Il Fior di Loto sacro un fossile vivente per l’Europa, amato dai Romani, bentornato oggi in Italia!

Il Fior di Loto sacro un fossile vivente per l’Europa, amato dai Romani, bentornato oggi in Italia!

Riscopriamolo anche come pianta edule quale è e ovviamente non solo per la sua commestibilità (si possono mangiare foglie, radici, petali, semi), ma anche dal punto di vista estetico, per l’essenza del profumo dei suoi fiori e come specie grande organicatrice che alimenta interi ecosistemi umidi!

Il genere Nelumbo è stato ritrovato in Europa con fossili che ne attestano la presenza nel Terziario prima delle grandi glaciazioni del Quaternario.
Fior di loto sacro d’acqua (Nelumbo nucifera). Pianta acquatica decidua di rapidissima crescita e dalle enormi foglie e dai meravigliosi profumati fiori. Questo rosa tenue è il colore più comune per i petali del suo fiore, ma si possono avere anche varietà con fiore a petali interamente bianchi o al contrario con petali dal colore rosa più intenso.
Vedi questo studio paleobotanico del 2016 dal titolo “Nelumbo fossils from the Miocene deposits of Dobrzyń nad Wisłą, Central Poland“.
Una pianta acquatica il Loto il cui genere viveva già in Europa nel Terziario prima delle grandi glaciazioni del Pleistocene nel Quaternario.
Paleogeografia del genere Nelumbo in base ai fossili. In tempi geologici passati il genere Nelumbo è stato presente in Europa meridionale e in Europa centrale sino ad esempio alla Polonia, tanto poi nell’attuale Europa occidentale quanto in quella orientale. Oggi al genere Nelumbo appartengono due specie, una a distribuzione che coinvolge prevalentemente l’Asia orientale (anche alle latitudini italiane) e meridionale, sono inclusi nel suo areale la Cina, il Giappone e l’India, (Nelumbo nucifera), e l’altra ad areale tra nord e centro America, (Nelumbo lutea), anche alle latitudini della Penisola italiana. N. lucifera è presente anche intorno al Mare Caspio nelle aree umide soprattutto alla foce di fiumi come quella del grande Volga, nel sud-est asiatico fino alla Nuova Guinea e alcune aree dell’Australia; la pianta è naturalizzata anche in alcune aree settentrionali del Sud America; in Italia la specie è naturalizzata in diversi siti tra i quali i più famosi il Lago di Nemi nel Lazio, il Fiume Mincio a Mantova in Lombardia (dove la pianta fu introdotta espressamente nei primi del ‘900 dal locale orto botanico) e sempre in Lombardia il Lago di Comabbio. Con le formazioni di Loto alla foce del Volga siamo praticamente in territorio fisico del Continente europeo (porzione europea del più vasto Continente eurasiatico), lì la presenza del Nelumbo nucifera è tenuta in gran conto come pianta meritevole della massima considerazione e protezione conservazionista; già per questo dovremmo ritenerla una pianta europea odierna; intollerabile pertanto l’atteggiamento invece demonizzatorio contro questa pianta con la scusa della esoticità e della invasività mosso in Italia negli ultimi anni dai professionisti del biocidio razzisti verdi della Falsa ecologia. Immagine tratta dallo studio del 2014 intitolato “Paleobiogeography of the lotus plant (Nelumbonaceae: Nelumbo) and its bearing on the paleoclimatic changes“.

 

“The earliest geological records described as belonging to Nelumbo are from the Albian region of Portugal, and from the Aspen Shale of southwestern Wyoming, USA. Since then, more than 30 fossil species have been reported, of which 18 species are known from the Cretaceous of Europe, Asia, North America, South America and Africa, with the rest recorded from the Paleogene and the Neogene of Asia, Europe, and North America.” (virgolettato estratto dall’articolo del 2022 dal titolo “Middle Miocene lotus (Nelumbonaceae, Nelumbo) from the Qaidam Basin, Northern Tibet Plateau“).

“The genus becomes extinct in Europe, but survives in Asia and North America during the Quaternary Ice Age, and later forms the present East Asia and North Australia‐North America disjunctive distribution.” (virgolettato estratto dall’articolo del 2014 dal titolo “A Review on the Taxonomic, Evolutionary and Phytogeographic Studies of the Lotus Plant (Nelumbonaceae: Nelumbo)“)

Del genere Nelumbo, a parte possibili varietà selezionate dal florovivaismo, esistono 0ggi due specie (da approfondire se interfertili): quella euro-asiatica e australiana, che possiamo definire del Vecchio Mondo, dal fiore rosa più o meno sfumato di bianco e dal nome scientifico Nelumbo nucifera e la specie che vive invece nell’America centro-meridionale dal fiore di colore giallo e dal nome scientifico Nelumbo lutea.

Nel Vecchio Mondo sferzato dalle grandi glaciazioni durante il Pleistocene queste piante acquatiche d’acqua dolce hanno trovato comunque rifugio nelle porzioni orientali e sud-orientali del nostro vasto Continente euroasiatico, da cui poi il genere è tornato in area mediterranea già in antichità, pare veicolato dall’uomo, nella sopravvissuta specie Nelumbo nucifera, vedi le opere d’arte romana di Pompei (ad esempio il mosaico di arte romana precedente al 79 d.C, con scena nilotica nella Casa del Fauno a Pompei, con raffigurate piante acquatiche che ben richiamano per le loro peculiarità botaniche delle foglie, fiori e frutti a forma di favo di vespe proprio il Nelumbo nucifera).

 

Mosaico di arte romana precedente al 79 d.C, con scena nilotica nella Casa del Fauno a Pompei, con raffigurate piante acquatiche che ben richiamano per le loro peculiarità botaniche delle foglie, fiori e frutti a forma di favo di vespe proprio il Nelumbo nucifera.

 

Erodoto storico greco vissuto nel V secolo a.C. nella sua descrizione dell’Egitto descrive di fatto il Loto asiatico, Nelumbo nucifera, che ai suoi tempi era quindi già presente nel fiume Nilo, (prima quindi delle conquiste di Alessandro Magno tra Europa, Asia e Africa):

Ci sono poi anche altri gigli simili a rose, che nascono anch’essi nel fiume, il cui frutto nasce su un altro stelo che, uscendo dalla radice, cresce, accanto a quello principale, ed è assai simile per aspetto ad un favo di vespe. In essi ci sono numerosi noccioli, grandi quanto un nocciolo d’oliva, e anche questi si mangiano, freschi e secchi” (Erodoto, Historiae, II, 92, 4). [Vedi per approfondire questo studio etnobotanico di Giorgio Samorini]

Mosaico bizantino, fauna del Nilo con Nelumbo nucifera. Theodorias (oggi Qasr in Libia), città bizantina in Cirenaica, fondata nel 539 d.C. dall’imperatore Giustiniano e chiamato così in onore della moglie, l’Imperatrice Teodora. La storia di Qasr in Libia risale al periodo greco del IV secolo a.C. quando fu chiamato Olbia. Il complesso contiene due chiese: la chiesa orientale, scoperto nel 1957, e la chiesa occidentale, scoperto nel 1964. I mosaici sono stati scavati dalla vicina chiesa orientale dopo che esse sono state scoperte dagli operai libici. La raccolta contiene 50 pannelli, nella maggior parte dei casi di animali, dei, dee, ninfe. Immagine al link.

