UN MANIFESTO PER LA RINATURALIZZAZIONE EUROPEA: L’ IMPORTANZA DI USCIRE DAI LUOGHI COMUNI LIMITATI NEL TEMPO QUANDO SI PARLA DI NATURA EUROPEA!

UN MANIFESTO PER LA RINATURALIZZAZIONE EUROPEA: il messaggio contenuto nel mito dell’ UNICORNO!

L’ IMPORTANZA DI USCIRE DAI LUOGHI COMUNI LIMITATI NEL TEMPO QUANDO SI PARLA DI NATURA EUROPEA!

”Paradiso terrestre”, olio su rame, opera di Jan Brueghel il Vecchio, forse del 1611, nel Palazzo Doria Pamphilj a Roma
La recentissima epoca geologica in cui viviamo definita Olocene vede fissato il suo inizio a circa 11700 anni fa.
Alcuni tendono a definirlo, o a definire solo la sua parte più recente, con il nome di Antropocene, (da “antropos” che in greco vuol dire uomo), poiché l’ epoca in cui si è assistito ad un forte impulso per lo sviluppo della civiltà dell’ Homo sapiens sapiens, che ha visto un forte accelerarsi in breve tempo del progresso tecnologico, nella quale all’ uomo e alla sua attività sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali e sulla biodiversità.
L’ Olocene è in realtà un nulla in termini di tempi geologici rispetto all’ epoca geologica precedente ben più lunga, il Pleistocene iniziato circa 2,58 milioni di anni fa.
Entrambi, Pleistocene e Olocene, fanno parte del periodo chiamato Quaternario, climatologicamente parlando caratterizzata dal continuo alternarsi di periodi freddi detti Glaciazioni e periodi più caldi detti Interglaciali.
Se si considera la fauna europea e italiana del Quaternario, periodo evolutivamente breve perché si abbiano significative evoluzioni nel verso di nuove specie molto differenti dalle originali di partenza, si osserva come il lungo periodo pleistocenico (lungo rispetto all’ Olocene), in cui l’ impatto umano è stato bassissimo, nonostante l’ alternarsi di periodi caldi e periodi freddi (con variazioni nelle temperature medie annue, in Salento, comunque solo di pochi gradi celsius c’è da sottolineare, tra glaciazioni e interglaciali), è stato comunque connotato dalla presenza di diverse specie di grandi mammiferi, in merito ai quali si registrano delle variazioni zonali di presenze e/o di densità e alternanze con l’ alternarsi dei periodi freddi e caldi, ma non la loro piena scomparsa dal Continente Europeo, che è sempre bene ricordare è strettamente connesso e prossimo ai continenti Africa e Asia!
Non va mai dimenticato che la vita nella nostra biosfera, come ben scoperto ed evidenziato nella Teoria scientifica di Gaia, vede il complesso degli esseri viventi operare dinamicamente ed evolutivamente nel verso del mantenimento di condizioni chimico-fisiche e anche climatiche entro range ottimali alla vita complessiva delle medesime creature.
La scomparsa significativa ed evidente di quei grandi mammiferi è un fatto invece recente, olocenico, e dunque non è da attribuirsi a motivazioni naturali nel passaggio dall’ ultimo periodo freddo, con cui termina il Pleistocene, al periodo interglaciale olocenico nel quale siamo.
Tanto grande è dunque la responsabilità umana in queste estinzioni oloceniche in area europea (e non solo in Europa), che questi animali estinti, del tutto o da vaste aree sempre più antropizzate, non sempre si sono subito estinti alla fine dell’ ultima Glaciazione, ma hanno continuato a vivere relegati in aree meno antropizzate più selvagge o comunque meno frequentate dall’ uomo, ad esempio nel Nord Europa o nelle grandi foreste dell’ Europa centro orientale.
Alcune di queste specie, come l’ Uro (Bos taurus primigenius) in ambiente selvatico e il Bisonte sempre in selvatico sono stati poi sterminati dalla caccia umana in epoca storica addirittura, a testimonianza, se ve ne fossero dubbi, della responsabilità umana. Per fortuna almeno in qualche modo si è riusciti a recuperare i Bisonti europei grazie agli zoo in cui erano preservati-allevati degli esemplari. Per l’ Uro almeno si è conservato il suo genoma grazie all’ allevamento dei buoi suoi diretti discendenti.
