Nel romanzo gotico “Il Castello di Otranto” di Horace Walpole le suggestioni del Salento

Nel romanzo gotico “Il Castello di Otranto” di Horace Walpole le suggestioni del Salento

Meraviglia che uno dei più importanti romanzi della letteratura inglese si intitoli proprio “Il Castello di Otranto”?

 

Del pittore Karl Friedrich Schinkel, ”Gothic-Church on a Rock by the sea” opera del 1879

 

Il suo autore fu lo scrittore inglese Horace Walpole (Londra, 1717 – Londra, 1797), e quel suo romanzo intitolato “Il Castello di Otranto” inaugurò un nuovo genere letterario, quello del cosiddetto “romanzo gotico” diffusosi tra il tardo Settecento e l’inizio dell’Ottocento, caratterizzato dalla fusione di elementi romantici e d’orrore con storie solitamente ambientate nel Medioevo in castelli diroccati, sotterranei e altri ambienti cupi e tenebrosi. Con fantasmi “miracoli, visioni, stregonerie, sogni, e altri eventi soprannaturali” (dalla prefazione alla prima edizione de “Il Castello di Otranto”).

Horace Walpole fu un personaggio poliedrico dai molteplici interessi che scrisse di politica, storia, arte, antiquariato e letteratura, oltre a cimentarsi esso stesso nella produzione letteraria divenendo precursore di un nuovo genere letterario destinato a riscontrare un grandissimo successo. Di famiglia benestante, a contatto con l’ intellighenzia letteraria e culturale inglese dell’epoca, fu IV Conte di Oxford e parlamentare. Appassionato di classici, si impegno nella costruzione di un vero e proprio castello in stile appunto anche quello gotico, o meglio dire neo-gotico.

Istruito in alcune della più famose scuole e università inglesi del tempo, intraprese il famoso Gran Tour , viaggiando, tra il 1739 e il 1741, in Francia e Italia. Il Grand Tour (traduzione letterale dal francese “grande giro”) era un lungo viaggio nell’Europa continentale effettuato dai ricchi giovani dell’aristocrazia europea a partire dal XVII secolo e destinato a perfezionare il loro sapere. Il viaggio poteva durare da pochi mesi fino a svariati anni, e la comune meta e destinazione finale era proprio l’Italia fulcro della cultura classica latina e magno-greca. Nel 1764 Walpole pubblica il suo famoso romanzo “Il Castello di Otranto” (“The Castle of Otranto” in inglese) pare scritto nel giro di un mese.

Nella sua prima edizione Walpole presenta la sua opera nella prefazione come la traduzione dall’Italiano di un manoscritto del 1529, ma dopo il grande successo, forse inaspettato, ripubblicò l’opera firmandola con il proprio nome e togliendo la prefazione.

La prima edizione aveva questo come titolo completo: “The Castle of Otranto, A Story. Translated by William Marshal, Gent. From the Original Italian of Onuphrio Muralto, Canon of the Church of St. Nicholas at Otranto”, (“Il Castello di Otranto. Una storia. Tradotto dal gentiluomo William Marshal, dall’originale italiano di Onuphrio Muralto, canonico della Chiesa di San Nicola di Otranto”).

Quest’opera fu ritrovata – si legge nella prefazione – nella biblioteca di un’antica famiglia cattolica del nord dell’Inghilterra. Fu stampata a Napoli, in caratteri gotici, nell’anno 1529. Non risulta quanto tempo prima fosse stata scritta. (…) Lo stile è l’italiano più puro. Se la storia fu scritta più o meno quando si immagina che sia accaduta, deve essere stato tra il 1095, epoca della prima crociata, e il 1243, data dell’ultima, o non molto dopo. (…) i nomi dei personaggi sono chiaramente fittizi, e probabilmente alterati di proposito: ma i nomi spagnoli dei domestici paiono indicare che quest’opera non fu composta finché l’insediamento dei re aragonesi a Napoli non ebbe reso familiari i nomi spagnoli in quella regione. La bellezza della forma, e lo zelo dell’autore (anche se moderato da un singolare discernimento) concorrono a farmi pensare che la data di composizione sia di poco precedente a quella di stampa.