 

ANDIAMOCI PIANO PERTANTO CON CHI GRIDA SEMPRE ALLE SPECIE ALLOCTONE, se una specie si diffonde particolarmente bene in un territorio oggi, portata dall’uomo o meno, a me piace interrogarmi, indagando nella paleobotanica, se non ci fosse già stata presente con il suo genere nel lontano passato con condizioni climatiche più simili alle attuali. E talvolta: bingo, è proprio così!

Essa infatti si è particolarmente diffusa in alcuni siti italiani come, cito qui solo ad esempio, il fiume Mincio a Mantova o il Lago di Nemi.

Non dimentichiamo che la specie è ritenuta autoctona ancora nell’estremo est Europa nella foce del fiume Volga (dove la troviamo con una variante nota come Loto del Caspio).

white lotus flower in mauritius
Dal link: Nelumbo nucifera, fiore bianco.
Invito ad approfondire anche un elemento decorativo nella ceramica pugliese antica che mi sembra raffiguri proprio una foglia di Loto d’acqua:
In questo vaso in stile Gnathia di produzione pugliese del pittore detto della Rosa, datato 330-320 a.C., una Pernice (possibile una autoctona Coturnice o la Pernice rossa). 
Aggiungo che mi pare di poter dire che l’uccello è posato su una grande foglia di Loro sacro d’acqua (Nelumbo nucifera). Non mi tornavano le dimensioni relative, una Coturnice su una piccola foglia di Ninfea? Viceversa il Loto d’acqua può produrre foglie enormi che ben possono reggere una Coturnice al centro! Le Ninfee sono autoctone in Italia (in Salento la Ninfea bianca era presente allo stato spontaneo ancora nell’ ‘800), ma anche il Loto d’acqua si trova nell’arte romana a Pompei. Il loto era presente in Europa nel Terziario e si ritiene reintrodotto nel Mediterraneo dall’uomo in antichità dall’Oriente (Asia). Dal confronto naturalistico la foglia circolare intera dipinta sul vaso ricorda di più quella del loto che non quella della ninfea che è invece fessurata.
Oggi i falsi ecologisti lo vorrebbero cancellare dall’Italia il Loto d’acqua per razzismo verde … mostri di ignoranza funzionale alle speculazioni biocide da fermare!
Anche il Loto sacro d’acqua (Nelumbo nucifera) quindi, sebbene parrebbe una “neofita” o “archeofita” in Europa dove in diversi siti (Italia inclusa) si è naturalizzata, va più propriamente considerata come una sorta di “autoctona di ritorno”.
Didascalia al video: “Effetto loto” su foglia di Loto sacro d’acqua (Nelumbo nucifera), l’acqua non riesce a bagnare le foglie e forma gocce piuttosto sferiche. Questo conferisce alle foglie del Loto particolare aspetto pulito nonostante il suo rizoma affondi nel fango; tutto questo, insieme alla bellezza e profumo dei suoi fiori e alla forma circolare delle sue grandi foglie anche galleggianti ha contribuito ai valori simbolici di purezza spirituale attribuiti fin da tempi antichi a questa meravigliosa pianta.
Una pianta il cui genere viveva già in Europa nel Terziario prima delle grandi glaciazioni del Pleistocene nel Quaternario. Pleistocene sferzato delle grandi glaciazioni durante il quale la pianta ha trovato rifugio nelle porzioni orientali e sud-orientali del nostro vasto Continente euroasiatico, da cui poi è tornata già in antichità, vedi le opere d’arte romana di Pompei, pare veicolata dall’uomo.
Anche essa quindi, sebbene parrebbe una “neofita” o “archeofita” in Europa dove in diversi siti (Italia inclusa) si è naturalizzata, va più propriamente considerata come una sorta di “autoctona di ritorno” – Maglie (Lecce), 28 giugno 2021, pomeriggio, giornata molto calda estiva, video di Oreste Caroppo.
Fior di Loto sacro d’acqua asiatico (Nelumbo nucifera). È presente nel Salento in qualche giardino di appassionati botanofili animati dalla medesima filosofia che ispirava i nostri giardini in passato in tempi positivisti e romantici dove si ricercava la meraviglia naturalistica fonte di grande curiosità e crescita scientifica!
È una pianta edule della quale si mangiano anche i semi.
Ha grande azione fitodepurante riducendo pertanto la proliferazione di alghe e altri organismi favoriti da condizioni di eutrofizzazione delle acque.
Una portentosa pianta d’acqua dalla rapida crescita e dalla magnifica bellezza, ha foglie e fiori enormi. I suoi fiori sono profumati di anice e limone. Una sua curiosità botaniche è l’altissima idrorepellenza delle sue foglie (“l’effetto loto” appunto detto).

 

Didascalia al video: ”respiro” della foglia di Loto – Maglie, 28 giugno 2021, pomeriggio, giornata molto calda estiva, video di Oreste Caroppo. Nella fogliolina emergente ma ancora sommersa si nota il tipico “respiro” della foglia di Loto.

Vedi anche questo ottimo documentario sull’edule e sacra pianta acquatica Nelumbo nucifera:
Il Fior di loto un simbolo sacro orientale anche nello yoga (posizione del loto in ci l’uomo assume una posizione a triangolo isoscele) e nel Kamasutra (unione del loto) oggi dilagato in Occidente (Italia inclusa) nell’arte del tatuaggio:
Tatuaggio con fiore di loto stilizzato e unalome. Sul lato del torace di una ragazza magra. Immagine dal link. Quanta cultura anche nei tatuaggi.
Un video per spiegare come fare germinare rapidamente i semi del Loto sacro d’acqua:
Crescita del Loto sacro dai semi in time-lapse:
Un video magnifico sensuale elegantissimo di alto valore etnografico naturalistico e paesaggistico sui molteplici impieghi in cucina (e non solo anche come fiore reciso in vaso, ecc.) del sacro Loto d’acqua in tutte le sue parti:

又闻荷香,索性荷花、荷叶、莲藕折腾了个遍!| Liziqi Channel

L’utilizzazione del Sacro Loto come pianta edule. Video meraviglioso dalla Cina, area rifugiale importante in Eurasia per questa specie nel Quaternario!

