Abbiamo ritrovato l’ “ERBA DI SANTA MARINA” spontanea nel basso Salento!
Abbiamo ritrovato l’ “ERBA DI SANTA MARINA” spontanea nel basso Salento!
Una emozionante scoperta di una piccola formazione spontanea importante per la biodiversità, la storia ambientale e l’etnologia del basso Salento.
Si tratta della specie chiamata volgarmente
ERBA-PERLA AZZURRA
scientificamente ha vari sinonimi: Buglossoides purpurocaerulea oppure Lithospermum purpureocaeruleum oppure Aegonychon purpurocaeruleum. Dal punto di vista della famiglia botanica di appartenenza è una boraginacea.
Nel suo nome “azzurra” per il colore dei fiori dove troviamo colori cerulei e purpurei, “perla” per la formazione di frutti in forma di capsule ovoidi di consistenza pietrosa che paiono proprio delle lucide perline bianche; contengono i semi e persistono sulla pianta, ben si osservano quando poi lo stelo inizialmente dei fiori secca dopo esser giunti a maturazione i frutti, da qui anche il nome del genere “Lithospermum“, che coniato dal greco vuol dire letteralmente “dai semi di pietra (lithos)”.
“La pianta che produce perle”!
Foto dei tipici frutti a perlina dell’Erba-perla azzurra dalla qui linkata
scheda botanica sulla specie.
È una specie tipica dei boschi mesofili di caducifoglie collinari e montani. Io la avevo osservata in fiore ad esempio sulle murge tarantine nel Bosco di Sant’Antuono, lì con fiori che mi son parsi di tonalità più blu, (bosco ubicato in feudo di Mottola, prevalentemente di alberi di Fragno e Roverella, oggi più noto come “il fatato bosco delle lucciole” dopo la mia scoperta lì nel 2009 della meravigliosa presenza di innumerevoli lucciole del genere Luciola), e recentemente anche mi è parso nei boschi di Gallipoli-Cognato sotto le chiome di querce caducifoglie a foglie lobate in Lucania durante una mia escursione (ma la pianta in quest’ultimo caso non era ancora fiorita).
Mi piace ricordare che anche il Fragno (Quercus trojana), pur chiamato Quercia di Macedonia, essenza forestale tipica delle Murge pugliesi, non è specie arborea assente in basso Salento, ne ho documentato nel tempo diversi esemplari sia sul versante occidentale che su quello orientale del basso Salento, anche di grandi dimensioni, alcuni con dimensioni anche notevoli delle ghiande (varietà macrobalana) e anche dei boschetti di Fragno.
Purtuttavia nel Capo di Leuca l’Erba-perla azzurra era ben conosciuta come ci racconta la antica tradizione legata al Santuario di Santa Marina (edificio del XVII secolo d.C. che si ritiene realizzato su una preesistente chiesa medioevale) a Ruggiano (frazione di Salve).
Lì veniva raccolta o comunque venduta ai pellegrini in quanto ritenuta capace di curare l’itterizia, il cosiddetto anche popolarmente “male dell’arco”, dove l’arco indica l’arcobaleno. Ed era chiamata semplicemente come “Erba te la Santa“.
Ciò anche perché a quel santuario accorrevano a piedi, in pellegrinaggio, proprio i malati di itterizia; anticamente chiamato “male d’arco” in quanto si riteneva responsabile in qualche modo della malattia l’arcobaleno.
Si credeva, infatti, nel sud Italia, che l’itterizia fosse causata dal fatto di aver urinato verso l’arcobaleno. In questo modo, la malignità gialla era entrata nel corpo del malato, e vi scorreva nelle vene.
Santa Marina, la vergine santa bella, la santa del sano colorito, la si riteneva, se pregata, capace di ben intercedere per miracoli volti alla guarigione da questa malattia. La tradizione voleva che i pellegrini prima di arrivare a Ruggiano, dovevano fermarsi ad orinare nei pressi di qualcosa che avesse la forma di un arco, recitando i seguenti versi:
“Arcu pint’arcu, tie sì bbèddu fattu.
Ci nò ttè saluta, de culùre cu ttramùta.
Ieu sempre te salutài e la culùre no ppèrsi mai”.
Dopo la visita al Santuario, era costume bere al pozzo di Santa Marina, presente accanto alla chiesa, la cui acqua era ritenuta miracolosa, tanto che alcuni ne raccoglievano in una borraccia e la portavano con sé. Nel piazzale del Santuario poi si acquistavano, oltre a quelle erbe, anche le “zigareddhe”, tradizionali nastrini colorati che, una volta strofinati alla statua della Santa, si riteneva acquisivano il potere di prevenire la temuta malattia.
