La scoperta dell’ “Apocalisse” nel mosaico medioevale di Otranto?

La scoperta dell’ “Apocalisse” nel mosaico medioevale di Otranto?

Dagli studi di

Oreste Caroppo

La Bestia che esce dal mare con sette teste nell’Apocalisse di Giovanni – Battistero di Padova 1375-1378 Giusto de’ Menabuoi.

 

Lo studio iconografico del mosaico pavimentale medioevale della Cattedrale di Otranto realizzato a partire dal 1163

 

Otranto, mosaico pavimentale del XII secolo d.C. nella Cattedrale.

 

seguendo una pista veneziana per l’ermeneutica del mosaico di Otranto mi ha portato ad un confronto con i mosaici cronologicamente precedenti della facciata interna della Basilica di Torcello a Venezia.

I mosaici nella Basilica di Santa Maria Assunta, a Torcello (Venezia) della facciata interna. I mosaici della facciata interna, cioè i sei settori orizzontali in cui sono rappresentati la Crocifissione, l’Anastasis e il Giudizio Universale con Paradiso e Inferno, sono databili tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo d.C. Lo stile è bizantino.
Il confronto ha dimostrato innumerevoli similitudini esposte nell’articolo qui linkato cui rimandiamo.  Il mosaico di Torcello era un’opera straordinaria per dimensioni e varietà delle rappresentazioni che destò gran meraviglia, e non stupisce la possibilità che potesse esser preso a modello per un mosaico di altrettanta ambizione di ricchezza di argomenti e suggestioni quale quello di Otranto. Dopo tale fruttuoso confronto delle similitudini, mi sono allora concentrato su quelle scene che compaiono invece a Torcello ma non a Otranto, almeno per quella che sarebbe la doxa diffusa intorno al mosaico idruntino, con lo scopo, se è valida l’ipotesi di lavoro che ho formulato di una forte influenza del complesso musivo veneziano di Torcello sul mosaico di Otranto, di utilizzare il meglio compreso mosaico veneziano, meglio compreso anche grazie al suo maggiore rispetto stilistico dei canoni iconografici bizantini e alla sua migliore qualità artistica che ne facilita la lettura dei dettagli e dell’insieme, per tentare di risolvere i problemi di interpretazione di alcune scene raffigurate a Otranto.
Ho così notato una similitudine tra la scena acquatica dell’Apocalisse mostrata a metà altezza sulla destra nel mosaico della facciata interna della Basilica di Torcello e una scena altrettanto acquatica ubicata anche a mezza “altezza” della navata centrale sulla destra nel mosaico di Otranto.  In entrambi i mosaici compare una donna dai lunghi capelli in groppa ad un essere marino e con un corno tra le mani, e uomini in mare che vengono mangiati dalle creature marine, nonché corni che vengono suonati e pesci:
I mosaici nella Basilica di Santa Maria Assunta, a Torcello (Venezia). Particolare del Giudizio Universale dell’Apocalisse.
Riporto di seguito tale complesso figurativo marino estrapolato dal mosaico idruntino:
Apocalisse – navata centrale della Cattedrale di Otranto, mosaico pavimentale del XII secolo d.C.
Questa scena musiva idruntina era stata interpretata come rappresentazione del diluvio del mito greco, e le figure a cavallo del grande pesce o cetaceo come Deucalione e la sua compagna Pirra, i corrispettivi di Noè nel mito greco sopravvissuti al diluvio. In merito da un lato voglio rimarcare come proprio dal mondo classico venga l’influsso iconografico dei fanciulli nudi a cavallo di grossi pesci e soprattutto di un delfino, è il caso di Taras/Falanto a Taranto nella monetazione della polis magnogreca come abbiamo anche sottolineato in questo articolo.
Dall’altro lato però devo osservare come questa scena si confà di più nel suo complesso al tema dell’Apocalisse del Nuovo Testamento, pur in una certa libertà compositiva giocosa e fantasiosa che ispira alla fine l’intero mosaico idruntino, e che denota grande approssimazione rispetto al tipico rigore iconografico nella rappresentazione dei medesimi temi da parte dell’arte bizantina, come se gli autori idruntini (e non sappiamo se fu un solo mosaicista, Pantaleone, o una squadra da lui coordinata) non avessero una vera profonda cultura teologica e neppure una grande maestria artistica nel complesso (perché alcune singole figure comunque spiccano sulle altre per la più alta qualità di resa artistica), e come se rigore iconografico non fosse stato richiesto neppure dai committenti arcivescovi, si pensi che mancano le aureole a santi, angeli, profeti, patriarchi, ecc., che le croci diventano tau, ecc., solo ad esempio! Forse, se non approssimazione teologica, una scelta dettata dal fatto di rappresentare il sacro sull’umile pavimento? O le conseguenze di una mancanza di vigilanza da parte di teologi durante l’esecuzione dei lavori da parte di manovalanze poco acculturate una volta assegnati temi e modelli da seguire/copiare e alcuni gradi di libertà nella scelta figurativa, tanto più vigendo il principio dell’horror vacui, e quindi la necessità di colmare/decorare figurativamente i vuoti?
