I giganti telamoni nel mosaico medioevale della Cattedrale di Otranto

I giganti telamoni nel mosaico medioevale della Cattedrale di Otranto

Dagli studi sul mosaico di

Oreste Caroppo

 

Cattedrale di Otranto, Atlante, navata destra, mosaico pavimentale del XII sec. d.C. Immagine al link.

 

La proposta di identificazione dei titani pilastri del cielo Giapeto e Iperione accanto ad Atlante come telamoni del cielo insieme a Golia

Nella navata posta a destra per chi entra nella Cattedrale di Otranto nel grande mosaico pavimentale del XII sec. d.C. che occupa anche parte di questa navata, troviamo raffigurato un grande albero che vi sviluppa per tutta la sua lunghezza, e in sommità un giovane uomo nudo. In esso io vi identifico immediatamente, in questo in accordo con tanti altri studiosi del mosaico, il titano Atlante che regge la volta celeste con l’albero come colonna del cielo, poiché è alla sua sommità che compare Atlante.
Il disco musivo che regge Atlante è l’unica parte del mosaico figurato di Pantaleone realizzato in opus sectile, per il resto esso è realizzato in opus tessellatum, o forse per il disco possiamo anzi dire con più precisione che si tratta di un inserto nel mosaico in opus alexandrinum in stile cosmatesco.
È inequivocabile che sia Atlante il soggetto ritratto, è nudo e regge la sfera celeste proprio come nella sua nota antica iconografia il titano Atlante:
Sul fatto che quel personaggio nudo centrale lì che regge a Otranto un disco o una sfera sia Atlante non credo ci debbano essere dubbi, basti confrontare con questa statua mostrata qui sopra del II secolo dopo Cristo di Atlante, nota come l’Atlante Farnese. Ci sono studiosi novecenteschi del mosaico otrantino che hanno scritto che quel disco rappresenterebbe la Terra, il confronto con l’Atlante Farnese chiarisce che si tratta invece della sfera celeste, al più in forma di disco possiamo pensare all’anello zodiacale che è comunque nella sfera celeste.
Ciò mostra come anche non manchino nel mosaico otrantino riferimenti al mondo classico greco-romano, e ve ne sono in esso tanti altri.
Atlante era considerato il primo ad aver studiato la scienza dell’astronomia. Diodoro Siculo scrive che Atlante fu il primo a rappresentare il mondo per mezzo di una sfera e per questo motivo si diceva che portasse il cielo sulle spalle; Esiodo narra che Atlante fu costretto a tenere sulle spalle l’intera volta celeste per volere di Zeus che decise di punirlo perché durante la Titanomachia si era alleato con Crono quando guidò i titani contro gli dèi dell’Olimpo. Nell’Odissea (libro I) viene descritto poeticamente come uno dei pilastri del cielo.
Atlante che è un titano, un gigante, viene pertanto accostato ad Otranto al gigantesco Golia veterotestamentale che nella parte alta del mosaico della navata destra è raffigurato sulla destra.
Non solo il pieno influsso classico greco-romano, ma l’iconografia di Atlante potrebbe aver preso nella forma mostrata ad Otranto un elemento proprio della figura di Sansone il forzuto che appartiene al racconto biblico veterotestamentale. Sansone aveva la sua forza nei lunghi capelli racconta il testo biblico, e con lunga chioma è mostrato anche proprio nel medesimo mosaico di Otranto sul pavimento nel catino absidale:
E nello stesso mosaico Atlante è raffigurato con lunghi capelli:
Atlante, Otranto. Immagine dall’articolo al link. Il disco che lì rappresenta come primo significato a nostro avviso la sfera celeste partecipa poi dei medesimi archetipi del rosone delle chiese romaniche e gotiche e della pupilla dell’occhio di Dio, come rimarca lo studioso Scipione Mortato.
Addirittura i capelli di Atlante “sansonizzati”, per così dire, anziché scendere verso il basso, come normale per gravità, quasi fossero una coda articolata, un arto in più,  si sollevano arcuandosi nella raffigurazione otrantina per sostenere il grande disco insieme al suo capo e alle sua braccia.
Di fatto come iconografia di Atlante quel disco in bidimensionale è la rappresentazione della volta celeste, ma può benissimo essere lì dal punto di vista archetipico un simbolo solare, il Sole raggiante all’apice dell’albero. Siamo all’apice dell’albero della navata destra, quindi siamo comunque nella simboleggiata dimensione del cielo:
Mosaico pavimentale medioevale della Cattedrale di Otranto, navata sulla destra per chi accede al tempio sacro. Immagine tratta dal link.