Anche i cotiledoni all’interno dei durissimi semi del Loto d’acqua sono commestibili e vengono mangiati come nocciole in Asia, infatti se consideriamo l’etimologia del nome scientifico assegnato alla specie, il termine Nelumbo del genere tassonomico è la latinizzazione del nome indigeno cingalese con cui la pianta veniva chiamata nei luoghi rifugiali di origine. L’epiteto specifico nucifera deriva dal latino nux nucis, che vuol dire noce, nocciola, e dal latino fero portare: che produce frutti simili a noci o nocciole.
Semi di Loto d’acqua arrostiti. Immagine tratta dal link.
Riporto da un mio precedente articolo queste mie riflessioni in merito:

Il Sacro Loto d’acqua indiano (Nelumbo nucifera) una presenza da tutelare in Italia contro la Falsa-ecologia che lo vorrebbe eradicare-estinguere!

 

Il Sacro Loto d’acqua indiano (Nelumbo nucifera). Un fossile vivente per l’Europa in quanto qui presente spontaneo il suo genere Nelumbo nel Terziario prima delle grandi glaciazioni del Quaternario. Oggi il Loto è sopravvissuto in Eurasia in Oriente; tornato in Europa già al tempo di Alessandro Magno se non prima è raffigurato nella romana Pompei nei paesaggi semi fantastici nilotici (vedi immagine successiva); si è naturalizzato in alcuni bacini italiani favorito dalla sua rapida crescita e propagazione nonché grazie alla diffusione presso tanti orti botanici, giardini pubblici e privati. È una pianta che pertanto si può ben considerare anche laddove si rinaturalizzata in Europa, grazie all’uomo o meno, una “autoctona di ritorno” in questo nostro periodo interglaciale! Dal colore dal rosa più intenso dei petali dire che potrebbe trattarsi della varietà dell’Est Europa detta di Loto del Caspio.

 

IL GENERE NELUMBO CRESCEVA SPONTANEO IN EUROPA NEL TERZIARIO PRIMA DELLE GLACIAZIONI DEL QUATERNARIO!
Oggi è tornato dalla stessa Eurasia, dall’Oriente a diffondersi in Italia anche grazie all’uomo e al periodo climatico interglaciale, vedi questo studio dal titolo “Nelumbo fossils from the Miocene deposits of Dobrzyń nad Wisłą, Central Poland” al link: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0034666716300392?fbclid=IwAR1TN4PMXiIg333h3tOGiKl4ImRlslP8H2WfTsD-yoQ9nkaNfP12viLsdM4

Mi piace qui ricordare anche la presenza nel tempo miocenico in Europa dei Camaleonti (resti fossili di taxa di Chamaeleo risalenti al Miocene ritrovati nell’Europa centrale) e dei Sirenii (cui appartengono gli attuali Dugonghi e Lamantini) nel Salento fossili nella locale “pietra leccese“.