Altre specie di grandi mammiferi fatti oggetto di caccia si estinsero in Europa, sempre con tutta probabilità a causa dell’ uomo, al migliorare delle tecniche venatorie dell’ Homo sapiens, già forse nel Paleolitico superiore. Già da tempo grazie all’archeologia e all’ antropologia è caduto il mito del buon selvaggio rispettoso della Natura, che prelevava solo il necessario senza abusi ed eccessi. Non sempre l’ uomo comprendeva la necessità della parsimonia nel prendere a causa della incomprensione della limitatezza delle risorse naturali di biodiversità, e non solo, se non si dà al nostro pianeta il tempo perché siano rigenerate.
Più plausibile è immaginare il mito di un “età dell’ oro”, in cui gli uomini erano in numero ancora limitato e la natura sembrava offrire beni alimentari, e non solo, a profusione senza limiti e da raccogliere con poco sforzo! Se non possiamo mantenere in piedi il mito del buon selvaggio, eccetto magari che per casi ristretti nel tempo e nello spazio, possiamo sempre creare noi un uomo moderno naturalisticamente saggio e migliore, facendo tesoro di tutta la nostra grande attuale conoscenza storica e scientifica! Siamo nella “fase 2” in cui i dati accumulati in biblioteche e musei di storia naturale devono uscir fuori, rivivificarsi, ispirare e guidare la rinaturalizzazione d’ Europa, e senza pregiudizi di “neo-razzismo verde” nel verso del nuovo che Natura stessa propone!
Il Macaco silvano, (ancora vivente nell’ Africa settentrionale dalla Tunisia al Marocco, attraverso l’ Algeria), in Europa, dove era anche diffuso in Italia in epoca pleistocenica, ha trovato un ultimo rifugio sulla Rocca di Gibilterra nel sud della Penisola Iberica.
La Lince, testimoniata ad esempio tra le faune pleistoceniche nella zona di Maglie nel cuore del basso Salento (insieme a Uri, Bisonti, ecc. ecc.), dai ritrovamenti paleontologici, era ancora qui presente in Salento nei primi dell’ Ottocento, nella zona di Arneo ad esempio dove il botanico ottocentesco Martino Marinosci la elencava tra gli animali lì presenti, con il nome tipico di “lupo cerviero”, vi segnalava anche la presenza alla sua epoca di Cervi, Daini, Caprioli e Cinghiali, che anche in Salento sono attestati già in epoca paleolitica (grossomodo come periodo sinonimo di epoca pleistocenica) nella zona di Maglie, dai ritrovamenti fossili. Cervi, Daini, Caprioli, Linci sterminati definitivamente dal Salento con la caccia e la distruzione dei boschi dall’ ‘800 ad oggi!
Sono attestati nel Paleolitico in Puglia anche Camosci e Stambecchi (Capra ibex), questi ultimi quasi giunti sull’ orlo dell’estinzione tra Ottocento e Novecento sulle Alpi dove avevano trovato l’ ultimo rifugio, prima di essere per fortuna protetti e salvati.
I Camosci han trovato rifugio sui Monti Appenninici abruzzesi e anche sui vicini Monti Acrocerauni (nome greco col significato di “vette delle folgori”) illirici-epiroti in Albania, che ben si vedono spesso dal Salento all’ orizzonte del Canale d’ Otranto.
Abbiamo concentrato le discussioni qui sui grandi mammiferi europei, ma il discorso si estende ad altre specie viventi. L’ Alca impennis, comunemente nota come Pinguino boreale, che viveva nelle aree costiere del Salento in epoca paleolitica, sopravvissuto nelle aree artiche fino quasi ai nostri giorni fu sterminato nei recentissimi secoli da una caccia sconsiderata.
Ma ancora specie sue strette parenti visitano le coste italiane, come le Gazze marine, i Pulcinella di mare e le Sule (quest’ ultima avvistata recentemente anche lungo le coste salentine)! Non tutto è perduto!
