. Invece di intervenire come saggio e giusto per restaurare-ricostruire avvalendosi magari anche delle università pugliesi e dei tanti giovani “mesci paritari” formati anche dai corsi provinciali e regionali, e dal contatto con i vecchi maestri della pietra a secco, i vecchi “mastri scalpellini” scultori, e i maestri dell’architettura della muratura tradizionale apulo-salentina.
Le proloco, i comuni e magari anche istituti di credito come sponsor finanziatori dovrebbero fare a gara per chi meglio e di più si impegna per il recupero vero di questi momenti!
La vuota valorizzazione o la vuota tutela di fronte agli scempi del nostro patrimonio megalitico, ancora non risanati, e di cui qui ho scritto http://www.facebook.com/photo.php?fbid=10200153167661985&set=a.1888805429917.111969.1534895340&type=1&comment_id=76506330&ref=notif&notif_t=photo_comment&theater, son parole vuote e prive di senso!
Tanto parlare e riempirsi la bocca di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale da parte di tutti gli amministratori e aspiranti tali della nostra classe dirigente, bene, ma la prova dei fatti, la concretezza richiesta passa oggi da questi interventi!
La ricostruzione-restauro del nostro patrimonio di megaliti è presupposto fondamentale per la rinascita della nostra cultura apulo salentina italo-greca, per la riaffermazione della civiltà contro la barbarie!
Non è illuminando un dolmen di notte con luce artificiale o asfaltando la strada che conduce ad esso che valorizziamo i nostri dolmen e menhir! Ma studiandoli, recuperando ogni informazione su di essi e soprattutto ricostruendoli nel rispetto e massima cura a 360 gradi del loro paesaggio rurale circostante da potenziare e preservare in tali suggestioni di storia e natura con anche piante e cultivar locali!
Quando un restauro-paesaggistico di un megalite e del megalite stesso con i suoi petroglifi e bacinelle incise magari nelle più svariate epoche, e del suo complesso circostante legato ad esso e alla sua storia, che comprende talvolta rocce affioranti, canalette scavate o carsiche, coppelle, grotticelle, tombe, edicole votive, ecc. ecc. è ben fatto? Quando stando vicino al megalite dal maggior numero di direzioni possibile è possibile scattarvi una foto, dove non vi siano elementi che possano far dire che la stessa visione che oggi noi vediamo in quell’inquadratura e dunque con i nostri occhi lì, sia dissimile dalla visione che vi avrebbe potenzialmente potuto avere lì un uomo alcuni secoli or sono, per lo meno prima della rivoluzione industriale!

SI DEVE INIZIARE ORA dopo l’ultimo evento gravissimo avvenuto ai danni del nostro patrimonio la vandalica dolosa demolizione del DOLMEN SANTA BARBARA di Giurdignano!
E che sia il suo restauro un modello da riapplicare a tutti i megaliti di cui abbiamo precisa testimonianza! Non mancano le conoscenze e i dati per i restauri e le loro ricostruzione parziali e totali!

Oreste Caroppo, 12 giugno 2012


(Dal mio post facebook, cui rimando per la lettura dei miei numerosi commenti corredati da foto di esempi di bel neomegalitismo in Salento, al link: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10200160834533652&set=a.1888805429917&type=3&theater
)

 

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