LINCE PARDINA: per la REINTRODUZIONE in SUD ITALIA, PUGLIA inclusa, iniziato il count-down!

LINCE PARDINA: per la REINTRODUZIONE in SUD ITALIA, PUGLIA inclusa, iniziato il count-down!

 

Esemplare di Lince pardina (Lynx pardinus). Immagine dal Web al link.

 

Già fonti paleontologiche e tante fonti storiche letterarie ci hanno detto della presenza delle Linci in Puglia nel Pleistocene e nell’Olocene.
Approfonditi studi paleontologici hanno mostrato che in Puglia non solo è stata presente la Lince comune (Lynx lynx) che oggi ritroviamo in area alpina, ma anche quella che possiamo definire la lince mediterranea ovvero la Lince pardina (specie a sé o sottospecie della lince comune, Lynx lynx pardinus, comunque assai caratterizzata rispetto alla lince comune).
Vedi questo studio solo ad esempio del 2021 dal titolo “The tale of a short-tailed cat: New outstanding Late Pleistocene fossils of Lynx pardinus from southern Italy” che riconosce la presenza della Lince pardina sul Gargano.
O anche questo studio sempre del 2021 dove leggiamo del riconoscimento della presenza di Lince pardina anche nei depositi pleistocenici di Melpignano – San Sidero in basso Salento proprio nell’hinterland della mia città Maglie, come era assai plausibile. Indicazioni per future reintroduzioni!

La Lince pardina oggi è nota anche come Lince iberica in quanto è lì nella Penisola iberica che si è maggiormente conservata. Lì sono partiti recenti progetti per il suo ripopolamento e gli studi hanno mostrato che una singola lince può percorrere distanze notevoli tanto che un ripopolamento verso la Francia e verso l’Italia con le condizioni ottimali potrebbe avvenire spontaneamente rapidamente: vedi ad esempio questo articolo del 7 giugno 2018 da cui estrapoliamo questi passi “la Lince pardina arrivata a Barcellona dal Portogallo (…) L’esemplare maschio dopo due anni, a partire dal Portogallo, è ricomparsa in Catalogna: questo significa che ha attraversato l’intera Penisola iberica, per centinaia di chilometri, passando dal sud del Portogallo al nord-est della Spagna (…) Non è la prima volta che esemplari di lince reinseriti nell’ambiente compiono enormi distanze esplorando nuovi territori.“.

Data però l’eccessiva antropizzazione dei territori che crea numerose barriere o semibarriere è tempo di provvedere ad una accelerazione di questo processo di rinaturalizzazione, e comincio a leggere in studi scientifici di progetti conservazionistici volti alla reintroduzione di queste Linci pardine anche in Francia e in Italia. Nel buon concetto conservazionistico secondo cui se vuoi salvare una specie il cui areare è stato ridotto dall’uomo devi riaumentare il suo areale, creare più nuclei in differenti aree dove la specie possa riprodursi ed espandersi anche naturalmente una volta lì riportata o comunque introdotta;
vedi questo studio ultimato nel dicembre 2021 dal titolo “Late Pleistocene Mediterranean lynx remains from Avenc del Marge del Moro (NE Iberian Peninsula)“.

 

Per la reintroduzione della Lince pardina in Italia.
Estratto screenshot da questo studio ultimato nel dicembre 2021 dal titolo “Late Pleistocene Mediterranean lynx remains from Avenc del Marge del Moro (NE Iberian Peninsula)” al link.

 

Le zone a clima mediterraneo e con macchia mediterranea sono assai adatte a questa specie, il suo habitat tipico, che pertanto ritroviamo anche in Italia, Puglia assolutamente inclusa!
Leggiamo infatti che proprio in Italia “si può trovare quell’ambiente eterogeneo preferito dalla Lince pardina, con aree a steppa mediterranea miste a fitti arbusteti con ginepro e boschetti di querce”. La Terra d’Otranto è connotata da innumerevoli specie di querce, e non mancano anche in aree costieri i ginepri, come il ginepro fenicio e il ginepro rosso/coccolone, si dovrebbe incrementare la presenza di ginepri anche nell’entroterra reintroducendo anche quelle specie descritte in Terra d’Otranto da botanici dell’ottocento, come il Ginepro comune e il Ginepro sabina che già ritroviamo ancora nella vicina Basilicata.
Vedi per approfondire il mio articolo dal titolo: “Quando in Salento crescevano i Faggi e i Pini della montagna come in Appennino in Centro e Sud Italia ancora oggi!“.

