IN DIFESA DEI PAPPAGALLINI LIBERI IN ITALIA: un bene ambientale da preservare in presenza e fertilità! STOP RAZZISMO VERDE DELLA FALSA ECOLOGIA!
IN DIFESA DEI PAPPAGALLINI LIBERI IN ITALIA: un bene ambientale da preservare in presenza e fertilità!
STOP RAZZISMO VERDE DELLA FALSA ECOLOGIA!
Ci sono e ci restano! Siamo nell’antropocene fatevene una ragiona!
In difesa del Parrocchetto dal collare (Psittacula krameri) comunque autoctono nel Vecchio Mondo, talvolta osservato anche in Salento negli anni recenti, (vedi questo mio post facebook sempre con i miei commenti ad esso)
e soggetto ritratto persino nell’arte romana in Italia, segno di una sua presenza già nei giardini romani,
Nei mosaici della Basilica di Sant’Agnese fuori le mura e Mausoleo di Santa Costanza a Roma immancabile il Pollo sultano che troviamo anche nei mosaici sulle volte della Chiesa di Casaranello in Salento. E vi vediamo anche la rappresentazione di un verde Parrocchetto nei mosaici di Santa Costanza, inoltre il Pavone, ecc.
Immagine tratta dalla seguente pagina:
Per approfondire:
GRANDIOSO! Anche il Parrocchetto di Alessandro Magno (Psittacula eupatria) in Salento! Cresce la nostra biodiversità!
Difendiamolo subito dai professionisti del biocidio razzisti verdi della Falsa ecologia che sarebbero capaci di inventarsi qualsiasi scusa per eliminarlo, come attivi contro ogni altro parrocchetto che invece impreziosisce il nostro cielo sia che si sia diffuso spontaneamente sia grazie all’uomo!
Il grande birdwatcher Dario Salemi attivo nella zona di Porto Cesareo scrive in merito alla sua straordinaria foto del Parrocchetto Alessandrino:
avvistamento “in località La Strea – Porto Cesareo (Lecce), 31 luglio 2020. (È la prima volta che avvisto) questa specie sì, di solito vedo qualche Parrocchetto dal collare“.
Foto/post facebook della sua segnalazione al link nel gruppo EBN ITALIA il birdwatching italiano sopra comunque mostrata in screenshot.
Aggiungo: giornata dominata dall’anticiclone africano con picchi termici previsti intorno ai 41 gradi Celsius in Terra d’Otranto.
Non sappiamo se l’esemplare che pare inanellato sia aufugo, cioè fuggito da allevamento, e in tal caso gli auguriamo di trovare presto esemplari della stessa specie liberi con cui riprodursi, o un esemplare inanellato in progetti di studio ornitologico.
Colpisce la coincidenza della segnalazione di questo uccello tropicale con i picchi di caldo estivo in Salento.
Non dimentichiamo che non sarebbe la prima volta che con masse d’aria africane giungono in Salento anche uccelli prettamente tropicali.
Ricordiamo il caso, lì proprio a La Strea di Porto Cesareo, dell’avvistamento dell’Airone ardesia da parte del grande birdwatcher salentino Giuseppe Colonna nel maggio 2017: https://youtu.be/4OBj159pc2c
Mi piace anche qui ricordare l’avvistamento in Terra d’Otranto sempre, a Taranto, anni fa di un’altra specie africana il Pellicano grigio (Pelacanus rufescens): http://www.argonauti.org/birds/speciebirds/pellross.html?fbclid=IwAR3Q2UDC5EUczNWNw2HfqP-ggk9AV3OJmLZIsGcKhvrf6EFGFJ8WNgcQGjE
In Puglia anche naturalizzatisi i Parrocchetti monaco (Myiopsitta monachus) negli ultimi anni, (qui un video, in URL da Facebook, del 24 luglio 2018 girato a Tricase, la specie si riconosce dal verso e fattezze che si distinguono)
Il Parrocchetto monaco (Myiopsitta monachus) è specie originaria originario di una vasta area della parte sud-orientale del Sudamerica, lì dove al contrario è giunta dal Vecchio Mondo la Spatola bianca di cui abbiamo parlato in questo articolo. Origine da esemplari aufughi o giunti da soli, oggi fanno parte delle biodiversità locale e si riproducono in libertà per loro adattamento e istinto e occorre evitare ogni snaturata folle eradicazione, così come nessuno progetta lì di sterminare quella Spatola bianca oggi giunta in Brasile in nome di una qualche purezza ideale razzista del Sud America.