L’albero che compare frequentemente nel mosaico è un simbolo universale nel mondo … almeno dove ci sono alberi naturalisticamente parlando. Pensiamo anche soltanto ad esempio al mito scandinavo dell’albero Yggdrasill, nella mitologia norrena degli Scandinavi, o all’albero Irminsul per i Sassoni nella Germania settentrionale (per i quali esso era il “grande pilastro”, un grande possente albero della vita anche ritenuto fonte di ispirazione e strumento di esaltazione, un simbolo dell’axis mundi, della presenza o manifestazione divina), o alla grande Quercia oracolare di Zeus a Dodona in Epiro nell’antica Grecia.
Vi agiscono di fondo degli archetipi universali. Del resto la stessa Croce di legno dei Cristiani partecipa al medesimo archetipo.
Da lì poi l’identificazione dell’uomo verticale per postura con tale bethilos.
Gli alberi nel mosaico son dei grandi reggitori, tra i loro rami vengono collocati infatti anche simbolicamente animali, uomini e le loro storie e mostri, angeli e demoni, persino creature del mare, e a loro volta alcuni alberi si reggono su grandi animali, quasi in una fitta rete inestricabile ecologica di interdipendenze, trofiche e non solo, tra le creature nel creato, come di fatti è sulla Terra. E gli animali si mangiano tra loro, si uccidono, si riproducono e mangiano prodotti degli alberi nel mosaico idruntino, in una grande catena alimentare.
Nell’immagine del mosaico della navata destra vediamo in alto il presunto San Marco assiso a destra di Atlante, Atlante che regge il globo celeste, Davide e Golia a destra nella parte alta sempre, il gigantesco Golia sopra e sotto il piccolo Davide che imbraccia probabilmente la sua fonda con pietra per colpire Golia. Sotto troviamo oltre al profeta Samuele anche un leone con tanto di indicazione epigrafica, ecc.
A questo punto è possibile lanciarsi in ipotesi allegoriche, teologiche cristiane, ma in primis è opportuno individuare quanto rappresentato nel mosaico al primo livello di significato. E cioè Atlante nel caso della figura fin qui discussa.
Ora domandiamoci chi sono i due personaggi che noi vediamo a sinistra di Atlante, che paiono come giganti per statura e che come Atlante sono nudi: segno forse di arcaicità mitologica dei titani?
Ipotizzati telamoni nel mosaico pavimentale del XII sec. d.C. nella Cattedrale di Otranto, navata destra.
Poiché sono posti proprio dove teoricamente l’albero centrale che percorre tutta la navata nella rappresentazione musiva tocca il cielo, all’altezza della sua sommità, allora l’ipotesi che qui lancio è che si tratti innanzitutto anche per loro di telamoni dal punto di vista artistico (come per Atlante), e poi più in particolare, poiché sono due, dei due titani che nella mitologia antica erano considerati le due colonne del cielo:
Inoltre Iperione è legato proprio alla conoscenza dei moti celesti e la sfera che regge lì Atlante sappiamo essere proprio la rappresentazione della volta celeste nell’iconografia antica di Atlante presso greci e romani.
Non saprei se già altri studiosi hanno individuato in quei due personaggi che si vedono a sinistra rispetto ad Atlante i “pilastri del cielo” Iperione e Giapeto della mitologia greca antica. Ma da una veloce ricerca in rete mi parrebbe di no.
Questa identificazione degli alberi, che percorrono nella rappresentazione musiva quasi per tutta la loro intera lunghezza le navate della Cattedrale, come colonne portanti del cielo in realtà potremmo vederla anche nell’albero della navata di sinistra che termina con una foglia anomala centrale incorniciata da rami in una sorta di rigonfiamento (siamo nei pressi dell’epigrafe “cervus”), quasi come fosse il capitello di una colonna di materiale vegetale; quella foglia mi pare proprio una foglia di acanto, e quindi una identificazione dell’albero con una sorta di colonna corinzia caratterizzata proprio stilisticamente alla sua sommità da capitello adorno di foglie di acanto scolpite.
Mentre quei due personaggi che paiono giganti a sinistra di Atlante come sorta di cariatidi, di telamoni del cielo, con i piedi e le mani adese ai rami dell’albero nella parte alta, ho proposto, (ma questa è così un’ipotesi chiaramente senza molti appigli), che potessero essere proprio Iperione e Giapeto le colonne del cielo nella mitologia antica.