La catena trofica della Lince pardina è strettamente legata a quella del Coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus) sua preda d’elezione. Nel Pleistocene il Coniglio selvatico era assai diffuso in Salento.
Vediamo solo ad esempio questo studio paleontologico concernente il sito di San Sidero nei pressi di Maglie (Lecce): “The Late Pleistocene site of San Sidero (Maglie, Apulia, southern Italy)“.

 

Conigli selvatici (Oryctolagus cuniculus).

 

Da alcune fonti letterarie sembrerebbe che il Coniglio selvatico/inselvatichito in questo secondo caso a partire da esemplari scappati agli allevamenti possa essere stato presente anche nel recente passato in Salento congiuntamente alle Lepri europee appenniniche. Una grande isola a Porto Cesareo è chiamata ancora “Isola dei conigli” poiché lì venivano allevati senza predatori allo stato brado da parte dei pescatori della zona come dispensa di carne. Erano tra questi certamente i conigli della razza “paesana” che per colore e forma ricordano molto i loro progenitori selvatici appartenenti alla stessa specie.
In selvatico in Europa il Coniglio ha assai mantenuto la sua presenza nel corso del tempo proprio nella Penisola iberica, questo certamente ha favorito la conservazione proprio lì piuttosto che altrove della Lince pardina.
In Italia non mancano aree del sole in Sicilia ma anche nella penisola dove sono presenti i Conigli selvatici magari reintrodotti dall’uomo nei secoli. Condizioni dunque assai ottimali per il ritorno ora della Lince pardina, per la sua reintroduzione.
In Salento dobbiamo assolutamente far provvedere gli enti preposti per la reintroduzione in natura del Coniglio selvatico (oltre al ripopolamento con Lepre appenninica europea, Fagiani colchici, ecc.), tutto anche in vista del ritorno anche in Puglia e in Salento dalla Lince pardina, quel “Gattopardo” di cui c’è tanta memoria storica in centro e Sud Italia.
La Lince pardina come predatore svolge anche una funzione sanitaria eliminando in primis gli animali più deboli e malati tra i Conigli. Stesso legame trofico che troviamo predatore-preda tra Lince pardina e Coniglio, lo troviamo tra Lupo e Cinghiale, e così in Salento negli ultimi anni abbiamo assistito prima al piacevole ritorno dei Cinghiali poi a quello dei Lupi (non a caso anche un simbolo per la città di Lecce antica “Lupiae” in latino città dei lupi), e anche i Lupi svolgono un’azione sanitaria sulle popolazioni di suini selvatici predando prioritariamente gli esemplari più deboli e malati.

Possiamo pertanto dire: “se vuoi linci semina conigli!

La Lince viene indicata dal ‘500 all’ ‘800 in Terra d’Otranto soprattutto come “Lupo cerviero” (vedi in Girolamo Marciano e in Martino Marinosci), e se è vero che vi erano allora ancora cervidi, come Daini, Caprioli e Cervi in selvatico in Terra d’Otranto, (tanto da ritrovare persino nella musica popolare salentina il testo tradizionale chiamato “La Cerva”), e che la Lince può predare questi animali in particolare i loro cuccioli, non escludo visto che nella Lince pardina sono assai prominenti i ciuffetti sulle orecchie che tale denominazioni derivi da tale caratteristica, anziché da sue peculiarità venatorie e alimentari, ovvero come se tali peli conferissero la somiglianza con palchi di corna sul capo di un cervide ad un animale predatore come il Lupo e come il ben noto Lupo dal simile aspetto e simile andatura a quattro zampe.

Già alcuni anni fa (2017) avevo scritto diversi post facebook nei quali avanzavano l’ipotesi che la Lince pardina fosse stata presente anche in passato in Sud Italia date le simili caratteristiche ambientali mediterranee, data la presenza del Coniglio selvatico in passato, e data la eccezionale rapida mobilità degli esemplari di Lince pardina sulla terraferma, e dalla Spagna in Italia si può giungere direttamente a piedi guadando qualche fiume.

 

 

Data tale rapidità di spostamento della Lince pardina per centinaia e centinaia di chilometri sulla terraferma in pochi anni non ritenevo giusto il proliferare di denominazioni per indicare ipotetiche sottospecie di Linci dalle identiche caratteristiche della pardina in aree appenninico-mediterranee italiana come proponevano certi zoologi negli ultimi anni per spiegare le segnalazioni del “gattopardo” (o “lupo cerviero” in Salento nei secoli scorsi, o “lince”, vedi Accademia dei Lincei fondata a Roma nel 1603) ritrovabili in fonti letterarie e persino forse in toponimi (CollePardo nel Lazio in provincia di Frosinone).
La Lince viene indicata dal ‘500 all’ ‘800 in Terra d’Otranto soprattutto come “Lupo cerviero” (vedi in Girolamo Marciano e in Martino Marinosci), e se è vero che vi erano allora ancora cervidi, come Daini, Caprioli e Cervi in selvatico in Terra d’Otranto, (tanto da ritrovare persino nella musica popolare salentina il testo tradizionale chiamato “La Cerva”), e che la Lince può predare questi animali in particolare i loro cuccioli, non escludo visto che nella Lince pardina sono assai prominenti i ciuffetti sulle orecchie che tale denominazioni derivi da tale caratteristica, anziché da sue peculiarità venatorie e alimentari, ovvero come se tali peli conferissero la somiglianza con palchi di corna sul capo di un cervide ad un animale predatore come il Lupo e come il ben noto Lupo dal simile aspetto e simile andatura a quattro zampe.
Chiedevo pertanto con vari miei post facebook la introduzione in Puglia della Lince pardina e del Coniglio selvatico:

 

 

Devo ringraziare l’amico naturalista grande studioso pugliese Tommaso Gigante che mi ha informato degli studi scientifici pubblicati in questi ultimi anni sul riconoscimento proprio della Lince pardina tra le Linci i cui resti sono stati recuperati e studiati dalla paleontologia in Puglia. Tutto come varie condizioni al contorno rendevano plausibile ad un’analisi naturalistica.
E ora mi ha informavo anche degli articoli scientifici nei quali sulla base di questi studi si propone nero su bianco proprio la saggia reintroduzione della Lince pardina anche in Italia.

NON C’È TEMPO DA PERDERE SI PROCEDA IN QUESTO VERSO OTTIMALE!

Ovviamente bisogna pure proseguire con la reintroduzione anche della Lince euroasiatica in area alpina, progetti sono già in corso, ma occorre puntare sulla liberazione di numerosi esemplari allevati e riprodotti ad hoc, non su pochi esemplari indirizzando la maggior parte del budget quindi sull’allevamento pro ripopolamento piuttosto che sul monitoraggio continuo e ossessivo di pochi esemplari oberati persino da collari trasmittenti da aborrire in quanto altamente invalidanti per un animale che deve sviluppare la sua vita in selvatico.

Ok tali monitoraggi a livello scientifico sacrificando a tal fine qualche esemplare de facto quando la specie è florida numerosa, ma allo stato dei fatti meglio puntare sul numero e statistica per il successo della introduzione/reintroduzione! E ciò vale per ogni progetto di introduzione anche di altre specie viventi!

 

La Lince pardina e la Lince comune euroasiatica in Puglia. Immagine con didascalia tratta da questo studio del 2021 dal titolo “The tale of a short-tailed cat: New outstanding Late Pleistocene fossils of Lynx pardinus from southern Italy” che riconosce la presenza della Lince pardina sul Gargano. Inoltre si mostra anche il ritrovamento della Lince euroasiatica o comune detta (Lynx lynx) nel Salento per il Pleistocene sempre. In questo studio sempre del 2021  leggiamo del riconoscimento della presenza di Lince pardina anche nei depositi pleistocenici di Melpignano – San Sidero in basso Salento proprio nell’hinterland della mia città Maglie, come era assai plausibile. Indicazioni per future reintroduzioni!

Dalle Alpi poi la Lince comune euroasiatica (Lynx lynx) potrà decidere se espandersi in area appenninica, del resto il passato ci indica una comune presenza delle due specie, con la Lince comune magari favorita per la sua espansione verso la Puglia nei periodi più freddi.

Articolo tratto da un mio post facebook del 29 agosto 2022.

 

       Oreste Caroppo

 

Seguono

CONSIDERAZIONI COLLOQUIALI DAI MIEI COMMENTI AL MIO POST agosto 2022

 

“Quindi è lecito supporre che Linci pardine e Linci euroasiatiche coesistessero insieme sul suolo pugliese durante il Pleistocene?” mi chiedono.

Risposta: nel Pleistocene sì, poi sarebbe da capire se l’arrivo della Lince euroasiatica era favorito maggiormente in periodi a clima più fresco perché il Pleistocene ha visto diversi periodi caldi e diversi periodi freddi susseguirsi, e nell’ultimo periodo freddo ad esempio della grande glaciazione Würn pensa che in Salento c’erano Stambecchi e Marmotte, animali oggi ritiratisi in zona alpina. Per dati paleontologici sulle Marmotte in Salento vedi qui in questo mio articolo sul Pinguino boreale in Salento documentato dalla Paleontologia, nella parte finale, cerca dove parlo della Marmotta e clicca dove sono taggati articoli scientifici di approfondimento, fammi sapere. 
Gli animali devono vivere con noi in osmosi, basta all’idea che gli animali devono stare soltanto nell’oasi piccolina recintata.
Quanto è avvenuto con lo splendido ritorno dei cinghiali e dei lupi lo dimostra benissimo, la nostra terra può essere rinaturalizzata pur con la presenza delle attività umane le quali devono ovviamente essere sempre più ecosostenibili in tutto.
Le Oasi naturali devono servire soprattutto come serbatoio genetico e luoghi di ripopolamento per ripopolare tutto il resto!
Dobbiamo decidere noi del nostro territorio!
Basta demandare sempre agli altri:
questa è in primis la mia volontà per il mio territorio.
E in questi recenti studi questa mia volontà trova corroborazione e condivisione.
Ma dobbiamo essere noi a chiedere ciò:
RINATURALIZZAZIONE
Bisogna crederci e chiedere chiedere chiedere! I soldi ci stanno e tantissimi ma li sperperando per radiocollari assurdi ed eccessivi, (così pochissimi esemplari vengono rilasciati in natura oberati da asfissianti collari iper invalidante anziché puntare su un maggior numero di esemplari come saggio per un successo certo e immediato che prevede e compensa eventuali statistiche perdite di esemplari),
e per progetti LIFE che diventano di morte ed estinzione come ad esempio la vergogna della eradicazione di specie spacciate esotiche come l’Ailanto che invece si scopre presente in Italia nel Terziario … 
Vediamo uno scorcio di campagna veneta non diversa alla fine dalla salentina, come qui si vede, eppure lì hanno ancora i caprioli!
ASSOLUTA NECESSITÀ INTRODURLI DI NUOVO IN SALENTO DAL GARGANO O ALTROVE
Fondamentale reintrodurre in Salento Daini e Caprioli anche per diversificare e fornire selvaggina da preda ai Lupi per la migliore convivenza di questi con l’uomo e gli animali domestici questi ultimi da far difendere a Cani fertili in proprietà e vaganti!
Manifestazione detta “ambientalista” in Campania nel 2018.

 

Riguardo a questo video del 2010 però dobbiamo dire:

 

che vergogna, erano l’attrazione del Parco d’Abruzzo, furono portate e tenute lì in un recinto da altri paesi europei, Linci comuni euroasiatiche.
Tutti pensavano servissero per reintroduzioni, farle riprodurre per ripopolare il centro Italia, ma in realtà vennero sterilizzate diventando degli orrendi grassi capponi e morirono senza prole!
La scusa?
“Se fossero scappate avrebbero potuto inquinare geneticamente le Linci locali”,
ma quali se magari sono estinte da tempo le locali in loco, e quando anche ci fossero che problema c’era, le specie quelle sono in Europa di lince, la comune e la pardina! Ergo solo una operazione speculativa!

MALEDETTA SCHIFOSA FALSA ECOLOGIA!

 

 

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