FOSSILI VIVENTI NEL BRODO PRIMORDIALE DEI PADULI – Salento

FOSSILI VIVENTI NEL BRODO PRIMORDIALE DEI PADULI!

Crostacei “preistorici” nei laghi temporanei salentini del Parco Naturale “Paduli-Foresta Belvedere”

Oreste Caroppo

 

In questa immagine la foto del “Laccu de li Russi”, e un particolare di girini e di un esemplare di Lepidurus che cerca di nascondersi nuotando nell’acqua di quell’acquitrino, sotto una massa vegetale. Foto scattate da Oreste Caroppo, ore 13:00 all’circa, del 28 marzo 2010.

 

Nella foto è ritratto un laghetto temporaneo – uno dei più persistenti acquitrini dell’area paludosa detta “de li Russi” – il “Laccu de li Russi” – ricadente nel feudo di Supersano che, un tempo, faceva da contorno al grande Lago Sombrino nella cui ampia vallata, che giunge ai piedi della Serra di Supersano, è situata la palude immortalata qui in foto.
Un amico mi avvisava che qui aveva notato la comparsa di un piccolo crostaceo appartenente, dal punto di vista tassonomico, all’ordine dei Notostraci (vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Notostraca) ovvero a quel gruppo di crostacei così detti perché posseggono il carapace (a tale caratteristica è dovuta proprio l’etimologia del nome). Cercavo questi esseri da diverso tempo e perciò mi recai in perlustrazione sul luogo dell’avvistamento. Erano le 13:00 all’incirca del 28 marzo 2010 quando, finalmente, ebbi il grande piacere di vedere il tanto ricercato crostaceo dal suggestivo ciclo vitale e, filogeneticamente parlando, antichissimo.
Questi animali, appartenenti alla famiglia dei Triopsidi, hanno una morfologia esterna che apparentemente pare non aver subito modifiche dal Triassico, ovvero da ben 220 milioni di anni circa, e perciò potrebbero essere le specie animali più antiche ancora viventi.
Gli esemplari erano lì numerosissimi, e sguazzavano nel fango, altri concluso il loro breve ciclo vitale erano già morti sul fondo, taluni carichi di uova sotto il carapace. Il carapace negli esemplari più grandi raggiungeva anche la lunghezza di 2,5 cm. Nuotavano insieme a tanti girini di anfibi anuri.
Si tratta probabilmente di triopsidi della specie Lepidurus couesii secondo recenti classificazioni. Inizialmente questi crostacei osservati in Salento erano stati classificati come Lepidurus apus Lynnaeus con la sua razza geografica Lepidurus apus lubbocki Brauer, successive indagini genetiche hanno portato alla correzione tassonomica verso L. couesii, una specie presente anche nei Balcani, “tanto che si ritiene che la colonizzazione delle acque interne del Salento da parte di questa specie assente nel resto d’Italia, e nella parte occidentale del continente europeo, potrebbe essere legata al trasporto delle uova da parte degli uccelli migratori che usano la Penisola salentina come area di sosta nelle loro migrazioni fra la penisola Balcanica e Nord-Africa. (…) Le uova possono essere trasportate a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di origine attraverso la diffusione anemocora o quella zoocora che normalmente avviene a mezzo degli uccelli migratori, che fanno sosta nelle zone umide per nutrirsi. Ma si conoscono anche altri vettori come ad esempio i bovini (…) È verosimile che la specie sia presente in Salento da diverso tempo (…) [Si tenga presente poi la] forte caratterizzazione della provincia zoogeografica Pugliese istituita sulla base di singolari legami faunistici col mondo Balcanico” (da “PRIMO RITROVAMENTO DI LEPIDURUS COUESII PACKARD, 1875 IN ITALIA” di Giuseppe Alfonso et al.).

E’ il Lepidurus couesii,  un parente stretto di un altro crostaceo triopside che pure si rinviene nelle pozze effimere, temporanee, sempre d’acqua dolce nel Salento, il più famoso Triops cancriformis varietà cancriformis (è stato osservato nella zona di Masseria Bellimento in feudo di Nardò, a “La Strea” a Porto Cesareo, nel “Laccu Feretru” in feudo di Soleto).

 

 

Che quello fotografato nel “Laccu de li Russi” sia invece un Lepidurus si capisce dalla centrale sporgente piastra sopra-anale che è assente nei Triops.

Questi relativamente grandi crostacei notostraci producono uova microscopiche che si disseccano con il prosciugarsi della pozza e, in tale condizione, possono restare quiescenti per anni. Quando il lago, per le abbondanti piogge, viene a ricostituirsi e saranno ristabilite le condizioni ottimali chimico-fisiche per lo sviluppo delle uova, da queste, in brevissimo tempo, si svilupperanno gli individui.

 

 

La larva che si origina dall’uovo è chiamata nauplio e la crescita procede attraverso diverse mute sinché, nutrendosi e divenuti adulti, si riprodurranno per poi morire ma ciò, solo dopo aver prodotto altre numerose uova e ancor prima che la pozza sia di nuovo prosciugata. Tale ciclo si ripete da milioni e milioni di anni subendo minime, quasi nulle, variazioni evolutive così come i loro fossili testimoniano. I Triopsidi hanno un misterioso terzo occhio, posto medianamente tra altri due, ed è per questa caratteristica fisica che è stato coniato il termine triops che, infatti, deriva dal greco e significa proprio “tre occhi”.

 

 

I Triops leggo che sarebbero ghiotti di larve di zanzara.

Per forma, sebbene artropodi differenti, i Triopsidi ricordano i Limuli (vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Limulus_polyphemus) che vivono in acque marine e, suggestivamente, anche i Trilobiti, questi estinti, che vivevano in ambienti marini dell’Era Paleozoica (vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Trilobiti).

Durante una campagna di rilevamento ho avuto anche il piacere di perlustrare, nel cuore del Basso Salento, diverse pozze temporanee assieme al dottor Giuseppe Alfonso, limnologo zoologo dell’Università del Salento.
A lui, in un’escursione del 22 dicembre 2008, ne segnalai alcune nel feudo di Maglie, precisamente in contrada PumuMuntarrune e in contrada Montalto, formatesi a seguito delle piogge su banchi affioranti di roccia calcarea, in buche sia carsiche, da erosione carsica superficiale, sia di origine antropica, dove, già da diversi anni, avevo notato la presenza, di un altro piccolo crostaceo ossia il cosiddetto Branchipus schaefferi, che vi riscontrammo anche insieme.

 

Branchipus schaefferi.

Ulteriori mie osservazioni su Branchipus schaefferi.

 

Gli segnalai anche e lo portai a vedere e perlustrare diversi altri laghi e pozze effimere su suolo sabbioso-argilloso nell’area dei Paduli, sempre nel Parco della Foresta Belvedere (cui appartiene anche il comune di Maglie), la cui individuazione era frutto della mia assidua esplorazione del territorio; in questi ultimi siti acquitrinosi temporanei vi abbiamo osservato anche la presenza, restando ai crostacei più macroscopici, del Chirocephalus diaphanus, altro crostaceo tipico di quegli ambienti.

 

Il termine chiro-cephalus dal greco vuol dire letteralmente della testa a forma di mano, come ben si può osservare.

 

Tra questi acquitrini nei vasti Paduli, in feudo di Scorrano, il sito dei vasti campi-radura allagati di contrada Suriani, e le pozze tra gli ulivi di contrada Mauri.

Tutti siti di interesse limnologico poi preziosamente censiti a seguito di quell’importante sopralluogo nel testo “Stagni temporanei mediterranei in Puglia. Biodiversità e aspetti di un habitat poco conosciuto” Edizioni Del Grifo 2011 di Giuseppe Alfonso, Genuario Belmonte, Paola Ernandes, Vincenzo Zuccarello.

Il Branchipus schaefferi e il Chirocephalus diaphanus che hanno dimensioni simili, come i Triopsidi, sono una specie dalla vita effimera legata alle pozze temporanee d’acqua dolce, ma fanno parte dell’ordine degli Anostraci ossia a quel gruppo di crostacei che non hanno il carapace, come indica etimologicamente il nome a-nostraci con la “a-” dal  valore privativo, (vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Anostraca).

Ricapitolando nell’ hinterland di Maglie Branchipus schaefferi si osserva nelle pozze formate da acqua piovana in vaschette di corrosione carsica su banco di roccia affiorante (“pietra leccese”, il locale calcare miocenico), Chirocephalus diaphanus invece in acquitrini temporanei su suoli sabbiosi-argillosi.

Allo stesso ordine appartiene la rossastra Artemia salina che vive nell’acqua salata del mare o in quella salmastra delle lagune dove è alimento di base per i fenicotteri che, nutrendosene, fa loro acquisire la tipica pigmentazione rossastra delle penne e piume.

 

Fenicotteri in Salento nella Salina dei Monaci di Torre Colimena.

 

Artemie sono state fotografate alcuni anni fa nelle acque di Santa Cesarea Terme e precisamente presso l’antro della grotta costiera di Porto Miggiano.

 

Artemia salina.

