La storia del Salento si è svolta sotto lo sguardo vigile degli antichi Pini loricati dell’Ovest e dell’Est!

La storia del Salento si è svolta sotto lo sguardo vigile degli antichi Pini loricati dell’Ovest e dell’Est!

Pini loricati sul massiccio del Pollino. Foto ravvivata nei colori tratta da un mirabile scatto di Francesco Raffaele, che ringraziamo, da un’escursione/gallery del 2 e 3 ottobre 2004 e visionabile al link: tra le più belle foto di sempre dei Pini loricati!

 

Nel Sud Italia vivono alcune specie botaniche e di altri regni del vivente tipiche del Mediterraneo Orientale (specie trans-ioniche e anfi-adriatiche), come altre invece caratteristiche del Mediterraneo Occidentale, tra queste ultime solo ad esempio la Palma nana (Chamaerops humilis), anche ampiamente coltivata in Salento, il Pino marittimo (Pinus pinaster), che ho visto in Salento con alcuni esemplari piantati, e in grado qui anche di diffondersi spontaneamente, (segnalato in Salento già nell’ ‘800 dal botanico Martino Marinosci di Martina con il suo sinonimo Pinus maritima), e la Sughera (Quercus suber) che vive anche in Terra d’Otranto; tra le specie del Mediterraneo Orientale, invece, che troviamo nel Sud Italia ricordiamo ad esempio la Quercia vallonea (Quercus ithaburensis subsp. macrolepis o anche chiamata Quercus graeca) caratteristica del Salento, il Fragno (Quercus trojana – nome che ricorda la città di Troia in Anatolia) diffuso copioso sulle Murge pugliesi ma presente anche in basso Salento e chiamato anche Quercia di Macedonia, e il Platano orientale (Platanus orientalis) cui ho dedicato alcuni approfondimenti, questo vivente spontaneo in Albania, in Epiro a Corfù, come in Campania, Calabria e Sicilia, e attestato da fonti romane come presente anche lungo i fiumi di Taranto, lì insieme a Tigli, e nella isole Tremiti in Puglia.

Qui in particolare voglio focalizzare l’attenzione su una specie presente nei Balcani, ad oriente dell’Italia quindi, ma con dei nuclei relitti anche nel Sud Italia: il famoso Pino loricato (Pinus heldreichii  o sinonimo Pinus leucodermis).

La sua corteccia si fessura in ampie scaglie dando al tronco un aspetto simile alla lorica squamata, il corpetto a scaglie metalliche che veniva indossato da alcune categorie di legionari dell’antica Roma, da cui il nome comune di Pino loricato.

PINO LORICATO...

URL da https://www.flickr.com/photos/gilberti/15895862231 Pollino, Pini loricati.

 

Corteccia di Pino loricato. Serra di Crispo sul Pollino.

 

Si rinviene spesso in esemplari isolati, ben distante da altri alberi. Queste specie sopporta suoli sottili e poveri e spesso ha un portamento spettacolare. Si trova generalmente a una quota altimetrica di 900-2500 metri sul livello del mare. Resiste bene anche al gelo, alla neve e ai forti venti. Riesce a vivere dove altre specie non potrebbero. Raggiunge spesso il limite degli alberi in altitudine. È un albero sempreverde i cui maggiori esemplari raggiungono un’altezza fino a 25-35 m.

Assai nota è la sua stazione presente sul massiccio del Pollino, (che raggiunge nella sua Serra Dolcedorme la quaota massima di 2267 m s.l.m., nell’Appennino meridionale, che attrae tanti appassionati naturalisti salentini, e tra questi l’amico Quintino Mita di Sogliano Cavour.

Sul Pollino, superate le faggete salendo in quota, si aprono i prati rocciosi punteggiati dagli annosi Pini loricati e da altri giovani esemplari della stessa conifera. Oltre agli esemplari interamente verdi nella loro chioma vi si osservano anche esemplari ormai secchi i cui contorti e bianchi tronchi e rami ormai privi di corteccia paiono quasi ossa di mostri giganteschi fossilizzate, rocce tra le rocce ma dalle forme più suggestive, alberi pietrificati; altri esemplari alternano invece parti ormai secche e parti ancora vegetanti.

Nel Parco nazionale del Pollino, in Calabria, dove sono state rinvenute alcune migliaia di esemplari, è stato certificato che il più longevo esemplare vivente abbia raggiunto nel 2018 l’età di 1230 anni, divenendo a tutti gli effetti il pino noto più antico d’Europa!