Del Camaleonte mediterraneo, di un genere ben attestato dalla paleontologia in Europa, si è scoperta la fortuita sopravvivenza di recente in Salento e poi anche in Calabria, presenza che non meraviglia dunque; nel mito popolare locale nella forma del basilisco o “fasciuliscu” mai in realtà si era di esso persa memoria.
Così, sin da epoca Terziaria le foche vivono nel Mediterraneo, sopravvissute a periodi freddi e caldi del Quaternario; ma oggi, proprio a causa della pressione antropica, le Foche monache mediterranee son state gravemente ridotte in numero sin sull’ orlo quasi dell’ estinzione locale. Nell’ 800 epoca di gravissime distruzioni pro-industria della natura, tanti boschi furono distrutti nel Salento boschi millenari e primigeni, come la Foresta del Belvedere, tantissimi alberi abbattuti e così in parallelo tante Balene e Belenottere furono sterminate nei nostri mari e non solo nei nostri mari!
Quando scopriamo tramite la paleontologia quelle fauna pleistoceniche che connotavano l’ Europa, l’ Italia, la Puglia, il Salento abbiamo quasi l’ idea che si tratti di paesaggi esotici con grandi animali che nel nostro immaginario appartengono invece solo esclusivamente all’ Asia o all’ Africa. Una sorta di bizzarria e nulla più! Nulla di più errato!
Nulla di più miopie e frutto della nostra scarsa memoria, che però viene ricolmata anche dai messaggi lasciatici dai nostri stessi progenitori paleolitici attraverso le loro raffigurazioni in grotta, e non solo, della Natura che appariva sotto i loro occhi in Europa nel suo massimo vigore! Quei grandi mammiferi appartenevano ed erano caratteristici del nostro territorio. Vi sopravvissero riproducendosi ed evolvendosi per migliaia e migliaia di anni prima che l’ uomo li sterminasse del tutto, dalla terra tutta o solo localmente.
Di alcuni, come dei Rinoceronti europei, (molto simili al Rinoceronte bianco africano fortunatamente ancor oggi vivente), pur attestati dai fossili pleistocenici nella zona di Maglie, forse rimase ricordo nella mitologia europea nel mito dell’ Unicorno raccolto poi nei bestiari medioevali, e nel Salento anche effigiato, il mitico Unicorno, sul grande mosaico pavimentale medioevale della Cattedrale di Otranto.
Rinoceronti sopravvissero anche in Nord Africa sino al neolitico, come attestano ad esempio delle incisioni rupestri in Algeria che li raffigurano.
E seppur tante di quelle specie oggi le ritroviamo in specie identiche o strette parenti in Asia e Africa, non vuol dire che le faune europee non avessero raggiunto un loro assetto caratteristico! In quel mix faunistico europeo mancavano tante altre specie che oggi pur ritroviamo nelle savane africane, e viceversa vi comparivano specie non altrettanto diffuse oggi nelle savane africane!
Ciò nonostante oggi dobbiamo far grande tesoro di quelle specie molto simili alle europee pleistoceniche, o forse più giusto dire in senso più lato, pre-antropoceniche, che in Africa e Asia ancora vivono, parenti stretti di quei grandi mammiferi europei del Pleistocene!
Sulla base di queste premesse ecco perché vedo oggi insita alla radice implicitamente nell’ opera dell’ uomo che riporta qui in Europa per primari motivi scientifici e conservazionistici o solo per moda o per fini ludici, circensi o meno, determinati animali oggi considerabili esotici ma in realtà parenti stretti di quelli animali che vivevano e avevano colonizzato in passato l’ Europa, o ampie sue zone, prima che l’ uomo stesso, o altre cause, li sterminassero, un disegno-opera più grande della Natura, di cui l’ uomo fa parte e di cui l’ uomo è dunque anche strumento, nel verso della RINATURALIZZAZIONE!
Ecco perché guardo con grande interesse non solo agli interventi di rinaturalizzazione scientifici (con le specie e varietà medesime o più simili alle autoctone originarie, e prelevate dai siti più prossimi in cui ancora vivono), ma anche, sotto quest’ altro punto di vista, ai nuovi bioparchi e zoo rinnovati nel verso del definito ormai “pleistocene park”, come luoghi per la ricostruzione almeno didattica iniziale degli antichi paesaggi naturali europei con le loro antiche presenze, ricorrendo, laddove si son estinte le specie endemiche europee, a quelle tassonomicamente più prossime; fermo restando il potere di un territorio di riselezionare naturalmente specie simili agli antichi endemismi dalle medesime specie di partenza o da specie molto molto prossime!