Tornando al confronto iconografico di questa scena idruntina marina con il tema dell’Apocalisse abbiamo da un lato il motivo precedente cronologicamente che ci ha ispirato nel mosaico di Torcello, ma possiamo anche fare confronti con opere successive.
Un certo parallelismo lo troviamo infatti tra la composizione musiva di Torcello nella facciata interna della Basilica, ben conservatasi fino ai nostri giorni, è l’affresco del XIV – XV secolo d.C. proprio sulla facciata interna della Chiesetta di Santo Stefano e Santa Sofia a Soleto, nel medesimo Salento:
  Facciata interna della Chiesa di Santo Stefano e Santa Sofia a Soleto. Immagine linkata non copiata dall’articolo qui visionabile. Altra foto qui.
Vediamo in basso la stessa opposizione tra Paradiso e Inferno di Torcello, a sinistra la scena della porta del Paradiso con serafino vigilante, San Disma con la Croce e il “seno di Abramo” qui non solo con Abramo come a Torcello dove Abramo è in piedi, ma come a Otranto con i tre patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe seduti. Vediamo al centro nella parte bassa San Michele Arcangelo nella scena della psicostasia come a Torcello, e troviamo similitudini nell’Inferno a destra con Satana seduto su trono di draghi divoratori di anime antropomorfe di dannati, e demoni con aste a più denti appuntiti che torturano e trattengono i dannati nell’Inferno.
Particolare dell’affresco relativo all’Apocalisse di Giovanni dalla Chiesa di Santo Stefano e Santa Sofia a Soleto.
A metà altezza sulla destra una riconosciuta scena dell’Apocalisse con donna nuda su un grosso pesce e angeli che suonano lunghe trombe (chiarine), con altri pesci nel mare divoratori di uomini con membra umane che spuntano dalle loro fauci, ciò in similitudine con Torcello, ma data la nudità della donna e le forme pisciformi dell’essere che cavalca forti similitudini vi sono anche con la scena di Otranto qui sottoposta ad analisi ermeneutica!
Possiamo ben concludere che la scena idruntina marina è scena ispirata e riferita all’Apocalisse di Giovanni del Nuovo Testamento. Un ulteriore sconfessione allora dell’idea, ampiamente sconfessata in questo studio, che nel mosaico idruntino non sia raffigurato nulla del Nuovo Testamento!
A questo punto estendiamo ancora lo sguardo e notiamo come sotto la scena con esseri marini antropofagi (probabilmente pesci-cane e/o orche) compaiono strani esseri mostruosi:
Le bestie a più teste e con dei corni dell’Apocalisse – navata centrale della Cattedrale di Otranto, mosaico pavimentale del XII secolo d.C.
Esseri con quattro zampe e una o più teste su lunghi colli; non sono centauri data la loro iconografia; uno ha tre teste, un altro ne ha due, uno di essi una sola testa ma zampe di vari esseri (un arto a zoccolo unito, uno a zoccolo diviso in due, uno a terminante a piede umano e l’ultimo a mano umana), un altro di essi ha una sola testa ma su di essa un lungo corno, ma le zampe non son a zoccolo diviso come nell’unicorno raffigurato nel medesimo mosaico in un tondo nel presbiterio.
In tutto questi quattro esseri simili tra loro hanno un totale di sette teste.
A quel punto il pensiero stabilisce una analogia con l’iconografia tipica della Bestia dell’Apocalisse a sette teste cornute che emerge dal mare. Ma vediamo meglio degli esempi per un confronto di immagini.
La Bestia dell’Apocalisse che esce dal mare con sette teste negli affreschi nella Basilica di Santa Caterina d’Alessandria in Galatina sempre in Salento. Affreschi del XIV-XV secolo d.C.
Sotto con degli orsi vicini vi compare lo stemma di Raimondello Orsini del Balzo, con corni da caccia e stelle a 16 punte, per volontà del quale la Chiesa fu eretta.
Osserviamo come le zampe della bestia qui sembrano mani umane e confrontiamo con le zampe multiformi di una delle creature possibili creature apocalittiche in Otranto, quella sul margine destro nell’immagine sopra in bianco/nero. 
In definitiva comunque gli elementi di similitudine dal confronto iconografico sono tali e tanti che dobbiamo immaginare che pur nella anomala raffigurazione di quegli esseri a più teste i mosaicisti di Otranto vi abbiano voluto proprio rappresentare il mostro policefalo cui narra l’Apocalisse.
Aggiungiamo che la Bestia che esce dal mare dell’Apocalisse di Giovanni riassume i simboli che caratterizzano le quattro bestie descritte dal profeta del Vecchio Testamento Daniele in un suo sogno visionario (Libro di Daniele 7), quel sogno di Daniele è detto “le quattro bestie”. Complessivamente inoltre le 4 bestie avevano un totale proprio di sette teste.
Quanto rappresentato a Otranto potrebbe allora esser stato ispirato proprio da un tentativo di raffigurare le quattro bestie garantendo un totale di sette teste?
Riprendiamo l’immagine mostrata in copertina in questo articolo con valore indicativo; viene da Padova ed è successiva al mosaico idruntino:
La Bestia che esce dal mare con sette teste nell’Apocalisse di Giovanni nel Battistero di Padova, dipinta tra il 1375-1378 da Giusto de’ Menabuoi.

Questa rappresentazione padovana vede una licenza poetica rispetto all’iconografia standard per la scelta, forse di significato politico, di esporre delle tiare papali sulle teste della bestia.

Alla bestia mostruosa otrantina con il lungo corno, che qui abbiamo ipotizzato associata all’Apocalisse, è poi spazialmente correlato un gufo reale che pare quasi come poggiato sulla sua groppa.

 

Mosaico pavimentale del XII sec. d.C., Cattedrale di Otranto particolare del Gufo reale, navata centrale.
Confronto con ritaglio di foto a destra in alto di un Gufo reale (Bubo bubo), specie presente comunque in Italia.
Ulteriore discussione in “Il ‘Bestiario’ del mosaico medioevale di Otranto: approfondimenti su alcune creature raffigurate“.

 

Il gufo comune (“chizzi d’ ‘a morte” detto in dialetto magliese salentino, Maglie un paese nell’entroterra otratino), come il gufo reale, è un uccello notturno solitamente correlato, come del resto tutti gli strigiformi, alla sfera dell’oscuro, del cattivo presagio (loro malgrado) in Salento e non solo:

 

 

Quindi il gufo è un animale simbolicamente assai a tema con le sciagure profetizzate nell’Apocalisse.

Il ritrovamento di questa ulteriore chiave di lettura dell’Apocalisse nella navata centrale della Cattedrale di Otranto permetterà in quella zona magari meglio di decodificare altre immagini prossime che dovessero ancora avere una semantica poco chiara, e magari anche di cogliere meglio valori teologici più ampi della composizione musiva.

Ad esempio alla stessa altezza delle bestie policefale, ma subito a sinistra dell’albero centrale, compare una strana creatura ghermitrice che tormenta un uomo:

 

Mostro tormentatore forse dell’Apocalisse – navata centrale della Cattedrale di Otranto, mosaico pavimentale del XII secolo d.C.

 

Potrebbe essere una fantasiosa raffigurazione delle considerate locuste dell’Abisso (o locuste dell’Apocalisse o cavallette dell’Apocalisse), mostri mitologici nominati nell’Apocalisse di Giovanni: “uscirono sulla terra delle cavallette/locuste a cui fu dato un potere simile a quello degli scorpioni della terra. E fu detto loro di non danneggiare l’erba della terra, né la verdura, né gli alberi, ma solo gli uomini che non avessero il sigillo di Dio sulla fronte. Fu loro concesso, non di ucciderli, ma di tormentarli per cinque mesi con un dolore simile a quello prodotto dallo scorpione quando punge un uomo.”

 

Locusta.

 

Non è proprio peregrina l’idea della locusta dell’Apocalisse con coda di scorpione che tormenta l’uomo per questa immagine del mosaico, da questo confronto con una locusta reale, anche se ci sono similitudini comunque nel corpo con uccelli predatori mostrati prossimi ma meno mostruosi.

L’idea nell’Apocalisse di cavallette-scorpioni può esser derivata dall’osservazione nelle cavallette/locuste femmine dell’aculeo ovopositore appariscente in fondo all’addome con cui esse scavano nella terra per deporre le loro uova:

 

Mi piace segnalare anche qui alla ricerca di suggestioni naturalistiche per quei mostri dell’Apocalisse un insetto diffuso in Eurasia chiamato la Mosca scorpione (Panorpa communis), che ha una certa somiglianza con il mostro qui discusso nel mosaico di Otranto:

 

La Mosca scorpione (Panorpa communis).

 

la Mosca scorpione è una sorta di fossile vivente, che deve il suo nome alla conformazione particolare dell’ultima parte del corpo, che termina con un rigonfiamento che ricorda un pungiglione e che l’insetto normalmente tiene sollevato sopra il corpo, grazie alla curvatura dell’addome. Ciò lo rende simile allo scorpione, ma in questo caso quel rigonfiamento terminale è assolutamente innocuo e serve per bloccare la femmina della sua specie in fase di accoppiamento, perché essa ha la tendenza a mangiarsi il partner una volta compiuta la copula, anche per questo il maschio le porta in dono qualche insetto per farla mangiare sperando così di salvarsi, cosa che accade, ma non sempre. E’ un insetto prevalentemente carnivoro, si nutre infatti di animaletti morti o afidi vivi attraverso il suo particolare muso allungato, che gli permette di succhiare gli alimenti.

Persino le ali del mostro ghermitore nel mosaico idruntino con quadrettature sono assai compatibili con le ali di insetti come le locuste/cavallette:

Cavalletta che spande le sue ali.

 

Ma quadrettature irregolari, dobbiamo osservare, sono utilizzate anche per rappresentare le piume delle ali di alcuni uccelli nel mosaico, come possiamo vedere ad esempio per lo struzzo sotto.

Così considerando la fascia immediatamente superiore a quella qui analizzata di tipo marino, vediamo un fanciullo con berretto che suona una chiarina e che sospinge degli animali terrestri:

 

Da un libro foto di un particolare del mosaico medioevale pavimentale della Cattedrale di Otranto. Ragazzo, con berretto e intento a suonare una lunga chiarina, a cavallo di uno Struzzo.

 

Questo personaggio sospinge degli animali normali ed essere chimerici mostruosi. Difficile capire se è correlato alla scena superiore dalla quale è separato da un’epigrafe lunga e che è l’imbarco proprio degli animali sull’Arca di Noè , o alla scena sottostante, dalla quale è separato da un lungo ramo orizzontale, che è la scena marina dell’Apocalisse di Giovanni, e nell’iconografia della quale, lo vediamo a Torcello e a Soleto, c’è la scena degli angeli che suonano le loro lunghe trombe (a Soleto) o corni (a Torcello) verso degli animali, anche mostruosi.

Dall’altro lato la scoperta del Giudizio Universale-Apocalisse in quella zona e comunque nel mosaico idruntino mostra ulteriori similitudini con l’impianto tematico del mosaico di Torcello a Venezia.

Possiamo anche fare un paragone tra la scena marina di Otranto nella navata centrale e quanto si osserva nella Chiesa romanica di St. Jakob a Kastelaz in Alto Adige (Tirolo) che ospita uno dei più antichi cicli di affreschi dell’area di lingua tedesca. L’abside della navata romanica a sinistra mostra affreschi molto interessanti, in particolare il ciclo inferiore con i singolari “bestiari” (esseri umani-animali), sopra i 12 apostoli nella volta di Cristo in trono con i quattro evangelisti, probabilmente dipinti intorno 1250.

 

Nella Chiesa romanica di St. Jakob a Kastelaz in Alto Adige (Tirolo). Dal link.

 

Sebbene in forma assai più grezza e povera questa composizione rispecchia quella delle controfacciate di Soleto e di Torcello. Anche qui la composizione del Giudizio Universale-Apocalisse, e dunque sulla destra la scena con creature marine reali e mostruose dell’Apocalisse:

 

Nella Chiesa romanica di St. Jakob a Kastelaz in Alto Adige (Tirolo). Particolare sulla scena marina. Dal link.

 

 

Nella scena con creature marine reali e mostruose dell’Apocalisse nella chiesa tirolese notiamo anche un mostro draghiforme con due lunghe protuberanze caudali serpentiformi e un essere antropomorfo a cavallo di una sorta di Foca monaca. Questi due elementi ci ricordano insieme il mostro che compare nella scena marina dell’Apocalisse a Otranto con due lunghe protuberanze caudali e un corpo tozzo come quello di una Foca monaca (vedi anche “Il ‘Bestiario’ del mosaico medioevale di Otranto: approfondimenti su alcune creature raffigurate“.

Vi vediamo associata nella scena tirolese discussa anche la Sirena bicaudata a rappresentazione del femminile. La sirena bicaudata mostrata sovente nell’atto di divaricare le estremità (gambe) mette in mostra la femminile vulva (yoni). Nel caso di Torcello per una prevalere di un senso di pudore le gambe pisciformi della sirena bicaudata sono incrociate per evitare di esporre la yoni alla piena vista. Le sirene furono l’emblema della lussuria per la morale cristiana medievale, raffigurazioni di sirene sono infatti molto comuni scolpite sui capitelli e nei portali e raffigurate all’interno delle chiese romaniche e non solo, come monito contro i peccati carnali. Diffusissima nelle chiese salentine dal periodo romanico a quello barocco incluso (ad esempio è scolpita nel portale di ingresso della Chiesa di Maria SS. delle Grazie di Corigliano d’Otranto dove vediamo una Sirena bicaudata con estremità che evolvono in forme floreali):

 

 

La troviamo anche a Otranto in un clipeo sul pavimento a mosaico del presbiterio: 

 

Sirena bicaudata, mosaico pavimentale del XII sec. d.C. zona presbiterio Cattedrale di Otranto.

 

Nell’arte medievale le sirene sono spesso raffigurate con in mano un pettine e uno specchio, l’uno a indicare la sessualità (nel gesto del pettinarsi i lunghi capelli, un tempo potente strumento di seduzione), l’altro a sottolinearne la vanità. Lo specchio spesso era tenuto in mano nella sua iconografia dalla dea greca della bellezza Afrodite.

Nella iconica raffigurazione della sirena che si regge alzate arcuate le due estremità c’è il simbolo della vesica piscis ottenuta dall’intersezione di due cerchi uguali.

Osserviamo come nel mosaico di Otranto si contano ben 8 lunghe trombe (chiarine) sparse comunque tra navata centrale e abside (oltre a quelle qui mostrate, due all’inizio della navata centrale, uno tra le ruote del presbiterio e tre sulle mura di Ninive raffigurate nell’abside della Cattedrale), se ora ricordiamo che nell’Apocalisse di Giovanni si parla delle sette trombe che saranno suonate (Apocalisse 8:6-21, 11:15-19), ciò permette di dire che non tutte le trombe sparse nel mosaico sono correlate all’Apocalisse.

E’ interessante riflettere su quanto abbia influenzato quel mosaico idruntino la storia della nostra cultura occidentale. Solo ad esempio, senza andate troppo indietro nel tempo, pensiamo al semiologo Umberto Eco nel suo famoso romanzo “Il Nome della Rosa”, dove vi cita un monaco, di invenzione narrativa, molto bravo nel disegnare bestie immaginarie, come miniature su copie dell’Apocalisse, un tal Adelmo d’Otranto; Eco si sarà ispirato a al mosaicista presbitero Pantaleone che operò a Otranto?

Colpisce questa coincidenza con l’Apocalisse, sebbene fino ad oggi non era stata ipotizzata presente tra i motivi del mosaico medioevale di Otranto.

 

RIASSUNTO del percorso euristico seguito

Mi sono limitato a spunti da confronti iconografici, senza un iniziale approfondito studio del testo dell’Apocalisse di Giovanni. Nell’Apocalisse si distinguono due creature policefale, il drago dell’Apocalisse, e la bestia dell’Apocalisse che esce dal mare (qui si sottolinea tale distinzione).

Per tale bestia ho trovato quella che solitamente viene presentata come sua iconografia nel medioevo in Italia, con gli esempi di una raffigurazione a Padova e un’altra simile quella a Galatina.

Ora tornando al mosaico di Otranto troviamo questa scena da cui sono partito: con lunghe trombe, donne(?) dai lunghi capelli a cavallo di mostri marini pisciformi.

Ho notato similitudini con il mosaico di Torcello di poco precedente (che stavo confrontando con il mosaico di Otranto trovando tante similitudini pure in altre scene). Anche uomini divorati da creature marine nella stessa scena marina.

Ho dunque ipotizzato che anche lì a Otranto sia un riferimento all’Apocalisse.

Donna su grosso pesce, trombe, pesci divoratori anche li troviamo nel successivo affresco di Soleto, (che ha similitudini con l’impianto bizantino di Torcello anche); e anche qui siamo in una scena nell’ambito della rappresentazione dell’Apocalisse-Giudizio Universale.

E’ a quel punto che mi hanno colpito anche gli strani esseri con una o più teste (non centauri) nel mosaico di Otranto nei pressi della simile scena marina apocalittica.

Per questi esseri non ho fatto il paragone con il drago non vedendovi elementi da rettili, ma mi sono orientato verso l’iconografia della bestia dell’Apocalisse che esce dal mare anche perché siamo in una scena di mare, e si notano similitudini forti. Le differenze: a Otranto sono quattro le strane bestie con in tutto sette teste. A quel punto ho letto che: la Bestia che esce dal mare dell’Apocalisse di Giovanni riassume i simboli che caratterizzano le quattro bestie descritte dal profeta del Vecchio Testamento Daniele in un suo sogno visionario (Libro di Daniele 7), quel sogno di Daniele è detto “le quattro bestie”. Complessivamente inoltre le 4 bestie avevano un totale proprio di sette teste.

Quanto rappresentato a Otranto potrebbe allora esser stato ispirato proprio da un tentativo di raffigurare le quattro bestie garantendo un totale di sette teste?

Con questa chiave di lettura apocalittica sono passato ad analizzare altre scene prossime vedendovi anche una possibile rappresentazione delle locuste dell’Apocalisse.

L’importanza del superamento del dogma ermeneutico di un’assenza voluta del Nuovo Testamento sul mosaico medioevale idruntino
Qui in queste opera di revisionismo esegetico stiamo dando una rilettura nuova del mosaico medioevale pavimentale della Cattedrale di Otranto, o per lo meno di alcune sue scene ritenute nebulose ad oggi, e tutto questo reso possibile perché abbiamo ritenuto necessario superare e negare quello che è stato un relativamente recente dogma ermeneutico che ha impedito de facto una lettura razionale di alcune immagini, cioè l’idea infondata che nel mosaico non ci fosse nulla riferito al Nuovo Testamento, e questo per ferrea volontà di mosaicisti e committenti. Invece l’analisi iconografica mostra che tale ipotesi è infonda (anche perché già c’è San Disma il buon ladrone palesemente raffigurato nella navata centrale come già riconosciuto da altri studiosi del mosaico).
Nella mia non onnicomprensiva lettura della bibliografia scientifica sul mosaico di Otranto la tesi che avevo letto per le scene qui analizzate è quella di Deucalione e Pirra, io invece vi ho letto precipuamente riferimenti all’Apocalisse di Giovanni, ovviamente non mi meraviglierebbe ma anzi sarebbe motivo per me di conferma che altri vi abbiano visto lo stesso background iconografico e quindi semantico che vi ho visto io. Ben vengano convergenze indipendenti di lettura proprio a maggiore sostegno della loro plausibilità.

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