Iniziamo a guardare il mosaico della navata sinistra.
Un albero centrale con il suo tronco lungo e lineare che si sviluppa per tutta la navata divide il piano in due zone. La porzione, fascia verticale a sinistra par dedicata al Paradiso. Viene riconosciuta come una colonna dedicata a temi paradisiaci in quanto in essa in alto vi compaiono i Patriarchi vetero-testamentali che accolgono le anime dei trapassati secondo una consueta iconografia bizantina, quella del “seno di Abramo” detta.
Essa si contrappone alla fascia a sinistra (sempre del mosaico nella medesima navatella di sinistra) in quanto in essa vi è inequivocabilmente raffigurato l’inferno con tanto di demoni, pene, psicostasia (la pesatura delle anime di suggestioni egizie), torture dei dannati, fiamme, mostri serpentiformi, epigrafe “INFERNUS” e Satana con corona come re degli inferi indicato dall’epigrafe “SATANAS”.
È anche in parte infernale la porzione basale della fascia dedicata al Paradiso, sul suo fondo compare un animale mostruoso a più teste che data l’ubicazione non può che essere Cerbero, cane infernale a più teste guardiano dell’ingresso all’Inferno, qui poi con alcune teste cornificate ad aumentarne l’iconografia demoniaca, mostro a più teste secondo la tradizione pagana e poi confluito conservando le sue caratteristiche mitiche nella visione cristiana con i medesimi ruoli.
Nella scena del Paradiso sul mosaico idruntino vediamo i patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe.
Varie iconografie bizantine li associano al Paradiso, vediamo ad esempio la seguente con angelo serafino pluri-alato guardiano della porte al giardino recintato da muro del Paradiso (infatti il termine “paradiso” viene dal greco παράδεισος, con il significato primitivo di “giardino recinto”, “verziere”, “parco”):
Non hanno aureola invece i Patriarchi nella raffigurazione idruntina, come del resto nessun personaggio nel mosaico di Otranto anche se invece nell’iconografia sacra si tratta di personaggio effigiato con aureola.
Lc 16,19-31: “In quel tempo Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: «Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma». Ma Abramo rispose: «Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi». E quello replicò: «Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento». Ma Abramo rispose: «Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro». E lui replicò: «No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno». Abramo rispose: «Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti»“.
Per cui se possiamo riconoscere il povero Lazzaro tra le mani di Abramo a Otranto, uno dei dannati a destra nell’inferno dovrebbe essere il “ricco” di cui si parla nel passo-parabola dell’Evangelista Luca.
Per la seguente scena di dannazione raffigurata nell’Inferno ad Otranto,
che linko qui dal seguente sito web wwwbisanzioit.blogspot.com, riporto anche il loro commento “una donna nuda morsa alla bocca da un serpente (una calunniatrice) affiancata dal ricco Epulone avvolto dalle fiamme che si porta la sinistra alla bocca chiedendo dell’acqua mentre con la sinistra indica Lazzaro seduto in Paradiso nel grembo di Abramo“, forse la sete ricorda quella del Re Mida condannato nel mito per il suo desiderio di ricchezza a trasformare in oro tutto ciò che toccasse acqua inclusa!
La psicostasia
Anche tanto sincretismo religioso troviamo in ambiente cristiano con l’idea e l’iconografia della psicostasia, qui la rappresentazione che compare nel mosaico di Otranto nell’Inferno raffigurato nella navata di sinistra:
Si tratta dell’idea che un angelo sia addetto a pesare l’anima/il cuore dei defunti dopo la loro morte su una bilancia a braccia uguali per vedere se essa è leggera non appesantita dai peccati e potrà così accedere in Paradiso.
Nella concezione religiosa egizia dell’oltretomba il dio Anubi dalla testa di sciacallo era addetto a questa operazione, sempre con l’uso di una bilancia a due bracci. Ad essere pesato però era materialmente il cuore.
La psicostasia era prevista anche dallo Zoroastrismo persiano (alla presenza del dio Mitra) e dall’Islamismo. Nel Cristianesimo questo motivo deriva dagli apocrifi veterotestamentali, in particolare dall’ “Ascensione di Mosé”. Nella tradizione cristiana ad essere preposto alla operazione della pesatura dell’anima era la figura dell’Arcangelo Michele.
La scelta come dio psicopompo da parte degli egizi dello sciacallo teriomorfo, che ritroviamo in forme zooantropomorfe in Anubi deriva dal costume dei canidi di nutrirsi di cadaveri, vedi anche a tal fine per approfondire questo articolo: “il cane mangia i cadaveri umani“. Non è un caso che anche nella visione greco-romana e poi cristiana il cane sia presente nell’oltretomba Ade/Mondo infero (Inferno) nella forma del mostruoso Cerbero.
A Otranto vi è chi vi ha voluto vedere impegnato nella scena della pesatura un servo di Satana, data però l’analisi iconografica svolta è più probabile che ci si sia ispirati comunque ad un arcangelo, l’Arcangelo Michele che sempre vediamo impegnato in questo tipo di scena nell’arte cristiana; la sua resa purtroppo è assai naïf, ma possiamo osservare come le sue ali ad Otranto sono bianche, come si confà di più ad un angelo che ad un demone, mentre superiormente nella stessa navata vediamo un demone, che tortura anime con una sorta di falcetto, che ha delle ali nere come di pipistrello forse.
Di particolare rilevanza le similitudini con i mosaici di Torcello a Venezia
Lo stesso schema compositivo di Inferno e Paradiso lo ritroviamo poi nella parte inferiore dei mosaici della facciata interna della Basilica di Santa Maria Assunta, a Torcello (Venezia), databili tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo d.C.
Vi troviamo la scena del Paradiso con l’iconografia del “seno di Abramo”, cioè Abramo con le animelle dei defunti senza peccato a sinistra,
e a destra la rappresentazione dell’inferno con le anime dei dannati tormentate nel fuoco e seviziate da demoni
e poco sopra l’immagine di Satana assiso su un trono di serpenti dragoneschi,
lo stesso schema compositivo che troviamo nel mosaico idruntino nella navata sinistra come qui discusso; e anche a Otranto Satana è assiso su draghi serpentiformi.
Confronto sinottico a colori ravvivati:
Vi troviamo persino anche a Torcello la scena della psicostasia immediatamente sulla porta centrale, notare come l’angelo ha ali bianche mentre i demoni hanno ali scure.
la pesata della anime dei defunti effettuata da un angelo con bilancia a due braccia, con in più rispetto ad Otranto dei demoni che tentano con aste come quelle che si usano per gestire i tizzoni ardenti nel camino di falsare la misura, per far precipitare nell’Inferno le anime valutate. Tali aste si ritrovano simili in mano a demoni nell’inferno rappresentato a Otranto.
E le similitudini sono tante altre. Ad esempio i serpenti draghi che ingoiano anime antropomorfe, le cuffie in testa ad alcuni personaggi dannati, il tormento da parte di demoni/angeli dei dannati con delle aste uncinate o solo appuntite e a più denti (a Otranto a tridente):
Il Toro simbolo di San Luca Evangelista
A questo punto mi chiedo se il toro che regge nella navata sinistra l’albero centrale come animale stiloforo (in questo caso dendroforo) non sia un riferimento all’Evangelista Luca dato che proprio il toro è il simbolo dell’Evangelista Luca, come il leone lo è per San Marco.
Il toro/mucca lo troviamo anche in un tondo del presbiterio nel lato rivolto verso la la navata sinistra, nel segno zodiacale del mese corrispondente nel ciclo dei mesi nella navata centrale e nell’Arca di Noè nella navata centrale.
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Sincretismo religioso nel simbolo del toro nel cristianesimo
Mi piace far vedere come con il toro associato a San Luca l’approccio sincretico nel Cristianesimo ha fatto rientrare un antichissimo simbolo universale per i popoli mediterranei. Nel toro domestico echeggia poi la selvaticità del suo progenitore, l’Uro, il bovino selvatico che popolava anche il Salento nel Pleistocene come ampiamente attestato dalla paleontologia.
