Il “SILFIO” salentino! Confronto tra l’odierno Opopanace comune e l’enigmatico Silfio/Laserpicio dell’antichità
IL “SILFIO” SALENTINO!
Confronto tra l’odierno Opopanace comune e l’enigmatico Silfio/Laserpicio dell’antichità
Ricerche e riflessioni intorno al mistero della pianta del Vecchio Mondo, il “Silfio”, tanto apprezzata da Greci e Romani e ritenuta successivamente estinta
di
Oreste Caroppo
Da un mio post facebook dell’8 aprile 2016.
Qui in foto una grande ombrellifera che si rinviene ai lati delle stradine salentine, ad oggi in particolare personalmente l’ho notata in Salento nella zona compresa tra gli Alimini e i paesi di Serrano, Carpignano salentino e Borgagne. (Qui nel post un mio scatto dell’ 8 aprile 2016, lungo la via che porta dal Lago Alimini Grande a Serrano, ancora nei pressi degli Alimini). Le piante sono saldamente ancorate al suolo con i loro apparati radicolari.
Attirò la mia attenzione su questa pianta per la prima volta la poetessa salentina Wilma Vedruccio (pseudonimo Mitilo Salentino), alcuni mesi or sono, durante un’escursione naturalistica nei dintorni di Borgagne. [Ricerche successive mi hanno poi poi portato a ritrovarla un po’ ovunque in Terra d’Otranto, grazie anche a tante osservazioni personali ma anche segnalazioni giunta da tantissimi, potete leggerle nei commenti al post segnalato]
Una pianta affascinate per le suggestioni che mi richiamano alla mente alcune antiche rappresentazioni del pregiato e misterioso Silfio o Laserpicio, una ombrellifera endemica, pare, di alcune aree del Bacino del Mediterraneo il cui succo, che solidificava all’aria, chiamato “laser”, costituiva una pregiata spezia molto richiesta dai romani, ed altre genti del Mediterraneo, che la usavano in cucina ed erboristeria. Era considerato dalla farmacopea antica una vera panacea per ogni male, definito da Plinio «uno dei doni più preziosi della natura all’uomo». Secondo la leggenda, la pianta era un dono del dio Apollo.
In particolare, area di sua produzione era la Cirenaica dove si estraeva da piante selvatiche di Silfio che lì crescevano.
La Cirenaica è la regione dell’Africa cui prima si può approdare se da Leuca si fa rotta in direzione Sud. Tanto importante la sua produzione per l’economia locale che tale pianta divenne simbolo della città di Cirene che la effigiò su alcune sue monete,
Furono fatti tentativi in epoca antica di piantarlo anche altrove, ad esempio in Grecia in Peloponneso; si legge che i risultati furono scarsi in termini di qualità del prodotto, come se fosse la terra della Cirenaica dove la pianta cresceva spontaneamente quella che permetteva le più alte qualità del prodotto.
Per cui la domanda è: era un endemismo o una specie più diffusa nel bacino del Mediterraneo ma che aveva in Cirenaica una zona dove la qualità del prodotto era semplicemente superiore per una concomitanza di fattori locali e/o dove si era sviluppata anche una cultura per l’estrazione ottimale del succo della pianta?
Oggi la questione, se il Silfio si sia estinto, per l’eccessivo sfruttamento in antichità e l’inaridimento-desertificazione della Cirenaica, o se esista ancora e corrisponda a qualche ombrellifera mediterranea ancora vivente, rimane un mistero storico-botanico ancora aperto!
Sul mistero storico-botanico del Silfio, che non conoscevo, mi ha edotto alcuni mesi or sono l’amico Vincenzo Scarpello, che ringrazio, grande studioso di Maglie, la mia città!
Grazie al botanico salentino Piero Medagli, vengo a sapere che la pianta che ho fotografato si chiama scientificamente: “Opopanax chironium“, volgarmente Opopanace comune.
