La scoperta della fresca “Valle dei Frassini” nel cuore del basso Salento

La scoperta della fresca “Valle dei Frassini” nel cuore del basso Salento

Approfondimento su quelle antiche suggestioni appenniniche e padane che pur connotavano il mosaico del paesaggio salentino e la sua biodiversità da riscoprire e ripristinare

La Valle dei Frassini, lungo il Fosso la Castagna
data scatto: ‎3 ‎novembre ‎2006
gli alberi più spogli a destra son di Olmo campestre, quelli con chioma gialla son dei Frassini ossifilli
Foto di Oreste Caroppo​

Nota: aprendo le varie foto-post facebook potrete leggere lì e nei commenti innumerevoli altri dati e guardare numerose altre foto correlate, e così da lì scorrendo le altre foto dell’album facebook, e a commento del medesimo album, al link: https://www.facebook.com/oreste.caroppo.9/media_set?set=a.1718077601828&type=3

 

Ecco quella che battezzai con grande emozione “la Valle dei Frassini”!

Un esempio raro oggi ormai in basso Salento di, possiamo dire, foresta igrofila a galleria sebbene nella sua minutezza, ovvero un rivo campestre, che disegna anse nel suo percorso tra argini terrosi, bordato da alberi e arbusti di specie prevalentemente igrofile sui suoi due lati,
e la formazione sarebbe certamente più densa se non fosse per continue arature ai suoi margini e tagli per far legna da parte dei contadini.
Un degrado pertanto che ha eroso, anno dopo anno, anche la biodiversità originaria della originaria “Silva” dei “Paduli”, due eloquenti toponimi quelli virgolettati, “silva” termine latino che vuol dire selva, foresta, e che ancora compaiono in quelle lande olivetate del cuore del basso Salento e paludose stagionalmente; l’ agroforesta che ha preso in gran parte posto della foresta primigenia;
ma taluni plurisecolari olivi son innestati su Olivastri selvatici – “termiti” in vernacolo salentino – che già lì crescevano spontanei;

LA RISCOPERTA DELLA RICCHISSIMA BIODIVERSITA' NEL CUORE DEL BASSO SALENTO, NEL PARCO NATURALE DEI PADULI E DELL' ANTICA…

Publiée par Oreste Caroppo sur Jeudi 21 septembre 2017

 

biodiversità primigenia di cui restano queste significative vestigia, sufficienti però per una ricostruzione paleoambientale tenendo conto delle consociazioni botaniche che esprimono e richiamano, e delle specie che si incontrano ancora tutto attorno al Salento, in Sud Italia e Sicilia, in Appennino, nelle gravine murgiane, nel Gargano, nelle piane fluviale dell’ Ofanto e della Lucania costiera, a Occidente, e nei vicini Balcani e isole greche a Oriente del Salento.

Foglia di Frassino ossifillo da un virgulto forte presente lungo il rivo chiamato "Fosso la Castagna" in agro di Scorrano (Lecce).Data: 8.9.2007Tecnica: scannerDi Oreste Caroppo

Publiée par Oreste Caroppo sur Jeudi 21 septembre 2017

Questa vallata vera e propria orograficamente parlando, solcata dal rivo, lì è immersa negli uliveti dei Paduli nel cuore del basso Salento. Siamo amministrativamente nel feudo di Scorrano in provincia di Lecce.
Il rio campestre che lì fende il terreno, (e “rio” è un’ idronimo per questi ruscelletti che lì pur si conserva nei Paduli), formando anche varie anse, e che qui in foto è al di là dei rovi che si vedono sulla destra, è chiamato propriamente “Fosso la Castagna”, da un toponimo del luogo che connota anche la voragine in cui poi sfoscia e si inabissa quel canale medesimo, la “Vora Castagna”; un altro inghiottitoio da sinkhole è lì vicino chiamato “Aviso Castagna”; (nota: “aviso”, “auso”, “vora”, ” ‘ora”, sinonimi nel salentino per indicare le voragini carsiche; “aviso”, “ausu”, termini imparentati etimologicamente con gli italiani termini “abisso” e “inabissarsi”. Al contrario le sorgenti dei rivi coincidono lì nei Paduli sovente con il toponimo “funtana”).

LA RISCOPERTA DEL FRASSINO MERIDIONALE DEL BOSCO BELVEDERE !E della produzione della dolce MANNA SALENTINA, dal…

Publiée par Oreste Caroppo sur Mercredi 15 décembre 2010

 

“Castagna” dalla presenza in passato di alberi di Castagno lì con tutta probabilità, come ancora si rinvengono rari in Salento, e persino anche in contrade omonime, come evidente il caso non molto distante, qualche chilometro in linea d’ aria, della contrada chiamata pur “Castagna” sotto le pendici della Serra di Supersano, dove ben sopravvivono due grandi alberi di Castagno (Castanea sativa), ben produttivi e con alberelli nati nei dintorni dalle loro germogliate castagne.
Lo scrittore e studioso romano Plinio il Vecchio già parlava della Castagne Tarantine come tra le varietà più pregiate di castagne d’ Italia; le castagne una tipica diffusa produzione anche di altre aree del sud Italia già alla sua epoca.

MATURANO OTTIME CASTAGNE NELLE AREE UMIDE E OMBROSE AI PIEDI DELLA SERRA DI COELIMANNA IN FEUDO DI SUPERSANOSi DEVE…

Publiée par Oreste Caroppo sur Mercredi 7 août 2013

 

Dall’ alto il rivo in questione e così i suoi affluenti appaiono come floridi serpentoni verdeggianti tra i campi coltivati prevalentemente olivetati; da Google maps immagini del 2017, link: https://www.google.it/maps/place/73020+Scorrano+LE/@40.0618683,18.2574956,555m/data=!3m1!1e3!4m5!3m4!1s0x134416f625b3649f:0x94b13fcae2f7574a!8m2!3d40.0649824!4d18.273341

E’ il Fosso la Castagna area riproduttiva d’ elezione del Rospo comune, nelle sue acqua fresche e cristalline nei mesi invernali vi si dan raduno da ogni dove, dai campi circostanti, per amoreggiare, centinaia di enormi esemplari di questa specie.

Suggestioni fiabesche nel Parco naturale dei Paduli e della Foresta Belvedere, nel cuore del basso Salento! Gli enormi…

Publiée par Oreste Caroppo sur Mercredi 3 octobre 2012

 

Nei Paduli vi vivono anfibi anuri (cioè senza coda nello stadio adulto, non più di girino, della loro metamorfosi) di diverse specie, quali oggi ancora il Rospo comune (Bufo bufo), il Rospo smeraldino (Bufotes balearicus), la Rana verde (Phelophylax kl hispanicus), la Raganella (Hyla intermedia).

Nei rivi, nei laghetti e nei pozzi nelle zone a falda superficiale dei Paduli vi ho osservato poi anche sovente i Tritoni italici (Triturus italicus), che son invece anfibi urodeli (o caudati detti).

Esseri viventi meravigliosi nel magnifico e ricchissimo PARCO NATURALE DEI PADULI – FORESTA BELVEDERE nel cuore del…

Publiée par Oreste Caroppo sur Samedi 3 décembre 2011

 

Vi ho osservato ai suoi margini, trovato, i primi Frassini ossifilli (Fraxinus angustifolia), e poi anche Olmi campestri (Ulmus minor), Pioppi neri (forse ibridi), Prugnoli, Querce caducifoglie a foglia lobata, Meli cotogni dal frutto meliforme, canneti di Canna domestica (Arundo donax), Rovo, ecc.

Scorcio paesaggistico dei canneti di Canna domestica ai bordi del rivo chiamato "Fosso la Castagna", che si snoda tra…

Publiée par Oreste Caroppo sur Vendredi 29 septembre 2017

Canne d Arundo donax tagliate nei vicini canneti lungo i rivi e portate dentro il bosco "La Signura" e lì appogiate ai…

Publiée par Oreste Caroppo sur Vendredi 29 septembre 2017

 

Più in generale lì nei Paduli e Serre adiacenti ho scovato anche qualche Tiglio e Nocciolo forse piantati, e poi anche grandi Pioppi bianchi, e anche grandi alberi di Salice bianco, anche un rarissimo – unico in loco – esemplare di Salicone, Pioppo nero nella forma colonnare (o fastigiata), Pioppo nero forse ibrido, Liquirizia (Glycyrrhiza glabra), Tamerici, Siliquastri, arbusti di Sanguinello, Castagno, Terebinto, Bagolaro (Celtis australis), rampicanti lianosi di Tamaro (Dioscorea communis), Gigli d’ acqua, Selaginella denticulata, Giunchi, Equisetum ramosissimum, Roselline rampicanti selvatiche, Edera, Ciclamino, Biancospini, Azzeruoli, Sorbi comuni, Gigaro e Arisario comune, Tife, ecc., e piante più comuni della macchia mediterranea salentina, e delle colture, anche frutticole, del Salento. Vi ho visto anche una piccola presenza di, forse naturalizzatosi, esotico Bambù dorato (Phyllostachys aurea, “Canna d’ India” in vernacolo locale) lungo un umido canale in mezzo ad un canneto di Canna domestica.

Pioppeto in mezzo agli uliveti in corrispondenza di un rivo, non lontano da Masseria Fanò in feudo di Scorrano.Pioppi…

Publiée par Oreste Caroppo sur Vendredi 29 septembre 2017

IL MAGNIFICO ALBERO DALLE FOGLIE DI "CARTA" il Pioppo bianco nel Parco naturale dei Paduli e nel SalentoNome…

Publiée par Oreste Caroppo sur Lundi 14 mars 2016

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Publiée par Oreste Caroppo sur Lundi 14 mars 2016

LA GRAZIOSA SELAGINELLA TRA I MUSCHI Si tratta di una pianta strisciante di Selaginella che avevo coltivato a partire…

Publiée par Oreste Caroppo sur Jeudi 17 mars 2016

 

Il botanico professor Piero Medagli dell’ Università del Salento vi ha scoperto in quelle aree dei Paduli-Foresta Belvedere la presenza, tra le varie querce lì presenti a foglia lobata caducifoglie, anche del Farnetto!

Nei soffici terreni della zona non rari i cumuli segno della presenza di Talpe.

Mi piace ricordare qui anche di una pianta acquatica oggi scomparsa che dai botanici ottocenteschi è stata osservata in aree umide costiere del basso Salento, la Trapa natans, dai caratteristici semi eduli, chiamata per questo anche Castagna d’ acqua, vi è però il mistero del ritrovamento ancora di suoi semi sulle spiagge salentine trascinati dalle correnti marine. Vengono da paludi e fiumiciattoli salentini o non distanti dove ancora in tal caso vi vivrebbe, o dai fiumi della Pianura Padana o dell’ Albania, due aree geografiche in cui ancora ben ne è documentata la presenza?

Il Frassino ossifillo (Fraxinus angustifolia) è chiamato anche Frassino meridionale.

Il botanico Martino Marinosci di Martina Franca scrisse:
“Fraxinus excelsior, Frassino comune (…) Si trova copioso nel bosco di Belvedere ove fui fin dal 1810.”
(Link fonte: https://books.google.it/books?id=mNd3lNE0RUgC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false).

 

[Nota culturale: il frassino un albero ricordiamo di grande valenza simbolica, vedi il mitologico albero cosmico della mitologia norrena Yggdrasill identificato sovente proprio con un frassino e l’uso secondo la tradizione di un paletto di legno di frassino per poter uccidere i vampiri conficcandolo nel loro cuore. Ricordiamo invece come rami di olmo erano utilizzati nella tradizione per la realizzazione sovente della bacchetta del rabdomante per la ricerca dell’acqua, forse proprio perché l’Olmo campestre cresce solitamente dove vi sono falde superficiali o acqua scorrente, da cui il concetto di un legame magico tra olmo e acqua.]

 

Questo passo dal suo testo intitolato “Flora salentina” mi spinse a cercare se ancora ve ne fossero di sopravvissuti Frassini lì in quelle contrade dei Paduli che erano state interessate dalla presenza della selva di Belvedere, e fu così che mi imbattei, come richiamato da una inconscia forza misteriosa verso quella vallata, negli ultimi Frassini lì viventi!
Cercavo lungo i rivi perché lì la minor attività agricoli e l’ acqua più disponibile notai che avevano creato delle serpentiformi Arche di Noè, luoghi rifugiali per tante specie, scrigni di biodiversità da preservare e rinfoltire; qualche saggio contadino poi magari aveva anche capito che gli alberi lì era meglio non eradicarli, le loro radici consolidavano gli argini terrosi del ruscello, e ripollovano anche se tagliati per far legna se non li si eradicava del tutto!
Vidi però approfondendo che quei Frassini erano di un’ altra specie rispetto a quelli di cui scriveva il Marinosci. Oggi sappiamo, a seguito di queste scoperte, che nel Belvedere, nelle sue zone più umide viveva il Frassino meridionale, Fraxinus angustifolia (Vahl, 1804), più tipico dei boschi igrofili planiziali, (quale era in gran parte il Bosco Belvedere,vilipeso da disboscamenti selvaggi tra ‘800 e ‘900), del Sud Italia, la stessa specie di Frassino che vegeta lungo il Fiume Ofanto, o nel Bosco Pantano alla foce del Fiume Sinni in agro di Policoro (Matera), per indicare i due siti continentali più vicini al basso Salento dove vive ancora questa medesima specie; una specie probabilmente non ancora ufficialmente ben distinta, dal punto di vista tassonomico, dal Fraxinus excelsior, ai tempi del Marinosci e negli ambienti scientifici dei primi dell’ ‘800 nel Regno di Napoli.
Le peculiarità della fitocenosi di Belvedere, che annoverava Castagni e Carpini bianchi (Capinus betulus), non ci permettono però neppure di escludere che vi vivessero ancora nei primi dell’ ‘800, ai tempi delle escursioni del Marinosci, anche nuclei relitti di Fraxinus excelsior, che si ritrova ad esempio sul Gargano ancor oggi; (nota: la presenza nel Paleolitico del genere Fraxinus parrebbe attestata nel basso Salento anche da studi paleobotanici dei depositi di Grotta Romanelli-Castro); e se il Fraxinus angustifolia vegetava nei luoghi più umidi, il Fraxinus excelsior che svetta solitamente più alto come albero prediligeva certamente le zone meno allagate e più fresche della medesima Foresta Belvedere.

Fraxinus excelsior (chiamato volgarmente Frassino maggiore o comune) e Fraxinus angustifoglia (chiamato volgarmente Frassino meridionale) han foglie molto simili, differenti invece da quelle del Frassino orno (o Albero della manna).
Nel Bosco Belvedere come in tutto il Salento cresceva anche l’ Orniello, che cresce ancora nell’ area delle Murge e che abbiam ritrovato negli ultimi anni sulla Serra di Supersano (ad opera di Francesco Tarantino professore del Liceo Capece di Maglie) e nel Bosco “Li Lei” a Pisignano (che ho avuto il piacere di scoprire lì personalmente alcuni anni fa).
Il botanico Marinosci scrive nel suo libro:
“Fraxinus ornus. Orno o Frassino orniello; Frassino montano poiché orno equivale a monte; volg. vornolo; da quest’ albero si ricava la manna”, e il Marinosci aggiunge che ottima è quella del Fraxinus rotundifolia della Calabria, che sappiamo essere una varietà dello stesso Orno.

Nel cuore del basso Salento anche il toponimo “foresta”, come quello di “macchia” e ” ‘oscu” (da bosco) permane.

Nota: a Calimera, sempre in provincia di Lecce, i cui abitanti, come quelli di Nociglia son soprannominati “craunari” per il gran numero di carbonari che da lì provenivano e che negli ultimi secoli han disboscato il Salento, troviamo ancora il toponimo griko “dasu”, o variante “tasu” – fonte da Calimera lo studioso Paolo Dimitri​ – , termine che vuol dire bosco; “craune” in vernacolo salentino è il carbone in cui veniva convertita la legna nella fumose carbonaie.

Ora queste ricerche e raccolte di dati hanno la funzione sociale di far comprendere quanto fosse variegata la biodiversità originaria del Salento, rispetto all’ immagine che si è imposta ai più a seguito dei pesanti disboscamenti e bonifiche di aree umide, dissodamenti dei terreni, spietramenti, movimentazione terra, cementificazione e avvelenamento pesticida.
Ne è rimasta la conoscenza della presenza di ecosistemi xerofici, adattati al secco, ma si è persa la cognizione degli ecosistemi mesofili e tanto più igrofili che qui stiamo riscoprendo e che connotavano le aree interne salentine, dal carattere più continentale quasi e relativamente parlando.
Le non mutate caratteristiche geologiche e neppure in verità le non particolarmente mutate caratteristiche climatiche in questi ultimi secoli e decenni, eccetto deboli fluttuazioni, ne rendono teoricamente possibile il ritorno delle specie scomparse.
Rivi, laghi, pozze temporanee, doline, “gravine”-“lame”- “canaloni” carsici, colline (“serre”, “munti”, “murge”), ecc. ecc. creavano microambienti che permettevano variabilità ed alta densità di biodiversità, e lo stesso bosco creava microclimi utili a determinate specie.

FOSSILI VIVENTI NEL BRODO PRIMORDIALE DEI PADULI!Crostacei preistorici nei laghi temporanei salentini del Parco…

Publiée par Oreste Caroppo sur Mardi 23 octobre 2012

 

Vi era nell’ entroterra salentino per specie presenti una dimensione paesaggistica che potremmo dire oggi in parte mediterranea ma anche in parte appenninico-montana e persino padana, con relitti di specie viventi, non solo vegetali, conservatesi da tempi preistorici e che oggi ritroviamo nei vicini Balcani o in altre aree italiane ma non più in Salento;
in alcuni casi basta fare una interpolazione per capire che specie oggi assenti vi dovevano con alta probabilità esser state.

Prendiamo il Platano orientale (Platanus orientalis) in purezza, e consideriamo il suo attuale areale di distribuzione, vediamo che si ritrova in Sicilia, Calabria Campania, e poi in Albania e Corfù ecc., praticamente tutto attorno alla Puglia Puglia esplusa! Possibile dunque non vi fosse, nelle aree umide che gradisce, già in antichità e che poi la pressione antropica l’ abbia estinto localmente?

Platano orientale selvatico lungo le sponde del Fiume Palistro in Cilento tra Edera, Leccio, Cerro, Ontano nero,…

Publiée par Oreste Caroppo sur Jeudi 4 octobre 2018

IL RITORNO DEI PLATANI ORIENTALI IN TERRA D'OTRANTO!La loro magnifica foglia come la mano muliebre aperta della DeaHo…

Publiée par Oreste Caroppo sur Mercredi 3 octobre 2018

 

Questa l’ ipotesi di partenza; allora si indaga e si scopre che il poeta latino Virgilio scrisse di Platani presenti lungo i fiumi della polis magnogreca di Taranto, e che lo studioso enciclopedico romano Plinio il Vecchio scrisse di grandi Platani viventi alla sua epoca sulle Isole Tremiti, (chiamata allora Isole Diomedee).

Per la Liquirizia mi dicevo “è pieno nelle fiumare e piane costiere della vicina Calabria, perché non dovrebbe essere presente anche in Salento?!”, e solo ispirato da questa idea ne trovai diverse formazioni viventi selvatiche nel basso Salento!

Stesso discorso possiamo fare per un’ altra pianta, lo Storace (Styrax officinalis) chiamato anche Stirace o Mella bianca.

 

Un arbusto che colonizza macchie e leccete tra 0 e 600 m s.l.m. Si trova in quantità abbondante nel Lazio, ne sono state rilevate altre sporadiche presenze anche in Campania, e poi lo ritroviamo in Albania, ex-Jugoslavia, Grecia, Creta, Cipro, altre isole minori dell’ Adriatico, dello Ionio e dell’ Egeo, Turchia, Siria, Libano, Israele.
L’ assenza nelle leccete e macchie salentine di questa pianta è dunque l’ anomalia vera.
Sulla base di queste osservazioni trovare anche in Puglia questa pianta mellifera non meraviglierebbe, e anche introdurla pur senza fonti che ne attestino la antica presenza non sarebbe uno scandalo ma una saggia decisione di naturalizzazione dato il suo areale di distribuzione tanto ad occidente quanto ad oriente del Salento!

Nelle aree umide e più fresche del Salento favorire la ridiffusione anche degli Ontani: Ontano nero (Alnus glutinosa) e Ontano napoletano (Alnus cordata). Nell’ Ottocento il botanico Martino Marinosci di Martina comunque citava queste due specie arboree come coltivate, almeno, nel territorio salentino. 

Publiée par Oreste Caroppo sur Vendredi 20 mai 2016

 

Nel Salento par essersi i più dimenticati dell’ appartenenza a precise estese fasce climatiche terrestri, come all’ area ecologica Ecozona paleartica osservando la quale si notano i vasti areali di distribuzione di stesse specie che oggi vivono in Salento (qui insieme ad altre più endemiche), o che oggi assenti non potevano mancarvi in passato per innumerevoli fattori geografici, geologici, storici ed ambientali, e che via via puntualmente gli studi paleoambientali confermano appunto esser state presenti anch’ esse nel nostro territorio.
Criteri di buon senso naturalistico scientifico eppure saltati, nella memoria quasi del tutto cancellati cancellando nel paesaggio le specie con la loro estinzione territoriale ad opera diretta o indiretta dell’ uomo!