RIFLESSIONI CONTRO IL TENTATIVO DI BIOCIDIO-ERADICAZIONE IN ITALIA DEL FIOR DI LORO D’ACQUA INDIANO
Gli speculatori anti-esotiche stanno demonizzando anche la diffusione in alcuni laghi italiani del Nelumbo nucifera, nome scientifico di questo bellissimo Fior di Loto indiano sfuggito a qualche laghetto di qualche giardino.
Lo dicono alieno perché introdotto dall’Asia che è la porzione di un unico vasto continente continuo comprendente l’ Europa, chiamato Eurasia), ma indagando meglio in paleobotanica si scopre (cosa che i pro-biocidi non dicono) come il genere Nelumbo fosse ben presente in Europa già in epoca Terziaria prima delle glaciazioni del Quaternario; in questa sua rapidità di spontaneizzazione in Italia io pertanto vi vedo un fenomeno naturale, favorito inizialmente dall’ uomo, di ritorno di una pianta in un territorio il cui clima oggi, dopo la fine dell’ ultima grande Glaciazione del Quaternario, è ad essa di nuovo più congeniale come lo fu nel Terziario.
Mi piace pertanto chiamare queste piante non solo alloctone, o archeofite o neofite, ma anche “autoctone di ritorno” per queste loro vicissitudini di Storia Naturale.
Così ad esempio una pianta come l’Ippocastano, tipica autoctona dei monti dell’ Epiro-Illiria che si vedono dal Salento, mi piace definirlo, quando lo vedo piantato in Salento, specie “autoctona di prossimità” anziché meramente “esotica”.
Pertanto tali speculatori avviano campagne mediatiche di demonizzazione contro il Fior di Loto per aver finanziate campagne di sua totale eradicazione dai nostri bacini, la scusa è che estinguerebbe specie autoctone, togliendo ad esempio spazio ad esse, non oso pensare quanto spazio sottrae l’uomo alle piante rimaste autoctone, ma mi chiedo: non si rendono conto che il Fior di Loto nel Terziario, in millenni e millenni, non è riuscito a estinguere tutti quei generi di piante, come le acquatiche Ninfee, che oggi dicono in Europa minacciate dal Fior di Loto, e che pur vivevano già in Europa insieme al Fior di Loto nel Terziario?!
Ergo sì magari ad interventi di normale amministrazione volti a ridurre la presenza di biomassa di Fior di Loto in un bacino italiano europeo nel quale è diffuso, né più né meno di come ogni tanto si taglia un canneto per poi lasciarlo ricrescere, ma no alla sua totale estinzione locale con demonizzazione, no ai biocidi!
Per fortuna piante così belle come il Fior di Loto attirano poi l’attenzione degli amanti veri dalla Natura, nonché dei veri studiosi di Scienza a 360° che si sollevano, insieme ad esempio in questo caso agli operatori turistici, per la loro difesa; 
qui vediamo un bell’esempio di difesa ed esaltazione della bellezza della diffusione spontanea in natura di questa pianta a partire da un laghetto prossimo dove era coltivata, articolo del 20 agosto 2009, dal titolo “Lago di Varese: un tappeto di fior di loto è il ponte dell’Isolino Virginia – Una macchia rosa e verde appoggiata sullo specchio azzurro del Lago di Varese. Fiori e foglie giganti. Uno spettacolo che dura da quasi due mesi”, al link: https://www.varesenews.it/2009/08/un-tappeto-di-fior-di-loto-e-il-ponte-dell-isolino-virginia/
Sopra una foto dall’album qui scorribile https://www.varesenews.it/photogallery/fiori-di-loto/3/ dal sito dove la Falsa ecologia voleva distruggere il Fior di Loto indiano.
E in tutto questo fenomeno siamo sicuri che non vi sia la mano nascosta di Gaia, il nostro pianeta vivente, che si serve del Fior di Loto che ritorna, e si serve persino della ammirazione estetica per essa degli uomini stessi, per attuare i suoi meccanismi, oggi ancora non ben tutti compresi ma intuiti, (Teoria di Gaia), volti, nelle dinamiche della biosfera, al ripristino di equilibri chimico-fisici alterati anche dall’uomo a favore sempre del mantenimento complessivo della vita sul nostro pianeta?!
Vergognoso soprattutto poi quando gli operatori di biocidio cercano di dire che la loro è “scienza”, che bestemmia e offesa al pensiero scientifico umano!
Molti di essi poi sono anche fanatici sostenitori dell’ ideologia del Global warming antropico, e pensate con quale coraggio estirpano piante che dicono esotiche, come l’ utilissimo Ailanto, (anch’ esso tornato in Europa grazie all’uomo dall’ Asia, in Europa il suo genere è attestato da fossili nel Terziario), che in breve tempo creano grande biomassa e sottraggono CO2 dall’ atmosfera!?
Aneddoto: vidi tempo fa un documentario relativo ad un lago della penisola italiana dove si era riccamente diffuso il Fior di Loto negli ultimi anni, lago importante perché vi vivevano due specie di tritoni insieme, il Tritone italico e il Tritone crestato, (due specie di tritone anche presenti in Salento), nel documentario si demonizzava questa presenza del Fior di Loto lì; quindi dei sommozzatori vi si immergono con le telecamere e scoprono con loro immensa sorpresa che ancora quel lago pullula di esemplari di quelle due specie di anfibio in perfetta salute.
Infine pensate per un momento quanto, aldilà degli spostamenti naturali che pur caratterizzano le specie nel loro dinamismo ed evoluzione sulla terra, gli spostamenti umani e per il trasporto di merci e opere umane, come i canali artificiali, hanno spostato e contribuito a spostare nel mondo tra terreferme, mari, ecosistemi di acque dolci, ecc., non soltanto piante superiori e animali ma anche tantissimi altri organismi più piccoli come per esempio muschi, funghi, protozoi, batteri, virus, eccetera, eccetera,
nell’approccio biocida e anche purista sulle specie autoctone, portato avanti da questi professionisti del deserto-artificiale, possiamo osservare come loro intervengono solo quando sono approntabili campagne di sterminio fattive e finanziabili, in tutti gli altri casi si fa finta di non vedere e neppure si studia eventuali arrivi di specie aliene.
“Segui il denaro” diceva il giudice Falcone!
Per cui in tanti casi sarebbe molto più onesto intellettualmente gestire il territorio magari con gli stessi criteri con cui si gestisce un bel giardino rigoglioso e produttivo piuttosto che tentare di sfruttare la scienza in maniera pseudoscientifica per legittimare eccidi non legittimabili.
Fare economia dalla natura garantendo ad essa la possibilità di rigenerazione di tutte le sue specie non è assolutamente reato,
compiere biocidi invece è un crimine intollerabile!
La nostra priorità oggi non deve certo essere la eliminazione estinguente territorialmente delle piante esotiche, quando provvedere con i rimboschimenti, le rinaturalizzazioni e i ripopolamenti, ma in aree degradate il che vuol dire biologicamente depauperate, con le antiche piante e animali, ecc., scomparsi anche negli ultimi millenni a causa dell’ uomo, ma se per fare questo, che è cosa buona si tolgono di proposito con macchine e veleni le piante e altre creature bollate ad hoc “esotiche”, già presenti, diventa comunque il tutto un depauperamento e una presa in giro speculativa!
NON BASTA ALLA SETE DI SPECULAZIONE DELLA FALSA ECOLOGIA L’ ATTACCO ALLA VEGETAZIONE ARBOREA, MA ESSA SI ACCANISCE PERSINO NELLE AREE LACUSTRI, E AL GRIDO DEL RAZZISMO VERDE ATTENTA ALLA VEGETAZIONE ANCHE PALEOINTRODOTTA O PALEOREINTRODOTTA!
LA “DEFORESTAZIONE” DELLA FALSA-ECOLOGIA E’ PERSINO LACUSTRE!
FERMIAMOLA!

CHE PIANTA ACQUATICA VI RICONOSCETE IN QUESTO MOSAICO ?

Scena nilotica dalla Casa del Fauno a Pompei. Mosaico. Si possono riconoscere piante acquatiche che paiono proprio il Loto sacro indiano (o asiatico detto), Nelumbo nucifera, con le tipiche capsule del frutto che seccate sono usate sovente oggi nel mondo come ornamentali.

 

Un mosaico romano dalla cosiddetta Casa del Fauno a Pompei, ambiente nei cui mosaici appaiono anche raffigurati egiziani Ibis sacri.
E’ una scena nilotica che rappresenta un ambiente acquatico fluviale.

Ma l’artista si ispirava oltre che al Nilo egizio anche a ciò che vedeva negli ambienti acquatici e nei laghetti dei giardini romani in Italia immagino.

Io vi vedo rappresentato un sacro Loto d’acqua indiano (Nelumbo nucifera) dati i suoi caratteristici frutti, foglie e fiori che qui mi pare di riconoscere!

Caratteristico frutto del Sacro Loto d’acqua indiano (Nelumbo nucifera). Nel Loto, i fiori, i semi, le foglie giovani e i rizomi sono tutti commestibili.
I suoi frutti fatti essiccare sono utilizzati come decorazioni domestiche.

 

La capsula seccata del frutto del Sacro Loto d’acqua indiano è usata come ornamentale nelle case anche da noi.

Il genere Nelumbo era presente in Europa nel Terziario prima delle glaciazioni del Quaternario.

Ma perché già a Roma o in Egitto allora, intorno al I sec.d.C.?

C’è o c’ era allora una pianta spontanea simile nel Nilo in Egitto?
O a partire dalla conquista dell’ Oriente da parte di Alessandro Magno esso fu introdotto come ornamentale in Egitto e Grecia e poi a Roma. O vi giunse già prima in Italia come ornamentale dalla Persia e/o Grecia e/o Cartagine?
O era ancora presente in Europa un Nelumbo sin da epoche geologiche più antiche?