 

A sua volta l’Artemia salina deriva il suo colore dal fito-plancton di cui si nutre, la Dunaliella salina, una specie di alga verdi flagellata, che vive in ambienti estremamente salini, responsabile per i composti carotenoidi che la caratterizzano della colorazione rossa dei bacini delle saline:

 

Salina colorata di rosso. Per approfondire rimando ai commenti di questo mio post facebook.

 

Uno dei misteri che ha affascinato i bambini negli anni ’70 del ‘900, è stato quello delle “scimmie di mare”, annunci sui giornali per ragazzi pubblicizzavano questi esseri straordinari che nascevano da una polverina magica sciolta nell’acqua e che venivano raffigurati come un incrocio tra un tritone e scimmie sireniformi.

 

”Scimmie di mare” il nome commerciale negli anni ’70 della uova (cisti) di Artemia salina.

 

La fantomatica “scimmia di mare” altro non era che il piccolo crostaceo di acqua salata chiamato Artemia Salina, le cui uova sono in grado di rimanere in uno stato di quiescenza per lunghi periodi fino a quando non si ripresentano le condizioni favorevoli al loro sviluppo; e cioè acqua salata ad una temperatura di 25-30 gradi.

Oggi l’artemia salina viene allevata come cibo vivo, rappresenta un’ottima fonte proteica per i pesci che nuotano negli acquari di casa.

Gli Anostraci hanno un ciclo vitale non dissimile dai Notostraci e, come questi ultimi, presentano dimorfismo sessuale, ovvero apparenti differenze somatiche tra individui maschi e femmine.

Le uova (cisti) di dimensioni microscopiche di questi crostacei possono dunque sopravvivere dissecate per diversi anni, in stato di quiescenza (criptobiosi – per queste caratteristiche questi animali, anostraci e notostraci, possono essere considerati organismi criptobionti), e resistere anche ad alte e basse temperature, e al passaggio attraverso sistemi digestivi di vari animali; possono pertanto essere trasportate dal vento, o da altri animali inconsapevolmente, anche a distanza di notevoli chilometri dal luogo di origine, (permettendo così alla specie di diffondersi e colonizzare nuovi luoghi), o rimanere nella sabbia in loco, finché percepite condizioni ottimali e reidratate, si sviluppano rapidamente! In assenza di maschi, le femmine possono produrre uova fertili per partenogenesi (ovvero a partire dalle sole cellule uovo), generando così solo femmine; una strategia evolutiva importante per evitare di vanificare la vita dell’individuo nel caso di sviluppo in un ambiente privo di maschi, e colonizzare così comunque nuovi ambienti, in attesa che qualche uovo maschile, da riproduzione sessuale, giunga nel medesimo ambiente per ridare così luogo, in presenza di individui maschi e femmina insieme, a prole derivata da un accoppiamento sessuale, che incrementa la variabilità genetica sempre utile nell’evoluzione … e certamente a queste specie il tempo e la pazienza non mancano, perché tutti questi eventi avvengano, nei millenni e nelle ere geologiche!

I Notostraci e gli Anostraci sono, attualmente, i crostacei più antichi conosciuti, essendo note già dal Cambriano forme riferibili ai branchiopodi ovvero alla classe dei crostacei cui questi appartengono. Fossili di Anostraci si ritrovano dal Devoniano.

Le pozze effimere del Salento, e del suo cuore nelle aree dell’antica Foresta Belvedere, hanno rivelato ecosistemi ricchissimi di biodiversità in merito ai crostacei, mostrando varie specie, anche molto rare ed interessanti, di copepodi, dafnie, ecc.,ecc., anche in grandi quantità, persino in laghetti dalle acque opache e color ambra poiché arricchite di “sintine”, acque di vegetazione da molitura delle olive, sversate da frantoiani, come è stato, in località Masseria Sant’Elia in feudo di Scorrano nel caso del grande lago lungo il corso del Canale Lame, che sfocia nella voragine chiamata “Avisu de la Turre”, (l’Abisso di Masseria Torre Mozza), sempre in riferimento ai campionamenti effettuati insieme al limnologo dell’Università del Salento!

La ricchezza esplosiva di vita delle pozze effimere del Salento, subito dopo la loro riformazione a seguito delle piogge, che potevo constatare attraverso le pescate fatte con l’apposito retino del limnologo Giuseppe Alfonso, retino da lancio, lanciato come fosse una fionda di Davide, e recuperato tramite una lunga corda, per la raccolta di fito e zooplancton che viene convogliato in una capsula di vetro sul fondo,

Retino per la raccolta di fito e zooplancton per limnologia.

 

mi disvelava la ragione della ricchezza di avifauna acquatica in quegli ecosistemi dei Paduli, (avifauna che vi annovera uccelli di innumerevoli specie, dagli anatidi alle oche, dai cigni ai trampolieri, dai ciconiformi agli ardeidi e, poi, gruiformi, limicoli, ecc.): l’enorme quantità di plancton, zooplancton e fitoplancton, che in quelle acque limacciose subito si generava e che è alimento base per tanti di quelli uccelli! E poi tritoni, rane, rospi, raganelle, con i loro girini, insetti di innumerevoli specie, ecc. ecc., tanti animali che alimentano e costituiscono una ricca interessantissima catena alimentare!

Nel testo”Stagni temporanei mediterranei in Puglia. Biodiversità e aspetti di un habitat poco conosciuto” leggo del ritrovamento a “Patula Mancina” (uno studio sulla ”Palude Mancina”) in agro di Montesano Salento del crostaceo Proasellus banyulensis:

 

Proasellus banyulensis.

Credo fosse proprio questa Proasellus banyulensis la specie del piccolo crostaceo acquatico, lungo circa 1cm, che osservai nei Paduli nel cuore del basso Salento in un rivo dai margini terrosi diversi anni fa, ricordo che l’acqua scorrente era fredda, e là si muoveva su foglie marcescenti delle canne: segnaposto inserito. Un canale con canneti di Canna come (Arundo donax), e lungo il quale crescono immensi Pioppi neri non cipressini. Ma in zona sono presenti anche alcuni Pioppi neri cipressini. Foto del sito.

In questi ambienti il fitoplancton è costituito da piante caratterizzate da un ciclo di vita strettamente legato ai ritmi delle stesse pozze. Tra di esse si ritrovano anche le alghe unicellulari verdi, come le clorelle, (vedi: https://tangerineandcinnamon.files.wordpress.com/2012/02/chlorella_vulgaris_beij_1_0.jpg?fbclid=IwAR2SKVOWvY1oFxX_olYE0DChtekNvCzRKlN2-zMx8WX55vEC_fJqt0fDx30),

 

 

e quelle pluricellulari, e tante altre piante che caratterizzano gli ecosistemi degli acquitrini temporanei, dei “limni” tecnicamente detti, (termine che viene dal greco, come dalla stessa parola greca il nome “Alimini” dato nel basso Salento a due laghi costieri perenni nel feudo di Otranto), tra cui persino felci endemiche, o molto rare, come la Marsilea strigosa, dalla foglia galleggiante a forma di quadrifoglio, scoperta nei laghi effimeri in feudo di Montesano Salentino e, precisamente, in località “Padula Mancina” (o “Patula mancina“), ricadente, a sua volta, sempre nel Parco della Foresta Belvedere e nella vasta area dei “Paduli” centro-salentini.

 

Marsilea strigosa Willd. Una rarissima felce acquatica dalla foglia simile ad un quadrifoglio, si chiama Marsilea strigosa.

 

Questa specie fu scoperta da studiosi, biologi e ricercatori dell’Orto Botanico dell’Università del Salento tra cui la sua responsabile, la professoressa Rita Accogli e Leonardo Beccarisi. Altro sito in cui è stata osservata in Salento è il cosiddetto “Lago del Capraro” in feudo di Soleto.

 

Marsilea strigosa.

 

Nel “Laccu de li Russi” ho visto anche un ranunculo acquatico, probabilmente Ranunculus trichophyllus:

 

 

Di grande importanza per l’approfondimento della flora tipica delle pozze effimere presenti in quest’area della Foresta Belvedere, come anche della Grecìa Salentina, di Arneo, del Capo di Leuca, ecc., è il costante lavoro di ricerca svolto, sia sul territorio e sia in laboratorio, da parte della limnologa botanica Paola Ernandes, sempre dello stesso Orto Botanico leccese, che ha individuato micro-felci assolutamente endemiche del Salento.

Come non ricordare poi i narcisi autunnali e i colchichi, che pure trovano in questi “lacchi“, talvolta formatisi all’interno di doline carsiche, un habitat ideale, piante queste in fioritura nei giorni d’autunno piovoso, nel “Laccu Craparu” di Soleto nella Grecìa salentina, dove li abbiamo osservati punteggiare e colorare rispettivamente di bianco e di rosa, un fondo di erbetta verde, nell’escursione della Domenica mattina del 21 ottobre 2012, che ci ha portati a visitare quel “laccu” in quei giorni ancora prosciugato come di solito in estate, pascolo e luogo di abbeveraggio per greggi di capre, da cui il nome. Un lago temporaneo di origine carsica poiché in una dolina che sia apre nella dura roccia calcarea, tra gli olivi, quasi fosse un cratere, ma scavato ed eroso dalle acque piovane nei millenni che vi hanno depositato dentro uno strato di terre rosse semi-impermeabili!

 

Testi e foto a partire da un mio post facebook del 24 ottobre 2012.

 

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