Il massiccio del Pollino, (che è tra la Basilicata è la regione del Bruzio, oggi chiamata Calabria con quell’antico nome geografico che un tempo apparteneva originariamente al Salento, ma che poi in epoca bizantina venne traslato ad indicare l’attuale regione), nonché il calabrese altopiano della Sila sono visibili dal territorio salentino guardando verso Ovest nelle giornate in cui il cielo è particolarmente terso, in particolare da Gallipoli, ma non solo, ma anche dall’entroterra, ad esempio dalla Serra di Casarano.

Il Massiccio del Pollino visto dal Salento,da Torre Sabea a Gallipoli (Lecce), tramonto del 19 marzo 2013non si può…

Gepostet von Oreste Caroppo am Mittwoch, 20. März 2013

Ecco qui una foto che ho scattato in uno di quei giorni speciali in cui i monti calabresi sono visibili da Gallipoli.

 

Il Pollino innevato visto dal Salento, da Gallipoli, in primo piano il vecchio faro dell’isola di Sant’Andrea costruito nel 1866:

Oggi grazie ai venti freschi e tersi di tramontana la #Calabria era ben visibile dalle coste Salentine di #Gallipoli (Le). Foto che ci segnala Andrea Bianco.#meteopugliainfoto

Gepostet von Meteopuglia in Foto am Sonntag, 24. Dezember 2017

 

Una mia foto del Pollino visto dall’oasi naturalistica Pantano di Policoro (Matera) alla foce del fiume Sinni in Lucania.

 

Sila e Pollino visti dal basso Salento al di là del Golfo di Taranto!

 

Ma dalla terra del Salento sono anche visibili verso est i monti balcanici ubicati tra Illiria ed Epiro: la catena montuosa dei monti Acrocerauni o Cerauni detti, un toponimo in lingua greca che vuol dire letteralmente “le vette delle folgori”, forse perché su di esse si abbattevano ed abbattono sovente temporali ad alta attività elettrica che venivano visti dai marinai che percorrevano il Canale d’Otranto:

I tempestosi Monti Acrocerauni dell'Epiro ellenico e dell’Illiria, "le cime tempestose dei fulmini", traducendo dal…

Gepostet von Oreste Caroppo am Montag, 24. September 2012

Qui in foto vediamo i monti Acrocerauni in lontananza, e non sono un miraggio ottico, talvolta effetti miraggio si possono avere più in basso al livello della linea del mare. In primo piano invece l’ottocentesco faro eretto nel 1867 di Capo d’Otranto. Capo d’Otranto, o anche altro suo toponimo Punta Palascia, è il luogo d’Italia proteso più ad Est e punto di passaggio tra mare Adriatico a Nord e mare Ionio a Sud.

 

In un testo lessi che per quei monti Acrocerauni vi era anche il toponimo di “Monti della Chimera“; un nome che ci ricorda quello di un mostro della mitologia greca antica, la Chimera (in greco antico: Χίμαιρα, Chímaira; in latino: Chimaera), essere mostruoso dal corpo composto dall’innesto di parti di animali diversi.

La Chimera, nell’interpretazione di un piatto apulo a figure rosse, ca. 350-340 a.C., oggi conservato a Parigi, nel Museo del Louvre:

 

In Salento non son rari episodi nevosi in inverno, di certo nel suo orizzonte la neve è frequente: quella che imbianca i monti Acrocerauni o le cime dell’isola di Corfù al di là del Canale d’Otranto che congiunge mare Adriatico e mare Ionio, come quella che imbianca il Pollino ad Occidente.

Qui una foto in corrispondenza dell’intenso episodio nevoso e di gelo in Salento fin sulle coste del gennaio 2017, bello il contrasto con il Fico d’India pianta esotica americana ben adattatasi al Mediterraneo, simbolo del calore tipico del clima mediterraneo, e il freddo nevoso ovunque attorno in Italia, nel Canale d’Otranto e nei Balcani!

Si vedono sempre sul versante orientale dal Salento: l’isola di Saseno che è all’imbocco della baia di Valona in Albania e che dista poco più di 5 km dal promontorio di Capo Linguetta pure visibile.

Torre Sant' Emiliano di Otranto e l' isola albanese di Saseno

Gepostet von Luigi Marzo am Donnerstag, 20. September 2018

 

E poi più a Sud è visibile l’isola greca di Fanò (Othoni) e le altre isole greche più vicine e quindi Corfù (Kérkyra).