Vi sono anche delle aziende agricole che a Ruggiano si dedicano ancora oggi alla conservazione di questa tradizione coltivando questa pianta. Da questo articolo del luglio 2017 sul sito biodiversitapuglia.it leggiamo: «l’Agriturismo Terra di Leuca di Ruggiano di Salve ha proposto nella “Fiera de San Pietro e Paulu” di Tricase un prodotto insolito: “l’Erba di Santa Marina” (Erba-perla azzurra, nome scientifico: Buglossoides purpureocaerulea (L.) Johonston), una piccola pianta spontanea della Famiglia delle Boraginaceae che i sapienti e meticolosi monaci insediatisi nel Capo di Leuca coltivavano per le sue proprietà epatoprotettive e diuretiche. Nei secoli, la popolazione locale ha acquisito la coltivazione e l’utilizzo di questa pianta spontanea utilizzandola per ogni malessere ma, soprattutto, nei casi di itterizia a rimedio dei quali Santa Marina viene invocata. In questi ultimi decenni, la pianta è in disuso, sconosciuta alle nuove generazioni, ma l’agriturismo Terra di Leuca ha ripreso la sua coltivazione per la conservazione e la ridiffusione.»
Ed in effetti il botanico ottocentesco di Martina Franca chiamato Martino Marinosci nella sua opera intitolata “Flora salentina” pubblicata postuma nel 1870 ci dice che questa specie era volgarmente nota come “erba dell’itterizia”, il “Lithospermum purpureo caeruleum (…) litospermo repente maggiore (…) ha fusti sterili prostrati e fusti fiorali eretti (…) fiorisce in maggio nei nostri boschi (…) è usato negl’ ingorghi di fegato”.
Negli ultimi decenni non conoscendone scientifiche segnalazioni come pianta presente spontaneamente in basso Salento ne era nata una diatriba e si scontravano due tesi tra gli studiosi locali.
Da un lato chi supponeva che in passato fosse stata spontanea anche nel basso Salento già almeno dal ‘500, dall’altro chi la diceva spontanea solo nel Nord della Terra d’Otranto, sulle Murge e in particolare proprio nei boschi intorno a Martina Franca, quelli appunto della città di Martino Marinosci, e che da lì la pianta fosse stata importata nel Capo di Leuca e poi coltivata a Ruggiano per venderla in correlazione a Santa Marina invocata solitamente per curare l’itterizia, e questa importazione proprio a seguito delle proprietà erboristiche della pianta descritte dal Marinosci nell’ ‘800 nella sua opera.
Il Marinosci scrive che la pianta era presente “nei nostri boschi”, ma dobbiamo interpretarlo davvero come un riferimento soltanto ai boschi prossimi alla sua città, Martina, e non più in generale ai vetusti boschi di Terra d’Otranto?
Di questa diatriba e degli studi più recenti condotti anche presso l’Università del Salento per verificare sperimentalmente le proprietà erboristiche attribuite alla pianta ce ne parla in un bell’articolo del 2009 l’agronomo salentino Antonio Bruno, articolo che tanto mi incuriosì su questa specie botanica:
http://centrostudiagronomi.blogspot.com/2009/12/alla-ricerca-dellerba-di-santa-marina.html?m=1
L’8 febbraio 2023 nel pomeriggio ho fatto con Roberto Aloisio e Donato Nuzzaci una piccola esplorazione nella zona di Nociglia-Fontana, una contrada paludosa con sorgenti (“funtana” in vernacolo) e rivi nella vasta contrada “Paduli” (termine che indica paludi) nel cuore del basso Salento dove si estendeva ancora nell’Ottocento la grande foresta nota come Bosco Belvedere.
Le caratteristiche microclimatiche ed edafiche del vasto sito vallivo tra le serre orientali ed occidentali del basso Salento, sito continentale, relativamente parlando date le piccole dimensioni della Penisola salentina, avevano permesso la conservazione sin dall’ultima grande glaciazione nonché anche dalla PEG (la piccola era glaciale nei secoli scorsi) di una sorta di foresta montana depressa, una sorta di Foresta Umbra (foresta del Gargano) per intenderci ma del Salento, con notevoli aree anche da foresta planiziale igrofila.
Tanto che lo stesso grande botanico Martino Marinosci nei primi dell’Ottocento aveva rilevato ancora la presenza nel Bosco Belvedere del Carpino bianco (Carpinus betulus) tipica pianta montana solo per citare uno dei più significativi tra i tanti relitti botanici di quel luogo da questo punto di vista.