Pregevole vaso zoomorfo per libagioni (Rython), in pietra di serpentino, dal quale il liquido versato usciva dalle narici del toro. Manufatto datato 1600-1450 a.C., proveniente dal Palazzo minoico di Cnosso (Creta), il mitico palazzo reale di re Minosse. Il toro è fisiologicamente un simbolo di forza e virilità, augurio per la fecondità della terra, date le caratteristiche dell’animale. Il Palazzo di Cnosso è anche il Labirinto (“la casa della labrys” letteralmente), dove viveva secondo il mito greco il mostruoso Minotauro, essere zooantropomorfo con la testa di toro, che fu affrontato e sconfitto, secondo il mito greco, dall’ eroe ateniese Teseo, con l’aiuto di Arianna, figlia di Minosse invaghitasi di lui, che con il suggerimento del leggendario “filo di Arianna”, appunto chiamato, permise a Teseo di trovar la strada per fuoriuscire dal labirinto. Sinonimo di labirinto è anche “dedalo”, dal nome del leggendario inventore, Dedalo, cui Minosse commissionò la realizzazione del suo Labirinto.
Nota: oggi son in corso finalmente progetti di rinaturalizzazione per riportare in vita l’uro (Bos taurus primigenius) con le sue caratteristiche originarie etologiche e fisiche in Europa tramite incroci opportuni dei suoi discendenti domestici. Intanto però in Terra d’Otranto opportuno cominciare a fare tornare diffuse le mucche podoliche pugliesi allevate allo stato brado da sottoporre alla selezione naturale dei tornati lupi, magari poi importando “sangue” dalla podoliche maremmane e delle chianine dalla grande stazza, due altre razze italiane bovine che come le podoliche pugliesi sono le più vicine all’uro come anche leggiamo in questo articolo: “Vicina la rinascita dell’Uro!“.
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Vedi poi per completezza sul tema del mosaico della navata sinistra l’articolo
I SERPENTI/DRAGHI CHE MANGIANO LE ANIME/CORPI DEI DANNATI A OTRANTO E IL BISCIONE DI MILANO CHE MANGIA I BAMBINI
Osserviamo la grottesca anima dannata che sbuca dalle fauci di un mostro draghiforme sopra la scena della psicostasia nella navata sinistra del mosaico di Otranto, poco sopra il corpo di un dannato ingoiato già fino al bacino si dimena mentre un grosso serpente lo divora, siamo nella porzione del mosaico pavimentale del XII secolo d.C. della Cattedrale di Otranto dedicato alla raffigurazione dell’Inferno:
Focalizziamo su questa antropofagia di rettili mostruosi non per stabilire alcuna relazione ma solo come coincidenza simbolica che ci piace rimarcare qui tra questi motivi infernali e l’iconografia dello stemma araldico della famiglia dell’Italia settentrionale dei Visconti sin dall’ XI secolo, dove compare un bambino fra le fauci del biscione (la “bissa” in dialetto milanese) ingoiato già fino alla cintola. Quando i Visconti diventarono poi signori di Milano dal 1277 trasmisero il simbolo all’intera città, e quindi al Ducato, (l’aggiunta della corona d’oro venne concessa nel 1336). Quel simbolo è ancora oggi considerato tra i principali simboli Milano.
L’origine nel simbolo viene legato alla leggenda della liberazione di un fanciullo che era stato ingoiato da un grosso serpente durante un conflitto contro i Saraceni; il mostruoso rettile poi scoperto venne eroicamente ucciso ed esso rivomitò il bambino che era ancora miracolosamente vivo. Non è escluso che grossi serpenti, come quelli che ancora oggi vivono in India o in Sud America, possano divorare un intero bambino,
e fa ancora grande impressione in quelle terre quando si trovano dei serpenti che hanno ingoiato un grande animale, come ad esempio una scimmia, che hanno prima asfissiato tra le loro spire impedendone la respirazione, e appaiano assai rigonfi in una porzione del loro lungo corpo nella lenta digestione.
Eventi naturali che possono essere all’origine di questa simbologia qui discussa.
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L’INFLUENZA DEL MOSAICO MEDIEVALE DI OTRANTO SULL’ARTE E PIU’ IN GENERALE SULLA CULTURA CONTEMPORANEA
È un’opera quella idruntina dal grande potere mitopoietico e dalla forte suggestione sulle genti di tutte le epoche, tanto che anche alcuni tentativi di esegesi dei misteri del mosaico sfociano in una vera e propria produzione artistica.
Pensiamo al grande numero di romanzi del Novecento e di questo nuovo millennio che sono stati influenzati dal mosaico otrantino.
Non solo anche alcuni negozi e ditte di prodotti alimentari del Salento, circoli culturali, associazioni, circoli culturali, ecc. hanno tratto dal mosaico idruntino loghi e nomi, ricordo qui solo ad esempio il caso di un negozio di abbigliamento a Maglie aperti alcuni anni fa nell’entroterra di Otranto che trasse simbolo e nome GRIS dal tondo con l’orice-antilope e dalla sue legenda GRIS, forse corrotta dal tempo e da restauri da un originale ORIS.
Cimentarsi con il tentativo di cogliere i misteri ermeneutici veri o forzatamente ipotizzati del mosaico diventa quasi un banco di prova iniziatico personale per i più curiosi studiosi salentini. In questo paragrafo accenneremo brevemente invece all’influenza sulla produzione artistica contemporanea salentina.Scopro da approfondimento che è ben risaputa l’influenza del mosaico medioevale naïf della Cattedrale di Otranto a firma di Pantaleone sull’opera dell’artista contemporaneo salentino Leandro Ezechiele (Lequile, 1905 – San Cesario di Lecce, 1081; due paesi entrambi nell’hinterland di Lecce).
Io me ne sono accorto in primis da un personaggio, quello che nel mosaico compare sotto la scritta “INFERNUS”, che subito ho messo in relazione con alcuni dipinti di Leandro che avevo visto di sfuggita.
Eccolo, questo personaggio del mosaico idruntino è così leandresco che mi ha spinto ad approfondire su Leandro tanto che mi sono chiesto se non vi avesse messo mano lo stesso Leandro come restauratore sul mosaico idruntino … indagando scopro invece che non fu un restauratore e dunque fu lo stile “pantaleonesco” (comune a certi mosaici figurati naïf del XII secolo anche del nord Italia) ad anticipare e forse proprio influenzare Leandro. Una figura dal prominente naso pinocchiesco potremmo dire oggi che conosciamo la successiva figura fiabesca ottocentesca di Pinocchio dello scrittore italiano Carlo Collodi, Pinocchio il cui naso lungo era sinonimo fisiognomico di personalità bugiarda, con la bugia ritenuta un peccato meritevole di pena nella morale della fiaba. E non è la sola figura di anima dannata nell’Inferno raffigurato nel mosaico idruntino con naso pinocchiesco. Oppure guardiamo sempre per confronti nell’immagine del mosaico della medesima navata sinistra il profilo grottesco dell’anima dannata che sbuca dalle fauci di un mostro draghiforme sopra la scena della psicostasia.
Uno stile musivo a Otranto quello nel mosaico medioevale pavimentale della Cattedrale ben lontano nel suo complesso, eccezion fatta per qualche figura meglio eseguita, da quello assai elegante e meticolosamente curato, ricco di oro, proprio dello stile normanno-bizantino in Sicilia; segue un esempio:
Lo stile di Leandro è ispirato da un certo primitivismo e questo ci permette anche di ricordare la grande influenza che sull’arte contemporanea salentina ha avuto la scoperta del santuario preistorico in particolar modo neolitico di Grotta dei Cervi a Porto Badisco nella seconda metà del ‘900 con la sua ricchissima collezione di dipinti stilizzati e simbolici riemersa con grande effetto suggestivo da un tempo dimenticato.