Oggi introdotto sempre dall’area indiana in Europa, diffusosi anche in natura di nuovo … è stato incluso nel razzismo verde della falsa-ecologia con ogni becera demonizzazione tra le specie da estinguere speculativamente dall’ Europa!
PAZZESCO!
FOLLIA BIOCIDA SPECULATIVA DA FERMARE!

Riporto alcune risponde di esperti a questa domanda che ho posto su facebook:
Alessandra Vinciguerra: “Nel mosaico sono stati riconosciuti sia Nelumbo nucifera, sia foglie di Nymphaea lotus ( o di N. caerulea, mancando il fiore l’identificazione è dubbia). Notoriamente N. nucifera è stato introdotto dai Persiani in medio oriente intorno al 500 a. C e poi è passato in Egitto, Grecia ed il resto dell’Europa: ne parlano Teofrasto, Erodoto, Plinio etc. Esistono diversi studi in merito.”
No solo, leggo in questo interessante studio dal titolo “Biodiversity and phytoiconology of Roman archaeology and influences on Renaissance: meanings for our natural and cultural heritage – Biodiversità e iconologia vegetale nella archeologia romana e l’influenza sul Rinascimento: l’importanza per nostro patrimonio naturale e culturale” di Alma Kumbaric, A.A. 2012/2013, Doctoral School in Biology Section – Biodiversity and Ecosystem Analysis, PDF al link http://dspace-roma3.caspur.it/bitstream/2307/4612/1/Kumbaric%20PhD%20Thesis.pdf:
Nelumbo nucifera Gaertn. (Nelumbonaceae), R (Jashemski, Meyer 2002: Inv. No 8608, House of Pygmeii, Pompeii, (MAN) fres, flowering plant; House of the Centenari (Reg IX, Ins 8, No 6) and House of the Vettii (Reg VI, Ins 15, No 1), Pompeii, fres, leaves)”
 Perfettamente in sintonia con le mie ipotesi.
Da Massimo Livadiotti un altro interessante contributo: “Nel lago di Nemi vicino a Roma (famoso per le navi per i riti Isiaci di Caligola) ci sono ancora…..probabilmente da 2000 anni….
troppe coincidenze…..nel Lazio abbiamo molti laghi….possibile che solo quello di Nemi sia infestato di loti e guarda caso era il lago dove si facevano i riti Isiaci (le navi famose servivano a quello) dove il loto era la pianta simbolo?
Il Comune di Nemi ciclicamente decide di estirparlo perché ritenute piante aliene….fortunatamente le piante ricrescono sempre. Ma non ci riescono perché per estirparlo devi dragare in profondità….se non strappi i bulbi è inutile strappare le piante che dopo qualche mese ricrescono….e comunque i loti d’acqua indiani crescono solo da un lato del lago dove le sponde sono più basse (guardacaso sul lato dove c’era il Tempio di Diana e il Sacello di Iside….) mentre dall’altra parte del lago dove la riva è molto profonda non è mai arrivato…. Il culto di Iside nell’antica Roma ha avuto periodi di enorme diffusione…..dalla Sicilia alle Alpi….e oltre”.
Lago di Nemi vicino Roma. Foto di Massimo Livadiotti
Non si devono finanziare studi speciosi se fatti per decidere se lasciare o meno una pianta paleointrodotta, non li finanzierei mai a tal fine, non dovrebbero e non devono essere finanziati a tal fine … soldi pubblici poi.
Ciò che conta è che c’era nel Terziario il genere Nelumbo in Europa, c’ era in Italia e sud Italia (Pompei) paleointrodotto dall’Oriente, c’è oggi introdotto di nuovo o quello di allora! Ergo una superpreziosità! E se qualcuno lo ha reintrodotto nei decenni passati o è sfuggito da qualche orto botanico, villa, ecc., va osannato il responsabile! E soprattutto oggi vanno perseguiti gli eventuali professionisti del biocidio che dovessero proporre, come sicuro, di farlo sparire. A sparire dovrebbero essere loro! Lo vogliono ogni tanto sfoltire? Magari anche ok, ma non si sognino finanziamenti biocidi a tal fine e di straordinaria amministrazione!

Recuperatevi e propagate altrove anche con dei pezzi di radice allora Massimo Livadiotti! Non permettete ai criminali falso-ecologisti insediati nelle nostre istituzioni di portare in porto i loro piani di eco-sterminio!

Stessa follia di chi, i medesimi professionisti del biocidio, la vasta setta dei falsi-ecologisti ormai smascherati, vorrebbe togliere gli Ibis sacri dall’ Italia! Ornito-mattanza!
E sempre a Pompei, in sud Italia, nella medesima Casa del Fauno in un’altra scena nilotica:
Pompei, nella Casa del Fauno detta, particolare di un mosaico con una scena nilotica, con Nelumbo e uccelli.
Molto molto interessante l’associazione con Iside che ne hai dato Massimo Livadiotti per la presenza a Nemi!
Mosaico del Nilo, opera romana di periodo ellenistico II-I sec. a.C. a Palestrina (Lazio). Eccellente raffigurazione del Loto d’acqua indiano in questo mosaico romano ritrovato non lontano dal lago di Nemi e segnalatomi da Massimo Livadiotti. Rappresentati anche degli Ibis sacri.
E il culto di Iside arrivò anche a Lecce; qui una ricostruzione del Santuario romano di Iside a Lecce studiato dall’Università del Salento, con rappresentazioni degli Ibis sacri, al link:  http://www.salentoacolory.it/wp-content/uploads/2015/08/163.jpg (da Alessandro Romano: http://www.salentoacolory.it/musa-il-museo-storico-archeologico-di-lecce/).

L’ESTATE I TURISTI SI AFFOLLANO A MANTOVA PER VEDERE LE MAGNIFICHE FIORITURE DEL LOTO … MA I FALSI ECOLOGISTI VOGLIONO OGGI ERADICARE LÌ LA SPECIE … (clicca qui per approfondire)

Bravi!
I professionisti del biocidio non lo dicono ma il loto d’acqua è una autoctona di ritorno. È una pianta fossile per noi, un fossile vivente. Il suo genere viveva infatti in Europa già nel terziario prima delle grandi glaciazioni del quaternario!
Bentornato! Ecco anche perché si trova così bene da noi!

Le piante dette “infestanti” hanno qualcosa di umano, la loro rapidità di crescita sembra portarle fuori per la psiche umana dalla dimensione meramente vegetale. Anche la nostra specie Homo sapiens ha manifestato nella sua storia una tendenza ad invadere nuovi territori ed espandere al massimo il proprio areale.