Telamone” infatti, termine impiegato in architettura, è colui che sopporta il peso letteralmente (dal greco telamṓn -ônos ‘che sostiene’), è sinonimo di Atlante.

Pertanto in questa composizione musiva anche il gigantesco Golia, che è sulla estrema destra, assurge come Atlante al ruolo di telamone del cielo, riprendendo così in questa sorta di cornice superiore del mosaico il motivo architettonico della statue dei giganti utilizzate per sorreggere architravi o colonne (stilofori in questo caso). Dei due personaggi dai grandi corpi come Golia posti a sinistra rispetto ad Atlante di uno è visibile la testa, e questa appare infossata tra le spalle, ciò, anziché dare l’idea che voglia nascondersi così meglio tra i rami, potrebbe essere compatibile con la sua natura qui ipotizzata di titano telamone del cielo! C’è chi vi ha voluto vedere nei due personaggi Adamo ed Eva che si starebbero rifugiando tra i rami, chissà da cosa dedussero che uno dei due, quello con il volto coperto da un pilastro di successiva fattura sarebbe Eva e l’altro Adamo? Altrove Adamo ed Eva son rappresentati più volte nel mosaico eppure qui appaiono diversi, corpi enormi e forse orecchini o strane capigliature o barba sui lati per la figura delle due preservatasi interamente. Vi sono già due esseri giganteschi Golia e Atlante, abbastanza identificati iconograficamente, esseri giganteschi son pertanto per dimensioni anche i due personaggi a sinistra rispetto ad  Atlante.
Telamone con testa infossata tra le spalle – protiro della Cattedrale di San Giorgio (Ferrara, Italia), XII sec. d.C. (immagine tratta dal link).
Tra questi esseri giganteschi telamonici sta nella dimensione del cielo quindi un più minuto San Marco Evangelista ma “gigante” anche lui ma dal punto di vista spirituale, “un gigante della fede”! Tanto più se poi si tiene conto della teoria della priorità marciana tra i vangeli sinottici e della tradizione che vuole San Marco discepolo di San Pietro.
Telamoni sulla facciata di un palazzo lungo Corso Luigi Einaudi a Genova, (immagine dal link).
Telamoni all’ingresso di Palazzo Davia Bargellini, risalente al XVII sec. d.C. a Bologna, (immagine dal link).
Nei mosaici pavimentali figurativi dei primi del XII secolo d.C. nella Basilica di San Savino di Piacenza una scena in un tondo, l’allegoria del tempo, è sostenuta da un telamone ignudo:
Telamone nudo che sorregge il tondo con l’allegoria del tempo correlatamj comunque al Sole e alla Luna con i loro moti (più o meno apparenti) nella sfera celeste. Mosaici di Piacenza in bianco e nero, Basilica di San Savino, primi del XII sec. d.C.
Dal confronto iconografico tra i due mosaici del medesimo secolo, sia per la testa infossata tra le spalle ma anche per la sua capigliatura o orecchini sui lati, il telamone del mosaico di Piacenza ben ricorda l’ipotizzato da noi qui telamone (del cielo), nel mosaico di Otranto, nella gigantesca figura a sinistra rispetto ad Atlante che regge il disco del cielo/sole; un telamone che condivide con la chioma dell’albero ai cui si rami si aggrappa la funzione di reggere il cielo:
Ipotizzati telamoni nel mosaico pavimentale del XII sec. d.C. nella Cattedrale di Otranto, navata destra.
Si noti anche nel confronto iconografico tra il mosaico di Piacenza e quello di Otranto permesso dalla foto sopra mostrata come il faldistorio del personaggio al centro del tondo con teste e zampe di mostri sia simile a quello che nel mosaico policromatico di Otranto regge Re Salomone raffigurato pure lui assiso nel suo tondo:
Re Salomone con scettro pomato nel mosaico medioevale pavimentale della Cattedrale di Otranto. Immagine in link e non copiata dall’articolo di “MondiMedioevali“.
Avevo osservato tale tipo di seduta anche in alcune miniature di Re Ottone I il Grande, duca di Sassonia e Re di Germania e Italia:
Miniatura di Re Ottone I il Grande, duca di Sassonia e Re di Germania e Italia.
Nota: ringrazio l’attento studioso Franco Meraglia che alla vista del confronto iconografico qui proposto per svelare il mistero del possibile ulteriore telamone idruntino ha voluto rimarcare anche le similitudini con Otranto per la sedia zoo-teratomorfa dando lo spunto per questo approfondimento ulteriore.
Altre sedie nel mosaico sono troni con cuscino, sgabelli, ecc.
Quindi nel mosaico i giganteschi telamoni per antonomasia, i titani come Atlante e forse anche i pilasti del cielo come Iperione e Giapeto son impiegati nel loro più vero ruolo: reggere il cielo. Ci si ispira al loro uso in architettura come pilastri di costruzioni ma in realtà qui sono impiegati nel loro originario più vero ruolo di portare il cielo sulle loro spalle.

