LICANTROPI – quegli ululati terrificanti tra gli ulivi del Salento!
LICANTROPI
quegli ululati terrificanti tra gli ulivi del Salento!
“Zeus, desiderando accertarsi dell’empietà di Licaone, andò, travestito da contadino, a chiedere ospitalità al sovrano. Il re per sapere se l’ospite fosse veramente una divinità decise di servire al banchetto in suo onore con le carni del nipote Arcade o, in un’altra versione, quelle di un prigioniero. Nella versione del mito narrata da Publio Ovidio Nasone nella sua opera “Metamorfosi“, racconta che per la sua empietà Licaone fu punito con la trasformazione in un “feroce lupo”, destinato a cibarsi di carne umana. Questa versione viene messa in rapporto con i sacrifici umani che si svolgevano in Arcadia in onore di Zeus Liceo, quando una vittima umana veniva immolata e i celebranti, che si erano cibati delle viscere, venivano trasformati in lupi per otto anni. Scaduto questo termine potevano ritornare umani, a patto che non avessero mangiato carne umana” (fonte).
Il tema del licantropo ci richiama alla mente anche un’altra trasformazione, quella dello stregone, il masciaro, in cane o altro essere. Riporto in merito un fatto di cronaca che coinvolse un canonico chiamato Mauro di Otranto a Venezia nel 1456, brutalmente assassinato da prete che la vox populi superstiziosa diceva in amicizia col demonio e capace di compiere le sue peggiori ribalderie in forma canis albi (in forma di cane bianco):
Gli ho chiesto in base ai suoi studi le varie forme che si riscontrano per queste metamorfosi. Io per il paese di Sanarica in provincia di Lecce raccolsi da mia nonna paterna, Giorgina Miggiano che era originaria di Sanarica, la leggenda di una strega locale che si trasformava in gatta, sempre secondo la vox populi naturalmente, e che da gatta per mostrare che fosse la strega mostrava con la zampa indicando e abbassandosi un labbro l’assenza di un dente laterale che mancava appunto vistosamente alla strega del paese quando si presentava in forma umana.
Il cane inoltre, (ovvero il lupo nella forma addomesticata), sebbene compagno dell’uomo da lunga domesticazione, e suo aiutante in tante faccende, è pur sempre ammantato da un’aurea di oltretomba per le sue abitudini alimentari antroponecrofaghe, come quelle dello sciacallo, si nutre infatti potendo di cadaveri umani. Da qui la simbologia psicopompa del cane e dello sciacallo nella mitologia mediterranea greco-romana ed egizia. Vedi i cani sacri alla dea greca e romana Ecate, la potente signora dell’oscurità, che regnava sui demoni malvagi, sulla notte, la luna, i fantasmi, i morti, ed era invocata da chi praticava la magia nera e la necromanzia. E ancora l’egizio Anubi, dio della mummificazione e dei cimiteri, protettore delle necropoli e del mondo dei morti, rappresentato come un uomo dalla testa di sciacallo (teriocefalia), o in teriomorficamente dallo sciacallo.
Bellissima notizia di naturalizzazione, lo sciacallo della specie Canius aureus, sciacallo dorato, è in diffusione in Italia da alcuni anni a partire dai Balcani.
Il mitico racconto del mostruoso delitto di Licaone lo ritroviamo anche in ambiente cristiano, fuso con il mito egizio del riassemblamento del corpo Osiride, in questo ben successivo racconto agiografico cristiano riportato da Luigi del Prete in un suo post facebook con immagine di un quadro che così commenta: «l’opera, conservata presso il Museo Diocesano di Nardò, raffigura un miracolo. Un tizio aveva una moglie “lunatica”. La quale aveva fatto a pezzi e cucinato il loro figlio. Il Santo in questione invitato a cena compie il miracolo di riassemblare il piccolo e guarire la moglie dalla sua infermità mentale». Lo studioso salentino Stefano Cortese, che ringrazio, ci informa che il santo è San Vincenzo Ferreri (Valencia, 1350 – Vannes, 1419), un religioso e predicatore apocalittico nativo del regno di Valencia, appartenente all’ordine dei Domenicani.
Oreste Caroppo