Ferma restando l’ importanza conservazionistica, scientifica e didattica indiscutibile dei bioparchi più in generale!
Così anche nell’ opera dell’ uomo che diventa elemento di diffusione delle specie, (che sempre si sono diffuse in natura nel mondo sia da sole, vedi la bella diffusione in Italia dai Balcani via terra dello Sciacallo dorato in questi anni, sia comunque con ogni mezzo), vedo anche nel suo importare piante esotiche per vari fini, scientifici, economici o anche solo ornamentali a volte, o anche involontariamente, un’ operare inconscio nel verso della ricostruzione e dell’ arricchimento della biodiversità così come era in Europa in epoca Terziaria, prima che le glaciazioni Quaternarie costringessero molte specie a rifugiarsi più a Sud in aree più meridionali e tropicali, o comunque più distanti dall’ Europa, e che pertanto erroneamente oggi consideriamo, (quelle piante o le loro strettissime parenti), come piante del tutto alloctone e aliene alla nostra Europa quando così si apprende non essere studiando la storia naturale del nostro continente!
Ma si pensi anche a quanto si spostano sovente i grandi mammiferi anche nell’ arco di un solo anno, pensiamo alle transumanze nel sud Italia, tra Salento e Lucania delle mucche podoliche domestiche odierne discendenti dirette degli Uri e che ricalcano con gran probabilità le loro antiche migrazioni stagionali; pensiamo alle mandrie selvatiche di Gnu nella savana africana che percorrono centinaia di chilometri per inseguire le piogge e i pascoli più verdi, così gli Uri e altri erbivori si spostavano probabilmente dai pascoli appenninici dell’ entroterra ubertosi in estate, ai pascoli costieri e di pianura salentini, verdi in inverno e non coperti dalla neve come invece in Appennino in inverno. E le mandrie di erbivori erano seguite da animali predatori e dagli uomini cacciatori paleolitici prima e poi divenuti pastori addomesticanti assecondanti l’ istinto antico della migrazione dei grandi erbivori traslato nelle transumanze pastorali.
Pensiamo allo spostarsi di un Bisonte a quanti semi e spore si servivano del suo mantello lanoso per essere disseminati e raggiungere aree ben diverse da quelle di origine.
Pensiamo agli uccelli capaci anche di trasportare uova di pesci o crostacei, ecc., adese a zampe e piume da un bacino ad un altro, ai semi trasportati con il cibo ingerito (e poi disseminati con le feci e pronti talvolta così di più a germinare dopo il passaggio attraverso gli acidi del tubo digerente che assottigliano i rivestimenti esterni del seme favorendone l’ assorbimento di acqua propedeutico a far germogliare), alle “autostrade” sconfinate del cielo, ai venti, alle trombe d’ aria risucchiatrici e responsabili delle strane piogge di rane e pesci, alle correnti marine nei mari tutti interconnessi, e ai mille e mille modi possibili, uomo e attività umane oggi in ultimo incluse, per lo spostamento delle specie nel globo.
Persino da poco si è osservato in Italia che i cinghiali possono nuotare spontaneamente in mare anche per diversi chilometri!