La biodiversità era ricchezza economica e può ritornare ad esserlo.
Il paesaggio con la sua biodiversità a portata di mano era non solo la nostra libera paradisiaca dispensa, ma anche la nostra “farmacia” … da ricostruire oggi rinaturalizzando reintroducendo ciò che l’ uomo ha fatto scomparire e conservando le specie, anche esotiche naturalizzatesi o domestiche, già presenti.

“Nel mondo c’ è un ordine naturale di farmacie, poiché tutti i prati e i pascoli, tutte le montagne e colline sono farmacie […] nella natura tutto il mondo è una farmacia che non possiede neppure un tetto!”

ben diceva il medico alchimista svizzero Paracelso (1493 – 1541), ma lo scriveva al suo tempo,
e oggi in Italia, in Puglia, in Salento?

Per una Mandragola della specie Mandragola autumnalis ad esempio oggi da Maglie nel cuore del basso Salento in provincia di Lecce ci si deve recare a Taranto per osservare quella immaginifica pianta, dove ne restano dei nuclei, in passato fonti ne attestano ben più vaste presenze nell’ area tarantina medesima; come anche nell’ ‘800 la Mandragola è segnalata presso Lecce dal botanico Marinosci.

Il Comune di Supersano pianta un seme importante per la RINASCITA dell' antica Foresta nel cuore del basso Salento, la…

Publiée par Oreste Caroppo sur Mercredi 14 décembre 2011

 

Mi piace segnalare anche qui la presenza nel Salento ancora oggi di diverse specie di Crochi selvatici, un tempo, ad esempio nel periodo del rinascimento, anche utilizzati per la produzione del prezioso zafferano come raccontano le fonti. Ancora oggi un tipico prodotto gastronomico  gallipolino, la cosiddetta “scapece gallipolina“, viene colorato di giallo tramite l’uso dello zafferano.

 

Crocus thomasii
Crocus thomasii immagine dal link: https://www.floraitaliae.actaplantarum.org/viewtopic.php?t=44256

 

L’amico e studioso salentino Giovanni Greco ha scoperto su una vecchia mappa del Salento del 1567, curata dal cartografo Ortelio Gastaldi, per la zona grossomodo proprio del gallipolino, la interessante dicitura in latino “Hic tractus abundat crocu“. Si tratta di un area, che è quella anche di Galatone, famosa già nel periodo rinascimentale per la produzione dello zafferano come ci informano le fonti dell’epoca.

 

Particolare di una mappa del 1567 di Ortelio Gastaldi del sud della Puglia con indicazione “Hic tractus abundat crocu“. Qui il Nord è in basso.

 

Anche nei prati rocciosi di Maglie (cotrada Scrasciti) si rinviene il Crocus thomasii come nella pineta di Sogliano Cavour nel cuore del basso Salento.

Un’altra specie di croco che cresce in Salento, in abbondanza nella zona di Leverano e Arneo di Nardò, è il Crocus biflorus. Molto diffuso poi lo Zafferanetto comune (Romulea bulbocodium) lungo le coste del Salento ma anche all’interno ad esempio sulla base delle mie osservazioni nei pascoli rocciosi dell’hinterland di Maglie (nel Canale del Riu non lontano dalle contrade Luci e Muntarrune) e tra Sanarica e San Cassiano:

 

 

Mi piace qui accennare anche a qualche altra piante, delle tantissime presenti, dalle non meno emozionanti fioriture in basso Salento: la Scilla autunnale osservata lungo la costa rocciosa a sud di Otranto, le primaverili-estivi fioriture nell’hiterland di Maglie della Camomilla comune (Matricaria chamomilla), la Bellavedova (Hermodactylus tuberosus), l’Iris foetidissima, il Narciso autunnale (Narcissus miniatus), la Cornetta dondolina (Coronilla emerus subsp emeroides) e il Giaggiolo dei poveretti (Iris sisyrinchium) che ho fotografato lungo la costa orientale del Salento:

 

 

(Testi e foto tratte da un mio post facebook del 28 settembre 2017, di cui invito a vedere anche i miei commenti, al link: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10214502280100828&set=a.1718077601828&type=3&theater)

 

    Oreste Caroppo 

 

 

Sottofondo: Musica Rilassante – Suoni della Natura – Il Bosco

 

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