 Cattedra del vescovo Elia, nella basilica di San Nicola a Bari, risalente al 1105 circa, con telamoni (arte scultorea romanica).
A questi si aggiunge in più Golia, che è rappresentato sulla estrema destra, per la sua statura gigantesca. Reggere il cielo nel mito antico era una condanna sovente per i titani sconfitti; Zeus vittorioso decise di punirli perché durante la Titanomachia si erano alleati con Crono contro gli dei dell’Olimpo. Non meraviglierebbe una simile condanna in ambiente cristiano estesa allegoricamente ai danni del gigante del Vecchio Testamento Golia.
In questa parte alta celeste si colloca anche San Marco, secondo quanto qui ipotizzato, posizionato in una collocazione di spicco, come sovente si fa con gli evangelisti ad esempio rappresentati nella chiese nelle cupole, dunque nella dimensione del Cielo.
Non poteva mancare nel mosaico otrantino dunque un riferimento ai giganti dell’antichità nella terra salentina ricca di miti coinvolgenti orchi e i Giganti Leuterini. Questi ultimi in particolare dopo essere stati sconfitti da Ercole e cacciati dall’area flegrea, giunsero in vista dell’Adriatico. Qui, tuttavia, ancora una volta raggiunti dall’eroe, sarebbero stati uccisi, e dal terreno, reso putrido dai loro corpi decomposti, avrebbero avuto origine secondo il mito quelle che sono le odierne sorgenti di acque solfuree della città termale di Santa Cesarea Terme posta pochi chilometri a Sud di Otranto.
La colorazione delle acque è particolareggiata in quel tratto di costa dallo sgorgare in mare delle acque sulfuree, queste erano considerate dai naviganti antichi l’icore putrefatto e maleodorante sgorgante dal corpo dei giganti feriti o morti lì scesi/sepolti nel ventre della Terra. Per approfondire questo mio post facebook e i miei commenti ad esso.
Nel mosaico oltre ai telamoni umanoidi vi sono dei “telamoni” animali dendrofori che reggono alcuni dei grandi alberi raffigurati. Essi derivano probabilmente dagli animali stilofori, (sovente leoni, o tori come ad esempio nel portale della Basilica di San Nicola a Bari, ecc.), che nella scultura e architettura romanica reggono colonne, e che diventano in queste raffigurazioni animali, potremmo dire dal greco, “dendrofori”, cioè reggitori di alberi.
Il grande albero del mosaico nella navata centrale di Otranto è mostrato reggersi su due elefanti
Navata centrale, parte iniziale “basale”, due elefanti reggono il grosso ceppo delle radici del grande albero che si sviluppa per tutta la navata. Immagine dall’articolo qui linkato.
così come due elefanti reggono la cattedra vescovile del Duomo di Canosa scolpita e firmata dall’artista Romoaldo tra il 1078 e il 1089 (arte romanica):
Cattedra vescovile del Duomo di Canosa scolpita e firmata dall’artista Romoaldo tra il 1078 e il 1089.

 

Troviamo anche il motivo dell’elefante dendroforo nei bassorilievi di un portale di ingresso nel Tempio di San Giovanni al Sepolcro (o Chiesa del Santo Sepolcro) a Brindisi:

 

Sul groppone di un elefante poggia un vaso da piante da cui cresce una pianta, dalla quale pendono grappoli d’uva e che si intreccia nello sviluppo del bassorilievo. Particolare del bassorilievo in marmo in un portale di ingresso, (impreziosito dall’alternanza di conci chiari e scuri), del Tempio di San Giovanni al Sepolcro (o Chiesa del Santo Sepolcro) a Brindisi, una singolare costruzione a forma circolare (forse un battistero) edificata sul finire del’ XI secolo, per volontà del normanno Boemondo di ritorno dalle crociate come vuole la tradizione locale.

 

Nella navata centrale della Cattedrale otrantina l’albero al centro del mosaico poggia su due elefanti come detto, quello al centro della navata di sinistra poggia invece su un toro:

 

Toro che regge l’albero centrale raffigurato nel mosaico medioevale della navata sinistra della Cattedrale di Otranto.

 

Lì il toro è anche un probabile riferimento simbolo a San Luca Evangelista, dal cui Vangelo prende ispirazione la rappresentazione dell’Inferno e del Paradiso nella navata di sinistra, vedi per questa mia ipotesi il mio articolo dal titolo: “Il Vangelo di Luca nel mosaico della Cattedrale di Otranto nella navata sinistra“.

Nella navata di destra sebbene vicino appaia la testa di quello che potrebbe essere un orso, l’albero invece presenta il mero ceppo radicale libero non supportato da animali, come par di intuire nonostante i danneggiamenti lì subiti dal mosaico.

 

Nel mosaico otrantino poi diversi animali fanno da antropofori, cioè reggono uomini che sono loro a cavallo, tra questi cavalli, struzzi, capre/caproni, grossi pesci (o forse cetacei come delfini raffigurati come pesci). Due grifoni reggono un trono del Re Alessandro portandolo verso il cielo, si tratta di una seduta facente parte di una macchina che veniva chiamata ingenium un congegni volante escogitato per ascendere al cielo e di cui si raccontava nel mito sviluppato intorno alla figura di Alessandro Magno.

 

In merito sempre ai motivi figurativi di ispirazione classica troviamo nel mosaico anche ad esempio la raffigurazione di fanciulli nudi a cavallo del pesce/delfino:
Fanciulli nudi a cavallo di pesci o cetacei e forse un essere dal corpo di Foca monaca. Mosaico pavimentale medioevale della Cattedrale di Otranto, navata centrale. Per approfondire su questa possibile rappresentazione della Foca monaca nel mosaico pavimentale di Otranto vedi il mio articolo dal titolo “Il “Bestiario” del mosaico medioevale di Otranto: approfondimenti su alcune creature raffigurate (mostri, animali, piante, ecc.)“.

 

un motivo figurativo comunissimo nel Salento, soprattutto nella monetazione della polis magnogreca di Taranto con Falanto/Taras
AR Didramma di Taras (Taranto) (g 7,75), coniato nel 280-272 a.C.
o anche in quella di Brindisi dove a cavallo del delfino troviamo invece il suonatore di lira Arione di Metimna; un motivo che certamente ancora nel medioevo appariva frequentemente nel ritrovamento occasione nel territorio di antiche monete tarantine e messapiche.
Apocalisse – navata centrale della Cattedrale di Otranto, mosaico pavimentale dell’XII secolo d.C.

 

Per la ermeneutica di questa complessiva scena del mosaico mi sono orientato da analisi iconografica con confronti nel verso dell’Apocalisse di Giovanni.

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