La Rinascita del Bosco dei Paduli,  il Bosco Belvedere nel cuore del basso Salento!

La Rinascita del Bosco dei Paduli, 
il Bosco Belvedere nel cuore del basso Salento!

 

Patriarca verde dei Paduli, maestosa quercia caducifoglia a foglia lobata, tipo roverella (subgenere Quercus o Robur detto), Mass. Luca Giovanni, in agro di Scorrano. Foto di Oreste Caroppo.

 

Conoscere per amare, salvare e ripristinare
un ecosistema unico e meraviglioso
che rischia di svanire per sempre,la Foresta che Ammantava
il Cuore del Salentole sue ampie vallate e le sue dolci serre 

di

Oreste Caroppo

L’abbiamo chiamato “Parco dei Paduli”, e non Città dei Paduli, né Zona Industriale Paduli, né Villaggio Turistico Paduli; lo abbiamo chiamato “Parco” e lo abbiamo fatto inconsciamente, ispirati solo dal Genius Loci, dallo spirito intrinseco ed atavico di quel luogo! Ed è per questo che è giusto lavorare, lottare, per il “Parco dei Paduli”!
Ovviamente un parco “umano”, perché nasce dall’uomo, rinasce grazie all’uomo, ed è legato indissolubilmente alla storia ed alla cultura dell’uomo, dell’uomo pugliese, dell’uomo salentino; un Parco a dimensione d’uomo, per il bene e per il futuro dell’uomo!

I Paduli sono il cuore naturale del Salento, la sua parte più bella ed amena, uno scrigno che la natura ha preservato da qualsiasi urbanizzazione, e in cui si è ritirata e risiede l’anima-naturale del Salento stesso!

Una natura unica ed eccezionale, in un’area fortunatamente sfavorevole alla creazione di centri urbani! Una natura che ha subito, però, ahinoi, dalla rivoluzione industriale ad oggi, un forte intervento antropico, che l’ha dilaniata, violentata e relegata in aree marginali!

Da qui è nata l’esigenza di tutto un lavoro di studio, approfondimento e quindi divulgazione, sulla natura dei Paduli, e della foresta che si estendeva ancora fino a poche centinaia di anni or sono, nel cuore del basso Salento, la foresta Belvedere, ultimo esteso ricordo di quel Salento verde, ricoperto da boschi e pascoli, tramandatoci dalla tradizione classica, dagli autori greci e latini.

Il progetto della Rinascita del Bosco dei Paduli, prende corpo dagli studi decennali che ho svolto in quell’area e che continuamente si arricchiscono di nuove scoperte, nuove meravigliose rivelazioni, che dischiudono un passato paradisiaco, un luogo dove si alternavano molteplici paesaggi, dalla steppa mediterranea, alla gariga, e alla macchia mediterranea, dalla boscaglia, fino alla pineta, al bosco misto, al castagneto, a boschi di piante xerofile, tipiche di climi secchi ed aridi, sui suoli di terra rossa, “tustina”, fino ai boschi igrofili di piante amanti dell’acqua, sui terreni di “padula”, e nelle formazioni ripariali lungo i canali, boschi tipici di aree fluviali e palustri, quasi del tutto sconosciuti ormai, nel Salento, e di cui ancora nei Paduli si ammirano preziosissimi lembi relitti, per giungere poi a boschi di aspetto e varietà biologica quasi pedemontana, sui rilievi delle Serre; tutto ciò reso possibile dalle eccezionali variegate caratteristiche pedologiche, geo-morfologiche, idrologiche e climatiche dell’area dei Paduli e del centro del basso Salento!
Una riscoperta delle piante selvatiche e degli animali, sia guardando alle specie ancora lì vegetanti e viventi, sia approfondendo la conoscenza di quelle scomparse per opera dell’uomo, come il carpino bianco, il cervo, il capriolo, il daino, il cinghiale, ecc.

 

LA VISIONE DELLA RINASCITAdel Bosco Belvedere(Leggetelo tutto, importante per la filosofia della rinaturalizzazione…

Gepostet von Oreste Caroppo am Dienstag, 4. August 2020

(Invito anche ad una attenta lettura del post facebook sopra riportato e dei miei commenti ad esso ed altri post linkati in essi)

 

Una serie di conoscenze sui Paduli, che ho voluto divulgare attraverso la realizzazione di un DVD con foto, testi e musiche, da proiettare nelle occasioni pubbliche, per mostrare le bellezze paesaggistiche, illustrare la incredibile biodiversità di oggi e di un tempo del Bosco Belvedere, e sottolineare alcune aree di altissimo interesse ecologico nelle aree del Parco dei Paduli bisognose della massima ed immediata protezione.

Ma la conoscenza del passato, è anche presa di coscienza, mea culpa per gli errori commessi dall’uomo, dai nostri avi, che disboscarono selvaggiamente, senza prevedere un equilibrio tra natura, agricoltura e pastorizia, accecati dalla fame di nuove terre da coltivare, quelle importantissime selve salentine, foreste fonti di immense risorse materiali ed alimentari, nonché di benefici per il locale microclima e per l’assetto del sistema delle acque superficiali e della tenuta dei suoli! Errori che hanno creato danni di dissesto idrogeologico, desertificazioni, impoverimento della biodiversità, peggioramento della qualità dell’aria, cui oggi è nostro dovere e potere rimediare!

«Era questo forse – nelle province di Lecce Brindisi e Taranto – il bosco più vasto e vario per essenze arboree>> (Giacomo Arditi, geografo, 1879).

«Non è senza il massimo dolore ch’io osservo di anno in anno cadere atterrate al suolo quelle querce maestose che hanno sfidato per tanti secoli le ingiurie del tempo, dell’atmosfera, degli uomini e degli animali. La falce e la mannaia livellatrice del boscaiolo segnano intanto, inesorabili su questa via di distruzione […]» (Cosimo De Giorgi, scienziato, 1877).

Da qui la necessità di evitare ulteriori “ingerenze umane nel sito”, quali ad esempio l’apertura di nuove cave o strade, anacronistici villaggi turistici, la creazione di discariche o di impianti industriali o di depurazione o di energia da combustione o altra fonte, lesivi per il territorio, o tanto più le inquinantissime centrali nucleari, la realizzazione di strutture di qualsiasi tipo ed edifici irrispettosi del paesaggio, stridenti con le tipicità architettoniche, i materiali, forme, proporzioni e colori trasmessici dalla storia e dalla tradizione dell’area, ecc.! Opportuno è anche evitare di asfaltare tutti quei tracciati viari rurali, alcuni molo antichi, che sono miracolosamente scampati, nell’area del Parco dei Paduli, agli interventi di modernizzazione e adattamento al fine di permettere e favorire un traffico automobilistico intenso. Si osservano anche vecchi tratturi, carrarecce con visibili i solchi profondi scavati dalle ruote dei carri nella roccia affiorante, nel loro millenario passaggio, strade lastricate e a ciottoli di epoca medioevale o forse anche romana, tracciati vicinali spesso bordati da arcaici menhir; percorsi poco agevoli che, scoraggiando il traffico automobilistico intenso, hanno preservato i luoghi ad essi prospicienti dagli insediamenti moderni e dalla forte pressione antropica; luoghi che, più di altri, hanno potuto conservare interessantissimi gioielli naturalistici, culturali e paesaggistici, che è nostro dovere preservare per le future generazioni!