Pensiamo alle specie domestiche che conservano genomi di specie selvatiche anche quando queste magari estinte e che hanno pertanto un’ importanza di paesaggio e anche nel rewilding importantissimo; domesticazione e contributi antropici che hanno permesso sia di mantenere sia di aggiungere o comunque estendere all’ Europa specie oggi assolutamente irrinunciabili, come i Mufloni (pecore inselvatichite o progenitrici delle pecore domestiche) e le Capre selvatiche-Egagri-KriKri, (capre simili alle selvatiche quelle effigiate anche sul mosaico pavimentale medioevale della Cattedrale di Otranto), pensiamo alle pugliesi varietà tipiche di Capra, la Capra ionica e la Capra garganica, o anche il Bufalo mediterraneo nel caso del sud Italia; pensiamo al grande Asino della varietà pugliese detta “di Martina Franca” eco di quel grande asino selvatico, l’ onagro paleolitico italico, (Equus asinus hydruntinus) che viveva nel sud Italia (battezzato “hydruntinus” dalla Terra d’Otranto in cui son stati ritrovati e studiati per prima i suoi fossili), o al bellissimo Cavallo murgese tipico cavallo di Puglia eco dei cavalli selvatici paleolitici tarpan; asini e cavalli selvatici la cui presenza ci è testimoniata dallo studio paleontologico dei reperti fossili pleistocenici e dalle raffigurazioni in grotta di epoca paleolitica tra Puglia e Sicilia. Asini selvatici e Cavalli selvatici fortunatamente non estinti del tutto nel Vecchio Mondo
L’ uomo è dunque costruttore secondo natura di un nuovo paesaggio europeo che deve riconquistare le originarie specie, occupanti antiche nicchie ecologiche in potenza presenti o ricostruibili, e al contempo accogliere quel nuovo di specie esotiche che, anche grazie al contributo umano, quando non anche del tutto spontaneamente, hanno mostrato di adattarsi perfettamente al territorio europeo, sia quando si tratta di una sorta di ritorni, (come ad esempio per il fior di Loto sacro – Nelumbo nucifera, e per l’ Ailanto albero del Paradiso – Ailanthus altissima – , due generi attestati in Europa in epoca Terziaria), sia no. Siamo in un periodo geologico recentissimo dell’ Olocene che si è proposto di chiamare Antropocene per i contributi che l’ uomo (in greco anthropos) volontariamente o indirettamente dà alle dinamiche e all’ assetto della biosfera, siamo climaticamente in un interglaciale un periodo dal clima più mite rispetto a quello dell’ ultima grande glaciazione, assistiamo alla rapida diffusione di specie esotiche che dilatano enormemente il loro areale in pochi anni, e non solo provenienti da zone dai climi più caldi, il fenomeno dei cosiddetti “conquistatori della natura” di cui anche l’ uomo è stato un esempio, che poi portano a nuovi assetti ritagliandosi i loro spazi e assolvendo i loro ruoli negli ecosistemi, vediamo un aumento di biomassa anche di specie esotiche naturalizzatesi che sottraggono all’ atmosfera anche quella CO2 da fonti fossili emessa dalla civiltà umana industriale riequilibrando la biosfera: attenti dunque a guardare a questi fenomeni con sospetto (e non con la giusta meraviglia e curiosità scientifica come necessario!), e come qualcosa da interdire con forza, son anche essi i “respiri” e le interessanti risposte del nostro pianeta vivente che cerca di adattarsi ai cambiamenti ma cerca anche di frenare e invertire questi perché permangano assetti favorevoli alla vita (secondo la grande Ipotesi scientifica di Gaia)!
Pensiamo al genere arboreo antichissimo Ginkgo e al genere Sequoia in Italia, attestati da fossili del Terziario, e poi piante queste reintrodotte dall’ uomo nei secoli recenti in Italia con le specie strettissime parenti/discendenti, quali il Ginkgo biloba ritrovato vivente in Cina e Giappone a latitudini simili a quelle italiche, e la specie gigantesca chiamata scientificamente Sequoia sempervirens, molto simile alle Sequoie viventi nell’ Italia di epoche geologiche pre-quaternarie, sopravvissuta a latitudini simili a quelle italiane sempre, nel Nord America in una fascia costiera tra California e Oregon.
Il soprannumero di una specie si deve gestire con il trasferimento nelle aree ancora povere di quella specie! Ad esempio la Puglia è ancora gravemente priva di Cervi e Daini!
I Daini (Dama dama) nel Salento sono attestati nel Pleistocene, come anche nei recenti secoli passati, dagli scrittori e studiosi locali nell’ ‘800, come nel ‘600 quando chiamavano i daini anche con il sinonimo “damme”, ma ci sono oggi i “puristi del nulla cosmico guardiani del deserto artificiale affinché resti tale”, che affermano che il Daino sarebbe una presenza esotica, e che non andrebbe reintrodotto! Pazzesco! Pazzesco!
Persino le Renne (Rangifer tarandus) pascolavano in Italia nei periodi freddi delle ultime glaciazioni paleolitiche, e vi vivevano anche le Alci; Stambecchi (Capra Ibex) camminavano in quelle epoche anche in Salento. Il livello dei mari era allora più basso di alcune decine di metri, e non si può escludere vi pascolassero anche in Puglia Alci e Renne, di certo attestate dalla paleontolgia per il nord Italia.
Gli Stambecchi ancora son sopravvissuti sulle Alpi, mentre Renne e Alci oggi sopravvivono nel nord Europa, ma dovrebbero essere reintrodotte nelle zone Alpine, dove alcuni bioparchi-zoo e fattorie didattiche cominciano meritoriamente a reintrodurre ed allevare questi grandi mammiferi della nostra antica fauna, insieme ai Bisonti europei!
Dopo aver colmato queste lacune gravissime dai cervi e cinghiali in soprannumero si potrà anche pensare di farne ottimi prodotti di norcineria, ma prima vi è una priorità: RINATURALIZZARE la Nazione per il nostro bene! “Natura lo vult!
E poi più selvaggina uguale più biodiversità, più paesaggio, e più risorse anche alimentari contro chi invece vorrebbe gestire il territorio non valorizzando le sue potenzialità di florido ubertoso paradiso naturale, ma come sorta di deserto musealizzato dove preservare in maniera fossilizzante solo quel poco che la nostra arroganza non è riuscita nella sua sconsideratezza ad erodere!
La Natura in realtà si rigenera da sola, la sua vis vitalis esplode ovunque sotto i nostri occhi, l’ uomo deve non combatterla come negli ultimi tempi avvenuto assurdamente e stupidamente perché ogni dichiarazione di guerra alla Natura è una dichiarazione di guerra all’ uomo e a sé stessi, facendo tutti parte della medesima inscindibile Natura.
L’ uomo deve assecondarla la Natura, guidarla, favorirla, accelerarla dove fiaccata e ostacolata in precedenza inserendosi come protagonista costruttivo.
Bisogna uscire dalla visione mono-colturare che, dopo aver impoverito la vera ricchezza di biodiversità in agricoltura, si è estesa alla natura selvatica facendo si, con grave danno e menzogna, che la concepissimo come connotata da vaste aree di monotonia. Così in Europa, Italia e Puglia inclusa non era: ad ogni piega del rilievo, variando il microclima, ad ogni variazione del suolo, e variazione della distanza dal mare, come di altitudine, variavano le specie, ed una dolina carsica in una pianura o una lama-gravina, solo ad esempio, offrivano rifugio a tantissime specie diverse da quelle più diffuse nel paesaggio circostante. La distruzione antropica disboscante e cementificante ha cancellato alla vista queste potenzialità che la Natura in potenza però ancora conserva! Si tratta solo di aiutarla a riesprimerle in atto e senza bisogno che questo avvenga spontaneamente in tempi più lunghi e in assenza dell’ uomo!
Nei confronti di predatori, parassiti e animali selvatici in generale nella pratica della agricoltura e allevamento occorre affermare l’ etica secondo cui è giusto che una parte minima del prodotto possa essere consumata da questi animali selvatici, un po’ come le offerte di primizie dei racconti e delle produzioni dell’ allevamento che si offrivano nei campi sulle are agli dei, con linguaggio moderno diciamo: le tasse da pagare alla Natura in cambio dei suoi immensi doni.
Ugualmente i contadini dovrebbero destinare delle fasce marginali dei loro terreni al ritorno delle piante selvatiche! Come ai pescatori si deve richiedere di rispettare le pause e le zone di riposo per la rigenerazione delle ricchezze del mare!