Isola greca di Fanò (Othoni) vista dalla costa adriatica leccese ieri pomeriggio 02 Settembre 2014 dal bravissimo Quintino Mita.www.meteopugliainfoto.it

Gepostet von Meteopuglia in Foto am Mittwoch, 3. September 2014

 

Il punto più alto dell’ isola di Othoni è il monte Corvo a 394 s.l.m. Si crede che fosse l’isola omerica di Ogigia dove viveva la ninfa del mare Calipso di cui si narra nella avventure di Odisseo (Ulisse) nell’Odissea; Calipso amante di Ulisse. Una baia è lì detta di Calipso.

Lo storico bizantino Esichio di Mileto vissuto tra V e VI sec. d.C. racconta della presenza nell’isola di un drago nei tempi mitologici della Guerra di Troia.

L’isola ha un profilo vista dalle coste salentine del Canale d’Otranto che ricorda quasi la misteriosa e suggestiva opera pittorica intitolata “L’isola dei Morti” del pittore svizzero Arnold Böcklin, qui una delle cinque versioni leggermente diverse tra loro ma sempre connotate dai Cipressi colonnari mediterranei (Cupressus sempervirens var. pyramidalis) al centro, che l’autore realizzò tra il 1880 e il 1886. Un’opera che piacque molto ad Adolf Hitler, che ne acquistò una versione senza dubbio affascinato dall’oscura simbologia del dipinto.

“L’isola dei Morti” del pittore Arnold Böcklin

 

Fanò fa parte dell’arcipelago delle Diapontine, cui appartiene anche l’isola di Merlera (o Ereikousa chiamata), anch’essa visibile dalla costa salentina come leggiamo in questo grandioso lavoro dell’ingegnere Gianni Carluccio, dal titolo “Eccezionali immagini delle Montagne dell’Albania e delle Isole Greche viste da Santa Cesarea Terme e Lecce”, al link: http://www.giannicarluccio.it/wordpress/?p=6812. Il nome Ereikousa deriva da “erica”, pianta che cresce in ogni parte dell’isola (come anche in Salento con alcune sue specie); isola ricca anche di verdi boschi di Cipressi mediterranei ed olivi. Ricordiamo che i romani chiamavano il Cipresso come l’ albero Tarantino, poiché alla loro epoca abbondava evidentemente anche nella polis magnogreca di Taranto e quindi in Messapia.

Corfù con le sue vette innevate (la sua cima più alta è il monte Pantokrator che arriva a 914 m s.l.m.) che si ammira, dietro l’isola di Othoni al centro della foto, dalle coste salentine:

 

Anche tutte queste terre balcaniche, come quella calabresi, non si vedono sempre dal territorio salentino, ma solo in giorni speciali. In altri invece l’orizzonte del mare appare come se al di là non vi fosse terraferma, come se per la curvatura terrestre, causa le grandi distanze, non fosse possibile alcuna visione di terraferma, e invece, suggestivamente come per una magia, quando il cielo è terso, lo spettacolo è meraviglioso e quei monti, e ancor più in particolare gli Acrocerauni, appaiono relativamente imponenti da Otranto, ma anche da alcune località dell’entroterra. Persino da Maglie, la mia città, dai tetti delle sue case, come dal borgo di Scorrano che è su una dolce dorsale, si possono in quei giorni scorgere gli Acrocerauni ad Est.

Da Lecce vista degli Acrocerauni al di là del Canale d’Otranto:

 

Quelle visioni diventano per questo oniriche, come di terre magiche ora presenti, ora raggiungibili, ora invisibili e svanite come fossero un regno di fate.

 

Perfetta…Otranto, 10 febbraio 2017

Gepostet von Luigi Marzo am Dienstag, 20. Juni 2017

 

Vi è un proverbio popolare diffuso nell’otrantino relativo a questi monti Acrocerauni ed è “Sciroccu a mare, muntagne chiare“, il cui significato richiede una certa esegesi dato che in realtà non è solitamente con il vento di scirocco che si vedono quei monti, essendo quello un vento carico di umidità, ma soprattutto quando spirano venti più secchi e più freschi.