Da qui la necessità di tutelare tutti quei relitti, che ancora sopravvivono dell’antica natura selvaggia del Belvedere: boschetti, macchie, canneti, incolti ricchissimi di specie erbacee ed orchidee, boscaglie a corridoio lungo i canali, i “sipali” come sono chiamate, localmente, le macchie cavalcanti lungo i confini dei poderi e i margini delle strade, e i grandi patriarchi verdi, alberi maestosi e plurisecolari che ancora dominano con le loro immense chiome l’orizzonte dei Paduli, ed ancora tutta la rete dei canali e le doline, i laghetti perenni e le aree ad allagamento temporaneo nelle stagioni piovose, poli di attrazione per miriadi di uccelli acquatici delle più diverse specie, tra cui la cicogna, la gru, e persino il cigno e l’oca selvatica!

Rarissimi esemplari di piante miracolosamente relitte, lì vivono ancora, come il frassino (Fraxinus angustifolia), ed in soli 3 esemplari o poco più, che ho scoperto, dopo intense ricerche, nel 1995, e segnalato all’Orto Botanico Universitario di Lecce, e che dovremmo al più presto recuperare e ripropagare, prima che il fuoco o la scure portino alla locale estinzione questa antica specie dei Paduli; simbolo vegetale dei Paduli nelle parole del botanico e medico Martino Marinosci di Martina, che nei primi dell’ ‘800 ne descrisse meravigliato la maestosa presenza nel bosco Belvedere!

Foto foglie di Frassino ossifillo, Scorrano (Lecce).

 

Samare dei Frassini ossifilli del Bosco Belvedere, Scorrano (Lecce).

Particolare delle foglie (foto in alto a destra), e delle samare, i semi, (foto in basso a destra), dei frassini della specie Frassino ossifillo (Fraxinus angustifolia), ritrovati nell’area dei Paduli, in agro di Scorrano.
Foto di O. Caroppo.

Enormi alberi svettano oggi su una piana non più boscosa; aggrappati alla terra con le loro radici, sferzati dai venti, colpiti dai fulmini, danneggiati dagli incendi e dall’uomo in mille modi, sopravvivono per mantenere una promessa fatta ai loro compagni caduti sotto i colpi della scure:

<< il nostro Bosco tornerà ad ombreggiare queste distese oggi desertiche, e noi alberi torneremo a protegger i suoli, a dar ricovero ai tanti animali d’un tempo, a mitigare il clima, a purificare l’aria, a dar di nuovo ombra discreta e dolce ricovero agli innamorati abbracciati tra le nostre foglie!>>

Relitti sono anche i dati archeologici e paleo-ambientali che i Paduli rivelano, le conoscenze culturali trasmesse di generazione in generazione, i dati storici scampati alla distruzione del tempo, tecniche agro-pastorali, e di caccia e pesca, ecc. Tutto un patrimonio da documentare, conoscere, proteggere e divulgare.

Da questi relitti occorre partire per la RINASCITA del bosco,

  • per trarre le semenze e talee da cui produrre nuove piante,
    e
  • per orientare la reintroduzione delle specie scomparse, la cui presenza ci viene dai dati storici, archeologici, biologici, climatici e paleovegetazionali; specie da reintrodurre dai siti più prossimi dell’Italia del sud dove ancora vi sopravvivono queste specie e da cui spontaneamente diffonderebbero in tempi però molto più lunghi e in assenza della pressione antropica.

Non solo, anche le specie e cultivar di piante coltivate e le specie e razze di animali domestici, che ancora si ritrovano nei Paduli, e nel basso Salento, o che erano presenti in passato, e che caratterizzavano l’anima dei Paduli non meno delle sue Querce, devono essere reintrodotte! Pensiamo al bellissimo corvino Cavallo Murgese dalla folta criniera e dagli zoccoli forti, che si allevava nell’area del vasto Belvedere, nei suoi pascoli, boschi e serre, allo stato brado; ottimo per l’equitazione, dovrebbe essere utilizzato per visitare e vivere il Parco a cavallo, generando così un contatto diretto, al contempo con la natura e con la tradizione, e assicurando la massima ecologicità del mezzo di spostamento. Pensiamo ancora alla possente mucca della razza Podolica Pugliese, dalle alte corna, dal cui latte si produce il pregiato caciocavallo; un bovino diretto discendente del toro selvatico, l’Uro, che in epoca arcaica pascolava proprio sotto le fronde delle querce maestose dei Paduli!

Mucche della bella e pregiatissima razza Podalica Pugliese, allevata nei secoli passati, con numerose mandrie nel cuore del Salento, e diretta discendente dall’Uro.
Numerose ossa fossili trovate nel feudo di Maglie testimoniano la presenza dell’Uro nelle aree del Bosco Belvedere già in epoca paleolitica. Un graffito rupestre paleolitico sulle pareti di Grotta Romanelli a Castro, raffigura proprio un Uro.

 

Il Bosco Belvedere si fondeva a settentrione con la Foresta di Cutrofiano e la Foresta di Lecce e le boscaglie e paludi dell’Arneo, a meridione con la foresta di Tricase e del Capo di Leuca, a occidente con quelle delle Serre centro basse salentine, e a oriente con le foreste dell’otrantino. L’area dei Paduli e la sua selva, il Bosco Belvedere, conservavano ancora nell’ ‘800 paesaggi, flora e fauna inalterati sin dalle lontane età paleolitiche, persino gli animali domestici lì allevati da secoli, cavalli, bovini, capre, asini, ovini, ecc., erano un’eco genetico lontano dei selvaggi animali di età paleolitica testimoniati dai fossili ritrovati in Salento e persino in aree molto prossime, e di quelli domestici di epoche neolitiche e protostoriche.
Il Belvedere deve perciò tornare ad essere quello splendido santuario della natura e della storia naturale, ameno possesso vanto dei principi e nobili che se lo contesero nel tempo, e che ancora tale era fino a non molti decenni or sono!
Il Belvedere, la “Foresta delle Querce” per antonomasia, per l’altissimo numero di specie quercine e più in generale di Fagacee, che vi erano presenti, uno dei più alti in Italia, nel Mediterraneo ed in Europa, a seguito dell’eccezionale paleo-storia della terra salentina, che permette di comprendere il perché della sua grande, almeno un tempo, ricchissima biodiversità.
Da qui nasce il progetto della “Rinascita del Bosco dei Paduli”, nell’epoca storica più giusta, affinché ciò avvenga, nel secolo in cui l’uomo, dopo aver catastroficamente inquinato il suo mondo ed alterato il suo habitat, deve inevitabilmente rimediare con saggezza ai suoi errori per poter continuare a vivere su questa Terra!
Una serie di progetti a breve termine, che devono innestarsi su uno a più lungo tempo; un progetto che guida ogni azione, verso un fine; un ideale, che non è di inselvatichimento, di ritorno al caos primordiale, ma di “bellezza” e “salute”, di un ecosistema bello, gradevole, ricco per la sua biodiversità, (“Biodiversità = più potenzialità per l’uomo”, Convenzione di Rio, 1992), di un paesaggio pittoresco e di un ambiente in salute, in grado di autosostenersi sostenendo le attività dell’uomo in quel territorio, favorendo la produzione agricola di un olio dei Paduli, sano e di alta qualità, biologico, di un vino dei Paduli, e non solo; favorire altre attività, che si interfacciano con il recupero delle vecchie specie, e penso alle marmellate ed altri prodotti dai frutti tipici locali, scomparsi quasi del tutto, penso alla produzione della manna dai locali alberi di orno, ricercatissima sostanza zuccherina ancora prodotta in Sicilia, penso alla raccolta dei tartufi salentini valorizzati al grado massimo, e dei funghi, alle piante medicinali ed aromatiche, penso alla coltura del pistacchio che in Sicilia si coltiva su terebinto e lentisco come porta-innesto, due arbusti entrambi spontanei ai Paduli, ed il pistacchio era ancora osservato nel Salento dai botanici dell’ottocento, penso alla liquirizia pianta mediterranea spontanea, che ama suoli argillosi o calcarei quali quelli dei Paduli, e che ancora si coltiva in Calabria, al noce, al mandorlo, al nocciolo, al ciliegio, ecc. ecc.
“Bellezza” e “Salute” non sono categorie della natura, ma dell’uomo che in essa vi riconosce tali qualità!
Pensiamo al nome scelto per quella foresta, “Belvedere”, bella da vedere; pensiamo al nome di un rivo dei Paduli, “Canale Paradiso”, termine che ricorda i fasti naturali del “Giardino dell’Eden”; pensiamo al nome dei paesi circondati da quel bosco, “Supersano”, “Montesano”, luoghi salubri, sani, supersani. Quale ne sia la vera etimologia di quei nomi, essi tramandano in ogni modo, un’idea di beatitudine ispirata da quei luoghi, la stessa trasmessaci nei versi e scritti dai tanti poeti, studiosi e scrittori che li descrissero estasiati!
Canale dei Paduli, località Tenuta Tresca. Uno dei tanti pittoreschi rivi dei Paduli.
Foto di Oreste Caroppo.
Si segnala la presenza negli ambienti palustri dei Paduli, dell’ormai rarissimo Tritone italico (Triturus italicus). 
Altissima era la biodiversità degli ambienti del bosco Belvedere e dei Paduli, nei cinque regni dei viventi; di essa ancora oggi esiste in quei luoghi una significativa traccia superstite, che occorre al più presto tutelare e reintegrare!

 

Questo è il Genius Loci di quel luogo, e noi ingegneri, architetti, studiosi, artisti, amministratori pubblici, agricoltori, normali cittadini, ecc. dobbiamo solo ascoltarlo, dargli voce, farlo parlare, come sto facendo io attraverso queste parole, attraverso i nostri scritti, i miei studi, attraverso i nostri progetti!

I Paduli saranno il primo esempio italiano e mondiale di foresta ed agricoltura insieme, un esempio da esportare, non da importare da qualsivoglia regione! Un modello nuovo che noi dobbiamo proporre, di “Riforestazione Razionale”, proprio fondendo società-ambiente-uomo! Un modello di sviluppo del territorio, non di urbanizzazione certo, dove la massima attenzione è data al paesaggio nel suo complesso, dove la crescita delle querce accanto a quella del grano e dell’olivo, di un’agricoltura e di un allevamento non intensivo, ma intensissimo poiché fondato sul rispetto e la conoscenza approfondita dell’equilibrio interspecifico fra tutte le specie selvatiche e domestiche, deve portare da ogni parte di Italia e non solo, gente nei Paduli; un luogo in cui l’uomo ripara ai suoi errori con coscienza, perché ora è in grado di gestire il selvatico e di trarne il massimo utile, che include ora non solo il denaro, ma anche la salute ed il piacere estetico, l’armonia e l’equilibrio perfetto con il suo habitat!

Se negli anni a venire, non si riuniranno nei nostri paesini dei Paduli, in summit internazionali, le più grandi autorità della Terra per discutere di vera ecologia, dei temi attualissimi e fondamentali dell’ambiente ma anche del clima studiato con serietà scientifica, dell’abbassamento della CO2 emessa nell’aria dalle attività industriali, degli interventi per il “rimboschimento-razionale” della Terra, ispirato da quello piccolo, ma altamente simbolico, che avremo inaugurato e fatto ai Paduli, vorrà dire che abbiamo fallito, che ci siamo fatti travolgere dai particolarismi e dagli individualismi, che non abbiamo saputo fare squadra, e guardare verso l’orizzonte, e siamo andati a imitare cose già fatte, idee già espresse; vorrà dire che abbiamo fatto dei passi, perché li faremo di questo ne son certo, ma li avremo fatti come l’ubriaco, girando in tondo e restando quasi là dove siamo partiti!

Non rimboschimenti in cui il risultato è il bosco soltanto fra alcuni anni, ma un rimboschimento in cui il risultato è il rimboschimento stesso, occasione di sviluppo anche scientifico, del territorio, con la partecipazione di ricercatori, il coinvolgimento di più università, di orti botanici ed istituti di ricerca, da ogni parte del mondo, e con i più svariati sponsor, magari suddividendo il territorio dei Paduli in microaree, da far rimboschire da enti, orti ed università diverse; creare una costruttivissima competizione tra questi nelle strategie di intervento di rinaturalizzazione e di coesistenza-integrazione tra agricoltura e natura selvatica, in piena e mutuamente proficua collaborazione con gli agricoltori coinvolti.
Sempre rimboschimenti oculati sviluppati secondo principi comuni fissati a priori, quali l’impiego di specie autoctone o comunque dell’Italia meridionale e geneticamente provenienti dall’Italia meridionale, e la necessità di perseguire un equilibrio agricoltura-natura, che sia occasione di sviluppo forte per attività agro-pastorali, sempre ispirate alla tradizione del sud Italia e del passato, e al biologico, potenziando il modello Slow-Food.
Modelli di rimboschimento ad hoc studiati per il Parco dei Paduli, ma i cui risultati scientifici saranno utilizzati per il rimboschimento-razionale della Terra!

Un laboratorio ai Paduli per il bene del mondo, un’occasione per i Paduli per il Salento e per tutti noi, di crescita culturale e professionale, in cui contribuire con le nostre conoscenze, con la nostra specifica preparazione universitaria, le nostre attitudini e passioni!

Un rimboschimento a piccole tappe, da svolgersi nei primi anni in maniera partecipata, sviluppando e coinvolgendo un turismo culturale in cui ciascuno adotta un albero, che acquista e che cura, magari anche a distanza, inviando piccoli finanziamenti per le necessarie attenzioni agronomiche, con la possibilità per il turista-ecologico di tornare negli anni per vedere cosa è successo al suo albero, e magari piantarne degli altri.

Il Bosco che Rinasce sotto i nostri occhi, che si svincola dal localismo dei Paduli per diventare il bosco di noi tutti, in ogni parte del mondo, in un mondo glocale, globale e locale!

 

Il Lago della Fanciulla
lu Laccu de la Signureddha”, in vernacolo locale;
bellissimo specchio lacustre in agro di Cutrofiano. In volo si osserva uno stuolo di garzette (Egretta garzetta).
Fondamentale è la tutela di questi ambienti umidi come laghetti e canali per i quali occorre assolutamente evitare interventi di cementificazione degli argini ed alvei. Opportuno è anche prevedere, laddove ancora possibile, il ripristino, con la loro fauna e flora originaria, degli antichi ambienti palustri e lacustri, come il magnifico perenne e pescosissimo Lago Sombrino, prosciugato per azione antropica nel corso dell’ ‘800; era caratterizzato da una eccezionale avifauna che comprendeva, addirittura, anche la presenza di stuoli di pellicani (Pelacanus crispus e Pelacanus onocrotalus probabilmente che vivono in Europa ancora – più rari gli avvistamenti del pellicano grigio africano Pelecanus rufescens), uccelli giganteschi dall’apertura alare anche di tre metri, oggi rarissimi nel Salento; l’ultimo esemplare di pellicano del Sombrino, si ha notizia, fu ucciso nel 1865!

Si adotta un albero anche per riscoprire il nostro contatto archetipo con la natura e per espiare in maniera riparatrice le colpe del nostro stile di vita fisiologicamente inquinante! Un’idea, che non tarderebbe a trovare la massima risonanza a livello nazionale ed europeo, riscuotendo il massimo interesse dei mass-media, con un ritorno pubblicitario molto importante per la crescita del progetto stesso.
Nei rimboschimenti coinvolgere anche le “Città dei Paduli”, e della Puglia meridionale, le scuole elementari, medie e superiori, facendo produrre da famiglie e alunni e classi alberi e arbusti da semenze o talee consegnate loro dal personale addetto, sulla base della scelta genetica delle piante da reintrodurre. Questi privati ne curano la crescita nei primi uno o due anni, eventualmente richiedendo ai tecnici del Parco preposti, consigli o altri semi, se alcune piantine muoiono, o per fare partecipare altri esterni, parenti, amici, a questo buon augurale progetto verde.
In periodi e manifestazioni prestabilite ciascuno porta il suo alberello in vaso e lo mette a dimora nelle aree preposte ad hoc a seconda della specie botanica, coadiuvato dai tecnici vivaisti ed agronomi addetti, potendo anche nel tempo continuare a curare con acqua ed altri prodotti il proprio albero con il quale si è sviluppato un rapporto di affetto. Immaginiamo tanto fanciulli quanto anziani e pensionati dedicarsi, in mutua collaborazione, a queste bellissime attività di raccolta delle semenze, semina, piantagione e cura del bosco di domani, del bosco delle future generazioni; attività svolte tanto nella dimensione domestica, quanto in quella pubblica ed all’aria aperta; un momento di riavvicinamento tra la generazione dei nonni e quella dei nipoti, di ricucitura di un atavico importantissimo rapporto tra loro, ahinoi tranciato dalla vacuiatà della vita moderna, e qui invece finalmente rinsaldato sulla base della comune riscoperta del senso forte e profondo della natura, che accomuna ogni uomo senza distinzione di età o altro, e sulla base del sentimento di possesso del proprio territorio e della propria antica storia e cultura, il tutto coniugato alla consapevolezza della responsabilità che ciò comporta: “questa terra non l’abbiamo ereditata dai nostri padri ma l’abbiamo ricevuta in prestito dai nostri figli” e a loro dovremo restituirla nel migliore dei modi possibili! Immaginiamo anche l’organizzazione di passeggiate o piccoli viaggi nei siti prossimi in cui sopravvivono esemplari e specie da cui reperire le semenze, durante i quali la stessa gente dei Paduli partecipa entusiasta alla loro raccolta; viaggi di valore culturale ma anche socio-ludico, volti alla riscoperta di luoghi, che conservano suggestioni o caratteristiche, che possono aiutare a ricostruire e a immaginare quale fantastico, misterioso e meraviglioso santuario della natura più vergine e selvaggia, e prezioso rifugio per migliaia di specie, fosse il cuore del basso Salento! Immaginiamo gemellaggi e scambi culturali con altre realtà, anche eventualmente estere, che possono portare contributi al piano ed ai vari sotto-piani di rinascita dei Paduli.

Un rimboschimento dunque “razionale partecipato”! Un progetto di grande valore etico, culturale e didattico, di ispirazione ecologista e quasi francescana, che permette ed incrementa la partecipazione collettiva ad un’azione di risanamento ambientale del proprio habitat.

Rimboschimenti che non devono comprometter minimamente i terreni già sottoposti a cultura, ma riguardare aree incolte, e tutti i confini poderali, i bordi delle strade e dei canali del Parco dei Paduli, realizzando così anche corridoi verdi tra le aree boschive e di gariga già esistenti, anche se il concetto di corridoio verde non deve diventare preponderante, dato che tutto il paesaggio del parco va in ogni caso considerato come un unicum variegato con i suoi molteplici biotopi, selvatici ed agricolo-pastorali, senza la necessità di individuare aree di seria A ed aree di serie B.

Nelle aree agricole poi, progetti e studi agronomici volti alla coesistenza di più specie arboree ed arbustive, frutici, olivi, ecc., possono portare anche un incremento delle masse vegetali e della biodiversità nei Paduli, nonché ad una produzione più ricca e diversificata di diverse tipicità del Parco.

Se non si presentano problemi per i rimboschimenti in aree demaniali o gestite dalle autorità di bacino come i margini dei canali, per favorire ed incentivare la piantumazione di alberi forestali anche da parte dei privati nei loro poderi, eventualmente con piena assistenza degli enti forestali statali e del parco, sarebbe opportuno fornire a questi soggetti piantine con radici micorrizzate con funghi simbionti commestibili del genere Boletus (volgarmente chiamati “porcini”), e con tartufi delle locali specie autoctone ed altre più pregiate sempre di provenienza italiana, in maniera tale da avere negli anni a venire anche un privato tornaconto produttivo in funghi e tartufi. E’ attestata poi anche una crescita migliore delle piante micorrizzate rispetto a quelle non. Pensare anche ad essenze forestali, come il castagno o il sughero entrambi riprodotti dagli esemplari autoctoni salentini, che possono fornire prodotti, nel caso indicato ad esempio castagne e sughero, non disdegnati dai privati contadini e che potrebbero aprire interessanti nicchie produttive forestali locali.

Nei rimboschimenti favorire il coinvolgimento degli enti forestali statali e regionali che già dispongono di una rete vivaistica orientata a produzioni zonali con piante autoctone da germoplasma prelevato in loco e che attraverso collaborazioni con vivai extra-salentini possono favorire le reintroduzioni delle specie scomparse o la reintegrazione e arricchimento della variabilità genetica nelle popolazioni ricostruite delle specie ancora superstiti. Favorire anche la nascita di uno o più vivai specializzati in loco per la produzione delle piante da destinare ai rimboschimenti e con annessi laboratori per le micorrizzazioni, altri studi ed analisi, fornendo in tal modo anche occasioni di impiego per i giovani del posto, per figure professionali specializzate e non.

Tutto con rispetto per le essenze esotiche e domestiche già presenti, e senza fanatici razzismi verdi falso-ecologisti contro le specie esotiche, o la piantumazione anche di qualche esotica, o parente di antiche specie scomparse dal territorio o dall’Italia e dall’Europa nel tempo, le così definibili “autoctone di ritorno”.

Favorire il bosco misto, al vasto bosco mono-specifico, differenziando le specie a seconda della loro biologia e delle caratteristiche pedologiche ed idro-geo-morfologiche dei siti. Gli impianti di rimboschimento dovranno essere quindi misti nella distribuzione delle diverse essenze, ma la mescolanza delle specie arboree principali è opportuno che sia realizzata per gruppi monospecifici di ampiezza variabile, anche molto piccoli, tali però da favorire le impollinazioni infraspecifiche tra individui differenti. E’ preferibile realizzare gli impianti di rimboschimento con una distribuzione irregolare delle piante sul terreno, piuttosto che con una disposizione geometrica, che risulterebbe innaturale. Puntare sulla massima diversificazione paesaggistica degli ambienti e degli scorci visuali, memori della grande ricchezza e varietà di ambienti naturali ed agro-pastorali del Belvedere. Se nelle aree più impervie poco accessibili, non si deve disdegnare l’opportunità di aree a bosco fitto, quali quelle a macchia mediterranea e pineta, ancora superstiti in alcuni tratti collinari sui pendii delle serre, nelle aree pianeggianti si devono considerare già di altissimo pregio, anche solo aree a bosco rado, o con alberi sparsi, o boschi a galleria lungo canali e strade, o meri filari ed alberi singoli. Sono queste osservazioni alla base di soluzioni nuove di rimboschimento, del tutto non invasive nei confronti di esigenze di sfruttamento agricolo dei suoli, e di alto pregio estetico ed ecologico, in quanto la presenza di radure e spazi tra gli alberi, favorisce una maggiore biodiversità, l’evoluzione naturale degli ambienti, ed una migliore espressione da parte degli alberi delle loro potenzialità estetiche, morfologiche e dimensionali. La presenza dei filari di alberi e arbusti, ai margini dei campi coltivati, fornisce una positiva protezione dai venti, alle stesse colture, grazie ad un’azione frangivento; le siepi selvatiche, (“frasche” in dialetto), ai bordi dei terreni a coltura, permettono il rifugio e la nidificazione di uccelli insettivori, (i cosiddetti “frascaluri“, in vernacolo locale, come capinere, occhiocotti e cince), che fanno incetta di insetti nelle aree prossime, proteggendo efficacemente, le piante agricole e abbassando la necessità di pesticidi, come la ricerca zoologica ed agronomica ha dimostrato; gli alberi lungo i margini dei rivi ostacolano, con il loro apparato radicolare, che consolida il terreno degli argini, l’erosione provocata dalle acque ruscellanti; fasce boscate lungo i corsi d’acqua o nelle golene permettono la regimazione delle acque; la presenza del bosco favorisce il controllo dei cicli erosivi e sedimentari, evitando o limitando, i fenomeni legati alle dinamiche fluviali (allagamenti ecc.); solo per citare alcuni dei vantaggi, che questo tipo di intervento di rimboschimento comporta! Ne risulta favorita inoltre, la possibilità di un incremento della pratica dell’allevamento, connessa alla presenza di maggiori masse vegetali foraggiere, quali anche quelle fornite dalle foglie delle essenze forestali latifoglie, che un tempo allignavano copiose nei Paduli e che occorre reintrodurre; si aggiungano infine le maggiori possibilità offerte da questo tipo di rimboschimento, per interventi di vera e propria “progettazione verde del paesaggio”, e per una maggiore fruizione ed un maggiore godimento, degli ambienti naturali, dove ad aree alberate se ne alternano altre a prato, altre con ambienti lacustri, con la presenza tanto di animali domestici quanto di animali selvatici della ricostituita ricca fauna, e poi ancora campi coltivati, uliveti e vigneti, i cui prodotti agricolo-pastorali potranno fregiarsi del marchio del rinomatissimo “Parco dei Paduli e del Bosco Belvedere”, attestato di alta qualità e benessere!

Un luogo salubre e di ritrovata incantevole bellezza, fonte di benessere psichico e fisico, in grado di attrarre tanto chi è in cerca di relax e pace, tanto chi è animato da interessi e curiosità culturali e scientifiche; certi del fatto che il miglioramento estetico e l’abbattimento dell’inquinamento, sono presupposti indispensabili per il miglioramento della salute, della qualità della vita e delle stesse relazioni sociali interpersonali, condizioni fondamentali anche per una maggiore longevità!

Favorire anche un incremento del verde urbano nei paesi dei Paduli concependo le aree cittadine quasi come orti botanici, con l’uso di essenze botaniche autoctone o comunque mediterranee. Centri urbani dove massima deve essere l’attenzione ai quartieri storici che devono essere restaurati saggiamente nel rispetto degli stili originali; stili storici e materiali che devono ispirare anche tutte le abitazioni e manufatti architettonici di più recente concezione e costruzione, anche nelle aree di periferia ed extraurbane.

Effettuare delle progettazioni del paesaggio verde dei Paduli volte a massimizzare le suggestioni bucoliche, integrando natura ed aree agricole, concependo l’uliveto, come parte residua dell’antico bosco. Spesso infatti, gli uliveti secolari non a sesto regolare sono frutto di smacchiamento ed innesto delle locali cultivar domestiche di ulivo (oialuraciddhina, ecc. ) su olivastri selvatici, (pratica seguita anche per altre specie come il pero ed il fico innestati sui rispettivi esemplari spontanei e selvatici). Favorire nelle piantumazioni forestali anche lungo viali e canali, impianti a sesto non regolare dove possibile, paesaggisticamente più pregevoli. Concepire la rete viaria e gli stessi centri urbani come strutture che devono nel loro complesso e in ogni singolo edificio armonizzarsi perfettamente col paesaggio circostante senza stridii ed orrendi anacronismi.

L’uliveto gestito senza l’uso di diserbanti, potrebbe diventare occasione di sviluppo di una parallela forte produzioni zootecnica, favorendo il pascolo brado di specie e varietà autoctone, un tempo ben più diffuse, di ovini (pecora moscia leccese, “leccisa” volgarmente detta), caprini (capra jonica e capra garganica), bovini (mucca podalica pugliese), equini (il richiestissimo resistentissimo cavallo murgese e l’alto asino di Martina Franca, detto in loco “ciuccio martinese”, rinomato per la sua forza e resistenza e per la produzione del pregiato latte d’asina), che potrebbero portare ad un contenimento biologico da brucatura della crescita delle erbe ed anche ad una fertilizzazione naturale da sterco dell’ulivo. Idem discorso esteso anche alle aree boschive ormai mature, con possibilità di un ritorno anche dell’allevamento brado del maiale, rinomata produzione in zona all’epoca dell’esistenza del bosco Belvedere. Nelle masserie favorire il ritorno del pastore maremmano abruzzese e dell’autoctono pugliese cane corso, oggi molto richiesto, il cui allevamento potrebbe fornire ulteriori occasioni economiche ai giovani in cerca di un’attività integrativa o primaria di lavoro.

Quindi fare seguire ed affiancare i rimboschimenti con introduzioni ben studiate delle specie animali rarefatte o scomparse dai Paduli a causa dell’azione antropica; magari per alcune specie perseguire anche un approccio partecipato sul modello già collaudato per le specie vegetali.
Far sì che avvengano anche nel Parco dei Paduli, quelle liberazioni di animali curati nei centri faunistici locali di recupero della fauna selvatica in difficoltà, che si svolgono normalmente nelle altre aree verdi del territorio salentino.

Tutto ciò al fine di ricreare in maniera razionale l’antico ecosistema e quindi con esso il suo speciale microclima e stato idrogeologico legato alla presenza del bosco, ma stavolta integrando perfettamente le attività umane agricolo-pastorali e di gestione della selvaggina o anche delle risorse ittiche, nella ricerca di un equilibrio nuovo e perfetto.

I Paduli sono parte di quell’anima salentina che grazie ad un’élite culturale attenta, come la fenice sta rinascendo dalle sue ceneri, ma non dal nulla, dalle sue ceneri, dal “passato-culturale”, per volare verso il futuro; così i Paduli, i lori fasti naturali, la foresta del Belvedere, sono il “passato-naturale” del Salento; la loro rinascita sarà motivo di rinascita del territorio tutto!

E’ un sogno, ma chi non sogna non vive, e chi non sogna non ha un progetto, ne può mai realizzarlo !!!

Paduli: campi impaludati nei piovosi mesi autunnali ed invernali. Sullo sfondo un uliveto.
Foto di Oreste Caroppo.

 

E’ un modello nuovo di vivere il proprio territorio, di riappropriarsene da parte delle comunità locali, di amarlo e risanarlo al grado massimo, che nasce qui nei Paduli, nel cuore del Salento, e che da qui sarà insegnato, emulato ed esportato nel resto del mondo!

Massima sarà l’attenzione data al paesaggio del Parco dei Paduli, orientato verso il recupero di quelle sue antiche suggestioni pittoresche.

«E verso l’orizzonte a sinistra si profilano gli ombrelli dei pini d’Italia, che sollevan le loro chiome pittoresche sulla bruna massa delle querce di Belvedere» (Cosimo De Giorgi, scienziato, 1882).

Ogni casetta rurale dei Paduli a spioventi e non, ogni suo trullo, ogni masseria dovrà essere ristrutturata e resa fruibile ed abitabile; un restauro da eseguirsi secondo le modalità UNESCO, con il rispetto delle tipologie architettoniche locali, e delle originali tecniche e materiali da costruzione, al fine di creare una rete ricettiva diffusa, per un turismo legato al Parco, alla vita all’aria aperta, per partecipare a campi scientifici o meramente agrituristici, o per soggiornare nella natura nel cuore del Salento e da lì spostarsi, sulla costa occidentale ed orientale della nostra penisola, poste a breve distanza, o negli altri paesi del Salento. Già i paesi dell’entroterra salentino risentono di questa forte domanda turistica di alloggi in affitto da parte dei turisti, proprio per questi vantaggi geografici e non solo, dell’ubicazione mediana rispetto ai due mari.

Tutti progetti che ben supportati ed implementati potrebbero per la loro natura ecologica e culturale, per la loro forte carica innovativa e propulsiva, accedere a grandi finanziamenti pubblici, aver il supporto di sponsor, associazioni ed amministrazioni locali, e trovare il pieno sostegno della gente del posto, prima beneficiaria degli stessi forti introiti derivanti dallo sviluppo di questa vocazione turistico-naturalistica ed agro-pastorale in potenza esistente nel territorio dei Paduli!

Un parco che deve dialogare con tutti gli altri parchi, oasi e aree protette del territorio regionale ed europeo e dell’area del Mediterraneo, ma anche con gli istituti che si occupano di tradizioni, storia e cultura popolare, del loro studio e promozione.

In seno al parco deve nascere un archivio in cui far confluire tutti gli studi fatti, le relazioni, i lavori, i dati storici, geologici, archeologici, climatici, biologici, antropologici ecc. concernenti l’area dei Paduli, prestando attenzione a conservare e tramandare le tradizioni orali e la cultura locale, da quella degli artigiani, a quella degli agricoltori, contadini, cacciatori, ecc. ecc., riscoprendo così le antiche attività scomparse, quelle legate al legno della foresta, carpenteria e produzione artistica, alla raccolta e produzione del miele nelle caratteristiche arnie in pietra, a quella dei carbonai con i loro rifugi, capanne in pietra e legno e canne, i “ ‘mbracchi”, l’attività di pesca nel Lago Sombrino, le tecniche, i pesci presenti o allevati, la lavorazione della pietra e dell’argilla, l’arte dei cestai e dei produttori di corde con materiali vegetali locali, ecc., la raccolta e stoccaggio della neve nelle neviere diffuse nella zona; neve che come le case a tegole ci parla di un clima più fresco nei secoli passati e più nevoso nel cuore del Salento, in perfetto accordo con la vegetazione del bosco Belvedere; clima cui lo stesso esteso fitto bosco in parte contribuiva!
Da qui anche la necessità di attenti studi climatici per caratterizzare bene le aree dei Paduli, aree più fresche ed umide, rispetto ad altre della Puglia meridionale.
Un ricchissimo museo di storia naturale che convogli e valorizzi le ricche collezioni dei privati del Salento e non solo, e che sia legato ad attività di fiorente ricerca scientifica condotte in loco. Ma anche un museo del parco, un ricchissimo museo di storia naturale centro attivo di ricerca, un archivio fotografico e biblioteca ed un archivio delle esperienze umane sviluppate nella contemporaneità, nel progetto stesso della Rinascita del Bosco dei Paduli e della sua storia.

Immaginiamo campi scuola di idrologia e geologia, biologia e paleontologia, ai Paduli, ma anche di archeologia, tradizioni e cultura popolare; favorire safari fotografici di paesaggi, piante ed animali ed il birdwatching, alla pratica della raccolta dei fiori spontanei e all’attività venatoria, da convogliare, quest’ultima, nelle battute volte alla cattura viva della selvaggiana per eventuali esigenze di studio o di trasferimento degli esemplari di fauna numericamente in eccesso. Favorire pratiche di caccia più suggestive e rispettose dell’ambiente, come l’antica arte venatoria pugliese della falconeria, oggi ormai rarissima nell’entroterra salentino, ma ancora presente, a scapito di altre irrispettose dei delicati equilibri naturali degli ecosistemi. Diversi toponimi, come contrada “I Falchi” e masseria “Pizzo Falcone”, sono un’eco della antica diffusa presenza nel Bosco Belvedere dei falchi e probabilmente anche della pratica della caccia col falcone. Immaginiamo un turismo ai Paduli orientato all’approfondimento del carsismo, all’esplorazione delle cavità ipogee; speleologia e biospeleologia; immaginiamo turisti che si recano ai Paduli dopo le piogge abbondanti anche per assistere al fenomeno spettacolare dei “darlutti”, dei bacini allagati delle vore, le voragini carsiche, che, come dicono i locali, per inghiottire l’acqua, “darluttano”, ad intermittenza, rilasciando grandi bolle d’aria, a seguito degli intasamenti-sturamenti degli inghiottitoi, che si intasano per i detriti vari portati dai canali, o comunque caduti nella vora. “Darluttare” ha la stessa etimologia di “eruttare” e “ruttare”; sono questi i geyser salentini, fenomeni fisicamente diversi dai geyser veri e propri, ma certamente altrettanto emozionanti! Lo spettacolo delle acque che allagano i campi, e che irruente, negli alvei dei rii, giungono agli inghiottitoi allagando le doline, dopo le piogge abbondanti; la visione dei piccoli fiumi che nelle voragini spariscono affossandosi e scorrendo nelle viscere della terra, divenendo quasi i mitici “fiumi dell’Ade”; tutti spettacoli che hanno una fortissima carica suggestiva e rappresentano una ricchezza di fenomeni naturali, che adeguatamente valorizzata, in un ambiente risanato naturalisticamente e paesaggisticamente, potrebbe attirare nel parco dei Paduli anche un significativo turismo di nicchia, di persone curiose desiderose di ammirare questi dinamici fenomeni idrogeologici, tra i più interessanti offerti della natura italiana!

Immaginiamo l’organizzazione in ambienti caratteristici di centri storici, o nei campi o in antiche masserie, di momenti di incontro tra anziani e bambini, in cui i nonni trasmettono le loro nozioni agricole, artigianali, del fai da te, dei vecchi mestieri del luogo; le arti locali del ricamo o del telaio e della tessitura, sartoria, insegnate alle fanciulle dalle nonne; l’arte del canto e degli strumenti musicali tradizionali; proverbi, fiabe, storie, i dialetti, ecc.; beni culturali immateriali, ricchezze etnoantropologiche.

La strada statale 275 con il suo progetto di ampliamento, nel tratto da Maglie a Lucugnano, dovrà diventare la strada del Parco dei Paduli, dato che lo attraverserà completamente e dunque divenire motivo di promozione del Parco stesso! Deve dunque essere realizzata con tutte quelle accortezze paesaggistiche e infrastrutturali, previste per le vie a status di “strada-parco”, tra queste una cartellonistica ad hoc riferita al parco, postazioni belvedere, arredo stradale con muretti a secco e piante autoctone proprie del parco, ecc.

In seno al Parco è pertanto indispensabile la formazione di un gruppo che si propone di promuovere e coordinare tutte le attività volte alla “Rinascita dei Paduli”, con tutti i corollari che ciò comporta; come favorire lo sviluppo di un Parco orientato alla produzione di prodotti, beni e servizi, di eccellenza ed altissima qualità; creare occasioni di lavoro per i giovani ed orientarli verso lo sviluppo di attività che siano motivo di crescita del Parco naturale medesimo, in relazioni ai punti presentati in questo lavoro, e che siano al contempo, grandi opportunità di realizzazione e miglioramento economico, affinché non debbano più spostarsi dal loro paese natale in cerca di fortuna. Un gruppo che opera al contempo come ente parco, coordinamento scientifico e culturale, come sportello virtuale di informazione e stimolazione, e come azienda di servizi anche orientata alla massima pubblicizzazione del Parco, anche con una attività di eventi mirati alla massima crescita e notorietà del Parco e del suo Bosco che risorge dalle ceneri! Porsi come intermediario tra istituzioni e cittadini, al fine di intercettare finanziamenti per i miglioramenti estetici architettonici e per le attività di microimpresa legate al parco, ma anche per far sì che siano incentivati con premi e sgravi fiscali coloro che accolgono essenze forestali nei loro poderi, ville o giardini. Premi anche per promuovere coloro che procedono al rifacimento dei muretti rurali in pietra a secco o che dimostrano particolare cura architettonica e ambientale nei terreni ed abitazioni di loro proprietà, affinché diventino modelli da emulare!

Quello che oggi accade nelle grandi foreste della terra disboscate per fare posto ad un cieco ed incontrollato e socialmente squilibrato progresso, nei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo, è quanto è successo nei recenti secoli passati nel Salento! Non si può pretendere pertanto, che quei paesi fermino il taglio dei boschi, senza che i paesi sviluppati, primi responsabili del degrado e di un negativo modello di sviluppo, diano l’esempio saggio e responsabile, di un possibile fruttuoso cambiamento di rotta nella gestione delle risorse naturali; da qui il grandissimo contributo che i Paduli ed il loro “rimboschimento razionale” possono dare!

Solo sviluppando un attaccamento alla propria terra attraverso non solo la mera tutela dei beni ambientali e culturali relitti, ma anche e soprattutto, attraverso un’azione diretta di miglioramento diffuso del proprio habitat più prossimo, e di restauro e ricostruzione tanto dei beni ambientali quanto di quelli culturali danneggiati o dilaniati, è possibile frenare fenomeni di degrado, rassegnazione e lassismo, che aprono la strada a speculazioni dannose non contrastate con efficacia e convinzione dai locali, gli unici veri primi proprietari del proprio territorio, e questo proprio a seguito della svalutazione che l’ambiente, il territorio, subisce a livello psico-sociale e politico se è già, anche solo in parte, degradato; un circolo vizioso che può portare verso fenomeni di inquinamento e degrado irreversibili cui per fortuna il Salento, per una serie di vicissitudini storico-politiche, è ancora lontano! Fortunatamente, inoltre, tutte quelle specie viventi “totalmente estinte” nei recenti secoli passati nei Paduli, dall’azione antropica, sopravvivono ancora in aree prossime salentine ed extra-salentine, da cui devono essere reintrodotte!

Propagandando nel Salento, in vari incontri e circoli culturali, proprio in questi ultimi mesi, il mio progetto di una doverosa attenta Rinascita del Bosco Belvedere, l’ampio consenso felicemente riscontrato nell’opinione pubblica e nelle iniziative delle giovani generazioni, mi porta fisiologicamente ed entusiasticamente a continuare ad immaginare con più forza, quale fantastico paradiso naturale erano i Paduli e a sognare di riveder quelle contrade tornare ad essere quei luoghi salubri, pittoreschi ed esplosivi di vita quali essi erano!

I Paduli che risorgeranno per diventare ancora più belli di quelli che erano, grazie alla consapevolezza e alla maggiore cultura, conoscenza e disponibilità tecnica delle nuove generazioni; strumenti che devono tradursi in saggezza nell’uomo contemporaneo ed in noi giovani, che amiamo la nostra Terra e ci impegniamo per tutelarla e migliorarla!

 

Intorno a quest’idea-progettuale abbiamo costituito un gruppo di lavoro, col nome iniziale di Gruppo “I Grandi Patriarchi – La Rinascita dei Paduli”, sorto nei giorni del laboratorio estivo sul tema dell’istituzione del Parco dei Paduli, organizzato dal LUA (Laboratorio Urbano Aperto), nei mesi di luglio-agosto 2008, a San Cassiano (Lecce). Al fine di poter meglio perseguire questo progetto ho fondato nell’autunno del 2008, l’Associazione “La Rinascita del Bosco Belvedere”; un’associazione aperta, affinché ad essa possano aggregarsi tutti coloro che, come me, sono animati dalla stessa convinzione che l’uomo deve e può rimediare ai suoi errori, e risanare e far tornare ad essere il più splendido dei mondi possibili, la Nostra Amata Madre Terra,
per collaborare tutti insieme nella coltivazione di questo nostro comune fattibile e bellissimo sogno,

la Nascita del Parco dei Paduli e la Rinascita del suo Antico Maestoso Bosco,
il Re dei Boschi del Salento,

il Bosco Belvedere !

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Conclusioni

La bellezza della natura di quelle contrade non lasciò indifferenti i nobili e i principi che elessero quel luogo ameno a tenuta di caccia, proteggendolo paradossalmente, dalla scure e dalla zappa, né i tanti studiosi che lo visitarono, e forse neanche il cuore di quei popolani che incalzati dalla fame, alla fine, insensatamente, quasi totalmente, lo distrussero, se è vero, quale ne sia l’origine del nome, che chiamavano quel loro bosco “Belvedere”, bello da vedere, da contemplare. Incantevole alla vista come è solo la natura selvaggia, comunità viva ed operante di numerosissime specie, in perfetto ciclico equilibrio dinamico tra loro. Luogo d’ispirazione e contemplazione per le generazioni future, perché possano imparare che gli errori che l’uomo commette, l’uomo può riparare! E’ nostro dovere, noi figli di quanti sollevarono la scure, figli di quanti tacquero alla vista dei secolari alberi abbattuti, pur sapendo quali gravi conseguenze ciò avrebbe portato, noi figli, ridonare al Salento ed alla Terra il suo antico e grande Belvedere!

Serit arbores quae alteri saeculo prosint” (Cecilio Stazio)
” Il vecchio agricoltore pianta alberi, che lui non vedrà, ma che saranno utili ai suoi figli “

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Intorno alle linee guida espresse in questo lavoro,
si è costituito il gruppo:

La Rinascita dei Paduli
I Grandi Patriarchi

e l’associazione:

La Rinascita del Bosco Belvedere

Associazione aperta a tutti coloro che vogliano partecipare, anche solo moralmente, al comune sforzo di noi tutti per la Rinascita del Bosco del Parco dei Paduli, ed il miglioramento della “Bellezza” e della “Salute” del nostro ambiente!

Per adesioni ed informazioni:

e-mail: orestecaroppo@yahoo.it

cell: +39 347 7096175

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(Tratto da questo mio articolo del 10 settembre 2008 al link internet:  http://larinascitadeipaduli.blogspot.com/)


Il PARCO dei PADULI che Vogliamo!

Dalle suggestioni dell’arte, come poteva apparire la Foresta Belvedere del Salento nelle sue aree più acquitrinose ai piedi della Serra di Supersano, e lì nei pressi del lago Padula di Sombrino, come nella Contrada Silva di Scorrano, e ancora verso Cutrofiano come verso Torrepaduli … prima dei disboscamenti e dei prosciugamenti ottocenteschi.
Sappiamo che vi si osservavano i Cigni reali e selvatici, come anche i Pellicani, laghi pescosi (si hanno notizie storiche di peschiere), sappiamo che nei bacini del Salento vegatava la Ninfea bianca oggi ritrovata pare nei laghi Alimini di Otranto, e vivente nei laghi lucani di Monticchio!

Publiée par Roberto Bianchi sur Lundi 26 mai 2014

Più poi approfondisco lo studio dell’ antica salentina Foresta Belvedere più mi accorgo delle sue somiglianza con la odierna Foresta Umbra sul Gargano, con la foresta del Bosco Pantano di Policoro alla foce del fiume Sinni, con le rive dell’ Ofanto, e con in più gli elementi tipici dei boschi murgiani e dei boschetti ancora relitti nel Salento, come dell’ ecosistema uliveto strettamente legato a quello della macchia mediterranea di aree più secche!
Oggi abbiamo il Museo del Bosco a Supersano e il vasto Parco dei Paduli, come l’importante ente del rinato Orto Botanico di Lecce, presso l’Università del Salento: in quei medesimi luoghi, oggi possiamo piantare i “semi” virtuosi per il ritorno di tanta meraviglia vilipesa, ma con più consapevolezza ed intelligenza nella costruzione della più grande e bella agro-foresta di Puglia, che integri gli uliveti e campi agricoli esistenti e riporti le piante selvatiche confinate oggi in luoghi ristretti, o scomparse, ricostruendo gli ambienti umidi, e affermando il primato della rinaturalizzazione paesaggistica, del restauro nel principio del “dov’era e com’era” dei beni culturali, dell’agricoltura biologica nella tradizione rivalorizzata e nelle cultivar più tipiche, procedendo in tutti gli interventi, di qualsiasi genere, aventi effetti sul paesaggio urbano e rurale, con la filosofia dell’ ingegneria naturalistica nel rispetto massimo ed valorizzazione del “Genius loci”!

Se ne consiglia vivamente la visione, l’opera “L’uomo che piantava alberi”, film d’animazione di Frédérick Back tratto dal romanzo di Jean Giono. Vincitore del premio Oscar per il miglior cortometraggio d’animazione. Da aggiungere come didascalia a questa toccante opera che nessun essere vivente va denigrato, né le pecore, né la lavanda! Possiamo fare tanto con saggezza anche senza rinunciare a nessuna specie nel verso di una massima biodiversità senza alcun razzismo/purismo verde!

C’è tantissima acqua nei Paduli! Ma per una assurda idrofobia dei salentini dei decenni passati un sistema di canali in cemento opera in alcune aree rapidamente per far sparire l’acqua convogliandola nel sottosuolo quasi fosse un rifiuto da smaltire al più presto. Si devono decementificare quei canali e realizzare di nuovo gli antichi Laghi da cui poi l’acqua in eccesso normalmente giunge nelle voragini carsiche naturali e da lì nel sottosuolo e quindi al mare. Voragini alcune di esse anche offese dal cemento e pertanto da decementificare e rinaturalizzare.
Ma non mancano ancora oggi lì infiniti scorci stupendi e pittoreschi!

Se gli alberi tagliati o caduti li lasciassero in loco non sarebbe una cattiva cosa fornirebbero humus riparo per tantissime altre specie gli esseri viventi inclusi anche gli alberi della stessa specie.

Oreste Caroppo

(Tratto dal mio post facebook del 26 gennaio 2015, e dai miei commenti ad esso, al link: https://www.facebook.com/oreste.caroppo.9/posts/10206053385363740)

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