Né poi dico che se un Lupo assale il gregge e il pastore è presente non deve intervenire legittimamente a colpi di tradizionale “paroccola” (la clava-bastone di legno come chiamata nel centro e sud italia), e anche e con i suoi Cani maremmani-abruzzesi forniti di “vraccale” con spuntoni di ferro cui sarebbe bene ora ricorrere di più come in passato a tutela del gregge anche in assenza di pastore! E con i Lupi recuperiamo anche la bella tradizionale presenza di quel meraviglioso antico cane pastore d’ Italia www.razzeitaliane.it/articoli/massaria.pdf, come sempre si è fatto. Ciò che aborrisco sono le campagne contro i Lupi, sia campagne di propaganda, sia campagne di fatto, dove si mettono in atto azioni di “pulizia” per sterminarli da una zona! Questo da aborrire! Difendete il gregge dagli attacchi, ma non in maniera preventiva! In maniera preventiva combattete al fianco di chi si sta impegnando in Italia per fermare i lassisti infiltrati anche a livello accademico che anziché guidare nel verso migliore stanno invece ostacolando alla radice in Italia ogni vera rinaturalizzazione e ogni ripopolamento di cervi, caprioli, cinghiali, daini, mufloni, capre selvatiche-egagri, (stambecchi e camosci in zone montane, alci e renne anche in zone alpine), bisonti e macachi europei, lepri europee e corsicane, conigli selvatici, scoiattoli delle specie e varietà tipiche delle regioni italiche, castori europei, lontre, puzzole europee, ecc. ecc., solo così i Lupi e gli Sciacalli dorati che si stanno diffondendo, e speriamo sempre più in Italia, guarderanno ai gregge difesi dai possenti cani pastore come ultima chance e avranno di che predare in selvatico!
PER LA RINATURALIZZAZIONE DEL BELPAESE E DELLA NOSTRA EUROPA RICORDATEVI CHE QUESTE DISCUSSIONI SONO UTILISSIME: il loro fine è risvegliare lo spirito naturalistico della gente migliore in Italia, far si che torni ad osservare e pensare con la propria testa, (senza lasciarsi supinamente inculcare i pensieri e i giudizi preconfezionati sulle cose da chi ha solo interessi a speculare e/o pulsioni nervose da scaricare), e capire così limpidamente che esiste il grosso grossissimo problema, solo in italia pare purtroppo, dei “puristi del nulla cosmico guardiani del deserto artificiale affinché resti tale” la cui miopia infiltratasi anche nell’ accademia in Italia sta mettendo le pastoie alla politica contro i processi di rinaturalizzazione seria e scientifica del nostro paese dall’ uomo desertificato di specie animali e vegetali negli ultimi millenni, e che invece si possono e si devono reintrodurre!
Non necessariamente in libertà anche dei super-predatori oggi estinti in loco, dato che quel ruolo lo assolve benissimo anche l’ uomo che dei grandi mammiferi si nutre e ne fa economia.
Approfittate di queste discussioni se amate la Natura davvero e la storia naturale per imparare a riconoscere, stanare e combattere senza paura dialetticamente questa solfa negativa di “stipendiati e volontari dell’ Apocalisse”, stipendiati da noi spesso!
Quanti dati scientifici state imparando con la rete che quella solfa invece vi nasconde!? Ci avevano nascosto ad esempio che il Castoro sudamericano (anche chiamato Nutria) introdotto in Europa accidentalmente ha preso il posto dell’ autoctono Castoro europeo in Italia, la stessa nicchia ecologica praticamente, sterminato negli ultimi secoli dall’ uomo, e oggi avviano il biocidio ben pagato della Nutria inselvatichita, ma non insieme la reintroduzione del Castoro europeo come invece si sta saggiamente reintroducendo in Svizzera.