APPROFONDIMENTO: si chiama EFFETTO LOTO la capacità idrorepellente delle foglie di alcune specie vegetali, l’acqua che arriva in contatto non le bagna ma forma dei goccioloni che rotolano sul lembo della foglia fino a cadere, se piccole gocce esse assumono forma quasi sferica e non si fissano sulla foglia ma si spostano alla minima pendenza; è così chiamato perché osservato anche nel Sacro Loto d’acqua indiano (Nelumbo nucifera; Nelumbo un genere di piante presente in Europa nel Terziario, e oggi tornato pare grazie all’uomo). Nel Nelumbo l’effetto è ottenuto grazie al fatto che le sue foglie sono rivestite da cristalli di una cera idrofobica di dimensioni nanometriche.

Qui in foto nel mio post l’ “effetto loto” su foglia di commestibile NASTURZIO. Foto a Maglie (Lecce), 1 aprile 2018.

Pianta: Nastrurzio (Tropaeolum majus)
originaria del Perù. Nel Seicento, questa pianta commestibile fu importata in Europa ed anche utilizzata contro la carenza di vitamina C (scorbuto). Se ne distingue una varietà nana e la rampicante.
Al Nasturzio sono oggi attribuite, in erboristeria, proprietà antibatteriche. Facile trovare i semi delle due varietà oggi nei negozi.

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Come tacciono i professionisti del biocidio sul fatto che i generi dell’Ailanto, del Kudzu (Pueraria) e del Loto d’acqua (Nelumbo) vivevano in Europa nel Terziario prima delle grandi glaciazioni del Quaternario, non sia mai la gente si affezioni a loro come accaduto per il Ginkgo, fossile vivente reintrodotto anche esso dall’Oriente asiatico in Europa, dove viveva prima delle grandi glaciazioni. Stesso motivo per cui cambiano nome all’Ailanto Albero del Paradioso con nomi e perifrasi infamanti.
Ailanto e Kudzu rientrano perfettamente, e lo vediamo bene dalla loro crescita in Salento, tra le cosiddette “specie ruderali”: «Una specie ruderale è una specie vegetale che è la prima a colonizzare le terre disturbate. Il disturbo può essere naturale – ad esempio incendi o valanghe – o una conseguenza dell’attività umana, come la costruzione di strade , edifici , miniere , ecc., o l’agricoltura (campi abbandonati, irrigazione , ecc.). La parola ruderale deriva dal latino rudus, che significa “macerie”. Le specie ruderali dominano tipicamente l’area disturbata per alcuni anni, perdendo gradualmente la competizione con altre specie autoctone.» (Passo tratto da: https://en.wikipedia.org/wiki/Ruderal_species).
E’ assai difficile pertanto veder spuntare un Ailanto in una incontaminata densa lecceta, più facile vederlo spuntare al suo margine, al bordo di un fosso che attraversa la lecceta o sulla foce di un canale.

(Passo estratto da: “IL FESTOSO “GIARDINO DELLE INFESTANTI” – la nuova moda naturalistica a trionfo dei conquistatori della Natura antropocenica e a loro difesa dai deliri della Falsa-ecologia!“)

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Riporto da un mio post facebook del 14 novembre 2019 al link invito a leggere anche i miei commenti al post per approfondimento:

PER RICOSTRUIRE LA NOSTRA “FARMACIA”

 