 

A prima vista potremmo scambiarlo per un paesaggio giapponese, con il monte Fuji sullo sfondo…Invece è la fantastica…

Gepostet von Alfonso Zuccalà ph am Donnerstag, 5. April 2018

 

Vi è una pagina facebook, curata dall’amico salentino Giuseppe Galati, e aperta al contributo di tutti, dedicata proprio alla raccolta delle foto ed altri dati dei monti e della altre terre che si vedono dal Salento ai suoi orizzonti, la pagina si chiama LE MONTAGNE SUL CANALE …..D’OTRANTO.

In quella pagina avevano pubblicato alcuni giorni fa il video girato da alcuni escursionisti nei pressi della vetta del monte Çika (in albanese maja e Çikës), una montagna alta 2.044 m s.l.m. situata in Albania, che è la cima più alta dei monti Acrocerauni, che ben spicca per chi li ammira dal Salento. Il monte è prevalentemente innevato fino all’estate. Il suo versante occidentale, che guarda verso il Salento, leggiamo che è punteggiato di numerose specie di pino.

(Nota: osservo come il nome generico di monte in albanese “mal” corrisponde alla radice del toponimo salentino Maglie, Maje in dialetto salentino, in passato chiamata Malliae in latino, la mia città ubicata quasi a metà strada tra Otranto e Gallipoli)

Video di Arjanit Nexha pubblicato su facebook il pomeriggio del 20 dicembre 2018, con titolo ”La Çika oggi…”. Dal link: https://www.facebook.com/groups/249534068450564/permalink/2281215261949091/

 

Vedi anche questa foto: https://en.wikipedia.org/wiki/File:Cika_Mountain_2048m._Llogara_._Vlore_2.jpg

 

In questo video girato sulla punta più alta degli Acrocerauni vedevo allora lì, tra la neve e cristalli di ghiaccio, dei tronchi secchi e biancastri scortecciati che tanto mi ricordavano proprio le foto dei Pini loricati che tante volte avevo visto in merito al Pollino. Ipotizzo potessero essere lì proprio dei Pini loricati, avevo già letto della loro comune presenza anche in alcuni siti balcanici ma non sapevo se proprio sugli Acrocerauni. Mi capita quindi la sera del 28 dicembre 2018 di discutere con l’amico naturalista Quintino Mita, grande fotografo, proprio dei meravigliosi Pini loricati del Pollino che lui più volte è andato ad ammirare di persona sul Pollino e fotografare. Condivido quindi con lui l’ipotesi che anche quei tronchi che avevo visto in quel video potessero essere di Pino loricato, e confrontiamo subito i tronchi che appaiono in quel video con le tante sue foto dei Pini loricati del Pollino che egli aveva nel suo telefonino. Anche lui nota che le somiglianze son forti.

Una breve ricerca fatta da Quintino all’indomani sulla distruzione spontanea oggi nota del Pino loricato nel mondo e la conferma di quell’ipotesi: sui monti Acrocerauni come sul Pollino sono presenti due delle ormai rare stazioni relitte di Pino loricato nel mondo.

Relitte formazioni di Pino loricato (Pinus heldreichii) oggi presenti nel mondo dal link.

 

Vi vediamo indicata in verde la formazione del Pollino ed una proprio sui monti Acrocerauni dove vi è la cima del Çika.

Posizione del Monte Çika.

 

Tra le due formazioni di Pino loricato si colloca il Salento.

 

Il Pino loricato è specie presente nella Bulgaria sudoccidentale, in Bosnia (tanto che è chiamato anche Pino bosniaco), Albania, Macedonia, Serbia, Grecia settentrionale (qui anche sul mitico Monte Olimpo) e localmente nel sud dell’Italia.

Pini loricati sul Pollino, foto dal link.

 

Pini delle vette balcaniche magici come magici sono i Cedri dell’Atlante e del Libano che ben vivono anche nei parchi salentini. E leggo che anche il Pino loricato viene coltivato come specie ornamentale in parchi e giardini. Sarebbe il caso di provare comunque a piantarne qualcuno anche a quote inferiori alle sue tipiche!

 

Zoomando allora sulle foto fatte dal Salento ai monti Acrocerauni, guardando quei puntini verdi su sfondi rocciosi abbiamo immaginato potessero essere proprio quei vetusti guardiani, i Pini loricati albanesi che da secoli vegliano guardiani sul Salento, (dalle terre che dal Salento si osservano all’orizzonte anche a sua il Salento è visibile), e che inviano con i venti anche verso di noi loro pollini, magari sperando di raggiungere i loro cugini della stessa specie che vivono isolati su quell’altro massiccio al di là del Golfo di Taranto sul Pollino, e viceversa.

A partire da questa sua foto dei monti Acrocerauni e della cima del Çika vista dal Salento:

Cika e Kjore, Albania

Monti Acrocerauni, con a destra la cima del monte Çika (2044 m s.l.m.) e a sinistra la cima del monte Kjore (2023 m s.l.m.), visti dal Salento. Nitida foto di Quintina Mita del 5 gennaio 2015 pubblicata su flickr.

Puoi vedere qui in questo album su Facebook altre foto di Quintina Mita delle terre al di là del Canale d’Otranto viste dal Salento, al link.

 

Quintino Mita ha fatto questa zoomata del Çika ipotizzando, per analogia con la posizione e distribuzione dei Pini loricati sul Pollino, che alcune di quelle macchie verdi possano proprio essere i Pini loricati albanesi:

Monte Çika visto dal Salento. Foto di Quintino Mita

 

Piantiamo le conifere del Mediterraneo senza razzismi verdi in ville, parchi e giardini. Prendiamone i semi nelle nostre escursioni sempre!

Non dimentichiamo ancora che su quei monti albanesi e greci dell’Illiria e dell’ Epiro vivono anche gli Ippocastani (Aesculus hippocastanum) lì autoctoni, e quando li piantiamo nel nostro Salento ricordiamoci che sono specie che potremmo chiamare “autoctone di prossimità”, e dobbiamo piantare di più perché ora veramente ve ne sono pochissimi, sparuti esemplari che qualche vivaista illuminato ha piantato in qualche paese salentino nei suoi parchi e lungo le strade, ad esempio a Montesano Salentino e a Specchia Preti.

Ippocastani (Aesculus hippocastanum), si dice che portare in tasca un suo seme tega lontano il raffreddore.

 

Anche l’arbusto del Lillà (Syringa vulgaris) è una piante tipica dei Balcani che ben gradisce i parchi e i giardini salentini dove si pianta la varietà comune e quella a fiori bianchi:

Lillà (Syringa vulgaris)

 

Mi piace ricordare anche una pianta che sarebbe interessante introdurre in Salento dato che è ben presente in Albania come in Italia nella Campania e nel Lazio, sto parlando dello Storace (Styrax officinalis) chiamato anche Stirace o Mella bianca. Una pianta mellifera.

Si tratta di un arbusto, un frutice che colonizza macchie e leccete tra 0 e 600 m s.l.m. Si trova in quantità abbondante nel Lazio, ne sono state rilevate altre sporadiche presenze anche in Campania, e poi lo ritroviamo in Albania, ex-Jugoslavia, Grecia, Creta, Cipro, altre isole minori dell’Adriatico, dello Ionio e dell’Egeo, Turchia, Siria, Libano, Israele. Sulla base di queste osservazioni trovare anche in Puglia questa pianta mellifera non meraviglierebbe, e anche introdurla pur senza fonti che ne attestino la antica presenza non sarebbe uno scandalo ma una saggia decisione di naturalizzazione dato il suo areale di distribuzione tanto ad occidente quanto ad oriente del Salento!

 

I Monti Acrocerauni fanno parte del Parco Nazionale albanese di Llogara compreso nell’ecoregione delle cosiddette foreste decidue illiriche, connotate da tante specie che ritroviamo anche sugli Appennini e nel Salento forestale del recente passato prima delle selvagge opere di deforestazione ad opera dell’uomo.

Sui monti Acrocerauni vivono come nel parco d’Abruzzo dei Camosci che l’Albania ha celebrato anche in alcuni suoi francobolli:

Francobollo dall’Albania raffigurante un Camoscio, specie Rupicapra rupicapra.

 

Non dimentichiamo che il Camoscio nel Pleistocene superiore viveva anche in Campania, Calabria e Puglia, anche in siti oggi costieri, come ricaviamo da questi articoli:

https://www.researchgate.net/publication/304461078_La_volpe_nel_Pleistocene_superiore_della_Puglia_Indicazioni_paleoambientali

dove nell’elenco delle specie della fauna del Pleistocene superiore rilevate dal giacimento di Ingarano (Foggia), troviamo: Rupicapra sp. Quindi comunque bovidi del genere delle antilopi caprine dei Camosci.

Sempre per il Pleistocene superiore (epigravettiano) troviamo resti di Rupicapra sp. a Grotta Paglicci sul Gargano nell’entroterra e nella Grotta delle Mura a Monopoli (Bari) sulla costa (qui un solo elemento dubbio).

Ancora attestazioni pleistoceniche di Rupicapra sp. da Ginosa (Taranto) nel Riparo l’Oscurusciuto.

 

I Camosci albanesi son classificati come: Rupicapra rupicapra subspecie balkanica.

I Camoschi d’abruzzo o appenninici che vivono relitti appunto in Appennino in Abruzzo: Rupicapra rupicapra subspecie ornata, poi riclassificata tassonomicamente come Rupicapra pyrenaica subspecie ornata.

I Camosci che vivono sui Pirenei:  Rupicapra pyrenaica.

Al di là delle possibili specie e sottospecie è bello immaginare questo legame antico relitto tra i Camosci appenninici e i Camosci oggi balcanici passando per quelli alpini, e quindi con quelli pirenaici.

Camoschio d’Abruzzo, foto URL dal link.

 

Specie e varietà ridotte dall’antropizzazione e dalla caccia in siti aspri montagnosi, ma un tempo dalla maggiore estensione, come rivela la paleontologia.

 

In Appennino e in Puglia bene diffondere dunque i Camosci appenninici d’Abruzzo, dato che si tratta della popolazione continentale relitta più prossima.

Il grande naturalista italiano professor Franco Tassi dopo i successi della conservazione e moltiplicazione del Camoscio d’Abruzzo nei parchi naturali in Abruzzo in questi ultimi decenni invita ad una più massiccia operazione di rinaturalizzazione per la ridiffusione della specie anche in Molise.

2020, ANNO DEL CAMOSCIO D’ABRUZZOPIENO SUCCESSO DELL’OPERAZIONE CAMOSCIO OLTRE 3000 INDIVIDUI SULLE MONTAGNE…

Gepostet von Franco Tassi am Sonntag, 2. August 2020

 

Ma anche i parchi pugliesi dovrebbero in via sperimentale tentare la reintroduzione del Camoscio appenninico a partire dalle aree più ad essi congeniali, data l’attestazione paleontologica della presenza del Camoscio anche in Puglia:
Siti con resti di Camoscio riferiti al Pleistocene superiore e all’Olocene antico in Italia centro-meridionale.
Screenshot tratto da: https://www.researchgate.net/publication/318225584_Il_camoscio_appenninico_Rupicapra_pyrenaica_ornata_Neumann_1899_fra_storia_e_preistoria

Invito pertanto gli amici fotografi che già tante foto stanno regalando a noi tutti di questi monti Acrocerauni quando appaiono all’orizzonte, con i loro zoom, e anche gli amici astrofili con i loro possenti teleobiettivi con macchina fotografica associata, a puntar le loro apparecchiature proprio verso queste montagne, quando visibili, per raccogliere immaginifici dettagli e magari chissà anche quei Camosci mentre saltellano tra le rupi di quei monti, e guardando quella vita contemporanea è anche un po’ come guardare indietro nel tempo al nostro territorio, come quando si guardano le stelle nello spazio e la loro luce che ci giunge da lontano ci narra di tempi passati del cosmo.

 

La natura della Puglia e del Salento si comprende tenendo conto della natura delle terre che fanno ad essa da contorno e alle quali si deve guardare per la sua ricostruzione naturalizzante con reintroduzioni,

Ad esempio

e così allo stesso modo la storia e la cultura della Terra d’Otranto sono imprescindibili dalla sua posizione al centro del Mediterraneo, e dalla sua equidistanza tra Roma e Atene. Mi son accorto che il Salento è ubicato proprio nel punto medio tra Atene e Roma geograficamente e cartograficamente parlando.

Lancio qui l’idea-proposta di cercare tale punto medio da Google Earth, fissando come punti estremi per Atene il sancta sanctorum del tempio di Atena sull’acropoli e per Roma ad esempio il sacello chiamato Lapis niger nei fori, o altro sito simbolico antico, e ubicarvi lì una colonna in stile antico dorico a commemorazione di questa centralità intermedia del Salento che narra tanto di noi e della nostra natura e cultura non solo di passaggio ma anche di legatura tra Ellenici e Romani, al centro del Mediterraneo, in terra Salentina, terra Grika, Terra d’ Otranto nel sud della Puglia!

 

APPROFONDIMENTO SUL TEMA SALENTO A META’ STRADA TRA ATENE E ROMA: https://www.facebook.com/oreste.caroppo.9/posts/10214064008544313

Roma – basso Salento – Atene

 

Oreste Caroppo    1 gennaio 2019

 

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