Ne approfondisco allora la conoscenza: http://www.actaplantarum.org/floraitaliae/viewtopic.php?t=34510
tramite questa scheda scopro che il suo basionimo è “Laserpitium chironium” Linneo – Sp. Pl.: 249 (1753)!
“Laserpitium“! Dunque non erano infondate le mie suggestioni!
Le stesse che hanno colpito i biologi botanici del passato, come appunto il settecentesco Linneo, autore della scelta di quel nome!
Interessantissimi poi anche altri dati, dalla scheda botanica sopra, che stendono un legame tra questa pianta salentina e il misterioso Silfio, e che qui riporto:
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Etimologia:
Il nome del genere deriva dal latino “opopănax” con radice greca di “ὀπός” = ” succo (di verdura)” + “πάναξ” = ” panacea” in allusione all’uso che ne facevano greci e latini per guarire talune malattie, oggi usato per indicare un rimedio per tutti i mali.
L’epiteto della specie è riferito al mitologico centauro Chirone l’iniziatore della medicina con le erbe. Oppure dal termine dotto greco “χειρός” che tradotto in latino = “chiro” e che significa “mano”.
Proprietà ed utilizzi:
Incidendo la pianta alla base, si ottiene la fuoriuscita di una sostanza resinosa detta “opopanax” che chimicamente è la “gommoresina”, di colore rosso-giallo che coagulandosi produce dei granuli fragili; ancora oggi, questa resina è utilizzata, oltre che in medicina, anche in profumeria e per incensi. (Anche per questo motivo la pianta è chiamata Mirra dolce, Mirra opoponace o Mirra bisabololo o Mirra mediterranea).
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Questa pianta prospera poi proprio oggi non solo in Italia, Grecia, e Turchia ma anche in Somalia (Africa) e in Iran (Persia).
Interessante ricordare che anche dalla Persia (laser partico) oltre che dall’Africa del nord (laser cirenaico), si importavano a Roma le resine di ombrellifere non ben identificate, ma sempre chiamate “laser” tali resine, quella partica era giudicata di proprietà inferiori a quella cirenaica.
Ora ci si potrebbe porre la domanda: ma è proprio il Silfio di Cirene?
La questione è aperta! Certo è che i botanici coniarono il nome del genere “Laserpitium” guidati dalle indicazioni antiche, e somiglianze ce ne sono tantissime! Quello di Cirene se diverso era un endemismo altamente imparentato con questa nostra ombrellifera salentina! Qui in foto non le ho ritratte, ma anche molto simili sono le grandi brattee della grossa infiorescenza che ho potuto osservare.
RIPORTO DAI MIEI COMMENTI SUCCESSIVI AL POST
Per i confronti con il misterioso Silfio di Cirenaica, una ombrellifera, trovo molto interessante l’Opopanax chironium perché da esso si estrae una resina detta Mirra dolce, come dal Silfio la resina detta Laser, e Laser e Mirra dolce sembrano avere stessi usi medici. Inoltre l’abbinamento botanico al centauro Chirone, associato nella mitologia greca alla medicina, e l’assegnazione al genere Laserpitium da parte di Linneo, il comune areale mediterraneo, ecc. rendono molto interessante l’ipotesi di somiglianza e vicinanza genetica più dell’Opopanax chironium che della Ferula all’enigmatico Silfio.
Nella ricerca di come fosse il Silfio degli antichi Greci e Romani molti suggeriscono maggiormente invece una somiglianza e vicinanza tassonomica con il genere della Ferula. La Ferula comune (Ferula communis L.) è una pianta che appartiene alla stessa famiglia delle Ombrellifere (o Apiacee dette) comune all’Opoponax chironium, e che vive in Terra d’Otranto, sulle murge ma anche in provincia di Lecce. Qui un mio ricco post con ricchi commenti sulla Ferula comune in Terra d’Otranto:
Ferula comunque simile proprio anche all’Opopanax chironium nella sua infiorescenza, sebbene nella Ferula questa raggiunge dimensioni assai superiori. Più che la forma dello stelo però son le foglie che permettono di distinguere tra le due specie.