Graziosa ragazza orientale con Nelumbo nucifera. Questa pianta, Nelumbo nucifera (fior di loto sacro indiano d’acqua), appartiene ad un genere che viveva in Europa nel Terziario prima delle grandi glaciazioni; se non sopravvisse con continuità in Europa vi c’è di certo che il genere fu reintrodotto già dai romani che ben rappresentarono questa pianta acquatica nella arte decorativa a Pompei.
Il Nelumbo nucifera appare comunque felicemente ben naturalizzato già in alcuni laghi italiani. Piante da proteggere dal razzismo verde della Fassa ecologia. Della pianta segnalo non solo la sua rapida crescita in habitat acquitrinosi permanenti fangosi idonei, così il bel profumo del suo fiore, ma anche l’ “effetto loto” cosiddetto delle sue superfici che risultano non bagnabili da parte dell’acqua che non riesce ad aderire ad esse.
Le foglie nel loro centro manifestano una intensa “respirazione” che avviene lungo lo stelo.
I suoi frutti fatti essiccare sono utilizzati come decorazioni domestiche.
“Nel mondo c’ è un ordine naturale di farmacie, poiché tutti i prati e i pascoli, tutte le montagne e colline sono farmacie […] nella natura tutto il mondo è una farmacia che non possiede neppure un tetto!”
ben diceva il medico alchimista svizzero Paracelso (1493 – 1541), ma lo scriveva al suo tempo,
e oggi in Italia, in Puglia, in Salento?
Da Maglie nel cuore del basso Salento per vedere un Ontano nero e prender una sua foglia, devo recarmi oggi a Policoro in Lucania,
per una Betulla bianca in natura, sin in Cilento, (qualcuna in qualche giardino più vicino piantata di recente per fortuna),
per una Mandragola autunnale, fin a Taranto,
per un Platano orientale in purezza, devo attraversare il mare e andare a Corfù,
per vedere la Felce gigante bulbifera (Woodwardia radicans), devo recarmi ad Amalfi nella Valle delle Ferriere, probabile non sia neppure ancora presente nei più prossimi orti botanici, eppure è un relitto botanico del Terziario, con una distribuzione oggi puntiforme nel Mediterraneo,
e così via …
E tutto questo, tutta questa distanza, non perché queste piante abbiano deciso di vivere solo lì, e solo lì vivono da sempre, come pensano alcuni negletti, ma perché le devastazioni antropiche, come ben si scopre con il progredire degli studi paleoambientali, hanno causato questa loro rarefazione, e solo in alcuni punti queste, che son di fatto normalissime comunissime ovvie specie della flora mediterranea del sud Italia, sopravvivono.
Andando indietro nei secoli si scopre che i loro areali erano sovente molto più estesi o comunque più ricchi di territori in cui vivevano; appena un biotopo opportuno, come poteva essere una vallata interna, una gravina con sorgenti, una voragine, ecc. ne permetteva la presenza, quella specie non mancava.
Inoltre anche la correlata presenza di specie di animali, oggi anche scomparse, permetteva una maggiore diffusione di semi e spore.
Si pensi anche soltanto a un piccolissimo elemento botanico però di alto valore diagnostico sulla flora del passato, nell’ entroterra del basso Salento, nell’ area continentale tra i due mari, nella foresta Belvedere, cresceva ancora il montano Carpino bianco (Carpinus betulus) descritto nell’ Ottocento lì dal botanico Martino Marinosci di Martina.
Anche vecchie foreste primigenie contribuivano a creare microhabitat peculiari per la conservazione di numerose specie più diffuse magari in epoche passate.
La biovarietà dei territori era dunque elevatissima. In più si aggiungevano le piante esotiche e domestiche che rappresentavano una ricchezza, oltre che una bellezza, e che scrupolosamente venivano piantate e diffuse ad ogni livello della popolazione.
La nobiltà, la ricchezza era sempre connotata e sfoggiata attraverso un parco-giardino di delizie ricco di specie.
I nobili facoltosi erano i primi ad importare le nuove specie esotiche, appena veniva scoperta una nuova terra nei viaggi di esplorazione, o appena comunque esse giungevano tramite i mercanti da terre lontane, ma poi dai loro giardini si diffondevano anche negli orti dei più poveri, per una ricaduta più democratica.
Talvolta poi con la paleobotanica scopriamo che si trattò addirittura della involontaria reintroduzione di generi o di piante comunque strette parenti di altre che qui in Italia ed Europa vivevano in epoche geologiche passate, tanto che non stupiscono certi rapidi loro adattamenti. Le piante esotiche che comunque si naturalizzano nel territorio sono quelle che già vivono in terre con caratteristiche climatiche e pedologiche non moltissimo dissimili.
E alla fine non si dimentichi che ogni specie che diciamo oggi autoctona ha avuto nel passato un antenato che nel nostro micro-territorio è stato esotico giunto in qualche modo, spontaneamente o tramite l’uomo, che comunque è pur sempre parte della natura non bisogna dimenticarlo, e oltre che distruttore può anche agire con ecosostenibilità da costruttore e ricostruttore di biodiversità.
Potete fare lo stesso ragionamento in base ad altre specie, io ho citato l’Ontano nero e la Mandragola autunnale, in base alla vostra città e alla situazione del vostro territorio.
Ricordate qualche fiaba o mito antico in cui una persona amata è ammalata ed è necessario andare a trovare con urgenza quell’ erba curativa indicata dalla maga del villaggio, erba che sola può curarla?
E bene, pensate con la situazione attuale come questo potrebbe diventare difficile, se non impossibile, epico!
Certo, alla devastazione ha fatto seguito comunque una compensante più efficiente distribuzione commerciale dei farmaci brevettati da pochi furbetti, ma non è di questa fornitura delle moderne farmacie che voglio parlare, quanto far capire l’ importanza e la bellezza della ricchezza, anche di valore autarchico ma non solo, che si perde nella perdita di biodiversità!
Biodiversità che non consta solo di specie autoctone ma anche di tante specie alloctone giunte grazie all’ uomo e naturalizzatesi o comunque coltivate e che oggi dei folli della falsa-ecologia vorrebbero fare sparire in nome di un folle vuoto purismo senza fondamento e consistenza alcuna di fronte alle dinamiche e leggi della Natura,
penso qui ad un Aloe vera o arborescens che ho visto crescere in qualche rocciosa zona costiera del Salento, per citarne una sola di queste specie esotiche.
E la rete naturale del territorio non consta solo delle aree più selvatiche, ma anche di quelle coltivate, dei giardini privati, dei parchi pubblici, dei margini delle strade, dei tetti, i vasi da piante (le “craste” in terracotta delle nonne), tutto il territorio, con i suoi preziosi orti botanici inclusi!
Una rete naturale-antropica al contempo!
Si accaniscono oggi però anche contro le autoctone con altre scuse, e ne voglio citare qui due contro le quali si son talvolta accaniti negli anni passati, due specie queste comunque autoctone del sud Italia, in Italia:
-) l’ arbusto o albero del Tasso poiché dalle foglie velenose, e quante altre piante non lo sono, vedi ad esempio l’ Oleandro, e si sono accaniti contro il Tasso, in una sorta di psicosi contagiosa, tagliando alberi presenti magari anche da decenni in parchi e giardini senza che nessuno si fosse mai lì avvelenato con esso, (fu per questa folle motivazione che si tagliarono due bellissimi alberi di tasso nel parco dei Celestini, villa comunale a Lecce non molti anni fa);
-) la splendida Betulla bianca pendula tagliata nei parchi di alcune città perché dal polline tacciato come potenziale allergene.
L’ Erba parietaria, dal polline anch’ esso tacciato come fonte di allergie, non potevano riuscire ad estirparla ovunque, forse, come invece più facile per gli alberi di Betulla, per cui in primis della questione “parietaria” se n’è parlato sempre meno, e l’accanimento si è focalizzato contro le betulle; dopo fatto legno-biomassa di esse magari passerebbero anche a vendere diserbanti contro la povera parietaria; ma non è meglio favorire il contatto con gli allergeni con terapie volte a superare ed adattarsi ad essi, secondo i principi del “mitridatismo”?!
Ritengo di sì, anziché avallare la estinzione, dal territorio degli uomini, di intere specie fonte naturale di possibili allergeni, dato che tutto può diventare un allergene per un corpo.
Tutto questo avvenuto negli anni or sono quando andò di moda diffondere le psicosi sulle allergie, e chissà con quanta speculazione pseudo-sanitaria farmacologica dietro, oggi vanno di moda altre allergie non più quelle respiratorie ma quelle alimentari, questione dell’intolleranza al glutine docet, dopo secoli in cui tutti hanno mangiato in chiesa nell’Occidente cristiano ostie consacrate ricche di glutine senza mai morire lì stecchiti a conseguenza di quella assunzione!
Si tira la corda nella salita commerciale sulle varie pompate “emergency” periodicamente costruite quanto basta perché non si spezzi; quindi creato un nuovo mercato di nuovi inutili servizi e prodotti contro quella pseudo-emergenza, speculato abbondantemente nella finestra temporale creata, si passa ad esagerare o inventare una nuova emergenza!
Eppure l’ uomo è vissuto per millenni in Europa accanto al Tasso, alla Betulla bianca, alla Parietaria e anche mangiando Cereali contenenti glutine, o bevendo latte animale anche in età adulta, ma oggi si grida per questo “al lupo, al lupo”!
In Russia a Mosca è capitato qualche anno fa di veder il cielo divenire verde a causa del gran quantitativo di polline delle foreste di betulle presenti nella zona … Nessuno lì ne ha fatto eco-terrorismo contro le naturali autoctone Betulle!
Per cui in particolare noi salentini che abbiamo subito un grave depauperamento di biodiversità e di distruzione dei nostri microhabitat per opera dell’uomo, non dobbiamo permettere a nessuno di cancellare nessuna delle specie comunque presenti nel nostro territorio, siano esse autoctone, esotiche o domestiche, e dobbiamo trasformare tanti nostri viaggi e i nostri acquisti i termini di pollice verde nel verso della riacquisizione di tante specie comunque presenti in Italia ma assenti nel nostro territorio, e magari già ritrovabili a poche centinaia di chilometri di distanza. Chiedere con forza ripopolamenti di specie scomparse nei secoli, andando a recuperarle ovunque siano ancora presenti per operare tali reintroduzioni virtuosissime! Aggiungere, non togliere!
Dobbiamo tornare carichi di rametti per talee e semi o piante in vaso presenti nei vivai forestali, e non solo, extra-provinciali.
Dobbiamo operare nel verso di interventi di rinaturalizzazione per la creazione ovunque di habitat e microhabitat inseriti nel nostro territorio antropizzato in osmosi con le aree più frequentate dall’uomo e per il ritorno anche di tante altre specie anche degli altri regni, come del regno animale, che abbiamo perduto.
Anche la più sperduta e trascurata aiuola!
Trasformare le nostre aree di vari servizi in occasioni per la natura, come ad esempio i luoghi di raccolta delle acque piovane in laghetti, gli impianti di depurazione delle acque in belle seminaturali aree palustri di fitodepurazione, i parcheggi come luoghi in cui piantare arbusti, ecc.
(Piccola nota:
Le “drogherie” farmacie-erboristerie
Per mettere le mani sulle piante, su specie importanti come la Canapa, sono stati capaci di denigrare un nome farmacologico antico come “droga”; ricordo ancora invece quella vecchia insegna “DROGHERIA” che indicava la presenza di un antica farmacia-erboristeria all’ interno del Palazzo Capece a Maglie sede del mio liceo.
Andrebbe ripristinata con orgoglio e riscatto culturale!).
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La incantevole Ninfea rustica dei giardini bianco-rosacea

 

La incantevole Ninfea rustica dei giardini bianco-rosacea.
La regina dei laghetti domestici salentini e delle sue ville pubbliche e private è da diverso tempo ormai la Ninfea della cultivar chiamata Ninfea rustica dei giardini bianco-rosacea (o anche Marliacea rosa) dai grandi fiori profumati di vaniglia.
La Marliacea (Nymphaea ×) è una cultivar, una variante selezione o un ibrido, dedicata a Joseph Bory Latour-Marliac (1830-1911) che nel 1875 creò un vivaio per la propagazione, coltivazione e commercializzazione di ninfee rustiche.
Ninfea bianca (Nymphaea alba) pianta d’acqua dolce.
Esiste anche una Ninfea a fiore rosso che è una variante naturale della Ninfea bianca (Nymphaea alba), per la Marliacea rosa difficile dire se un ibrido solo tra queste due o se vi sono contributi di altre specie di ninfea del medesimo genere e americane. Se ne discute qui in questo studio spagnolo in cui si segnala l’osservazione della naturalizzazione di questa cultivar in Europa anche territorio spagnolo come già in Ungheria, in Italia, nel centro e sud dell’Inghilterra.
Altissima è comunque in questa cultivar la percentuale genetica della Ninfea bianca che è autoctona in Europa e anche in Salento, dove la Ninfea bianca era segnalata dai botanici nel Lago Alimini Fontanelle in feudo di Otranto nell’ ‘800 (la segnala lì il botanico Enrico Groves nell’aprile del 1887), oggi la specie selvatica Nymphaea alba nel sud Italia sopravvive nei laghetti di Monticchio in Basilicata.
Ebbene pensate il razzismo verde della Falsa ecologia ora sta puntando persino contro la Ninfea rustica dei giardini laddove si è naturalizzata in Italia e altrove in Unione Europea.
Praticamente fin ora erano protette quando presenti in natura queste piante, apprezzate diciamo, ma oggi il professionismo del biocidio insinua che appena il fiore non è interamente bianco la pianta vada inserita nella Lista nera ed eradicata!
Ciò perché una varietà ottenuta come cultivar vivaistica nell’Ottocento.
In realtà poi indagando scopro che in questa varietà altissima è la percentuale proprio della Ninfea bianca autoctona e della Ninfea bianca con variante rossa sempre autoctona del Vecchio Mondo, ma insistono sulla possibile presenza, in realtà mi sembra non confermata geneticamente, anche nell’ibridazione di specie americane di ninfea per dirla un mostro alieno che rischia con il suo polline di contaminare la Ninfea bianca autoctona. E quand’anche si confermasse la presenza di parentali americani ciò non sarebbe certamente un motivo valido per legittimare questo approccio biocida depauperante antinaturalistico contro queste presenze che arricchiscono la nostra biovarietà antropocenica e abbelliscono il nostro paesaggio! Contro future ulteriori propagazioni da accogliere invece con gioia e curiosità scientifica!
Da noi in Salento del resto al momento persino parrebbe estinta la Ninfea bianca, (era presente nell’800 e oggi sopravvive nei laghi di Monticchio), e nessuno che si preoccupa di reintrodurla come invece massimamente auspicabile e da richiedere. Si spera ne sopravvivano ancora dei nuclei relitti nel Lago Alimini Fontanelle, ma da Monticchio si dovrebbe provvedere ad una ridiffusione agli Alimini e in altri siti lacustri pugliesi.
Tutti bravi a cancellare ciò che è presente con varie scuse, nessuno a reintrodurre!
Ma del resto questi non vogliono reintrodurre nulla perché anche nell’ambito della stessa specie sarebbero capaci di considerare la Ninfea bianca di Monticchio come già appartenente ad un “ecotipo” diverso da quello tipico nostrano dell’ ‘800. Per cui una volta estinto in un luogo pace una preghiera requiem, non si può fare più nulla. Fine per loro!
Non hanno molti argomenti pro urgente biocidio della Ninfea rustica bianco-rosacea dato che è una cultivar questa ninfea nostrana che pare produrre raramente semi, quindi poi non tantissimo invasiva.
Razzismo/purismo verde falso-ecologista!
Però tu pensa che stiamo sovvenzionando a questa gente questi studi per preparare i biocidi!
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Vedi anche per approfondimento i seguenti articoli:

-) IBIS SACRI da Salvare: FERMARE la Falsa-ecologia che vuol farli eradicare dall’Italia demonizzandoli a tal fine con ogni più vile scusa! E non solo gli Ibis sacri vuol eradicare … PAZZESCO!

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Sottofondo musicale dal film  “The Last Emperor” (Main Title Theme):

 

    Oreste Caroppo

 

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