Un video che ho girato il primo gennaio 2022 da casa mia a Maglie, dal mio post facebook:
Un parrocchetto dal collare
Grande e di un bel verde chiaro. Quanto basta per renderlo facilmente identificabile grazie anche alla lunga coda che da sola può superare i venti centimetri. Un tocco di esotico che tipicizza ormai diverse aree verdi Palermo. Si tratta del Parrocchetto dal collare (Psittacula krameri) pappagallo originario delle regioni africane sub-sahariane e meridionali asiatiche. Perché si trova a Palermo e soprattutto come si è ambientato? A Palermo, in realtà, è arrivato come in altre città italiane e di diversi Paesi Europei. Scappato dalla gabbia o comunque “liberato” da incauti proprietari che, ormai quasi trenta anni addietro, hanno dato vita al primo nucleo urbano. [N.d.r.: qui si sposa la versione degli esemplari aufughi come origine della colonia, ma bene accennare anche all’ipotesi di primi arrivi in Europa o aggiunte di esemplari selvatici migratori]
E dove, a proposito di esotico, potevano insediarsi se non all’Orto Botanico? Con le loro vocalizzazioni e il continuo sfrecciare tra gli alberi, i Parrocchetti dal collare animano ancora oggi gli enormi Ficus e le altre importanti essenze arboree dello storico giardino dell’Università di Palermo. Tra quegli alberi, all’inizio degli anni novanta, il vivace pappagallo ha trovato l’ambiente ideale per nidificare ed alimentarsi, cavità nei tronchi per costruire il nido e diverse disponibilità di cibo hanno contribuito ad acclimatarlo. Oggi si rinviene comunemente in diverse aree della città. Anzi, proprio il capoluogo siciliano costituisce uno dei non molti ambienti urbani italiani dove il successo delle specie sembra essersi consolidato. Solo il tempo, però, potrà dire come e dove il Parrocchetto dal collare riuscirà a stabilizzare la sua presenza andata ormai molto oltre i confini dell’Orto Botanico e della vicina villa Giulia.
Ancora in buona parte da scoprire sono però le tecniche di adattamento, specie nei quartieri periferici. Qui sembra avere iniziato ad occupare non solo le cavità degli alberi ma anche i fori nelle pareti dei palazzi.
Il tutto con la grossa incognita del cibo, essendo la sua dieta vegetariana aperta ad un’ampia disponibilità di alimenti. Rimarrà nel tempo a Palermo e, soprattutto, si diffonderà altrove? Per scoprire questo chiediamo aiuto agli stessi palermitani, insieme a Giovanni Guadagna, che ha scritto gran parte di questo intervento, abbiamo attivato un censimento chiedendo aiuto ai nostri concittadini invitandoli a postare sulla pagina Fauna selvatica nella città di Palermo avvistamenti e fotografe. Attraverso la pagina è anche possibile chiedere informazioni. L’idea è quella di censire non solo il Parrocchetto, ma tutta la fauna selvatica che abita con noi la città. Sarà sorprendente per tutti noi scoprire che esiste, se ci vorremo soffermare un attimo ad osservare, una ricca popolazione faunistica fatta di anatidi, pappagalli, anfibi, pesci. Non sarà difficile riconoscere il grosso pappagallo, iniziando magari da una visita all’Orto Botanico che, comunque, merita sempre. Quaranta centimetri (coda compresa) di bel verde chiaro e le vocalizzazioni decisamente intense non mancheranno di farsi notare. Vi invitiamo a fare caso ai “dormitori” veri e propri luoghi di ritrovo notturno attivi anche nel periodo di nidificazione ed soprattutto a cosa mangia. Partendo da questi due dati sarà possibile stendere una “mappa” della sua distribuzione e capire come e dove tenderà ad espandersi nelle zone limitrofe alla città. In fin dei conti, imparando a conoscerlo, potremo in futuro proteggere questo nuovo coinquilino della città.
E chi lo sa, un giorno accanto all’aquila il pappagallo potrebbe diventare il simbolo di una città sempre più tropicale.
Articolo scritto in collaborazione da Giovanni Callea con Giovanni Guadagna.
VEDI PER APPROFONDIMENTO: