La scoperta dell’ “Apocalisse” nel mosaico medioevale di Otranto?
La scoperta dell’ “Apocalisse” nel mosaico medioevale di Otranto?
Dagli studi di
Oreste Caroppo
Lo studio iconografico del mosaico pavimentale medioevale della Cattedrale di Otranto realizzato a partire dal 1163
seguendo una pista veneziana per l’ermeneutica del mosaico di Otranto mi ha portato ad un confronto con i mosaici cronologicamente precedenti della facciata interna della Basilica di Torcello a Venezia.
Questa rappresentazione padovana vede una licenza poetica rispetto all’iconografia standard per la scelta, forse di significato politico, di esporre delle tiare papali sulle teste della bestia.
Alla bestia mostruosa otrantina con il lungo corno, che qui abbiamo ipotizzato associata all’Apocalisse, è poi spazialmente correlato un gufo reale che pare quasi come poggiato sulla sua groppa.
Il gufo comune (“chizzi d’ ‘a morte” detto in dialetto magliese salentino, Maglie un paese nell’entroterra otratino), come il gufo reale, è un uccello notturno solitamente correlato, come del resto tutti gli strigiformi, alla sfera dell’oscuro, del cattivo presagio (loro malgrado) in Salento e non solo:
Quindi il gufo è un animale simbolicamente assai a tema con le sciagure profetizzate nell’Apocalisse.
Il ritrovamento di questa ulteriore chiave di lettura dell’Apocalisse nella navata centrale della Cattedrale di Otranto permetterà in quella zona magari meglio di decodificare altre immagini prossime che dovessero ancora avere una semantica poco chiara, e magari anche di cogliere meglio valori teologici più ampi della composizione musiva.
Ad esempio alla stessa altezza delle bestie policefale, ma subito a sinistra dell’albero centrale, compare una strana creatura ghermitrice che tormenta un uomo:
Potrebbe essere una fantasiosa raffigurazione delle considerate locuste dell’Abisso (o locuste dell’Apocalisse o cavallette dell’Apocalisse), mostri mitologici nominati nell’Apocalisse di Giovanni: “uscirono sulla terra delle cavallette/locuste a cui fu dato un potere simile a quello degli scorpioni della terra. E fu detto loro di non danneggiare l’erba della terra, né la verdura, né gli alberi, ma solo gli uomini che non avessero il sigillo di Dio sulla fronte. Fu loro concesso, non di ucciderli, ma di tormentarli per cinque mesi con un dolore simile a quello prodotto dallo scorpione quando punge un uomo.”
Non è proprio peregrina l’idea della locusta dell’Apocalisse con coda di scorpione che tormenta l’uomo per questa immagine del mosaico, da questo confronto con una locusta reale, anche se ci sono similitudini comunque nel corpo con uccelli predatori mostrati prossimi ma meno mostruosi.
L’idea nell’Apocalisse di cavallette-scorpioni può esser derivata dall’osservazione nelle cavallette/locuste femmine dell’aculeo ovopositore appariscente in fondo all’addome con cui esse scavano nella terra per deporre le loro uova:
Mi piace segnalare anche qui alla ricerca di suggestioni naturalistiche per quei mostri dell’Apocalisse un insetto diffuso in Eurasia chiamato la Mosca scorpione (Panorpa communis), che ha una certa somiglianza con il mostro qui discusso nel mosaico di Otranto:
la Mosca scorpione è una sorta di fossile vivente, che deve il suo nome alla conformazione particolare dell’ultima parte del corpo, che termina con un rigonfiamento che ricorda un pungiglione e che l’insetto normalmente tiene sollevato sopra il corpo, grazie alla curvatura dell’addome. Ciò lo rende simile allo scorpione, ma in questo caso quel rigonfiamento terminale è assolutamente innocuo e serve per bloccare la femmina della sua specie in fase di accoppiamento, perché essa ha la tendenza a mangiarsi il partner una volta compiuta la copula, anche per questo il maschio le porta in dono qualche insetto per farla mangiare sperando così di salvarsi, cosa che accade, ma non sempre. E’ un insetto prevalentemente carnivoro, si nutre infatti di animaletti morti o afidi vivi attraverso il suo particolare muso allungato, che gli permette di succhiare gli alimenti.
Persino le ali del mostro ghermitore nel mosaico idruntino con quadrettature sono assai compatibili con le ali di insetti come le locuste/cavallette:
Ma quadrettature irregolari, dobbiamo osservare, sono utilizzate anche per rappresentare le piume delle ali di alcuni uccelli nel mosaico, come possiamo vedere ad esempio per lo struzzo sotto.
Così considerando la fascia immediatamente superiore a quella qui analizzata di tipo marino, vediamo un fanciullo con berretto che suona una chiarina e che sospinge degli animali terrestri:
Questo personaggio sospinge degli animali normali ed essere chimerici mostruosi. Difficile capire se è correlato alla scena superiore dalla quale è separato da un’epigrafe lunga e che è l’imbarco proprio degli animali sull’Arca di Noè , o alla scena sottostante, dalla quale è separato da un lungo ramo orizzontale, che è la scena marina dell’Apocalisse di Giovanni, e nell’iconografia della quale, lo vediamo a Torcello e a Soleto, c’è la scena degli angeli che suonano le loro lunghe trombe (a Soleto) o corni (a Torcello) verso degli animali, anche mostruosi.
Dall’altro lato la scoperta del Giudizio Universale-Apocalisse in quella zona e comunque nel mosaico idruntino mostra ulteriori similitudini con l’impianto tematico del mosaico di Torcello a Venezia.
Possiamo anche fare un paragone tra la scena marina di Otranto nella navata centrale e quanto si osserva nella Chiesa romanica di St. Jakob a Kastelaz in Alto Adige (Tirolo) che ospita uno dei più antichi cicli di affreschi dell’area di lingua tedesca. L’abside della navata romanica a sinistra mostra affreschi molto interessanti, in particolare il ciclo inferiore con i singolari “bestiari” (esseri umani-animali), sopra i 12 apostoli nella volta di Cristo in trono con i quattro evangelisti, probabilmente dipinti intorno 1250.
Sebbene in forma assai più grezza e povera questa composizione rispecchia quella delle controfacciate di Soleto e di Torcello. Anche qui la composizione del Giudizio Universale-Apocalisse, e dunque sulla destra la scena con creature marine reali e mostruose dell’Apocalisse:
Nella scena con creature marine reali e mostruose dell’Apocalisse nella chiesa tirolese notiamo anche un mostro draghiforme con due lunghe protuberanze caudali serpentiformi e un essere antropomorfo a cavallo di una sorta di Foca monaca. Questi due elementi ci ricordano insieme il mostro che compare nella scena marina dell’Apocalisse a Otranto con due lunghe protuberanze caudali e un corpo tozzo come quello di una Foca monaca (vedi anche “Il ‘Bestiario’ del mosaico medioevale di Otranto: approfondimenti su alcune creature raffigurate“.
Vi vediamo associata nella scena tirolese discussa anche la Sirena bicaudata a rappresentazione del femminile. La sirena bicaudata mostrata sovente nell’atto di divaricare le estremità (gambe) mette in mostra la femminile vulva (yoni). Nel caso di Torcello per una prevalere di un senso di pudore le gambe pisciformi della sirena bicaudata sono incrociate per evitare di esporre la yoni alla piena vista. Le sirene furono l’emblema della lussuria per la morale cristiana medievale, raffigurazioni di sirene sono infatti molto comuni scolpite sui capitelli e nei portali e raffigurate all’interno delle chiese romaniche e non solo, come monito contro i peccati carnali. Diffusissima nelle chiese salentine dal periodo romanico a quello barocco incluso (ad esempio è scolpita nel portale di ingresso della Chiesa di Maria SS. delle Grazie di Corigliano d’Otranto dove vediamo una Sirena bicaudata con estremità che evolvono in forme floreali):
La troviamo anche a Otranto in un clipeo sul pavimento a mosaico del presbiterio:
Nell’arte medievale le sirene sono spesso raffigurate con in mano un pettine e uno specchio, l’uno a indicare la sessualità (nel gesto del pettinarsi i lunghi capelli, un tempo potente strumento di seduzione), l’altro a sottolinearne la vanità. Lo specchio spesso era tenuto in mano nella sua iconografia dalla dea greca della bellezza Afrodite.
Nella iconica raffigurazione della sirena che si regge alzate arcuate le due estremità c’è il simbolo della vesica piscis ottenuta dall’intersezione di due cerchi uguali.
Osserviamo come nel mosaico di Otranto si contano ben 8 lunghe trombe (chiarine) sparse comunque tra navata centrale e abside (oltre a quelle qui mostrate, due all’inizio della navata centrale, uno tra le ruote del presbiterio e tre sulle mura di Ninive raffigurate nell’abside della Cattedrale), se ora ricordiamo che nell’Apocalisse di Giovanni si parla delle sette trombe che saranno suonate (Apocalisse 8:6-21, 11:15
E’ interessante riflettere su quanto abbia influenzato quel mosaico idruntino la storia della nostra cultura occidentale. Solo ad esempio, senza andate troppo indietro nel tempo, pensiamo al semiologo Umberto Eco nel suo famoso romanzo “Il Nome della Rosa”, dove vi cita un monaco, di invenzione narrativa, molto bravo nel disegnare bestie immaginarie, come miniature su copie dell’Apocalisse, un tal Adelmo d’Otranto; Eco si sarà ispirato a al mosaicista presbitero Pantaleone che operò a Otranto?
Colpisce questa coincidenza con l’Apocalisse, sebbene fino ad oggi non era stata ipotizzata presente tra i motivi del mosaico medioevale di Otranto.
RIASSUNTO del percorso euristico seguito
Mi sono limitato a spunti da confronti iconografici, senza un iniziale approfondito studio del testo dell’Apocalisse di Giovanni. Nell’Apocalisse si distinguono due creature policefale, il drago dell’Apocalisse, e la bestia dell’Apocalisse che esce dal mare (qui si sottolinea tale distinzione).
Per tale bestia ho trovato quella che solitamente viene presentata come sua iconografia nel medioevo in Italia, con gli esempi di una raffigurazione a Padova e un’altra simile quella a Galatina.
Ora tornando al mosaico di Otranto troviamo questa scena da cui sono partito: con lunghe trombe, donne(?) dai lunghi capelli a cavallo di mostri marini pisciformi.
Ho notato similitudini con il mosaico di Torcello di poco precedente (che stavo confrontando con il mosaico di Otranto trovando tante similitudini pure in altre scene). Anche uomini divorati da creature marine nella stessa scena marina.
Ho dunque ipotizzato che anche lì a Otranto sia un riferimento all’Apocalisse.
Donna su grosso pesce, trombe, pesci divoratori anche li troviamo nel successivo affresco di Soleto, (che ha similitudini con l’impianto bizantino di Torcello anche); e anche qui siamo in una scena nell’ambito della rappresentazione dell’Apocalisse-Giudizio Universale.
E’ a quel punto che mi hanno colpito anche gli strani esseri con una o più teste (non centauri) nel mosaico di Otranto nei pressi della simile scena marina apocalittica.
Per questi esseri non ho fatto il paragone con il drago non vedendovi elementi da rettili, ma mi sono orientato verso l’iconografia della bestia dell’Apocalisse che esce dal mare anche perché siamo in una scena di mare, e si notano similitudini forti. Le differenze: a Otranto sono quattro le strane bestie con in tutto sette teste. A quel punto ho letto che: la Bestia che esce dal mare dell’Apocalisse di Giovanni riassume i simboli che caratterizzano le quattro bestie descritte dal profeta del Vecchio Testamento Daniele in un suo sogno visionario (Libro di Daniele 7), quel sogno di Daniele è detto “le quattro bestie”. Complessivamente inoltre le 4 bestie avevano un totale proprio di sette teste.
Quanto rappresentato a Otranto potrebbe allora esser stato ispirato proprio da un tentativo di raffigurare le quattro bestie garantendo un totale di sette teste?
Con questa chiave di lettura apocalittica sono passato ad analizzare altre scene prossime vedendovi anche una possibile rappresentazione delle locuste dell’Apocalisse.