IL GIARDINO INTIMISTA DELLE ROCCE CHE PARLANO in feudo di Maglie-Morigino poesie esistenzialiste nella pietra

IL GIARDINO INTIMISTA DELLE ROCCE CHE PARLANO

in feudo di Maglie-Morigino

poesie esistenzialiste nella pietra

Morigino, giardino intimista delle rocce che parlano. Marzo 2016. Foto di Maria Selenia di Soleto dal Quotidiano di Puglia
Un luogo molto particolare che si trova tra Maglie e la sua frazione di Morigino: un appezzamento di terreno con “cuti”, le rocce affioranti come son chiamate nel vernacolo locale, ricolmo di rovi ma in cui si scoprono interessanti tracce lasciate da uno sculture credo dell’ ‘800 o del primo ‘900. Opportuna un’ indagine presso la gente del luogo, di Morigino o dei campi prossimi.
 
Al centro del piccolo appezzamento di terreno vi è una casa colonica dell’ ‘800 o prima metà del ‘900. Sull’architrave d’ingresso c’è una data: “1930”. Dentro vi è un camino. Vicino vi è un pozzo. La macchia mediterranea, con pini d’Aleppo, allori ed altre specie, e i rovi, si sono impossessati del luogo abbandonato e hanno protetto con discrezione questi misteri scolpiti nella pietra leccese.
 
Si osservano lì immediatamente attorno sui “cuti“, nel piccolo appezzamento di terreno bordato da bassi muretti a secco diruti: la scultura di un coccodrillo, (o forse in grande un geco tipico della fauna locale), di un serpente sinuoso (la locale “sacara“?), di una donna nuda dormiente distesa supina in posa sensuale col busto leggermente piegata su un fianco con cuscino litico in cui è scolpito anche un trullo in miniatura (un trullo “pajara” a pianta rettangolare come i tanti in pietra a secco costruiti in quel territorio), di un corpo nudo (forse di un bambino) come dormiente di fianco, di un altro corpo in altra posa sempre di donna e questa volta con gonna lunga e che sta carponi, di un cane (o gatto) accovacciato, di un decorato calice eucaristico in basso rilievo con ostia raggiante effigiata al suo di sopra, di un altro decorato calice-vaso sempre in basso rilievo da cui escono piante/fiori, di un uomo ed una donna adulti distesi supini affianco, lui con baffi mani congiunte oranti sul petto e cintura-cinturone in evidenza, di uno scheletro anch’esso disteso supino, di un volto di donna con particolare acconciatura dei capelli, di vasche e vasi scolpiti in alto rilievo, di una lapide-tomba con effige di un viso in una cornice e un’ iscrizione, ecc. Vado solo a memoria e potrei ricordare male.
 
Ci andai da bambino a veder quel luogo dopo averne ricevuto precise indicazioni, è un luogo misterioso, di quelli su cui si vociferava e poi si voleva andare a vedere con i propri occhi.
Professori e artisti magliesi, tra cui mio zio Carmelo Caroppo, ben conoscevano il luogo e ce ne parlavano a scuola e in famiglia sul finire del secolo scorso.
Anche l’amico Franco Belviso di Martina Franca, cultore dei nostri beni ambientali e culturali, recentemente ahinoi scomparso, e che viveva nella vicina Cursi, documentò fotograficamente il luogo e tutte le sue emergenze artistiche.
Lo stesso feci anch’io qualche anno fa sempre con la preoccupazione di documentare semmai qualche atto vandalico avesse danneggiato quel patrimonio.
Con l’amico Giovanni Enriquez, durante un sopralluogo, tentammo anche delle analisi psicologiche del misterioso scultore senza saper nulla di lui ma solo sulla base dell’analisi delle sue opere, e ne emerse il profilo di un uomo di fine ottocento (dallo stile estetico dei personaggi scolpiti) legato alla dimensione della sua possibile famiglia, con sua moglie, figlioletti, e cane (o gatto), credente nella salvezza dopo la morte simboleggiata dalle rappresentazioni dei calici eucaristici e ostie cattoliche raggianti. Ergo un uomo di fede cristiana cattolica. Ma un uomo profondamente triste, tormentato dall’idea della morte raffigurata da uno scheletro e altre figure umane distese composte come per l’inumazione con mani congiunte/oranti sul petto, come da volti, quasi come fossero calchi di volti di cadaveri. Interessante trovammo l’epitaffio inciso sulla scultura in altorilievo di quella che pare una lapide-tomba con immagine di un viso come fosse in foto, foto del viso di un morto preparato per le sue esequie, vi si legge la profonda riflessione: “Felice chi non ha storia”.
Frase esplicativa forse da un punto di vista psicologico esistenzialista ed ermetica al contempo. Il carico di dolori che viene dai ricordi delle tragedie incontrate nel vivere soprattutto ai danni dei propri affetti, per cui sarebbe felice, spensierato, chi non ha vissuto esperienze traumatiche o non ha del tutto memoria degli eventi passati che gli sono occorsi.
Lo scultore vi ha scolpito un po’, pare, la sua vita, i suoi affetti e i suoi dolori in quel luogo forse sua dimora con la sua famiglia, forse.
 
Un profilo psicologico legato probabilmente a eventi spiacevoli, tragici, che hanno sostituito il dolore alla gioia, avvenuti nella vita dello scultore e al quale la voce popolare, secondo cui si sarebbe poi suicidato, di cui leggo in questo articolo del 2016, ben si accorda: http://m.quotidianodipuglia.it/lecce/articolo-1641950.html
La voce popolare vuole fosse chiamato “lu Polaccu“.
 