In incipit, prima del testo della sua prefazione, Horace Walpole riporta una frase in latino del poeta Orazio, rivelandoci quanto inconsciamente egli si identificasse con quel grande vate dell’antichità italica romana.

Il manoscritto italiano e il suo presunto autore “Onuphrio Muralto” rappresentarono gli stimoli creativi per Walpole, che si presenta nel suo stesso romanzo sottlo pseudonimo di “William Marshal”. Il testo viene presentato come la traduzione di un antico racconto italiano ambientato nella Puglia medievale nel Regno di Sicilia del re Manfrèdi. Manfrèdi (1232 – Benevento 1266) re di Sicilia, fu figlio naturale poi legittimato dell’Imperatore Federico II di Svevia. L’opera fu bene accolta da alcuni critici, tanto che la inserirono nel filone del romanzo medioevale. E’ ambientata “tra il 1095, l’epoca della prima crociata, e il 1243, l’anno dell’ultima“, come rileva la prefazione dell’opera tradotta.

 

Di Karl Friedrich Schinkel “Città medievale su un fiume”

 

Nella seconda edizione e in quelle successive Walpole riconobbe invece la paternità dell’opera. Ma già August Montague Summers (1880 – 1948)  sacerdote e profondo studioso inglese, nella sua edizione del 1924 de “Il Castello di Otranto”, ha dimostrato che la storia della vita di Manfredi di Sicilia ha ispirato alcune parti della trama dell’opera, tanto che il vero castello medievale di Otranto, già esistente (prima dei rifacimenti aragonesi) al tempo di Federico II, era tra i beni di Manfredi.

Non solo anche noi stessi oggi dalla lettura dell’opera possiamo vedervi numerosi elementi effettivamente legati alla realtà pugliese e otrantina medioevale, per cui è difficile immaginare l’ opera tutta un mero parto di fantasia di Walpole. Vediamo nel romanzo il riferimento ad una chiesa di San Nicola a Otranto, quando ben conosciamo l’ importanza nel medioevo proprio del Monastero di San Nicola di Casole a Otranto con la sua famosa biblioteca. I riferimenti a eventi miracolosi coinvolgenti San Nicola di Bari il cui culto è strettamente legato alla terra pugliese, tentativi di stupro di un nobile nei confronti di una fanciulla che fugge in cunicoli sotto terra, un passaggio segreto che congiunge i sotterranei del castello di Otranto alla Chiesa di San Nicola, e così riesce a fuggire, rifugiandosi nel convento; e il Salento è ancora oggi un pullulare di leggende di lunghissimi e ampi passaggi sotterranei che dai castelli si snodavano quasi in ogni dove e dove a volte persino si diceva le dimensioni erano tali che si poteva andare in carrozza trainata da cavalli. Leggende in parte fondate sull’esistenza di veri cunicoli per ripararsi o uscire in caso di assedio dal castello per gli approvvigionamenti, o per fuggir via in caso di caduta del fortilizio, o cunicoli con pozzi-cisterna e da usare come fresco magazzino.

Ma ci ricordiamo anche  dell’agiografia di Santa Cesarea, santa salentina di epoca romana che fugge dal padre che voleva stuprarla e scende nelle viscere della terra.

Troviamo riferimenti nel romanzo a fantasmi di giganti, quando tutta la cultura antica salentina tramandate dalle fonti antiche è intrisa delle leggende dei giganti combattuti da Ercole e che andarono a morire, sconfitti e feriti, nelle viscere della terra, da cui lungo la costa il loro sangue putrefatto continua a sgorgare in forma di sorgenti sulfuree; questa la spiegazione antica alla presenza di queste odorigene sorgenti termali lungo la costa rocciosa da Otranto a Leuca, e propri nella località dove Santa Cesarea scese nelle viscere della terra secondo le leggende popolari, località oggi chiamata Santa Cesarea Terme. Né mancano nel Salento ancora oggi tante leggende popolari sulle “malumbre” (ombre malvagie, fantasmi).

(Per un approfondimento su storie di giganti e Santa Cesarea Terme nel basso Salento, nonché su fantasmi legati a menhir, clicca qui e scarica questo mio scritto)

Anche i nomi sembrano ben studiati, il nome greco Ippolita per una principessa, e i nomi Onofrio, Teodoro, Girolamo, Manfredi non certo alieni al medioevo del sud Italia. Altri di suggestione aragonese invece come Isabella.

Mi ha inoltre fatto ricordare anche con quel nome Onofrio Muralto un personaggio salentino realmente esistito, Onorio da Maglie (Maglie, 1534 – Roma, 1563) che è stato un copista greco, miniatore e restauratore, nominato custode dei manoscritti della Biblioteca Vaticana. Nel 1535 fu chiamato da Papa Paolo III, uno dei più grandi mecenati del Rinascimento italiano, come trascrittore di codici greci. Maglie è nei pressi della città di Muro Leccese.

Dunque o Walpole condusse approfondite ricerche sulla storia di Otranto e il suo territorio la vasta Terra d’Otranto, o davvero gli capitò tra le mani un testo antico, cosa che non era inusuale e non sempre mera finzione letteraria nella letteratura dei secoli passati. Allo stesso modo anche l’autore medioevale Geoffrey di Monmouth faceva riferimento a vecchi testi da cui aveva tratto le storie da lui narrate.

Vediamo anche in questo caso del romanzo inglese di Walpole il profondo valore immaginifico del sud Italia, del Regno, quello di Napoli, dove vi era la Magna Grecia, e proprio del Castello di Otranto e quindi di Otranto sull’inglese Walpole, e indubbiamente su innumerevoli altri inglesi! Chissà se aveva visitato anche Otranto durante il suo Gran Tour ed era stato affascinato dal mosaico con Re Arturo raffigurato, di certo aveva a lungo sentito parlare e aveva letto di quella città balzata agli onori della cronaca europea per gli eventi del 1481 e della presa della città da parte dei Turchi, poi ricacciati via dall’esercito del Regno del sud, ma a prezzo di circa 800 cittadini uccisi barbaramente, si racconta per non aver abiurato la loro madre fede; essi furono baluardo di difesa del mondo cristiano occidentale, oggi proclamati non a caso dalla Chiesa Cattolica 800 Santi Martiri di Otranto, i cui scheletri e resti son in gran parte ospitati e mostrati in teche ossario nella cappella al termine della navata destra della Cattedrale di Otranto, dove anche si mostra dietro l’altare un masso informe che funse da patibolo per la loro decapitazione sul colle di Otranto detto Colle della Minerva, sede di un tempio pagano a quella dea, si racconta.

Un caso di neomegalitismo litolatrico inserito in una chiesa cristiana, così come nella basilica dei Santi Pietro e Paolo a Galatina, fu traslato e venerato un cippo megalitico che era nella contrada rurale San Vito, e dove si favella si sedette il Santo Pietro che era diretto a Roma, quando passò da lì, per predicare e convertire i locali. Per quel passaggio, di cui narra la tradizione, la città di Galatina fu chiamata “As Pètro” in griko, “Sam Pietrù” in dialetto romanzo, cioè San Pietro.

Otranto un silenzioso gigantesco motore di cultura in ogni tempo per l’intera Europa!

 

Di Karl Friedrich Schinkel “Cattedrale gotica medievale”

 

Con corsi e ricorsi storici potrebbe non esser stata la prima volta che Otranto, e più in generale il Salento, esercitano una influenza tanto grande sulla letteratura inglese, vedi per approfondimento:

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