Allo stesso modo, la lobby del biocidio e della “tutela della desertificazione artificiale” non informa di un dato scientifico ben noto ai paleontologi: il Macaco europeo (Macaca sylvanus) oggi sopravvissuto in Spagna viveva in Italia nel Pleistocene, e i suoi antenati anche da prima, pur nell’ alternanza di periodi freddi e caldi, ma guarda caso scompare solo con lo sviluppo della civiltà dell’ Homo sapiens!!! Il genere Macaca interessa l’ Italia dal Miocene, attraverso il Pliocene e il Pleistocene, ma guarda caso solo nella nostra recentissima era di civiltà, un quasi nulla in termini di tempi geologici, i Macachi ecco che spariscono dall’ Italia. Causa la distruzioni di habitat e in primis la caccia sempre più intensa con tuttissima probabilità! [Vedi cartine qui da pagina 21 a pag 26 : https://www.facebook.com/l.php?u=https%3A%2F%2Fwww.academia.edu%2F1123843%2FOrigine_evoluzione_speciazione_ed_ecologia_del_genere_Macaca_in_relazione_alle_vicende_geoclimatiche_del_Quaternario&h=0AQEzYtZ4AQGtCCClgxlEAjNSmfNlQ0Iai-5hDYEIfqAwLg&enc=AZMtt0orRzgyssQbSHcboDLfWIPVTPms1uVAIGLDCPfcIeyCxNvRMuxPkK9VaoC-2u7PcNylb0F30GFca8OnFrg63MNiSc5kPjxY6L9OGBBMR3omfWhcaaxcLwAaSRSMqXSnbUx6_w-gtV6FeFRc3vezskai5sq8laNaHuP8JLGbq8kbK3nuYEcMFzjM9E2zjTOvOD1KIEf9lTilSLtYdLf2&s=1]
Non date la colpa alla politica sempre, come in questi casi, quello della caccia alla Nutria senza reintroduzione del Castoro europeo, o la disinformazione sull’ esteso areale originario del Macaco silvano in Europa, come se la sua presenza oggi a Gibilterra fosse solo frutto dell’ uomo … figuriamoci l’ inerzia ad avviare progetti almeno sperimentali di rewilding con reintroduzione di quei Macachi euro-africani come doveroso fare invece in aree di parco naturale in Italia!
Se c’è da speculare, volenti o nolenti, la politica è spesso pronta sia che si tratti di reintrodurre una specie sia che di sterminarla, il problema è invece alla radice, il problema è in quegli accademici, spesso al soldo di interessi ben poco scientifici, che esortano la politica in un verso anziché un altro!
Ad esempio l’ Europa finanzia programmi per il “rewilding“, (letteralmente dall’ inglese il rinselvatichimento), la rinaturalizzazione del continente con le antiche specie animali e vegetali, ma in Italia vanno per la maggiore i programmi di biocidio! Come mai?!
Creiamo una contro-cultura della Vita e della Scienza vera contro quella della morte e della pseudo-scienza, e sostituiamo i cattivi accademici con i bravi e liberi pensanti che pur ci sono ma son oggi relegati in angolini!
Non siamo pochi a pensarla così, “a pensare e osservare criticamente” basterebbe dire, siamo solo divisi e impauriti dai saccenti difensori del nulla!
Riconosciamoli! Il loro livore li connota nel loro linguaggio, ridiamo loro in faccia, disconosciamo le loro menzogne, detronizziamoli, e priviamoli di ogni autorità che già essi perdono dinnanzi al giudice della Natura e della storia naturale del nostro paese!
Da guadagnare né abbiamo tutti: il nostro è il Belpaese, che può tornare ad essere un paradiso naturale di biodiversità!
Era tale, può tornare ad esserlo: questo vuol dire gestione ecosostenibile scientifica ed intelligente del paesaggio!
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Per uno sguardo sulle antiche faune salentine pleistoceniche, per i nomi comuni digitate i nomi scientifici delle varie specie che trovate su Google:
Alle origini del mito europeo dell’ Unicorno: disegno del Paleolitico superiore (fase finale del Paleolitico, dunque anche grossomodo del Pleistocene) di un Rinoceronte europeo, simile a quelli i cui resti fossili son stati trovati nella zona di Maglie-Cursi-Melpignano, simile al Rinoceronte bianco tuttora vivente in Africa, disegno estratto dai dipinti della Grotta di Font de Gaume nella Valle della Dordogna in Francia
L’ Unicorno nel mosaico pavimentale medioevale della Cattedrale di Otranto
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Per approfondimento leggi anche:
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“SULLA CORRETTA FILOSOFIA ECOLOGICA DELLA RINATURALIZZAZIONE contro i fanatismi biocidi falso-scientifici”
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“RIFLESSIONI SULLE REINTRODUZIONI E SULLA RINATURALIZZAZIONE”
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“I DANESI VOGLIONO REINTRODURRE IN PARCHI NATURALI IN EUROPA I DISCENDENTI DI QUEGLI ELEFANTI CHE PASCOLAVANO SULLE NOSTRE TERRE IN EPOCA PALEOLITICA!”
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Di Oreste Caroppo         Anno 2016

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