Quel luogo ispira davvero tanto, e ti mette sulle labbra trame di romanzi, ed era quello che certamente l’autore di quelle sculture voleva, pur nella sua solitudine: voleva comunicare ed ispirare i posteri con i suoi sentimenti e le sue amare riflessioni esistenzialiste.
Ma la Natura che lì avanza rifiorente ritrasmette messaggi di speranza!
 
In rete ho trovato l’ immagine della scultura dello scheletro: http://ilborgodeimori.it/img/forme.jpg
Ricordavo di aver visto anni fa in rete un blog con più foto, ma non lo sto ritrovando più.
In compenso trovo ora anche questo video:
Avendo scolpito i “cuti“, le emergenze delle rocce affioranti levigate dal carsismo, non credo che nessuno abbia provato a rubarvi nulla, ma valorizzarlo e conoscerlo oggi è fondamentale, prima che qualche pazzo decida diversamente credendo non valgano nulla quelle sculture, tutto quel lavoro fatto da quell’ uomo, che vi ha fissato il suo immaginario e il suo credo e sentimento nella pietra!
 
Fondamentale è stata pertanto oggi l’azione della bravissima Maria Selenia di Soleto con la sua documentazione fotografica del 2016 di quelle sculture divulgata sui social network e sui giornali per sensibilizzare tutti. Qui pubblicata dal Quotidiano di Puglia una fotogallery realizzata sa Maria Selenia
Importante l’azione di coloro, come i grandi Antonio Baldari e Dario Melissano, che si stanno già impegnando perché l’area non sia abbandonata al degrado del cemento e dei rifiuti delle discariche abusive; il bravo regista Dario Melissano ne ha girato nel 2016 un breve video ben fatto e con adattissima colonna sonora, che qui si può vedere:
Qui un altro video trovato in rete su Youtube:
Ed oggi, primi di aprile 2016, si è aggiunta la documentazione fotografica del bel sito Salento a Colori, curata da Alessandro Romano: http://www.salentoacolory.it/giardino-segreto-dei-simboli-scolpiti/
Per anni, (quando da piccoli ci recavamo alla scoperta di quel misterioso luogo), quella contrada rurale era divenuta quasi una zona “no limits” poiché sorgeva a pochi passi dall’incombente camino dell’inceneritore industriale inquinante di Copersalento, poi fermato e smantellato grazie al sollevamento popolare. Oggi in quei siti ci si può finalmente recare in condizioni meno inquinate dell’aria dopo la demolizione di quella che era una delle principali fonti di inquinamento industriale del territorio.

Vedi anche l’articolo di lunedì 4 aprile 2016 su Leccesette.it “Lo scheletro e la donna addormentata: ecco dove sono le sculture misteriose“.

(Da un mio post facebook del 4 aprile 2016 al link:  https://www.facebook.com/oreste.caroppo.9/posts/10209341455483438)
Altre foto e aggiunte successive
In una escursione sul finire del mese di maggio del 2022 sono sono stati osservati lì anche dei Gigli bianchi profumatissimi, specie Lilium candidum, un tempo ancor più diffuso nei giardini dell’hinterland di Maglie. Mi piace pensare che siano stati piantati dal polacco o dai suoi famigliari. Importante valorizzare anche questa viva presenza floreale lì di questo fiore tanto legato alla tradizione cristiana!
La data dell’edificio in quel podere lo colloca a prima della seconda guerra mondiale, ma è con la Seconda Guerra Mondiale che arrivano tanti militari polacchi in Salento. Se non erro nella Chiesa Madre di Maglie nella zona dell’altare vi è un bassorilievo marmoreo con targa che ne ricorda la loro presenza donato dai militari polacchi solitamente di fede cristiana cattolica. Così, sempre se non erro, anche soldati polacchi deceduti in guerra furono sepolti nel nostro cimitero a Maglie. Se ben ricordo, mi dicevano che i loro parenti che giungevano di tanto in tanto nel dopoguerra per una visita alle loro tombe (inumati in terra) lasciavano dolciumi più che fiori e i ragazzi del posto ne approfittavano per rubarne poi alcuni. Ma sono questi ricordi di qualcosa che mi hanno raccontato quando ero piccolo, ergo da verificare. Alcuni polacchi sposarono donne pugliesi. Una voce raccolta da una persona di Morigino dice che tale “polacco” scultore di quelle opere, di cui qui trattiamo, era giunto proprio come militare della Seconda Guerra Mondiale. 
Vedi in merito l’articolo: Salento, la “Terra Promessa” dei Polacchi sul Giornale di Puglia nel 2020 dedicato agli studi in merito della storica Cristina Martinelli.
Un ulteriore video:
In assoluto il più bel video documentario sul sito è stato prodotto da Telerama nel programma “Terre del Salento”,  con la collaborazione della studioso di Maglie Vincenzo D’Aurelio, e diffuso in rete il 23 aprile 2023 con il titolo “Salento nascosto: il giardino delle sculture a Morigino“:
Da questo video apprendiamo che secondo la voce popolare le sculture sarebbero state realizzate da un uomo di Morigino soprannominato “lu Polaccu” morto suicida nei primi anni del novecento, ma altri nomignoli emergono come “il giardino del disertore di Giovanni un pacciu“, o anche “de lu Tore“, vedovo di una donna conosciuta al Nord. Un articolo sul misterioso sito fu fatto già nel 1958 sul giornale L’Espresso.
Post scriptum
AVVISO
Durante le visite di curiosità sul posto fate grande attenzione a non calpestare le sculture per una loro maggiore conservazione, mi raccomando, i loro spigoli via via si stanno disgregando a causa degli agenti esogeni, pertanto il calpestio, tanto più in assenza anche di un restauro di consolidamento, non fa altro che accelerare il loro materiale disfacimento. Anno dopo anno aumentano purtroppo le sbeccature delle sculture. Grazie
      Oreste Caroppo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *