“Mi ritrovai in una selva oscura” ma io attendevo la belva! Scritto in difesa della presenza di Cani e Gatti fertili, e anche eventualmente liberi, nel territorio

“MI RITROVAI IN UNA SELVA OSCURA”

ma io attendevo la belva!

Scritto in difesa della presenza di Cani e Gatti fertili, e anche eventualmente liberi, nel territorio

Narrazione di fatti ed emozioni reali

 

Attardatomi per la passeggiata sportiva in bicicletta che avevo programmato per ieri pomeriggio, mi sono risolto alla fine ad uscire che era ormai sera.
Una stupenda Luna piena in un cielo velato di nuvole a pecorelle e l’ assenza di vento rendevano quella passeggiata nelle tenebre più fattibile.
Il percorso programmato era nell’ hinterland di Maglie raggiungendo alcuni paesi vicini; prima a vedere quanta acqua di pioggia si era raccolta in un bacino, poi la mia meta finale e più tenebrosa prevedeva un luogo caratterizzato da antiche masserie e boschi.
Volevo approfittare anche dell’ ora serale per veder se ancora cani e gatti scorrazzassero di notte per le strade e per fortuna ne ho incontrati diversi; mi auguro non fossero tutti sterilizzati, certo è che quei cani son di proprietà delle persone che abitano in campagna e che soprattutto di notte li lasciano passeggiar liberi, ed essi formano piccoli branchi, forse anche con altri cani senza padrone umano, con i quali si spostano.
Percorrevo le vie campestri senza luce artificiale e ogni volta quando vedevo quelle ombre che si muovevano davanti a me sulla strada, o accanto ad essa, sempre era uno spavento, un sussulto atavico di difesa che emerge dal profondo nonostante la mia perseverata calma, tranquillità e sicurezza. Un piccolo urlo perché si spostino per non finire sotto le ruote, ma anche perché non si azzardino a tentar di mordere.
Ma era evidente che andassi da solo in quei luoghi di notte proprio in cerca, più o meno conscia, di medioevali emozioni dantesche.
Così quando cessati i pascoli, i campi agricoli e gli uliveti, tanto illuminati dalla luna nei loro spiazzi, è cominciato il sentiero tra i boschi, sono sceso dalla mia bicicletta e a passo lento mi son inoltrato in una selva che diveniva ad ogni passo sempre più oscura, proprio in quei territori rurali dell’ hinterland magliese in cui echeggia ancora in alcune contrade il toponimo latino di “Silva”!
Quasi con piede felpato per ascoltare ogni suono, ogni verso di animale, ora la volpe che guiaiolava, ora la quaglia che strideva, e poco prima di addentrarmi ancora di più, nei pressi di un rivo bagnato dalla recente pioggia, ammaliante mi ha avvolto l’ odore vanigliato nell’ aria umida dei fiori della salsapariglia che ho inspirato a pieni polmoni come a far scorta di bellezza.
Calmo calmissimo, ad osservare come gli occhi si adattavano al buio e la vista aumentava nelle tenebre, e l’ udito diveniva sempre più fine; ogni foglia mossa da qualche animaletto non sfuggiva a quell’ attenzione primordiale, e nel buio vedevo come ondeggiare l’ aria, forse vapore dalla mia pelle e narici, forse l’ effetto del calore del mio stesso corpo che salendo nell’ aria fresca piegava in miraggi la poca luce che trapelava tra le fronde di quella navata arborea.
 
Ma io attendevo la belva!
 
Voltandomi a guardar quei punti in cui l’ alto muretto a secco che bordava il bosco di Querce caducifoglie e Lecci era diruito, immaginavo quando un tempo lì saltava la Lince, la “Lonza leggiera e presta molto, che di pel macolato era coverta”; immaginavo che sussulto, che paura, che gioia insieme sarebbe stato rivederla lì a fissarmi per un attimo libera e selvaggia di nuovo come pochi secoli or sono.

Il Lupo-cerviero o Gatto-pardo in Salentola Lince che ancora nell' '800 viveva in Terra d' Otranto.Con il nome di "…

Publiée par Oreste Caroppo sur Jeudi 1 juin 2017

Ma nulla!
Giunto nel punto più estremo del sentiero risalì in bici e tornai indietro.
Quell’incontro con la belva lo avevo solo immaginato, non l’ avrei quella notte più incontrata.
Terminato il fitto bosco, la strada bordava la tenuta di una masseria; nel percorrerla poco prima avevo fatto attenzione per la possibile presenza di grossi cani da pastore, ma non avevo incontrato nulla, sebbene una lucina uscente da una finestra di quel vetusto stabile faceva capire che era ancora in uso e che forse lì vi erano ancora gregge di pecore.
Supero di gran passo la masseria, comincia un prato roccioso alla mia destra e lì, poco dopo, a pochi passi da me, un cespuglio lesto prende vita al suono delle mie ruote, e ciò che sembrava erba nella luce della Luna si rivela il pelo del mantello di un enorme cane, forse un cane pastore maremmano abruzzese, quei bei cani veraci, cagnacci impavidi, integerrimi nella difesa del gregge e di quell’ area che ritengono loro proprietà!
Prende vita come uno spirito ombroso che si accresce in un racconto cavalleresco medievale.
Nel guizzo dei suoi muscoli, con la coda dell’ occhio, mentre l’ adrenalina viene pompata in piena nelle mie vene e i muscoli delle mie gambe esercitano ben più pressione sui pedali, ho colto tutta la sua meraviglia per il passaggio di quell’ inatteso uomo in bicicletta nella pace serale della Luna, ma non doveva e non poteva perder tempo, era di vedetta e doveva saltare in piedi, doveva inseguirmi, doveva mordermi, forse chissà, doveva affermare la sua superiorità su di me lì, non aveva e non poteva avere alcuna paura!
Quanta energia, correva quanto la mia bicicletta in quel momento tesa verso la massima velocità, e quanta resistenza, non voleva assolutamente mollarmi.
Si spostava da un lato all’ altro, il suo passo benché così veloce era fiero e possente, un galoppo scandito, le sue carni magre, la sua ossatura forte!
Con voce abbaiante, mentre ero pronto a stender una gamba per scalciare contro il suo morso se si fosse avventato, gli dicevo con urla gravi che sarei sceso dalla bicicletta e lo avrei affrontato e sarebbero stati guai per lui; il pensiero mi balenava sempre nella testa: fermarmi, mettere la bici tra me e lui, discutere tra animali, non apparire inferiore e sconfitto, e poi allontanarmi piano piano lasciando a lui il suo territorio!
Ma ho continuato invece quella cosa interminabile, come un Cinghiale braccato da un Leopardo che non ha tempo per sottigliezze.
Quella belva emersa dalle tenebre sembrava ragionare su quale strategia adottare, su quale lato spostarsi per aggredirmi meglio, e dalla mia destra passava alla mia sinistra e viceversa, mentre si snodava quel dialogo tra le mie minacce e il suo abbaiare cupo grondante di saliva dalle sue fauci. Eppure avevo il senso di una comunicazione tra noi due pur nella immensa diversità delle nostre lingue.
Poi, la strada era per fortuna un rettilineo, ha finalmente rallentato. No, ha solo fatto una brevissima sosta, quasi non per riposare ma per ripartire con uno scatto ancor più veloce.
Finalmente ottenuto ciò che voleva, che io lasciassi al più presto quel suo territorio vigilato che pareva non finire mai, lenta è svanita nel buio della strada la sua figura dietro di me insieme a quel suo abbaiare profondo infernale.
Il cuore a quel punto potevo tornare a sentirlo cessate altre priorità di attenzione, pompava fortissimamente nel petto tra i fiatoni ossigenanti!
 
Che emozione, l’ adrenalina che di fatto cercavo, ma anche la conferma che non tutto è distrutto dai terribili volontari dell’ Apocalisse che si aggirano per il nostro territorio e che sterilizzano cani e gatti condannandoli per sempre all’ estinzione!
Una delle loro scuse strumentali è che i cani mordono…
Non oso pensare cosa avrebbero fatto se fossero stati al posto mio, anziché ora affidare alla tastiera e così agli amici il racconto delle emozioni, forse starebbero già in qualche sede ASL o di altro ente pubblico a chiedere con massima fermezza e stucchevole insistenza la sterilizzazione e la cattura di quella forte viva naturale antica bellezza!
Anche per questo non chiedetemi il nome preciso di quel luogo magico finché ancora la piaga degli sterilizzatori seriali non sarà scemata del tutto: quel mio fiero rivale in quel territorio non merita quella infame sorte!
 
Pochi chilometri lontano da casa e ho avuto questo bell’ avventuroso incontro con quel grosso cane quasi guardiano delle porte dell’ Ade.
Mi sarei fermato, ho pensato, a ragionar con lui solo se avessi avuto con me un bel bastone non con l’ intento assolutamente di ferirlo ma per stabilire una distanza tra me e lui stendendo in avanti quello strumento ligneo, così semplice, così primordiale per noi primati, e ho capito in quel momento in quelle riflessioni al chiar di Luna l’ importanza estrema del bastone immancabile compagno dei pellegrini che percorrevano nel Medioevo un’ Europa piena di cani a difesa delle proprietà allora come oggi: bastava un lungo bastone ligneo e nessun cane li avrebbe morsi!
Oggi con la scusa del rischio dei cani mordaci coloro che dichiarano di amare gli animali come strumento di difesa li vorrebbero invece arrestare ed estinguere per sempre tutti, e a questa loro follia cercano di dare il falso nome di progresso!
 
Distruggere biodiversità vuol dire distruggere una parte di noi, strappare una parte delle nostre risorse quanto dei nostri sentimenti!
Non dobbiamo assolutamente permetterlo!
(Testo tratto dal mio post facebook del 16 settembre 2016, al link: https://www.facebook.com/oreste.caroppo.98/posts/660200457467342)
(Immagine di copertina tratta da una scena del film ”300”, del 2007, re Leonida di Sparta, prove di iniziazione nella agoghè il rigoroso regime di educazione e allenamento dei giovani spartani)
Oreste Caroppo

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