Anche da considerare la nostra Zavirnia (Smyrnium olusatrum L.), anche chiamata “prezzemolo alessandrino“, pianta selvatica, ma che è stata anche coltivata, ed utilizzata per secoli; è sempre una ombrellifera, qui la citiamo per eventuali confronti con l’antico Silfio. La Zavirna, assai diffusa in Salento allo stato spontaneo e rientrante tra le piante eduli consumate nella tradizione gastronomica salentina, è chiamata anche in vernacolo locale “lacciu crestu” per le sue somiglianze con il coltivato sedano (“lacciu” chiamato in vernacolo salentino), mentre “crestu” è termine che ne indica la selvaticità di una pianta.
Appartiene alla stessa famiglia botanica il Finocchio selvatico che è edule e i cui fiori si mangiano in Salento e vengono messi sotto-aceto e sono chiamati “caruseddhe“. Il finocchio è chiamato “finucchiu” in dialetto salentino. Tra le altre ombrellifere che citiamo qui per maggiore completezza nel novero di piante locali salentine la cui infiorescenza potrebbe di più ricordare quella del Silfio (Silphium), che ci giunge stilizzata dalla monetazione antica, è l’Eleoselinum asclepium che nel suo nome scientifico ha il riferimento al dio della medicina greco Asclepio, latinizzato in Esculapio.
Appartengono alla Ombrellifere anche le famose cicute; qui un post sulla Cicuta minore (Aethusa cynapium) che cresce ad esempio a Otranto nella valle del fiume Idro.
Sempre restando nelle Umbelliferae può essere qui interessante citare il caso della monetazione antica della città di Selinunte (Selinus) in Sicilia. In essa compare infatti la foglia della pianta da cui si ritiene la città abbia preso il nome, il Selinon, identificato con l’ombrellifera chiamata volgarmente Sedano (o Sedanina) d’acqua (Apium nodiflorum L. sinonimo Helosciadium nodiflorum dal greco ἕλος hélos palude, stagno e da σκιᾰδειον sciădeion ombrello) abbondante pianta acquatica che vegetava spontaneamente lungo i fiumi che passavano vicina la città (presso le rive del fiume oggi chiamato Modione, ma in antichità proprio chiamato anch’esso Selinon) e che veniva consumata e apprezzata all’epoca. Pianta assai diffusa lungo i corsi d’acqua del Salento anche, nella valle del fiume Idro a Otranto, ecc. Ergo una pianta non esclusiva della zona di Selinunte eppure elevata come simbolo di quella città. Si mangiava crudo nel pane, usanza dei poveri contadini anche in Salento, ci racconta il prof. Piero Medagli.
Apium nodiflorum si può confondere con la specie pur acquatica chiamata Berula erecta sempre delle Apiacee e pure presente spontanea in Puglia.
In realtà la foglia che compare nella monetazione antica della città di Selinunte personalmente mi ricorda di più quella del Sedano coltivato (specie Apium graveolens presente anche in Puglia sia come spontanea selvatica che in cultivar domestiche, “lacciu” in dialetto salentino è il suo nome, si tiene a Sanarica anche una fiera ad esso dedicata, “ ‘a Sagra te lu lacciu “ i primi di settembre in occasione dei festeggiamenti dedicati alla Madonna delle Grazie). E’ possibile allora che nel tempo gli abitanti di Selinunte identificarono nel Sedano domestico il simbolo fito-toponomastico della città, originariamente legato al Sedano d’acqua assai spontaneo nella loro zona come ritengono alcuni studiosi. O forse già in origine il suo nome derivò, come si legge in altre versioni di altri studiosi, proprio dal Sedano (Apium graveolens) che cresceva pur nella zona di quella città spontanea e in greco pure chiamato “sélinon“.
Mi piace citare anche poi un’altra ombrellifera, il Finocchio d’acqua (Oenanthe fistulosa) che pure osserviamo nelle paludi del Salento e che potrebbe essere la leggendaria “Erba sardonica” che causava il “riso sardonico”.