Più recentemente in quei medesimi luoghi il botanico dell’Università del Salento Piero Medagli vi ha individuato anche una consistente sopravvivenza del Farnetto, la cosiddetta anche Quercia di Ungheria presente in Puglia solitamente a quote più elevate di quelle dell’area in questione.
Il Bosco Belvedere ergo come un’area rifugiale dove tante specie si conservarono nonostante la fine dell’Ultima Grande Glaciazione quaternaria come anche la fine della PEG la piccola più recente era glaciale, fin quasi ai nostri giorni, “quasi” perché quel luogo silvano ad alta biodiversità, che era stato risparmiato, pare, anche dalla centuriazione romana, fu quasi completamente disboscato sul finire dell’Ottocento per destinarlo all’agricoltura e degli alberi si fece legna e carbone; tanto che gli abitanti del paese di Nociglia (toponimo che indica forse anche la presenza di alberi di Noce) sono ingiuriati con il soprannome di “craunari”, cioè dal dialetto carbonai. Ai paesi circostanti furono assegnate delle quote di quel territorio frammentato da agrimensori con la posizione nei suoli di cippi squadrati in pietra calcarea che ancora si osservano, è così proprio nei pressi della contrada Nociglia-Fontana compare anche il toponimo “cote de Nucijia”, che significa quote assegnate al paese di Nociglia.
Qualche relitto botanico però rimane ancora e soprattutto sui margini dei terreni agricoli, delle stradine, dei rivi e delle voragini carsiche nelle quali quei rivi sfociano.
Didascalia del video: Erba-perla azzurra nel suo biotopo. Riprese nel pomeriggio del 6 maggio 2023 nella contrada Nociglia-Fontana nel cuore del basso Salento con in sottofondo le voci dei partecipanti all’escursione informati di quanto stavamo osservando con quei fiori della pianta di Erba-perla azzurra che stavamo monitorando da febbraio.
Video di Oreste Caroppo.
Ma torniamo al racconto della scoperta: nel pomeriggio dell’8 febbraio 2023 si avvicinava ormai il tramonto e decidiamo di percorrere a conclusione una stradina sterrata assai impervia; in alcuni tratti la troviamo preoccupantemente impaludata, incontriamo quindi e superiamo un ponticello che passa sopra un rivo pieno d’acqua, con accanto un ameno ulmeto, un boschetto di olmi acquitrinoso.
La preoccupazione di restare lì impantanati di sera con l’auto è alta, guida Roberto, ma chiedo a gran voce comunque di fare una pausa non possiamo non dare un’occhiata più da vicino a quel piccolo relitto con tanta flora spontanea più originaria del luogo. Scendiamo e torniamo a piedi verso il ponticello immerso tra le canne di Arundo donax, con presenza anche di Nappola minore (Xanthium strumarium) e Cardo dei lanaioli (Dipsacus sativus), ma prima ancora di giungere a questo, pochi metri, Roberto adocchia sul margine strada, sotto le chiome degli Olmi campestri lì dai rami assai sugherosi, una bassa pianta erbacea con tanti steli e foglioline lanceolate rugose come tomentosi gli steli, “Oreste, questa non l’ho mai notata” mi dice, intendendo nella nostra zona, il basso Salento.
Ed effettivamente neppure io l’avevo mai notata, i fiori non c’erano ancora, ma lo stelo e le foglie mi ricordano subito la tanto agognata Erba di Santa Marina che aveva avuto modo qualche mese prima di vedere in fiore nel sottobosco dei boschi di Mottola (Taranto) a quota già maggiore.
Facciamo foto e poi ritorniamo sui luoghi anche nei giorni successivi in orari meno prossimi alla sera per ulteriori rilievi e osservazioni.
Anche l’applicazione di riconoscimento piante PlantNet ci indirizza verso l’Erba-perla azzurra. Informiamo subito di questo ritrovamento il professore Piero Medagli e la dottoressa Rita Accogli botanici dell’Università del Salento con il suo correlato Orto botanico.
Ma mancava ancora un elemento diagnostico importante per capire se eravamo proprio di fronte a quella specie su cui era sorto quel piccolo mistero botanico etnologico, di cui abbiamo parlato, relativo alle tradizioni appunto del, non molto distante da lì, Santuario di Santa Marina a Ruggiano: mancava l’osservazione dei fiori!
Ieri nel pomeriggio, 6 maggio 2023, siamo tornati lì per una escursione tra amici organizzata da Roberto Aloisio, giunti nei pressi della formazione della misteriosa pianta vi ho visto la piacevole punteggiatura proprio di tanti fiorellini purpureo-cerulei sui nuovi più verdeggianti steli, come necessario per confermare che si trattava proprio dell’Erba-perla azzurra.
Abbiamo fatto foto e video inviando tutto subito via internet al professore Piero Medagli e alla dottoressa Rita Accogli che ci hanno confermato l’identificazione! E’ stato pertanto un bel rinvenimento di squadra insieme con Roberto Aloisio e Donato Nuzzaci.
Riguardo alla piccola formazione che abbiamo ritrovato, pochi metri quadri, sebbene essa sia vicinissima all’ulmeto allagato, praticamente sotto le chiome degli olmi, la pianta lì non cresce nella palude ma a margine strada, una vetusta stradina lastricata di pietre e pietrame che attraversa le paludi. Non saprei se appoggiandosi o meno in qualche punto a della roccia affiorante tra i terreni comunque paludosi e non rocciosi del sito.
È pertanto quello un micro habitat da margine di bosco, infatti lì l’Erba-perla azzurra è consociata con Ciclamino, Clematis, Rovo e Smilax.
Ci sono poi querce di Farnetto e Quercia amplifolia, anche Cisto, Rosa sempreverde di San Giovanni, Mirto e Lentisco in corrispondenza di quella strada pietrosa pur tra le paludi a destra e a sinistra, e poi in zona anche Querce virgiliane (la Quercia castagnara anche detta per le ghiande commestibili anche facilmente dall’uomo); lì nella palude al margine dell’ulmeto anche dei Salici bianchi; lungo i rivi anche Pioppi bianchi, Pioppi neri, Noccioli, Narcissus tazetta, Sanguinello (Cornus sanguinea) e Frassino meridionale (Fraxinus angustifolia). Lungo gli argini terrosi anche anni fa avevo documentato la presenza della Selaginella. Nei campi agricoli uliveti, piccole vigne, frutteti, alberi di noce, (anche della varietà detta localmente “noce paccia“ con frutti molto voluminosi), e orti decorati anche da rose coltivate di antiche varietà come anche da coltivati Gigli bianchi (Lilium candidum).
I tanti steli di Erba-perla azzurra lì presente sono profondamente radicati.
In inverno vi erano gli steli sterili (nel senso di non portanti fiori) ognuno dei quali aveva in apice o poco prima dell’apice delle radici avventizie e si comporta come stolone strisciante. Avevo preso dei pezzetti di quegli steli a febbraio per ulteriori osservazioni.
A casa ho interrato le due estremità in vaso, dopo un po’ dalla parte con radichette sono spuntate le piantine. Ancora non mi sono fiorite.
Ergo in questo modo è piuttosto facile riprodurre la pianta. Ma si potrà provare anche la riproduzione per seme successivamente. È importante che si provveda a ridiffondere un po’ di più questa pianta in quelle zone adatte nel cuore del basso Salento.
IN CONCLUSIONE: quanto osservato, dato che la pianta cresce comunque spontanea lì in quel particolare luogo, potrebbe essere un relitto del sottobosco della locale variegata Foresta Belvedere. Quando anche si pensasse questa pianta lì spontaneizzatasi a partire da vecchie colture locali a fini erboristici essa comunque attesta la presenza di un biotopo a lei congeniale.
Si tratta della prima segnalazione di questa specie come pianta spontanea nel basso Salento.
È questo pertanto un indizio forte che nel Capo di Leuca il legame tra Santa Marina a Ruggiano e la pianta sulla base di antiche conoscenze erboristiche tramandate di generazione in generazione sia stato favorito proprio da una presenza spontanea della pianta anche nel basso Salento.
A seguito della distruzione ad opera dell’uomo dei grandi boschi del Sud Salento a Ruggiano si continuò probabilmente ad avere la pianta grazie a delle coltivazioni e/o approvvigionandosi di essa dai boschi murgiani e lucani.
Osserviamo che ci sono solo poco più di 16 km in linea d’aria tra il sito in cui abbiamo trovato l’Erba-perla azzurra spontanea e il santuario di Santa Marina a Ruggiano (santuario che mi piace ricordare in una escursione nell’estate del 2022 ho visitato proprio con Roberto e Donato raccontando loro del mistero di questa pianta), mentre ci sono oltre 120 km in linea d’aria per raggiungere Martina Franca dal Santuario di Ruggiano, e ancora più chilometri per Mottola.
Schede botaniche sulla specie dal sito internet www.actaplantarum.org:
-) https://www.actaplantarum.org/flora/flora_info.php?id=1373
-) https://www.actaplantarum.org/forum/viewtopic.php?f=95&t=3321
RACCOMANDAZIONI
DATA ANCHE LA RARITÀ MI RACCOMANDO DI NON DANNEGGIARE NÉ STRAPPARE FIORI E STELI.
GRAZIE
QUANTI PIÙ SEMI LA PIANTA PRODUCE OGNI ANNO MEGLIO È PER LA SUA PROPAGAZIONE CHE CALDAMENTE AUSPICHIAMO
(Testi, immagini e video anche nel mio post facebook del 7 maggio 2023)
Oreste Caroppo, 7 maggio 2023
AGGIORNAMENTI
LA SCOPERTA NON DISTANTE DI UN’ALTRA FORMAZIONE DI ERBA-PERLA AZZURRA E LI’ PERSINO LA SCOPERTA DELLA PRESENZA DI IRIS COLLINA SPECIE ANCH’ESSA AD OGGI NON SEGNALATA COME PRESENTE NELLA FLORA SPONTANEA DELLA PROVINCIA DI LECCE
Aggiornamento del 9 maggio 2023:
durante un sopralluogo più meticoloso di quei luoghi a piedi ed in bicicletta il pomeriggio del 9 maggio 2023, accompagnato da Donato Nuzzaci, ho avuto modo di individuare una seconda formazione in fioritura di Erba-perla azzurra a 380 metri circa di distanza in linea d’aria dalla precedente individuata.
Iris collina ed Erba-perla azzurra
a Nociglia-Fontana in luoghi dimenticati difficilmente raggiungibili, relitto di un biotopo straordinario quello della selva forestale Bosco Belvedere.
Grandi emozioni che qui condivido con gli appassionati di storia naturale salentina e con gli amanti della biodiversità. Sono ulteriori vivi tasselli che riportano in auge le peculiarità per noi salentini della foresta Belvedere!
Iris collina è il nome scientifico dell’iris chiamato volgarmente Giaggiolo meridionale.
È un piccolo sito nel quale spero si avviino maggiori indagini multilivello, perché noi abbiamo colto queste peculiarità più macroscopiche e cromaticamente più appariscenti, però potrebbe esservi anche altro di relitto lì ancora sopravvivente.
Lì ad esempio abbiamo anche fatto questa ulteriore osservazione botanica:
nome scientifico: Echinops sphaerocephalus subsp. sphaerocephalus
Questa pianta cresce esattamente nel piccolo sito che abbiamo individuato in contrada Nociglia-Fontana quest’anno, proprio nei pressi della formazione con Iris collina e anche Erba-perla azzurra. Un piccolo sito pietroso-terroso là dove nelle vallate prossime percorse da rivi alimentati da una sorgente (“Funtana” appunto) un tempo si estendeva la grande Palude di Santo Donno. Siamo nella macro-area dominata un tempo dalla foresta di Bosco Belvedere.
Durante i sopralluoghi per fotografare e mostrare la fioritura di Iris collina all’amico Roberto Aloisio il 15 maggio 2023, lui ha notato lì proprio una pianta di cardo insolita per il suo occhio e ha esclamato: “anche questa pianta qui in basso Salento sinceramente io non l’ho mai vista!”.
Abbiamo fatto alcune foto. Non era ancora fiorita. Tramite varie ricerche avevo capito cosa poteva essere, ma abbiamo atteso la fioritura per maggiore conferma.
Tornato lì sul posto il 31 maggio 2023 ho osservato un piccolo abbozzo sferico e spinescente di fiore.
La dottoressa Rita Accogli dall’Orto botanico dell’Università del Salento contattata tramite WhatsApp alla vista delle foto della pianta in fiore mi ha confermato la specie che sospettavo.
Il 24 maggio 2023 durante una escursione con Roberto Aloisio nel Bosco di Sant’Antuono sulla Murgia tarantina a Mottola, bosco prevalentemente di Roverella e Fragno, Roberto ha notato ai margini del sentiero nel bosco un cardo non ancora fiorito assolutamente simile a quello osservato nel basso Salento a Nociglia-Fontana. Aspetto interessante in quel bosco murgiano cresce proprio nel sottobosco Iris collina ed Erba-perla azzurra. E anche Echinops sphaerocephalus rientra tra la nota flora murgiana nella Puglia centrale.
Tornato successivamente lì in estate, il 13 luglio 2023, purtroppo non ho più ritrovato la pianta per altre foto, probabilmente a causa del passaggio di un contadino con decespugliatore cha ha fatto un po’ di “pulizia” lungo quel tratto di strada sterrata che conduce al suo fondo.
Speriamo rispunti l’anno a venire e che abbia fatto in tempo a diffondere i suoi semi.